martedì 27 giugno 2017

La breve, intensa stagione dei Gialli Rizzoli

Nel Mare Magnum delle collane di romanzi gialli pubblicate in Italia, i Gialli Rizzoli rappresentano uno dei tentativi migliori e al tempo stesso più sfortunati di rompere l'egemonia del Giallo Mondadori con un prodotto della stessa qualità e, praticamente, dello stesso format.
Escono per poco meno di un anno e mezzo, dal 5 giugno 1975 (Un atto di paura, di Michael Collins) al 18 novembre 1976 (Non ha senso per me... di Tom Pace), per 67 numeri complessivi, fino al luglio del 1976 settimanali (n° 58, Il tacchino selvatico, di Roger L. Simon) e da lì in poi (n° 59, Cinque draghi di giada, di Donald MacKenzie) quindicinali.
Il prezzo, dal primo all'ultimo, resta fisso sulle 500 lire: inizialmente lo stesso del Giallo Mondadori, che però durante il 1976 salirà a 600. Neanche il prezzo minore riuscirà però a far decollare questa collana, che si estinguerà dopo 4 mesi.
Di curare la scelta dei testi e la loro presentazione, si occupano due personaggi di primo piano dell'industria editoriale italiana del XX secolo, Oreste Del Buono (1923-2003) e Sergio Pautasso (1935-2008) che ne fu direttore, entrambi scrittori a loro volta, critici, talent-scout e traduttori. La loro mano esperta si percepisce soprattutto nel “varietà” che segue il romanzo riempiendo le ultime pagine di ogni volume, sempre brioso e divertente, tra quiz, cruciverba, rebus, vignette e altri piacevoli intrettenimenti, come si usava a quel tempo. Un capitolo a parte è quello relativo alla Posta criminale, ossia alle risposte alle lettere dei lettori (anche questa una prassi tipica del tempo): qui c'è il sospetto che Del Buono e Pautasso cercassero di vivacizzare un po' questa sezione rispondendo a lettere molto competenti ma forse posticce, a giudicare dagli improbabili nomi dei mittenti (il lettore che scrive più spesso si chiama Rocco Codice). Le risposte, sempre redatte da Del Buono, sono comunque tutte molto interessanti.
Sergio Pautasso

Oreste Del Buono

La scelta dei testi fa pensare che la collana partì, già in origine, con un budget piuttosto limitato, tale da non poter competere con la Mondadori. Molti degli autori proposti erano del tutto sconosciuti in Italia, e il fatto che molti tra essi siano stati riscoperti successivamente da altri editori con ben maggiore successo dimostra come la principale risorsa della redazione fosse il “fiuto” di Del Buono e Pautasso. Tra l'altro, i romanzi proposti non sono neanche tutti gialli: una quota non trascurabile è costituita da romanzi di spionaggio, analoghi a quelli che contemporaneamente Mondadori proponeva in Segretissimo.
Dei volumi, la prima cosa che spicca, sono le belle immagni di copertina, tutte di grande effetto. Di queste, non si conoscono gli autori, perché sono tutte firmate Studio Ink. Dello Studio Ink, però, si sa che era diretto da un bravissimo pittore e illustratore, John Alcorn (1935-92), attivissimo in quel periodo in Italia come autore di copertine, specialmente proprio per la Rizzoli (se ne trovano ancora tantissime sia nei volumi della BUR sia in quelli delle collane rilegate). Alcorn progettò anche il formato della copertina, essenziale e suggestivo.
Tra gli autori portati per la prima volta in Italia dai Gialli Rizzoli e poi divenuti famosi una volta pubblicati da altri editori, vanno ricordati alcuni notissimi:
P. D. James, con Un lavoro inconsueto per una donna, che esce come n° 6 della collana il 10 luglio 1975, e successivamente con Un'amica troppo fedele (n° 51 della collana, del 27 maggio 1976), quasi un decennio prima che se ne accorgano Rusconi e poi Mondadori che l'hanno successivamente diffusa tra i lettori italiani;


Martin Cruz Smith, con Roman lo zingaro, che esce come n° 10 della collana il 7 agosto 1975, firmato Martin Smith, sei anni prima del successo planetario di Gorky park che lo farà affermare anche in Italia. Tra l'altro, questo romanzo (titolo originale Gipsy in amber) è così poco conosciuto da non essere citato nemmeno nella pur lunga pagina di wikipedia italiana dedicata all'autore;

Colin Dexter, il cui L'ultimo autobus per Woodstock, che in Italia ha avuto altre tre edizioni (Longanesi nel 1988, Mondadori nel 1999, Sellerio nel 2010), uscì per la prima volta come n° 43 di questa collana il 1° aprile 1976.




