venerdì 23 dicembre 2022

Il delitto di "'O pullastiello": chi uccise Vito Adamo e Laura Savo?

Il cinema italiano, ogni volta che gli è stato possibile, ha ripreso i modelli hollywoodiani di maggiore successo, spesso reinterpretandoli in modo molto creativo per coprire la mancanza di un adeguato budget. Questo tipo di cinema è stato prodotto con poche pretese, ma ciò non toglie che a occuparsi della sua realizzazione siano stati sempre bravi professionisti. Perciò, spesso, questi B-movies inizialmente snobbati e derisi dalla critica, nel tempo si sono affermati come cult movies e non di rado capita che vengano presi a ispirazione dai registi moderni. Un esempio classico è rappresentato dagli Spaghetti western girati da Sergio Leone e da altri. Ma lo stesso vale per i “poliziotteschi”, ossia i polizieschi all'italiana, molto amati da autori di prestigio come Quentin Tarantino.

Anche se la critica del tempo non nascondeva di considerarli dei sottoprodotti senza valore, i migliori poliziotteschi partivano da sceneggiature coerenti e forse addirittura di una qualità superiore a quella media dei film americani presi a modello. Titoli come “Milano violenta”, magistralmente interpretato da due grandi attori come Vittorio Mezzogiorno e Claudio Cassinelli, o “Da Corleone a Brooklyn” che vede contrapposti l'acrobatico Maurizio Merli e il mefistofelico Mario Merola, sono invecchiati benissimo, come il buon vino. A distanza di anni, si resta sorpresi da quanto fossero tutto sommato molto realistici.

Infatti la storia che raccontiamo adesso potrebbe essere benissimo un poliziottesco di quei tempi, però è vera.

Giovedì 25 gennaio 1973, a Napoli, è una giornata di cielo sereno, ma l'aria è tagliata da un vento forte e freddo molto fastidioso. Il ristorante “'O pullastiello” sorge a Secondigliano, in un'area tra il cimitero di Miano e la massicciata ferroviaria della linea per Piedimonte Matese. È un locale che pratica prezzi popolari e di conseguenza è facilmente pieno, tant'è vero che presenta molti tavoli all'aperto. Gode fama di posto in cui si mangia pure bene, anche se in seguito si scoprirà che nel menù serve gatti spacciandoli per conigli e che alimenta il forno a legna con i resti di casse da morto recuperate dal cimitero dopo l'esumazione dei defunti.


Nelle giornate di pieno lavoro, ci sono tanti clienti che c'è bisogno di dieci persone per occuparsi di tutti. I quattro fratelli Ruggiero sono i titolari: a essi si aggiungono un cuoco, due camerieri e i tre componenti di un'orchestrina che allieta gli avventori suonando canzoni del repertorio classico napoletano.

Sono le 17 e tra non molto si riapre per la cena. Il maggiore dei fratelli Ruggiero, Aldo, che è anche il meno impegnato nella gestione del locale, mentre sta scaricando l'acqua usata per lavare i pavimenti, si rende conto che le condutture che partono dal bagno sono completamente intasate. Era da un paio di giorni che davano problemi, ora l'acqua non scende proprio più. Con tanta sporcizia che si accumula e quel freddo che fa condensare il grasso, non c'è niente di strano se qualche deposito ha bloccato le condutture del pozzo nero. È già successo altre volte e si deve lavorare un po' di mazza e di uncini per liberarle.

Ma, quando Aldo Ruggiero va ad aprire il pozzo nero, sollevando la lastra di cemento, non ci trova nessun deposito di grasso incrostato. Al primo sguardo, gli sembra di veder galleggiare una parrucca bionda: poi guarda meglio e comprende, con orrore, che a bloccare il passaggio di qualsiasi cosa c'è il corpo di una donna, una ragazza piuttosto in carne, completamente vestita e vistosamente morta, che galleggia sui liquami. Più tardi si scoprirà che era stata maldestramente attaccata a una pesante batteria per automezzi, che avrebbe dovuto mantenerla sul fondo.



