domenica 26 aprile 2020

Il Destino di Burton Abbott, la vittima giudicata colpevole


Che la sfortuna possa perseguitare un uomo innocente fino a ucciderlo si mette in conto nella realtà, ma che a essa possa aggiungersi anche la legge diventa un'ipotesi inaccettabile per il buon senso. Eppure questo è accaduto molte volte durante i processi penali, soprattutto nei Paesi come gli Usa, in cui le condanne capitali sono state spesso comminate ed eseguite con una disinvoltura indegna di un Paese civile.
I casi che potrebbero essere citati sono tanti, ma uno dei più celebri è relativo a un processo che alla metà degli anni '50 appassionò tutta l'America durante il suo svolgimento, che peraltro non fu affatto tra i più corretti. I tentativi della difesa di annullarlo per ottenere un nuovo giudizio furono poi frustrati dalla volontà dell'amministrazione di chiudere il caso alla svelta, anche a costo di affrettare i tempi dell'esecuzione al di là di quello che era permesso da leggi e regolamenti.
Ma andiamo per ordine.
Si parte naturalmente da un delitto, un delitto mostruoso ed efferato. La vittima si chiama Stephanie Bryan ed è una studentessa di 14 anni, figlia di un medico di Berkeley, California, che scompare nel pomeriggio del 28 aprile 1955 dopo aver attraversato il parcheggio dell'Hotel Claremont. Il 1° e il 5 maggio arrivano due lettere con richieste di riscatto alla famiglia, poi i rapitori non si fanno più sentire.

Stephanie Bryan

Il 16 luglio 1955, una donna di nome Georgia Abbott, residente ad Alameda, poco distante da Berkeley, contatta la polizia perché, nel seminterrato della casa che divide con il marito, il figlio di 4 anni e la suocera, ha trovato una borsa contenente un documento di identità intestato a Stephanie. La polizia compie un sopralluogo sul posto e scopre altri effetti personali della ragazza, come gli occhiali e il reggiseno. La suocera di Georgia, Elsie Moore, dichiara di aver già visto la borsa nel seminterrato e di non averla aperta, non sospettando nulla.
Viene interrogato anche il marito di Georgia, Burton Abbott, un ventisettenne che studia Contabilità all'Università della California. Quando gli viene chiesto l'alibi per il 28 aprile, Abbott dichiara che si trovava presso un capanno di proprietà della sua famiglia nella campagne di Weaverville, sempe in Califormia ma a oltre 500 km di distanza. Il 20 luglio, mentre il capanno viene ispezionato, uno dei tanti civili che si sono uniti alle ricerche, un venditore di automobili di nome Leroy Myers, richiama l'attenzione del giornalista Edward Montgomery del San Francisco Examiner e del fotografo Bob Bryant su un tumulo di terra smossa qualche centinaio di metri dietro il capanno stesso. Dallo scavo che segue, emerge il corpo già notevolmente decomposto di Stephanie.

Il luogo in cui venne rinvenuto il corpo

Burton Abbott viene arrestato e incriminato con l'accusa di stupro e omicidio.


Burton Abbott durante gli interrogatori

Il processo si tiene a Oakland. Le prove sono solo circostanziali: nulla indica che Burton Abbott abbia direttamente avuto a che fare con la ragazza. Tuttavia, il procuratore distrettuale J. Frank Coakley non rinuncia a nulla pur di ottenere un verdetto di colpevolezza. Descrive, non si sa in base a quali risultanze scientifiche, Abbott come un maniaco sessuale, che avrebbe ucciso Stephanie perché questa si sarebbe difesa durante uno stupro. Ma in realtà lo stato di decomposizione del corpo non ha permesso di accertare né le cause della morte (che si presume avvenuta per strangolamento) né se vi sia stata una violenza sessuale. Né Abbott sembra un tale energumeno dal quale ci si possa aspettare chissà quali violenze: tra l'altro, soffre anche di tubercolosi e ha notevoli problemi respiratori, non avrebbe mai la forza di trascinare e seppellire un cadavere.

J. Frank Coakley (1897-1983)

Coakley porta in aula come prove anche i reperti disponibili, compresi i residui di abiti trovati addosso al corpo quando è stato disseppellito, impregnati di un odore di decomposizione che impressiona tutti. L'avvocato della difesa, Stanley D. Withney, protesterà inutilmente.