Nicolas Meyer, l'autore del famoso apocrifo sherlockiano La soluzione sette per cento, con Ritorno dalla palude, che esce come n° 48 della collana il 6 maggio 1976.
Altri sono meno famosi ma ancora rispettabili:
Nicolas Freeling, un inglese che ambienta i suoi romanzi in Olanda, presentato per la prima volta con Un tipo odioso (n° 27 della collana) il 4 dicembre 1975 e successivamente con Conversazioni illecite (n°38 della collana) il 26 febbraio 1976 (un altro romanzo è uscito nello stesso 1976 con Garzanti, altri sono facilmente reperibili in versione kindle su Amazon);
Richard Martin Stern, con Non hai bisogno di un nemico (n° 47 della collana, firmato Richard Stern), il 29 aprile 1976 (in seguito, altri suoi romanzi sono usciti in Cerchiorosso Mondadori e nei libri di Selezione dal Reader's Digest);
H.R.F. Keating, con Fu il cane che morì (n°52 della collana), il 2 giugno 1976 (altri suoi libri sono usciti nel Giallo Mondadori e, recentemente, da Elliot);
Reg Gadney, prima con Appuntamento al bagno pubblico (n° 12 della collana) il 21 agosto 1975 e poi con Agenzia per un ricatto (n°44) l'8 aprile 1976 (in seguito, un altro suo romanzo è stato pubblicato da Mondadori).
Brian Freemantle, con Addio a un vecchio amico (n° 7 della collana) il 17 luglio 1975 (in seguito, è stato una presenza frequente in Segretissimo; è stato tradotto in Italiano anche un suo saggio sul Kgb);
James McClure, giornalista inglese esperto di problematiche legate all'apartheid e autore di una serie che mette in scena un duo di poliziotti sudafricani uno bianco e l'altro nero, con Porcellino a vapore (n° 8 della collana) uscito il 24 luglio 1975 (un altro suo romanzo è uscito successivamente nel Giallo Mondadori);
Dorothy Gilman, con Una simpatica ficcanaso (n° 37 della collana, del 19 febbraio 1976) in cui presenta il suo strambo e suggestivo personaggio di detective, l'anziana signorina Emily Pollifax (in seguito, sono usciti altri suoi romanzi, anche senza la Pollifax, nei libri di Selezione dal Reader's Digest).
Furono poi riproposti autori che erano stati presentati in precedenza, passando alquanto inosservati, e poi sarebbero stati riproposti da altri editori nei decenni successivi, con discreto successo:
Dick Francis, presentato per la prima volta con Fuoco sul fantino (che era già uscito in edizione rilegata nel 1965, sempre con Rizzoli) quale n° 14 della collana il 4 settembre 1975 e successivamente con Un paio di manette per Link (n° 42 della collana) il 25 marzo 1976 (di Francis poi sono usciti diversi altri romanzi con Mondadori e Selezione dal Reader's Digest) ;