Ruggiero chiama i poliziotti, che accorrono immediatamente. Mentre alcuni agenti tirano fuori il cadavere dal pozzo, altri perlustrano l'area del locale in cerca di possibili indizi. Qualcuno nota che a meno di mezzo metro dal pozzo (altre fonti parlano di una distanza di cinquanta metri), la terra sembra smossa di recente. Si comincia a scavare e quasi subito emerge un altro corpo, quello di un uomo basso e mingherlino con i capelli lunghi e i baffi spioventi, disteso supino, pure completamente vestito e altrettanto morto. Sul petto tiene appoggiate due pistole: una Browning 22 che non sembra aver sparato e una Beretta M35, calibro 7,35, che invece sembra essere stata utilizzata e potrebbe essere l'arma del duplice delitto. Infatti i due corpi presentano ferite mortali da arma da fuoco.

Si cerca ancora e soprattutto si trova altro. Sei bossoli calibro 6,35. Macchie di sangue rappreso. Parecchi frammenti di vetro. Qualcuno ha sostituito da pochissimo una vetrata che è andata in frantumi.

I proprietari negano di aver mai visto i due, sostengono che qualcuno è entrato nel locale durante la notte per nascondere i loro cadaveri e far perdere le proprie tracce. Ma a uno dei camerieri scappa un'ammissione: i due sono stati lì due giorni prima, martedì 23 gennaio. Sono arrivati verso le 14 su un'auto di grossa cilindrata, accompagnati da un giovane che parlava in dialetto napoletano. Hanno salutato i proprietari come se li conoscessero, hanno pranzato e non se ne sono andati. Alle 21, quando l'uomo ha finito il turno, erano ancora nel locale.

Tra i non molti abitanti delle vicinanze, qualcuno dice di aver sentito dei rumori che potevano essere colpi di arma da fuoco nella notte tra il 23 e il 24 gennaio.



I proprietari del ristorante, immediatamente posti in stato di fermo, si chiudono nel silenzio; non resta che mandare in giro le foto dei due volti, una volta imbalsamati i corpi per evitare che la decomposizione li renda irriconoscibili. Dopo qualche giorno, ai primi di febbraio, arriva un'identificazione. Il proprietario e due dipendenti dell'hotel Palace di Terracina chiedono di poterli vedere da vicino perché convinti che si tratti di una coppia che ha soggiornato da loro per una settimana poco prima del delitto. Visti i corpi, confermano: sono il trentottenne Francesco Palermo e la trentenne Maria La Mattina, entrambi palermitani. I due sono pure irreperibili: lei risulterebbe emigrata in Germania, ma non si sa dove; che fine abbia fatto lui, pregiudicato, non lo sa nessuno.

Ma il primo riscontro smentisce. Il centro nazionale di polizia scientifica di Roma ha in archivio le impronte digitali di Palermo e queste non coincidono con quelle del cadavere. In più, poco dopo che la notizia è stata diffusa per radio, lo stesso Palermo contatta la polizia e la avvisa che lui e la sua amica stanno benissimo, da Terracina se ne sono tornati direttamente in Sicilia.



Un buco nell'acqua? Non del tutto. I tre testimoni di Terracina hanno fatto anche il nome di un tizio che accompagnava la coppia, tale Alfonso Romano, di Scafati. Intanto che il vero Palermo si fa vivo, Romano ammette di aver riconosciuto nel cadavere di sesso maschile un tale che gli ha chiesto 1.750.000 lire in prestito, facendo il nome di un certo Acampora suo socio quale garante. I carabinieri di Terracina si accertano che questo Acampora esiste, perché lo conoscono anche altri, ma non riescono a trovarlo da nessuna parte.

Deve passare ancora una decina di giorni prima che si arrivi a un'altra identificazione, che stavolta sarà confermata. Il 14 febbraio è ufficiale: i due corpi appartengono al trentatreenne Vito Adamo e alla venticinquenne Laura Savo. A riconoscerli è innanzitutto il commerciante che ha venduto all'uomo l'abito che questo indossava; arriveranno poi conferme dai familiari e da altri testimoni.