I reperti esibiti al processo

La madre di Stephanie al processo, insieme alla testimone che aveva visto la ragazza per ultima

L'opinione pubblica sembra favorevole alla colpevolezza di Abbott e questo orienta la scelta dei giurati: che, dopo 47 giorni di dibattimento e 51 ore di camera di consiglio, lo giudicano colpevole di entrambi i reati, dopodiché il giudice Wade Snook lo condanna alla camera a gas.
Tra ricorsi e appelli, passano 13 mesi dalla condanna.
L'esecuzione avviene in circostanze particolarmente drammatiche, il 15 marzo 1957, a San Quentin. L'orario previsto è le 10 del mattino. Il nuovo legale di Abbott, George T. Davis, un fiero avversario della pena capitale, passa tutta la mattinata a cercare di ottenere un rinvio, perché la data è stata fissata troppo presto (ci sono almeno 2 settimane di anticipo rispetto ai termini di legge) e non tutte le autorità deputate hanno avuto la possibilità di visionare gli incartamenti del processo, per cui non è ancora detto che Abbott non possa ottenerne una revisione. Ma gli uffici giudiziari statali e federali fanno a scaricabarile e l'unico che possa smuovere la situazione è il governatore della California, Goodwin J. Knight. Il quale, però, in quel momento, è in visita ufficiale sulla portaerei Hancock nella Baia di San Francisco. Non riuscendo a raggiungerlo in altri modi, Davis gli lancia un appello tramite un canale televisivo: Knight risponde e concede una sospensione di un'ora. Durante questo tempo, gli appelli di Davis alla Corte Suprema e al Tribunale distrettuale federale vengono respinti. Ma ci sono le condizioni per chiedere un ulteriore rinvio a Knight. Tuttavia, questo è irreperibile. Ha dato a Davis due numeri telefonici assicurando che li avrebbe lasciati liberi, invece Davis li trova a lungo occupati entrambi. Quando finalmente Knight risponde, sono le 11,12 e Burton Abbott sta uscendo dalla cella per raggiungere la camera a gas. La discussione tra Knight e Davis è rapida, ma non abbastanza. Knight concede un nuovo rinvio e chiama il suo segretario, Joseph Babich, perché avvisi la direzione del carcere.

George T. Davis (1908-2006)

Goodwin Knight (1896-1970) con Richard Nixon nel 1958 

Sono le 11,18, quando arriva la telefonata di Babich alla linea diretta del braccio della morte, ma in quel momento le 16 palline che sciogliendosi nell'acido solforico avrebbero liberato il gas letale sono già cadute nel relativo recipiente. Il giornalista George Draper di The Chronicle, uno dei testimoni ufficiali, dirà poi che Abbott aveva inizialmente trattenuto il fiato, ma al primo respiro morì rapidamente.
Subito dopo che Abbott ha reclinato la testa, arriva la telefonata di Babich, e il guardiano Harley Teets gli risponde che ormai è troppo tardi per fermare l'esecuzione.
La moglie di Abbott, Georgia, se ne andò a vivere altrove. Il figlio, Christopher, era troppo piccolo per ricordare i fatti: solo da adulto apprese delle circostanze della morte del padre. Sia i fratelli sia soprattutto la madre di Burton Abbott erano fermamente convinti della sua innocenza e, anche dopo l'esecuzione, cercarono di farla riconoscere, soprattutto la madre, che sarebbe morta all'età di 100 anni nel 2004. Elsie Moore, in particolare, insistette sostenendo che bisognava indagare di più su suo fratello, un camionista di San Leandro di nome Wilbur Moore, che frequentava sia casa loro sia il capanno di Weaverville e che avrebbe avuto ogni possibilità di seminare indizi capaci di incastrare Burton. La Moore dichiarò di avere dei testimoni che il tribunale non aveva ammesso al dibattimento.

Elsie Moore al processo, al centro, con la moglie di Burton, Georgia, in primo piano

Sicuramente, la colpevolezza di Burton Abbott fu tutt'altro che provata. Anzi, sembra certo che fosse innocente e che sia stato incastrato. Ma da chi?
Una teoria alquanto sconvolgente in tal senso arriva da John W. Cameron, un ex poliziotto che dopo la pensione si è messo a fare ricerche sui cold cases. Nel 2014, Cameron scrive un libro in cui sostiene che una enorme quantità di delitti irrisolti o dalla dubbia attribuzione potrebbe essere stata commessa da Edward Wayne Edwards (1933-2011), un istrionico serial killer condannato infine a morte per l'omicidio del figlio adottivo allo scopo di incassare una polizza assicurativa e deceduto per cause naturali in carcere quattro mesi prima dell'esecuzione, ma sicuramente coinvolto in almeno altri 5 delitti.