Michael Innes, di cui erano già stati pubblicati tre romanzi in Italia (da Edizioni Paoline, Feltrinelli, Mondadori) con Delitto a Elvedon Court (n° 21 della collana) il 23 ottobre 1975;
Kenneth Giles, un autore inglese che però ha ambientato dei romanzi anche negli Usa, morto prematuramente nel 1974 dopo meno di 10 anni di attività, con Trappola micidiale (n° 18 della collana, del 2 ottobre 1975), firmato con lo pseudonimo Edmund McGirr; di Kenneth Giles era già uscito in Italia un altro romanzo, pubblicato da Longanesi e firmato con il suo vero nome, nel 1969;
Derk Marlowe, del quale era già stato pubblicato un romanzo nel 1967 da Garzanti, con Una mattina sul Golden Gate (n°34 della collana, il 22 gennaio 1976) e del quale è stato poi tradotto in Italiano da Mondadori anche Unico indizio un anello di fumo, che ha ispirato un famoso film;
Margaret Erskine, di cui era già stato tradotto un romanzo nel Giallo Mondadori, con Il delitto non è il miglior compagno (n°57 della collana, il 9 luglio 1976).
Oltre che questi, Del Buono e Pautasso riuscirono ad assicurarsi i diritti di alcune opere di autori che, fino ad allora, avevano pubblicato solo nel Giallo Mondadori o in Segretissimo, come Van Siller, Desmond Cory, Ngaio Marsh, Andrew Garve, Robert B. Parker, John D. Macdonald, il francese Jean Laborde (sotto lo pseudonimo di Raf Vallet).
Alcuni degli autori proposti, però, sono rimasti esclusivi di questa collana:
Michael Collins (1934-2005), autore di cinque romanzi firmati con il suo nome e due con lo pseudonimo John Crowe;
June Drummond (1923-2011) e Victor C. Clinton-Baddeley (1900-70), autori di tre romanzi a testa;
Donald McKenzie (1918-93) e Jeff Jacks, autori di due romanzi ciascuno. Il caso di Jeff Jacks è significativo e meritevole di ulteriore approfondimento: è difficilissimo trovare notizie biografiche di qualunque tipo sul suo conto. Un articolo su thrillingdetective.com tratta dei suoi unici due romanzi con notevole entusiasmo, citando giudizi lusinghieri di esperti come Robert Randisi e Bill Pronzini. La sua reale identità non è certa ed è anche possibile che sia uno pseudonimo di un autore più noto con altri nomi.
C'è poi un bel gruppo di autori che hanno pubblicato in questa collana un solo romanzo.
Uno dei più importanti è sicuramente Douglas Fairbairn, con il suo Sparatoria (n°22 della collana), al quale L'angolo giallo ha già dedicato un articolo specifico. Un altro molto significativo è Robert Rostand, vero nome Robert Syd Hopkins, più noto come sceneggiatore, autore di un Doppio Gioco (n° 23 della collana) da cui è stato tratto il celebre film Killer Elite di Sam Peckinpah. Ancora, Daniel Banko (1926-87) con Non ancora spacciato (n° 3 della collana, finalista per il miglior tascabile al premio Edgar nel 1973. Banko risulta autore di un solo altro libro, uscito nel 1975).
Un caso particolare è quello del newyorkese Robert Rosenblum, autore di Morte nel confessionale (n°45 della collana), che non è il famoso critico d'arte ma solo un omonimo, che tra l'altro ha scritto moltissimi romanzi firmandosi con il suo nome e con 7 pseudonimi diversi, 4 dei quali femminili. Nonostante questo, quasi tutte le bibliografie ufficiali attribuiscono questo The good thief (il titolo originale del romanzo, la più nota delle sue opere) al Rosenblum critico d'arte.
Ci sono poi Anthony Price, con un romanzo di spionaggio di ambientazione italiana; William Haggard (1907-93), autore inglese di spionaggio, con Allarme al ministero (n° 25 della collana); Patrick Buchanan, pseudonimo di Edwin Corley (1931-81); Shaun Herron (1912-89) con l'ultimo romanzo della sua serie di spionaggio con John Miro, per il resto inedita in Italia; Paul Geddes, con uno dei 6 romanzi della sua serie di spionaggio con l'agente segreto in sovrappeso Ludovic Fender, anche questa inedita in Italia; Barnaby Williams, che ambienta i suoi romanzi di spionaggio nelle ex colonie africane; June Goodfield, una zoologa inglese nota anche come divulgatrice scientifica, che mette al centro dei suoi romanzi delle figure di scienziati; Roger L. Simon, più noto come sceneggiatore; Arthur Lyons (1946-2008) con il primo romanzo della sua serie con il detective Jacob Asch, rimasta inedita in Italia; Brown Meggs (1930-97), manager discografico con l'hobby della narrativa, con il romanzo Giochi di sabato che fu finalista al premio Edgar per il miglior autore esordiente nel 1974; Tom Pace, attivo per un breve periodo, con un romanzo che è divenuto anche un film (Fisherman's luck, del 1970, mai arrivato in Italia. Il titolo è comune a diversi altri film precedenti); lo sceneggiatore e produttore televisivo Charles Larson.
C'è infine un Edward Thorpe del quale è difficilissimo reperire notizie, dato che è quasi omonimo di un matematico (Edward Thorp) e di un chimico (Thomas Edward Thorpe), entrambi molto citati sul web.