Vito Adamo e Laura Savo sono due tipi che è eufemistico definire piuttosto vivaci. Adamo, nato e cresciuto a Vita, in provincia di Trapani, a diciassette anni è emigrato in Canada, dove aveva dei parenti, e ha fatto fortuna lavorando come mediatore immobiliare. Ha sposato una donna italiana, ha avuto due figli da lei e progettava di riportare la famiglia in Italia: era tornato in patria per trovare una casa in cui trasferirsi. La Savo, originaria di Frosinone, a quindici anni è scappata di casa per sposare un autista della Croce Rossa, dalla quale si è separata di recente, dopo aver avuto due figli. A quel punto se n'è andata, lasciando tutti, ha tentato di trovare un lavoro, passando nel frattempo da un uomo all'altro, e infine si è ritrovata a fare l'entraineuse nel night club “Love Story” di Cattolica. Ed è qui che pare abbia incontrato Adamo, a dicembre. Tra i due è scattato subito il colpo di fulmine e da quel momento sono stati sempre inseparabili, tranne che per un paio di giorni a cavallo di Natale, quando Adamo è tornato a Trapani per passare le feste in famiglia, salvo poi lasciare moglie e figli presso parenti a Marsala perché richiamato da non meglio precisati affari, con l'impegno di tornare a prendere tutti a fine gennaio e tornare in Canada il tempo necessario per organizzare il trasloco.

La coppia ha alloggiato inizialmente a Milano Marittima, per poi passare a Roma, toccando diverse località e spostandosi tra diversi alberghi. Ad esempio, sabato 20 gennaio hanno mangiato in un ristorante di Ferentino, non distante da Frosinone.

Nella capitale risultano essere stati ospiti soprattutto dell'hotel Caesar Augustus, in corso Francia, dove sono rimasti dal 13 al 24 gennaio.

I membri del personale dell'hotel si ricordano benissimo di loro. Negli ultimi giorni sembravano piuttosto agitati. Facevano e ricevevano un sacco di telefonate, parlavano concitatamente. La mattina del 24 gennaio se ne andarono, senza disdire la camera ma chiudendola a chiave.

Il 24? Ma non erano stati uccisi nella notte tra il 23 e il 24?

Quando i poliziotti entrano nella stanza, trovano in un armadio le valigie dei due, preparate come per partire, un libretto al portatore su cui da poco sono stati versati quaranta milioni di lire e mazzette di banconote per un valore pari a diecimila dollari, l'equivalente di sei milioni di lire, dentro un calzino nascosto nella manica di una giacca.



I poliziotti cercano di rintracciare le persone cui i due hanno telefonato. Alcune sono in Italia, altre negli Stati Uniti. Non si viene comunque a capo di niente.

Per Napoli, durante le loro peregrinazioni, Adamo e la Savo erano già passati più volte. Risultano innanzitutto dai registri dell'Hotel Continental di via Partenope, dove hanno alloggiato dal 10 al 13 gennaio. Poi in altri quattro alberghi più modesti. Sembra strano che, prima delle verifiche della polizia, nessuno si sia ricordato di loro. Adamo, che appariva pieno di soldi, era tornato in Italia a luglio e in dicembre aveva comprato un'auto sportiva usata, un'Alfa Romeo Montreal, costosa e molto vistosa, pagandola tre milioni di lire. Non è che se ne vedano molte in giro, ma non se la ricorda nessuno di quelli che avrebbero dovuto vederla.

L'ultimo posto in cui si trovano le firme di Adamo e della Savo tra quelle degli ospiti è proprio a Napoli ed è l'hotel Excelsior in via Caracciolo, nel quale però i due sarebbero arrivati la sera del 24 gennaio, tenendo un comportamento che è apparso subito strano: nessun bagaglio con sé, hanno fatto di tutto per farsi notare il più possibile; dopo di loro è arrivato un terzo individuo, che dopo poco ha portato via la donna sull'Alfa Romeo Montreal; l'uomo se n'è poi andato a sua volta, non si sa con quali mezzi, dopo aver trascorso qualche ora al bar, sempre cercando di mettersi bene in mostra. Infine, nel pomeriggio del 25 si è presentato alle reception un uomo che asseriva di essere Vito Adamo per saldare il conto. Poiché le operazioni sono state svolte da membri diversi del personale, non si riesce ad accertare se quest'ultimo uomo sia lo stesso visto la sera precedente.