Il libro di John Cameron


Due immagini, da giovane e da anziano, di Edward Wayne Edwards

Cameron ipotizza perfino che Edwards possa essere responsabile di delitti famosi e atroci, come quello di Elizabeth Short, la Black Dahlia, nel 1947, e quello della piccola JonBenét Ramsey nel 1996. Le sue teorie sono state molto criticate, ma la sua ricostruzione del ruolo di Edwards nel caso Bryan appare abbastanza credibile, anche perché desunta da una serie di informazioni contenute in uno dei libri autobiografici che Edwards scrisse per vantarsi delle sue prodezze, però alterando sistematicamente i nomi delle vittime.

Elizabeth Short (1924-47) in primo piano

JonBenét Ramsey (1990-96)

Secondo Cameron, Edwards, che nel 1955 si trovava nella Califormia meridionale e si faceva passare per il dottor James Garfield Langley, sarebbe riuscito ad attirare la ragazza in trappola promettendole di procurarle per 10 dollari una torta per il compleanno del padre, cui Stephanie intendeva fare una sorpresa, risparmiando la somma ad hoc. Una volta uccisa la ragazza, Edwards avrebbe scelto Abbott quale capro espiatorio perché i due si assomigliavano fisicamente e possedevano un'auto dello stesso tipo, una Chevy del 1949-50. In seguito, Edwards si sarebbe disfatto della sua, vendendola a Minneapolis.
Dopo aver nascosto la borsa e gli altri reperti del delitto nel seminterrato degli Abbott (che, tra il delitto e il ritrovamento degli effetti personali della ragazza, era stato visitato da parecchie persone senza che nessuno vi notasse nulla), il 15 luglio 1955 (quindi il giorno prima del ritrovamento), Edwards avrebbe poi assunto l'identità del venditore di auto Leroy Myers e guidato il giornalista Montgomery e il fotografo Bryant al corpo che lui stesso aveva sepppellito.


martedì 14 aprile 2020

Robert Rossner / Ivan T. Ross: delitti a scuola, raccontati da un insegnante


Mettersi sulle tracce di un autore dimenticato dopo un certo successo è un'attività che può riservare tante frustrazioni quante soddisfazioni. In alcuni casi si riesce a ricostruire un po' tutta la storia dell'autore e della sua opera, in altri non si riesce a scoprire nemmeno l'indispensabile per dargli un'identità precisa. Ma nella maggior parte dei casi si resta a un livello intermedio, perché si scoprono molte cose che lo riguardano, ma non tutte, e restano aperti un bel po' di interrogativi che rendono comunque la sua figura più misteriosa e affascinante.
È il caso, ad esempio, di Robert Rossner, più noto con lo pseudonimo di Ivan T. Ross, utilizzato con preferenza nelle opere narrative. Rossner è un autore statunitense molto atipico, innanzitutto per le sue origini: risulta nato a Rio de Janeiro il 25 marzo 1932 e trasferitosi negli Usa solo nel 1938. Non sappiamo se la sua famiglia stesse rientrando in Usa dopo aver soggiornato in Brasile o se fosse una famiglia brasiliana che emigrò negli Usa: il cognome Rossner è di origine tedesca e sia in Brasile sia negli Usa non sono rari i cognomi tedeschi portati da emigranti del XIX secolo, quindi potrebbero essere valide entrambe le opzioni.
È stato difficile trovare non solo notizie su di lui (quasi tutte provengono dalla versione francese di Wikipedia) ma anche una sua foto: alla fine, ne è saltata fuori una dal retro della copertina della traduzione tedesca del suo primo libro.

Robert Rossner / Ivan T. Ross nel 1961

Rossner studiò all'Università di Chicago laureandosi in Letteratura Inglese ma, verosimilmente prima di frequentarla, si arruolò nell'esercito e combatté nella guerra di Corea, poi trascorse qualche tempo in Giappone. Nel 1954 sposò la studentessa diciannovenne newyorkese Judith Louise Perelman, successivamente destinata a diventare una scrittrice molto nota con il nome da sposata, Judith Rossner. La coppia ebbe due figli, Jean (nata nel 1960) e Daniel (nato nel 1965). La coppia visse a New York dove lui insegnò e lei svolse diversi lavori, tranne un periodo dal 1969 al 1971 in cui si trasferì ad Acworth, New Hampshire, per vivere in una comunità rurale. Ad Acworth, Rossner insegnò in una scuola progressista. La moglie, che stava cominciando a ottenere buoni successi come scrittrice, volle tornare a New York insieme ai figli per le difficoltà ad adattarsi alla vita nell'ambiente extraurbano e i due finirono per divorziare nel 1973.