In conclusione, anche se l'esperienza dei Gialli Rizzoli durò poco, i suoi risultati sono evidenti e, retrospettivamente, molto soddisfacenti. Una collana di libri che, nonostante oggi si vendano a pochissimo su bancarelle e siti web, mantengono intatta la loro grande carica di originalità e la loro qualità letteraria sempre superiore alla media del genere. Forse questa iniziativa ebbe il solo grande torto di rivolgersi a un pubblico dai gusti troppo abitudinari, che non seppe cogliere e apprezzare la novità. O, forse, ebbe solo la sfortuna di dover competere con il Giallo Mondadori: che, in quel periodo, pure attraversava una fase di grandi cambiamenti e seppe adattarsi alle nuove proposte del mercato editoriale in modo rapido e brillante.











domenica 18 giugno 2017

Scienziati contro il verme assassino: l'Ancylostoma e i trafori alpini

Il mondo industriale moderno sembra aver dimenticato il peso delle parassitosi nella mortalità della gente comune vissuta fino a pochi decenni fa. Spaventati come siamo dalle nostre tipiche malattie da sedentarietà e ipernutrizione (cardiopatie e tumori), ignoriamo completamente che i nostri antenati venivano sterminati da microrganismi e piccoli vermi che entravano all'interno del loro corpo in condizioni di scarsa igiene, solitamente tipiche di contesti sociali degradati o di sfruttamento lavorativo indiscriminato.
La malattia che ha ucciso più persone nella Storia è la malaria, che accompagna l'Uomo da almeno 50.000 anni, è stata documentata con precisione già in Cina nel 2700 a.C. ed era presente in ampie zone costiere e paludose dell'Italia fino agli anni '30, mentre è ancora diffusissima nei Paesi del Terzo Mondo dove uccide ancora oltre 400.000 persone ogni anno; è dovuta all'infestazione da parte di un protozoo, il Plasmodium (ne esistono diverse varietà, ma la più diffusa è il P. Falciparum, che è anche quello che provoca l'infezione più grave), trasmesso dalla puntura delle zanzare anofele. I plasmodi si riproducono asessualmente all'interno dei globuli rossi del sangue, distruggendoli per uscirne fuori e infettarne di nuovi. Si manifesta con attacchi di febbre molto alta che vanno e vengono, gonfiore di fegato e milza, grave anemia, tachicardia e delirio. La morte sopraggiunge in seguito ai gravi danni epatici, renali e cerebrali conseguenti.
Campione di sangue umano infetto da P. Falciparum

Il ciclo vitale dei plasmodi

La zanzara anofele, che ne è il vettore

Le aree tropicali, per la loro ricchissima biodiversità dovuta all'abbondanza di luce solare e acqua piovana, dalle quali partono innumerevoli catene alimentari, sono piene di insidie di questo genere per l'uomo, il cui sistema immunitario non è quasi mai in grado di difendersi stroncando l'infestazione all'inizio. Un altro caso notissimo è quello della Malattia del sonno, dovuta a un altro protozoo, il Trypanosoma, trasmesso dalla puntura della mosca tze tze. Si manifesta con una fase emolinfatica caratterizzata da dolori, febbre e ingrossamento dei linfonodi del collo, cui segue una fase neurologica con apatia e letargia che rendono il malato incapace di provvedere ai propri elementari bisogni, finché i danni cerebrali non lo conducono a morte.
Campione di sangue umano infetto da Trypanosoma