Potrebbe essere una messinscena. Sicuramente, nel pomeriggio del 25 gennaio, Vito Adamo non poteva trovarsi contemporaneamente all'hotel Excelsior per saldare il conto e nel cortile di “'O pullastiello”, sepolto sotto un palmo di terra. Ma quando e dove sarebbero stati uccisi i due?

Benché i familiari, a partire dalla moglie, lo descrivano come un impeccabile uomo d'affari, salta fuori che un paio di anni fa Adamo ha avuto qualche problema con la giustizia canadese. Tra il luglio del 1971 e il gennaio del 1972, la polizia di Toronto gli ha ritirato il passaporto e lo ha tenuto sotto sorveglianza perché sospettato di essere un corriere della droga. Poi gli ha restituito il documento e lo ha lasciato stare, ma perché gli indizi apparivano insufficienti a giustificare un arresto, non perché fosse stato scagionato.

Sul dossier relativo alle frequentazioni di Adamo quando era tenuto sotto sorveglianza, salta fuori che era amico di un certo Salvatore Zizzo, un siciliano che risulta incensurato ma solo perché non si è ancora riusciti a incastrarlo, anche se è già passato per diverse indagini sul traffico della droga.

Il 19 febbraio, il vicequestore Arcuri della Criminalpolsud, che dirige l'indagine, dichiara ai giornali che Adamo era sicuramente un corriere della droga e che non era stato mai prosciolto dall'indagine di Toronto ma semplicemente messo in libertà provvisoria. Ma ci sono lo stesso molti dubbi sul fatto che il movente sia da ricercarsi negli ambienti del traffico di droga. Innanzitutto il fatto che il delitto non appare opera di killer professionisti, bensì di dilettanti che si sono improvvisati assassini.

L'Alfa Romeo Montreal viene ritrovata in un parcheggio dell'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino. La Scientifica la passa al setaccio e ci trova una quantità di piccole chiazze di sangue umano sparse dappertutto, nonché un bossolo di proiettile sul tappetino posteriore. Ci sono pure una quantità di impronte digitali, ma non si riesce a collegarle a nessuno.





Gli inquirenti pensano che la Savo possa essere stata uccisa nell'auto, dopo che Adamo era stato ucciso nel ristorante, e seppellita nel pozzo in un secondo tempo. Potrebbe essere stata davvero lei la donna vista all'hotel Excelsior la sera del 24. Il fatto che fosse così collaborativa con i due uomini fa pensare che in quel momento Adamo fosse ancora vivo, o che lei fosse convinta di questo. È possibile che sia stata davvero uccisa in macchina, dopo essere tornata al ristorante. L'auto è poi stata ripulita sommariamente per il tempo necessario a portarla poi al parcheggio di Fiumicino.

La lettura degli articoli sui quotidiani del tempo evidenzia quello che a un lettore moderno sembra un grosso limite. Le questioni di polizia scientifica vengono trattate in maniera superficiale. Non si parla mai di esami necroscopici per stabilire la data della morte né del tipo di ferite da arma da fuoco dei due corpi, o dei proiettili rinvenuti in esse. Si dice solo che il corpo di Adamo presentava tre ferite al petto. Anche altre notizie tecniche vengono fornite in modo confuso: in certi articoli è scritto che il bossolo trovato nell'Alfa Romeo Montreal è di calibro 6,35, in altri che è un Winchester 25, appartenente a una munizione per carabine.

Intanto, saltano fuori altri soldi che Adamo ha occultato. Alla sede del Banco di Sicilia del suo paese, Vita, in provincia di Trapani, Adamo ha aperto un conto corrente intestato a sé stesso e alla moglie Rosalia Riservato, su cui ha depositato ben cinquantasette milioni di lire, in due versamenti datati 23 dicembre 1972 e 3 gennaio 1973. In più, sembra che volesse trasferirsi stabilmente a Roma, che avesse pagato la caparra per un attico e che il 25 gennaio avesse appuntamento da un notaio per il compromesso.