Judith Rossner (1935-2005) negli anni '80

Prima ancora di mettersi alla prova come scrittore, Rossner si trovò una sistemazione come insegnante di Inglese nelle High School, lavoro che avrebbe continuato a svolgere anche dopo aver pubblicato i suoi romanzi ottenendo un lusinghiero successo. Alla sua attività di insegnante avrebbe dedicato un saggio, firmato con il suo vero nome e pubblicato nel 1969, A Year without an Autumn: Portrait of a School in Crisis.


Ma, prima ancora di questo, si sarebbe ispirato a essa per quattro dei suoi sei romanzi, che costituiscono il breve ciclo ambientato nell'ambiente della High School “Mark Hopkins”, in una imprecisata cittadina del Midwest, presumibilmente posta dalle parti di Chicago, al centro del quale c'è la figura dell'insegnante Ben Gordon, nella quale Rossner traspose molti elementi autobiografici.
Il ciclo di Ben Gordon è arrivato anche in Italia, ma a pezzi e in modo stranamente discontinuo. Nessuno si preoccupò di tradurre il primo romanzo della serie, Murder out of School (1960), sebbene fosse stato tradotto in Francese e Tedesco. 






Fu tradotto invece da Mondadori il secondo, Requiem for a Schoolgirl (1961), con il risultato che i riferimenti al primo presenti in esso suonano alquanto surreali al lettore. Il terzo, Old Students never die (1962) uscì con un altro editore, Garzanti. Il quarto e ultimo titolo, Teacher's Blood (1964) uscì di nuovo con Mondadori.
Tra il terzo e il quarto, Rossner ne scrisse uno senza personaggi fissi, intitolato The Man who would do anything (1963) che pure fu tradotto da Mondadori.
Tutti questi libri furono firmati con lo pseudonimo “Ivan T. Ross”.
Poi, dopo aver firmato con il suo vero nome il saggio di cui dicevamo prima e un altro libro non-fiction (A hero like me: a hero like you, 1972), Rossner continuò a utilizzare la sua firma per quello che sarebbe rimasto il suo ultimo romanzo, The end of someone else's Rainbow, che uscì nel 1974, dopodiché non pubblicò più niente, fino alla morte, sopraggiunta il 15 settembre 1999 a Long Beach, New York.
Venendo in dettaglio alle sue opere conosciute in Italiano, tutte hanno avuto una sola edizione e non sono state più ristampate.
Requiem for a Schoolgirl esce nel Giallo Mondadori il 22 aprile 1962, n° 690 della collana, con il titolo Requiem per Laurie. Facciamo così conoscenza con Ben Gordon e la sua scuola. A parte Gordon e il preside Herbert Appleby, l'unico altro personaggio ricorrente della serie è l'assistente sociale Lucy Ferris, fidanzata di Gordon e due poliziotti, il tenente Di Vito e l'agente Gary Wildman. Tutti gli altri variano da una storia all'altra.