Il ciclo vitale dei tripanosomi

La mosca tze tze che ne è il vettore

Ma un problema altrettanto importante è quello rappresentato dalle infestazioni da vermi, come le Tenie (noti anche come vermi solitari), le Filarie e gli Ancylostomi.
Le Tenie si prendono mangiando carne infetta delle loro larve, alcuni tipi (T. Solium, T. Saginata) si stabiliscono nell'intestino e assorbono le sostanze nutritive attraverso la cute, mentre altri (Echinococco) possono raggiungere ogni distretto del corpo, dando vita a cisti che producono sintomi da compressione analoghi a quelli delle masse tumorali.
Una tenia estratta da un intestino umano

La testa (scolice) della tenia, con cui l'animale si attacca alle pareti interne del lume intestinale

Il ciclo vitale delle tenie

Le Filarie si prendono dalla puntura della zanzara, specie quella tigre, e si stabiliscono nel sistema circolatorio o in quello linfatico. Possono provocare enormi gonfiori degli arti occludendo i vasi linfatici e gravi danni cardiaci, spesso mortali (soprattutto in cani e gatti, che ne sono facilmente soggetti anche in Italia).
Un esemplare di filaria 

Cuore di cane infestato da filarie

Arto umano anormalmente gonfio in seguito a infestazione da filarie

Il ciclo vitale delle filarie

Questi parassiti possono essere combattuti in molti modi, sia direttamente sia sterminando gli insetti che ne sono i vettori. Infatti, in molte zone, l'incidenza della loro infestazione è stata drasticamente abbassata da adeguati interventi di igiene pubblica.
Il più infido dei parassiti di questo tipo è, però, l'Ancylostoma. Questo è un verme che allo stato larvale è praticamente invisibile e vive nel terreno. Da qui può passare all'uomo attraverso ogni tipo di contatto diretto. Nell'uomo, si moltiplica e invade soprattutto le vie digerenti e respiratorie, succhiando il sangue dai tessuti e provocando gravi emorragie e infezioni, fino alla morte del malato.
Testa di Ancylostoma

Ancylostoma maschio e femmina

Ciclo vitale dell'Ancylostoma

Organi riproduttivi del maschio

Duodeno umano infestato da Ancylostoma
Segni della penetrazione dell'Ancylostoma in un piede umano

La storia dell'Ancylostoma, in Italia, è strettamente legata a quella dei trafori ferroviari alpini realizzati, soprattutto con la Svizzera, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX. Anche se l'infestazione è stata sempre diffusa nelle campagne e nelle miniere, la sua incidenza sulla popolazione non aveva mai raggiunto i livelli che furono toccati tra gli operai addetti allo scavo dei trafori, così alti da indurre la sospensione dei lavori di scavo del San Gottardo, nel 1879-80.
Il traforo ferroviario del San Gottardo oggi, dal lato svizzero

A quel punto, la direzione della clinica medica generale di Torino inviò nella zona un veterinario, Edoardo Perroncito, che aveva già alle spalle l'eradicazione della Cercaria (un altro parassita, dei bovini) dalle campagne del Canavese. Perroncito identificò nelle autopsie degli operai morti (scavatori e addetti ai forni) la presenza di almeno tre diversi parassiti, tra i quali il più frequente e diffuso, nonché quello dai più nefasti effetti, era proprio l'Ancylostoma.
Edoardo Perroncito (1847-1936) ospite di una scuola elementare