Il 22 febbraio, un parcheggiatore dell'aeroporto di Fiumicino, Antonio Fronteddu, dichiara ai poliziotti di aver prelevato l'Alfa Romeo Montreal di Adamo dall'uomo che l'aveva portata fin lì e descrive in dettaglio il tipo. Era un giovane biondo di altezza media, ben vestito, portava con sé solo una ventiquattr'ore e aveva fretta come se stesse per perdere l'aereo. Erano le 21 del 25 gennaio, poche ore dopo la scoperta dei corpi. Da Fiumicino, nelle ore successive, sono partiti due voli per il Sudamerica e due per l'Africa meridionale. Le ricerche sui passeggeri degli aerei non porteranno da nessuna parte.

Forse il killer è venuto dall'America. L'FBI fornisce una dritta ai nostri poliziotti. Il 17 gennaio 1973 (altre fonti riportano il 19 o addirittura il 23), nella dogana di New York, il Narcotic Bureau ha sequestrato un baule a doppio fondo appena sbarcato dalla “Cristoforo Colombo” contenente eroina per un valore di circa cinque miliardi di lire. La scoperta non è stata casuale, la droga veniva seguita da qualche tempo. Però gli americani si aspettavano di trovarne di più: quaranta chili (altre fonti dicono novanta o addirittura cento), mentre ce n'erano otto in meno. A quanto pare, qualcuno, strada facendo, ha fatto la cresta. Chi ha spedito il baule in America lo sapeva e ha avvertito i boss e questi hanno deciso di punire il responsabile. Che potrebbe benissimo essere proprio Vito Adamo, “colpito da improvviso benessere”, come Giovanna Ralli in un film di successo che uscirà due anni dopo.

Non a caso, tra Vita, il suo paese, e l'America, c'è sempre stata la droga di mezzo. Dieci anni fa è stato smascherato e smantellato un traffico di stupefacenti che sfruttava i numerosi emigranti in partenza per il Canada quali corrieri. Appena acquistato il biglietto per il viaggio, ricevevano in dono un baule, dotato di un doppio fondo pieno di eroina. Nel 1963, per questo, furono arrestati in quaranta, dopo aver contrabbandato tra l'Italia e l'America qualcosa come 450 chili di droga. Adamo è stato uno di quegli emigranti, nel 1958.

I magistrati che dirigono le indagini, Cozzolino e Cedrangolo, sono convinti che l'assassinio di Adamo e della Savo possa inserirsi in una guerra tra bande rivali per il controllo del traffico di stupefacenti, che coinvolge anche clan mafiosi e camorristici. A Napoli, nelle settimane precedenti al delitto di “'O pullastiello” sono stati uccisi altri cinque uomini legati in qualche modo allo spaccio, e altri due sono spariti senza lasciare tracce. In particolare, il 19 dicembre 1972 è scomparso Emilio Palamara, un ex poliziotto passato dall'altro lato della barricata, che il 16 agosto 1972 era stato fermato in seguito alla sua partecipazione a un incontro, nell'albergo Commodore della zona Ferrovia, con altri personaggi di dubbia reputazione, uno dei quali, Eduardo Di Carluccio, era sospetto di essere l'emissario del boss mafioso Gerlando Alberti in Campania. In quell'occasione i poliziotti fermarono anche il boss emergente Luigi Grieco, detto 'o sceicco, che il 26 gennaio 1973 (il giorno successivo alla scoperta dei corpi di Adamo e della Savo) è stato ucciso a revolverate in un negozio del viale Kennedy, a Fuorigrotta, da due killer che avevano speronato la sua auto e poi lo avevano inseguito sul marciapiede.