Requiem per Laurie si apre con la conoscenza tra Gordon e un'allieva diciassettenne dell'ultimo anno, Laurie Mitchell. Laurie è una ragazza un po' particolare, con un carattere ombroso e facilmente polemico, ma studia e ha molti interessi culturali extrascolastici. Gordon la vede però fragile e non si inganna. Poco prima che finisca l'anno scolastico, una domenica sera, senza una ragione apparente, Laurie si uccide con un'overdose di eroina, lasciando scritto sul retro di un frammento di fotografia un messaggio enigmatico in cui fa riferimento a qualcosa che sarebbe noto solo a lei e a un certo Monty, che però nessun altro conosce.
Per Gordon, che aveva un rapporto molto stretto con lei, è un trauma, anche perché considera la droga un fenomeno da quartieri marginali, mentre invece Laurie era di famiglia benestante. Dopo aver provveduto a una dolorosa visita di condoglianze ai genitori della ragazza, sente il bisogno di bere qualcosa e si ferma a un locale non lontanissimo dalla loro casa. Qui però, nonostante l'ora tarda, incontra una compagna di Laurie, Jeanine, che ha tutta l'aria di stare lì per prostituirsi. La trascina fuori e Jeanine gli rivela che altre ragazze erano solite guadagnare facilmente qualcosa in quel modo, compresa Laurie.
Gordon va a denunciare il barista e, per questo, poco dopo, subisce un'aggressione e un pestaggio da parte del barista stesso, Frankie, e del suo gorilla Gus. Questo smuove la sensibilità di un'altra ragazza coivolta nel giro, Iris, che promette di rivelargli delle informazioni importanti sul conto di Laurie. Ma, il giorno che dovrebbe rivelargliele, Iris scompare. Jeanine confessa di essere stata messa al corrente delle intenzioni di Iris dalla ragazza stessa e di aver avvisato Frankie. Ma, quando si recano a casa di questo per chiedergli se è coinvolto nella scomparsa della ragazza, i poliziotti lo trovano ucciso da tre colpi sparati da un revolver giapponese, mentre un quarto ha accidentalmente ferito Iris, che era tenuta prigioniera in un ripostiglio. L'uso di quel particolare tipo di arma farebbe pensare che a sparare è stato un reduce dal Pacifico.
Jeanine ha confessato alla polizia che nel locale di Frankie girava parecchia droga, e che proveniva da un altro quartiere, pieno di artisti e spiantati, in mezzo al quale vive anche il fantomatico Monty, che si fa passare per uno scrittore ed è effettivamente un reduce dal Pacifico. Gordon si mette a frequentare i locali del quartiere finché riesce a imbattersi in Monty e a intrattenerlo il tempo sufficiente alla polizia per arrivare e arrestarlo. Tuttavia, Monty, anche se drogato e spacciatore, non c'entra nulla con i delitti. Però, accompagnando l'agente Widman a perquisire casa sua, Gordon nota un pezzo di fotografia stracciato che corrisponde esattamente a quello che manca al frammento su cui Laurie ha scritto il suo messaggio. La confessione dell'assassino di Frankie chiude il cerchio: Frankie, oltre a spacciare e a far prostituire le ragazze, ricattava i clienti delle stesse, tra le quali c'era anche il padre di Laurie, dopo averli fotografati. Monty si era portato a casa alcune foto, per trovare ispirazione per le sue opere. Laurie, cominciata una relazione con Monty, si era trovata in casa sua e aveva scoperto, dalle foto, il lato nascosto del padre: la rivelazione era stata così sconvolgente da indurla al suicidio. Il padre, anch'egli un reduce, si è poi vendicato di Frankie.
In questa vicenda, emergono una serie di temi tipici del tempo, che Rossner sembra trattare in maniera conformista, salvo poi inserire qualche dettaglio che mostra come tanto conformista non sia. Gordon è un reduce e un patriota esaltato dalla figura del presidente Eisenhower, ma non perde occasione per schierarsi dalla parte delle minoranze etniche (il suo allievo prediletto è un nero) e di dimostrare simpatie per i “liberal”. Anche nei riguardi del tossicomane artista Monty si rivela piuttosto comprensivo. Sia Gordon sia Lucy Ferris, che è spesso presente nelle discussioni, hanno un atteggiamento agli antipodi di qualunque idea di giustizia sommaria.
Da questo libro è stato tratto un tv movie danese realizzato nel 1983, Joshi kôkôsei eno rekuiemu.
Il romanzo successivo, Old Students never die, viene presentato nella serie dei Gialli Garzanti delle tre scimmiette ed esce nell'estate del 1963 con il numero 251 e il titolo L'ultima risata di Jackie.
In questa vicenda, che si svolge all'inizio di una vacanza estiva, Gordon è solo perché Lucy lo ha momentaneamente lasciato per tornare nella California di cui è originaria. Gordon è perciò di cattivo umore e, come diversivo dai suoi pensieri, accetta un invito a trascorrere alcuni giorni di vacanza in una villa affacciata su un fiume in mezzo alla natura. A invitarlo è un suo ex alunno, Jackie Meadows, che sta facendo fortuna come cabarettista passando da un locale all'altro ed è prossimo a sbarcare in televisione.