Dopo una serie di sopralluoghi nei cantieri, giunse alla conclusione che gli operai si infettavano soprattutto per colpa delle pessime condizioni igieniche in cui lavoravano. Non disponevano di bagni e facevano i loro bisogni negli stessi punti in cui lavoravano. Respiravano poi il fango misto agli escrementi che sollevavano durante i lavori di scavo. Usavano scarpe vecchie e rotte con le quali sguazzavano nel fango pieno di larve, che entravano nel loro corpo attraverso la pelle dei piedi. All'interno degli scavi, la temperatura e l'umidità erano così alte da creare una sorta di sub-clima tropicale.
La sua relazione obbligò le imprese appaltatrici del lavoro a provvedere in modo adeguato all'igiene dei cantieri e il numero delle infestazioni diminuì rapidamente.
Perroncito si ingegnò a trovare quanto prima un rimedio per curare gli operai già infettati e trovò che l'estratto di felce maschio, una pianta perenne comune nei boschi, che spesso cresce alla base delle querce, riusciva ad uccidere rapidamente i vermi.
La felce maschio

Tuttavia, non tutto il mondo medico prese sul serio le sue conclusioni. Molti ritenevano ancora che i vermi avessero un ruolo marginale nella mortalità degli operai, dovuta soprattutto a denutrizione e super-sfruttamento. A questo scetticismo non era estranea una certa scarsa considerazione di Perroncito come studioso, dato che a volte le sue conclusioni erano apparse parecchio fantasiose (secondo studi moderni, Perroncito aveva delle grandi intuizioni ma non disponeva dei mezzi tecnici per dimostrarle a fondo).
Anche se i fattori socio-economici non andavano sottovalutati, l'influenza delle infestazioni elmintiche non poteva essere negata. In soccorso di Perroncito arrivò un brillante medico pavese, direttore dell'ospedale di Varese, Ernesto Parona, che aveva già compiuto importanti lavori di parassitologia anche in collaborazione con Giovan Battista Grassi, lo scienziato che identificò per primo il rapporto tra la zanzara anofele e la diffusione della malaria.
Giovan Battista Grassi (1854-1925). Purtroppo sul web non si trovano immagini di Ernesto Parona (1849-1902)

Parona studiò la diffusione della malattia su 249 pazienti, ex operai del traforo del San Gottardo, ricoverati nel suo ospedale e giunse alle stesse conclusioni di Perroncito. Inoltre, seguendo le indicazioni di quest'ultimo, curò i suoi malati con l'estratto di felce maschio, ottenendo un tasso molto soddisfacente di guarigioni. La sua sperimentazione servì anche a definire con precisione i dosaggi di estratto di felce maschio con cui affrontare l'infestazione senza produrre troppi effetti collaterali.
Dopo l'intervento di Parona, nessuno mise più in dubbio le conclusioni di Perroncito.
Qualche anno dopo, nel 1888, partirono gli scavi per un altro traforo ferroviario, quello del Sempione. Perroncito riuscì a convincere le autorità a inviare sul posto, come ufficiale sanitario, un giovane medico di sua fiducia, Giuseppe Volante. Questo, man mano che prendeva forma la comunità dei minatori (che arrivarono anche a fondare con le loro famiglie una vera e propria cittadina, Balmalonesca, oggi disabitata da tempo ma ancora visitabile, una vera e propria ghost town), si ingegnò a prevenire in tutti i modi la comparsa dell'Ancylostoma, a partire dalle selezioni degli operai, in cui scartò chiunque sembrasse affetto da parassitosi, fino alla costruzione di impianti sanitari molto moderni (docce e bagni con spogliatoi riscaldati). Il risultato fu che, durante i lavori di scavo del Sempione, l'infestazione da Ancylostoma ebbe un'incidenza bassissima e i pochi malati furono tutti prontamente curati.
L'ingresso del tunnel del Sempione, lato italiano

Un cantiere del Sempione 

Veduta d'epoca di Balmalonesca

Una famiglia di emigranti meridionali a Balmalonesca

Perroncito e Giuseppe Volante (1871-1936)

Volante si impegnò, insieme a un parroco, un sindacalista e un direttore didattico provenienti da paesi vicini come Varzo e Iselle, anche ad abituare gli operai (molti dei quali erano emigranti provenienti dal Sud Italia) a rispettare le norme igieniche in casa e a mandare i figli a scuola. Passò tanto tempo nelle gallerie ad assistere i lavoratori, che alla fine si ammalò come loro di insufficienza respiratoria per via delle troppe polveri respirate, malattia di cui sarebbe poi morto nel 1936, a 65 anni.