Tra il 15 e il 16 agosto, Vito Adamo fu anch'esso ospite dello stesso albergo e, anche se non prese parte all'incontro, la sua presenza non appare casuale. Anche il famoso Acampora nominato fuggevolmente a Terracina e mai rintracciato potrebbe essere uno della cricca: il suo vero nome sarebbe Lorenzo Acanfora, arrestato l'11 gennaio 1974 nel suo negozio di elettrodomestici insieme a due personaggi legati alla ndrangheta e al traffico di stupefacenti. Anche Salvatore Zizzo finisce arrestato in un'altra retata di narcotrafficanti.

L'ipotesi investigativa prevalente è che Adamo, Grieco e Palamara abbiano sottratto gli otto chili di droga mancanti al baule sequestrato a New York e se li siano spartiti. Adamo ne avrebbe poi venduta una parte durante il viaggio in Sicilia e si sarebbe accordato per vendere il resto a Napoli, senza sapere che andava incontro a una trappola.

I giornali riportano un botta e risposta tra il capitano dei carabinieri Conforti, secondo il quale i fratelli Ruggiero, proprietari del locale, sono o direttamente gli assassini o dei testimoni reticenti, e l'avvocato Bagnulo che li difende cercando di farli passare per innocenti incastrati. C'è anche il dettaglio di un amico dei Ruggiero, Agrippino Rizzari, che sembra il sosia di Adamo, del quale è coetaneo, e che potrebbe essere l'uomo che saldò il conto all'hotel Excelsior. Ma a suo carico non emerge niente.

Le indagini proseguono, ma le piste non conducono da nessuna parte. I principali accusati sono i tre fratelli Ruggiero, Gennaro, Antonio e Francesco Pio, e il loro amico Aniello Santella, che il pm pensa siano stati gli esecutori materiali del delitto. Il 15 marzo 1976, però, vengono tutti assolti dalle accuse, tranne Gennaro Ruggiero, condannato per favoreggiamento, non si sa di chi. Il 24 novembre, viene rigettato l'appello dell'accusa e il verdetto è confermato.



Durante il processo, ad Afragola, il 5 gennaio 1976, viene ucciso da un killer del clan Moccia il maresciallo dei carabinieri Gerardo D'Arminio, braccio destro del capitano Conforti, uno degli uomini che avevano più accuratamente indagato sul caso del delitto di “'O pullastiello” e sull'omicidio di Luigi Grieco. D'Arminio non aveva mai smesso di occuparsene. Non si sa se la sua uccisione si possa considerare legata a questi casi.


Un risultato, queste indagini, lo raggiungono lo stesso: il 7 dicembre 1977 il boss mafioso Gerlando Alberti e otto personaggi della malavita organizzata campana e sicula vengono condannati per associazione mafiosa, proprio grazie alle prove raccolte anche cercando gli assassini di Adamo e della Savo. Alberti, latitante al momento della sentenza, sarà arrestato durante una retata nel 1980 e resterà in carcere fino alla concessione degli arresti domiciliari per motivi di salute nel 2008, per morire nel 2014.











sabato 26 novembre 2022

Dorothy Hughes, un'autrice riscoperta solo parzialmente

Dorothy Hughes nasce come Dorothy Belle Flanagan a Kansas City il 10 agosto 1904, in una famiglia della media borghesia di buone tradizioni culturali (padre giornalista e madre insegnante di musica). Studia giornalismo tra le università statali del Missouri e del Nuovo Messico, passando anche per la Columbia University. Per tutta la vita fa principalmente la giornalista, per testate del Missouri, del New Mexico e anche di New York. Nel 1932 sposa Levi Allan Hughes III (1908-75), appartenente a una famiglia di imprenditori e studiosi, dal quale avrà tre figli: Helen, Susan e Anthony.

Dorothy Hughes nella maturità

Esordisce come poetessa negli anni '30 e gode già di una certa notorietà locale a Santa Fe, dove risiede, quando scrive il suo primo romanzo thriller, The So Blue Marble (1940). Nei sette anni successivi pubblica altri undici romanzi, dieci dei quali thriller, ottenendo un lusinghiero successo e guadagnandosi la chiamata come soggettista per Hollywood. Infatti, ben tre dei suoi romanzi avranno delle riduzioni cinematografiche.