L'ambiene sembra idilliaco ma la compagnia di amici di Jackie che si trova sul posto si rivela dilaniata da ogni sorta di antagonismi, che Jackie sembra alimentare, mentre la sua giovane moglie Eve non riesce a controllare. In particolare, un elemento perturbatore è costituito da Leila, la nipote dei domestici che si occupano della villa in assenza di Jackie. La ragazza è molto esaurita, forse psicotica, ed è fissata sull'idea di intraprendere una carriera di cantante che ovviamente non decollerà mai. Poiché nelle serate della villa si beve sempre molto, una volta si sfiora la rissa e anche Gordon vi si ritrova coinvolto. Perciò, il mattino dopo, decide di andarsene.
Ma non può partire, perché intanto Leila è annegata nel fiume e i poliziotti, guidati dallo sceriffo Roberts, impongono a tutti di non muoversi da lì. Dopo i primi esami, infatti, appare chiaro che la ragazza non si è uccisa, ma è finita in acqua dopo che qualcuno l'ha colpita alla testa.
Jackie chiede furtivamente a Gordon di avallare il suo alibi per la notte, e Gordon, sia pure con molti dubbi, accetta. Lo fa perché non vuole lasciare sola Eve, che vede infelice e disperata in compagnia di un marito irresponsabile e immaturo.
Un altro ospite, uno scrittore squattrinato amico di Jackie, David Fairlee, sparisce come se fosse fuggito e quindi i sospetti della polizia si appuntano su di lui. Ma, secondo Gordon, Fairlee non è scappato, bensì è stato a sua volta ucciso dall'assassino di Leila che ha voluto eliminare un testimone non più disposto a tacere. La possibilità diventa evidente quando gli effetti personali di Fairlee vengono rinvenuti nel fiume.
Gordon, che ormai sospetta di Jackie, decide di rivelare allo sceriffo Roberts che il suo alibi fornito all'ex alunno è fasullo. Jackie reagisce tirando fuori una pistola e puntandola sui presenti, poi tentando una improbabile fuga, nella quale viene abbattuto dagli agenti di guardia.
Sembra tutto finito e gli altri ospiti se ne vanno, ma Gordon rimane pensando di consolare la povera Eve, rimasta da sola. Però la donna sembra tutt'altro che una vedova inconsolabile e, anzi, più che essere sconvolta dai fatti, ne sembra sollevata. Gordon si rende conto, improvvisamente, che per riuscire a uccidere Leila e Fairlee e a nascondere il cadavere del secondo, occorre conoscere bene la proprietà, che appartiene a Eve che ci vive da molto tempo, mentre Jackie ci andava solo occasionalmente. Jackie ha confessato di aver ucciso Leila perché questa lo ricattava dopo che avevano avuto una breve relazione quando lui era già sposato con Eve. Ma questo poteva essere un movente anche per Eve, Fairlee era amico di Jackie ma devotissimo anche a Eve e potrebbe benissimo aver coperto lei invece di Jackie. Quando Gordon le rinfaccia queste possibilità, Eve reagisce in modo ambiguo, non confermando né negando e, anzi, sottolineando come i tre defunti non manchino a nessuno. Gordon comprende che la donna ha manipolato Jackie dall'inizio e sta provando a manipolare anche lui, perciò va via subito anche se lei gli chiede ripeutamente di restare. Sulla strada, si ferma a chiamare Lucy Ferris e decide di raggiungerla.
Teacher's Blood esce nel Giallo Mondadori il 25 aprile 1965 con il numero 847 e il titolo Opera di ignoti. Gordon e Lucy Ferris sono tornati alla “Mark Hopkins” e fanno progetti per l'avvenire. Ma Gordon è infastidito dalla presenza, nel corpo insegnanti, di un ex commilitone, Evan Nicholas, che sa essere avido e con sgradevoli precedenti come contrabbandiere, che hanno portato anche a una doppia tragedia mentre i due erano ancora sotto le armi, benché Nicholas non abbia poi subito conseguenze. È un anno scolastico particolarmente difficile per la presenza nelle classi di alcuni bulli che si scontrano continuamente sia con Gordon sia con Nicholas, il quale sembra saperli controllare decisamente meglio.