Anche a Los Angeles non lascia il giornalismo e continua a tenere rubriche di critica letteraria dedicate ai gialli su testate come l'Albuquerque Tribune, il Los Angeles Times e il New York Herald-Tribune. Quest'attività proseguirà fino al 1979.

Ma di narrativa, dopo il trasferimento a Los Angeles, ne scriverà poca: appena quattro romanzi (tre dei quali thriller) e cinque racconti. L'ultimo romanzo, The Expendable Man, esce nel 1963.

Nel 1961 torna ad Santa Fe, per accudire la madre gravemente ammalata. Questo impegno familiare, unito a quello di occuparsi di figli e nipoti, la distoglie definitivamente dalla narrativa. Ciò non le impedisce di ricevere la nomina a Grand Master da parte dei Mystery Writers of America, nel 1978. Nello stesso anno, esce una sua biografia critica di Erle Stanley Gardner che vince l'Edgar Award per la saggistica l'anno dopo.

Si tratta della sua ultima opera. Morirà in seguito alle conseguenze di un ictus, a Ashland, Oregon, il 6 maggio 1993.

In Italia, la Hughes è arrivata piuttosto tardi. E, per molto tempo, il suo unico romanzo tradotto è stato proprio l'ultimo, The Expendable Man, uscito con il titolo In pasto ai lupi nel Giallo Mondadori con il numero 1429, il 20 giugno 1976.



Solo nel nuovo millennio la Hughes è stata riscoperta dall'editoria italiana, ma in un modo che non sembra guidato da un piano preciso.

Il suo primo romanzo, The So Blue Marble, esce solo il 9 aprile 2009 nel Giallo Mondadori, con il numero 2976 e il titolo Profondo azzurro.



Si tratta di una storia molto intricata ambientata nella New York del 1940, lontana dalla guerra mondiale in corso ma infestata da filo-nazisti. Qualcuno sta cercando una misteriosa piccola sfera azzurra e forse ce l'ha il giornalista Con Satterlee. Il quale però è in giro per lavoro e ha lasciato la sua casa all'ex moglie Griselda, una stilista con cui è ancora in buoni rapporti. Griselda si ritrova a essere seguita e intimidita da alcuni loschi personaggi che frequentano il jet-set, tra i quali i più pericolosi sono i gemelli Montefierrow, che si rivelano privi di ogni scrupolo, ma anche dalla polizia che non sa che pesci pigliare e cerca confusamente nel mucchio. Oltre a tutto questo, ci sono persone apparentemente innocue che però si rivelano non essere chi dicono di essere.

Cronologicamente, il romanzo successivo della Hughes a essere proposto al pubblico italiano è il quarto, The Fallen Sparrow, originariamente edito nel 1942, che esce nel Giallo Mondadori il 2 luglio 2009, con il numero 2982 e il titolo Le colpe dei padri.




L'ambientazione è sempre newyorkese e sempre legata alle circostanze della guerra e alla presenza di filo-nazisti. Kit McKittrick è tornato dalla guerra civile spagnola con un trauma legato alle torture cui è stato sottoposto quando era prigioniero dei franchisti, ma solo per scoprire che il padre, un poliziotto molto stimato e ora defunto, era in realtà corrottissimo. Kit vorrebbe fare chiarezza su questa vicenda, ma il corpo di polizia non è disposto ad aiutarlo, con la sola eccezione dell'ispettore Tobin (personaggio già presente in The So Blue Marble). Mentre va avanti con le sue indagini personali, si trova continuamente ad avere a che fare con profughi europei che non di rado sembrano nascondere qualcosa. È in mezzo a loro che si nascondono sia il segreto della doppia faccia del padre sia l'origine del suo trauma.

Il successivo romanzo della Hughes a essere presentato è il quinto, The Blackbirder, uscito originariamente nel 1943: nel Giallo Mondadori è il numero 2991 e porta il titolo Il negriero.




L'inizio è sempre a New York. Julie Guille, ereditiera franco-americana che ha fatto parte della Resistenza francese e sa di essere inseguita da spie tedesche, ma anche di non potersi fidare degli zii che amministrano il suo patrimonio, filo-nazisti, scappa verso il New Mexico, inizialmente solo per mettersi in salvo. Però viene poi cooptata dal controspionaggio per smascherare “il negriero”, ossia il pilota d'aereo che trasporta oltreconfine diversi ricercati.

Nei Classici del Giallo Mondadori era già uscito, il 23 novembre 2006 con il numero 1140, il settimo romanzo della Hughes, Ride the Pink Horse (1946), con il titolo La giostra della morte.



Sailor è stato a lungo lo scagnozzo dello spregiudicato senatore Willis Douglass dell'Illinois, che lo ha liquidato senza pagargli le ultime spettanze. Allora lo segue fino al New Mexico, dove il senatore presenzia a una festa popolare e lo ricatta senza mezzi termini. Ma anche la polizia di Chicago è sulle tracce di entrambi. 

In precedenza, i lettori italiani avevano potuto leggere l'ottavo romanzo della Hughes, In a Lonely Place (1947), pubblicato da Giano a marzo 2005 nella collana Nerogiano con il titolo In un posto solitario.



Dix Steele, reduce dalla guerra in Europa, vive ufficialmente di una eredità, intanto che scrive un libro. In realtà, ha ucciso e fatto sparire un ex commilitone, ricco e beone, e si mantiene con i soldi di questo. Va soggetto a una compulsione irresistibile che lo porta periodicamente a sequestrare e strangolare giovani donne sconosciute incontrate andando in giro di sera. Riprende a frequentare un altro ex commilitone, Brub Nicolai, che fa il poliziotto ed è proprio il funzionario che si occupa degli strangolamenti, ma non ha alcun sospetto su di lui. Chi si comporta invece come se lo sospettasse è la moglie di Brub, Sylvia. C'è poi Laurel, una misteriosa vicina di casa per la quale Dix prova un'attrazione diversa da quella che lo attira verso le sue vittime.

L'ultimo romanzo della Hughes, The Expendable Man, è stato riproposto in traduzione integrale da Elliot nel 2017 con il titolo Il capro espiatorio.



Hugh Densmore, medico californiano, si reca a Phoenix, Arizona, per partecipare al matrimonio di un familiare. Strada facendo, ha pietà di una ragazza che chiede l'autostop nel deserto e la carica. La ragazza si comporta in modo elusivo riguardo la propria identità e le ragioni per cui è in viaggio. Una volta fatta scendere la ragazza a destinazione, Hugh passa un paio di giorni lieti con i suoi familiari, fin quando scopre che la ragazza è stata ritrovata abbandonata morta in un canale. La polizia lo identifica rapidamente e lo interroga insistentemente. Hugh sa benissimo il perché: lui è nero e sarebbe un capro espiatorio perfetto.

Hollywood ha tratto tre film dalle opere della Hughes, e sono:

The Fallen Sparrow (1943) dal romanzo omonimo, diretto da Richard Wallace, interpreti principali John Garfield e Maureen O'Hara. In Italia, è arrivato come Il passo del carnefice.



John Garfield (1913-52)

Maureen O'Hara (1920-2015)

Ride the Pink Horse (1947), dal romanzo omonimo, diretto da Robert Montgomery, interpreti principali lo stesso Montgomery e Wanda Hendrix. In Italiano, Fiesta e sangue.



Robert Montgomery (1904-81)

Una scena del film con Montgomery, Wanda Henrix (1928-81) e Thomas Gomez (1905-71)

In a Lonely Place (1950), dal romanzo omonimo, diretto da Nicholas Ray, interpreti principali Humphrey Bogart e Gloria Grahame. In italiano, Il diritto di uccidere.



Humphrey Bogart (1899-1957) nel film

Gloria Grahame (1923-81)

Da Ride the Pink Horse è stato anche tratto nel 1964 un tv movie diretto da Don Siegel, interpreti principali Robert Culp e Vera Miles, intitolato The Hanged Man, in Italiano All'ombra del ricatto.



Robert Culp (1930-2010) nel film

Vera Miles (1929)