Un giorno, però, arriva una brutta sorpresa. Nicholas, che non si è presentato al lavoro, viene ritrovato morto in casa sua, vittima di un brutale pestaggio. Si pensa subito ai bulli e la polizia mette la scuola sotto controllo, ma non emerge nessun indizio a loro carico. Emerge invece che Nicholas, abituato a passare le vacanze facendo viaggi in Europa, da questi viaggi ricavava guadagni di cui si ignora la provenienza.
A scagionare definitivamente i bulli, provvede un altro delitto, del quale è vittima un'altra insegnante, buona amica di Lucy, Sylvia Burns. Questa viene anch'essa rinvenuta in casa propria con una frattura del cranio, uccisa sicuramente da qualcuno che conosceva perché lei lo ha fatto entrare e non ci sono segni di lotta nell'appartamento. Anche Sylvia era solita fare le vacanze in Europa e un controllo appura che, nelle ultime estati, si è sempre trovata negli stessi posti di Nicholas. Prende corpo l'idea che i due fossero coinvolti in qualche contrabbando e, forse, avevano anche una relazione.
I sospetti della polizia sembrano appuntarsi sull'ex marito di Sylvia, un tipo un po' strano di artista, che ha un alibi dubbio per l'orario del delitto.
Ma Gordon finisce per ritrovarsi ancora più coinvolto suo malgrado. Un giorno che si ritira a casa dove Lucy lo sta aspettando, trova la fidanzata gravemente ferita in seguito a un'aggressione. Nonostante i tempestivi soccorsi, Lucy morirà senza riprendere conoscenza. Gordon ricorda di aver visto un uomo biondo sconosciuto uscire dal palazzo mentre lui entrava e questo coincide con altri elementi in possesso della polizia, che portano a un tedesco-americano, Sidney Walz.
Mentre è ancora sotto choc, svuotando l'armadietto che condivideva con Nicholas, Gordon vi trova un pacchetto sospetto, che una volta aperto rivela contenere dei diamanti. Sono questi, gli oggetti del contrabbando dei suoi colleghi; e qualcosa deve essere andato storto se non sono stati consegnati e ora Walz li sta cercando.
Deciso a farla finita, Gordon aspetta che Walz si rifaccia vivo, questa volta però nascondendo un'arma. Quando il biondo si ripresenta, accompagnato da un olandese dai modi viscidi chiamato Kuystruycyck, Gordon è più lesto e lo fa fuori. L'olandese, poi, confesserà tutto, tranne gli omicidi che attribuisce solo al biondo. A questo punto, Gordon contatta finalmente la polizia. Successivamente, viene messo in licenza per alcuni mesi dal preside, e non sa più cosa fare della sua vita, ora che non c'è più Lucy.
La descrizione analitica degli intrecci mostra che Rossner cercò di non attenersi a un format prestabilito, che gli avrebbe garantito la possibilità di scrivere diversi romanzi ma avrebbe reso le sue storie sempre più inverosimili. Piuttosto, provò a immaginare tutte le situazioni in cui, a qualsiasi titolo, un insegnante potesse ritrovarsi coinvolto in fatti criminali. Pur non conoscendo la trama del primo, appare evidente che, con il quarto romanzo, il filone aveva esaurito tutte le sue possibilità. A quel punto, come farebbe pensare la conclusione dell'ultimo, Rossner ritenne che, per permettere alla serie di proseguire, Ben Gordon avrebbe dovuto lasciare la cattedra. In seguito, però, questa scelta dovette sembrargli poco produttiva (al massimo, un personaggio del genere, conservando la stessa attenzione per la credibilità delle vicende, avrebbe potuto essere protagonista di ancora uno o due romanzi) e la lasciò perdere. Non sappiamo se intervennero altri fatti (dopotutto, Rossner svolgeva anche un altro lavoro e scriveva nel tempo libero) ma sta di fatto che l'autore lasciò per circa dieci anni la narrativa.
Tra il terzo e il quarto romanzo della serie di Ben Gordon, Rossner aveva tentato la strada del noir, con un romanzo intitolato The Man who would do anything, uscito in Italia, n° 791 del Giallo Mondadori, il 29 marzo 1964 e intitolato La febbre del dollaro. Si tratta di un noir molto moderno, di ambientazione urbana (periferia di New York) e poco violento, incentrato su una rapina.




Il protagonista, Paul Coopersmith, è un giovane aspirante scrittore che si mantiene facendo il commesso in un negozio di calzature e sogna di trasferirsi nel Messico per scrivere a tempo pieno. Una sera, nel bar dove si reca di solito, fa amicizia con un certo Lundy, un tipo di mezza età dall'aria intellettuale e misteriosa che lo affascina molto. Paul finisce per confidargli i suoi desideri e Lundy, dopo che la loro conoscenza si è approfondita (Donna, la ragazza di Paul, trova Lundy molto sgradevole, ma Paul lo frequenta lo stesso, senza dirle che va a incontrarlo), gli propone di fare soldi facilmente, tramite una rapina per la quale ha preparato un piano sicuro. Paul all'inizio ci sta per gioco, convinto che Lundy scherzi e che la storia potrebbe essergli utile come trama per un libro e, quando finalmente si rende conto che Lundy fa sul serio, si è spinto troppo in là per potersi tirare indietro. La rapina, all'impiegata di una fabbrica che porta le paghe degli operai appena prelevate in banca, viene compiuta dai due con l'aiuto di un pregiudicato, Brandt: tuttavia, il piano perfetto si rivela pieno di crepe e un piccolo incidente lo fa saltare del tutto, per cui Paul si trova da solo in fuga, con la refurtiva in mano e separato dagli altri due. Non sapendo cosa fare, nasconde i soldi, torna indietro e riesce a contattare Donna, che lo esorta a costituirsi. Tuttavia, Lundy e Brandt arrivano alla ragazza prima di Paul, e la prendono in ostaggio. Il finale è per certi versi prevedibile ma per altri piuttosto originale, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni della scoperta della reale identità del misterioso Lundy.
Sempre senza personaggi fissi è l'ultimo romanzo di Rossner, The end of someone else's Rainbow, che fu presentato nel Giallo Mondadori il 20 aprile 1975 con il numero 1368 della serie e il titolo Qua la mano, poliziotto!. Si tratta ancora una volta di un noir, ma ancora più atipico e meno violento del precedente.





Siamo nella provincia del Midwest. Wiley Bridger è appena stato liberato da una condanna a 20 anni di lavori forzati e li ha scontati tutti. Torna al suo paese, dove fu arrestato in seguito alla rapina di una banca, che compì da solo. La refurtiva della rapina non è stata mai ritrovata. Wiley è l'unico a sapere dove sia nascosta ma in 20 anni l'urbanistica cittadina è cambiata radicalmente, le aree agricole in cui è cresciuto sono diventate periferia piena di edifici e solo per un miracolo l'albero sotto il quale ha sepolto la valigia di alluminio con i soldi non è stato estirpato. In compenso, tutto intorno, c'è il parcheggio in cemento della biblioteca pubblica, per cui è impossibile scavare.
Mentre Wiley si chiede come fare per arrivare ai soldi e intanto cerca e trova un lavoro per rimanere in città, due persone entrano nella sua vita. Una in realtà ci rientra, ed è il poliziotto che lo arrestò, Michael Javitt, un tipo violento che, durante l'interrogatorio, lo pestò a sangue. Javitt, benché ora lavori nella polizia di un'altra città, ha preso le ferie apposta per stare lì a sorvegliare il ritorno di Wiley e scoprire dove ha messo i soldi. L'altra persona è la nuova bibliotecaria, Francine Pennypack, una donna non più giovane e poco attraente, che vive nella solitudine e nella frustrazione ed è subito attratta dal maturo e misterioso Wiley.
Benché Wiley sia un tipo molto chiuso, Francine riesce a entrare in confidenza con lui, che le racconta dei soldi. In cambio della promessa di un terzo del malloppo, lei lo fa entrare nei sotterranei della biblioteca, dai quali è possibile, aprendo un buco nel muro e scavando per alcuni metri, raggiungere le radici dell'albero. Piano piano, sera dopo sera, protetto da Francine, Wiley porta avanti il lavoro.
Javitt, pur seguendolo costantemente, non sospetta di nulla e comincia a spazientirsi, perché il suo tempo a disposizione non è infinito. Per due volte, mentre Wiley ritorna a casa di sera e non c'è nessuno in strada, Javitt lo aggredisce e lo pesta a sangue di nuovo. La seconda volta, però, Wiley lo disarma, ma la sua reazione si ferma qui. Con un intelligente escamotage, carica il poliziotto in macchina e lo porta alla biblioteca chiusa, gli racconta che i soldi sono sotto l'edificio e ormai irraggiungibili e quindi ogni velleità è finita lì, lui è tornato in paese solo per rifarsi una vita.
I due si lasciano amichevolmente ma, mentre Javitt sta ripartendo per tornare a casa, nota un certo movimento nel parcheggio della biblioteca e, andando a controllare cosa accada, capisce subito che Wiley, aiutato da Francine, sta per andarsene con qualcosa. Javitt non potrà però intervenire, in seguito a un incidente quasi comico (manovrando con l'auto finisce sull'area del parcheggio sotto la quale Wiley ha scavato e la macchina sprofonda per diversi centimetri, bloccandolo all'interno), così non gli resta altro che assistere alla fuga dei due.
Il fatto che Rossner parteggi piuttosto apertamente per Wiley pone una questione morale alquanto singolare: avendo già pagato il suo debito con la società con 20 anni di vita, il rapinatore può reclamare il possesso della refurtiva? Un altro dettaglio significativo (e davvero raro nella narrativa di quel tempo) è che i due personaggi principali, tra i quali si instaura una relazione solo per l'insistenza di Francine, sono un uomo di mezza età pieno di problemi e una donna rinsecchita non più giovane.
Questo romanzo è particolarmente noto in Francia, dove ne è stato tratto anche un film, L'homme aux yeux d'argent, di Pierre Granier-Deferre (1985), che infatti ha portato a una nuova edizione con un nuovo titolo.


I libri di Rossner non sono capolavori ma sicuramente hanno il merito di aver provato a battere delle strade che, al tempo, sembravano interessare a pochi ed erano aperte a molte promettenti possibilità, sfruttare solo in seguito. E di averlo fatto in modo più che accettabile per il lettore abituato alle opere tradizionali.
Il nome di Rossner, però, è ricordato oggi più che altro per i libri della ex moglie Judith, che si firmava appunto Judith Rossner, che tra gli anni '70 e gli anni '80 avrebbe firmato due celebri bestseller, Looking for Mr. Goodbar e August. Ma questo sarà il soggetto di un altro articolo.