Anche chi non capisce nulla di mare e di imbarcazioni conosce di fama la “Amerigo Vespucci”, “la più bella nave del mondo”, il veliero a tre alberi, in servizio dal lontano 1931, che è la più antica e la più celebre nave scuola della Marina Militare Italiana.
Tutte le Marine dei diversi Stati addestrano i loro ufficiali su navi di questo tipo, spesso con lunghe “crociere” che sono tali per la lunghezza del percorso e il numero degli scali, non certo perché vi si viaggi comodi come nelle crociere turistiche, perché la vita di bordo è molto impegnativa per tutto il personale, senza distinzione di grado.
Meno conosciuta di quella dell'addestramento militare è la prassi seguita da alcune compagnie marittime mercantili, oggi caduta in disuso, di addestrare i propri ufficiali in crociere analoghe a quelle della Marina Militare.
A tal scopo, infatti, all'inizio del XX secolo, furono commissionate e costruite alcune navi appositamente progettate per questo servizio, ossia navi mercantili in grado di trasportare, oltre a un adeguato carico, anche un certo numero di passeggeri in grandi camerate anziché in piccole cabine.
Di queste navi, tutte a vela, risulta che ne siano state costruite almeno cinque, secondo uno schema che illustra come il mondo della cantieristica navale fosse decisamente globalizzato già a quel tempo: la “Kobenhavn” (chiatta a 5 alberi commissionata da una società danese) e la “Compte de Smet de Naeyer” (fregata a 3 alberi commissionata da una società belga) furono realizzate in cantieri inglesi; la “Herzogin Cecilie” (brigantino a 4 alberi commissionato da una società tedesca) e la “L'Avenir” (“barque” a 4 alberi commissionata da una società belga) furono realizzate in cantieri tedeschi; la “Viking” (“barque” a 4 alberi commissionata da una società danese) fu realizzata in cantieri danesi.
Tutte queste imbarcazioni hanno avuto carriere piuttosto lunghe e spesso avventurose. Fa eccezione la “Compte de Smet de Naeyer”, una nave decisamente sfortunata, che già si capovolse e affondò in cantiere prima del varo, nel 1904, e finì per affondare durante uno dei primi viaggi, mentre andava da Anversa a Durban con un carico misto di 2750 tonnellate, il 19 aprile 1906, nel Golfo di Biscaglia. Nonostante i soccorsi prontamente prestati da una nave di passaggio, la francese “Dunkerque”, che salvò 22 persone, altri 34 tra i presenti a bordo morirono.
Questa tragedia, però, appare subito di entità meno rilevante rispetto a quella che determinò la fine di un'altra delle navi costruite nello stesso periodo, quella che era stata chiamata “L'Avenir”.
“L'Avenir”, dunque, varata a Bremerhaven nel 1908, di proprietà della Association Maritime Belge, SA, entrò in servizio proprio per sostituire la “Compte de Smet de Naeyer” e assolse egregiamente a questo compito per quasi un quarto di secolo, fino al 1932. Fu poi acquistata dall'armatore Gustav Erickson, un armatore finlandese attivissimo nei traffici di grano tra Europa e Australia, che la tenne tra i suoi velieri commerciali fino al 1937, anno in cui la vendette alla Hamburg America Line (HAPAG). L'HAPAG la ribattezzò “Admiral Karpfanger”.
Lo scafo della nave era in acciaio, la sua lunghezza era di 87,1 metri, la sua larghezza di 13,8 metri, la sua altezza di 7,7 metri. La stazza era di 2738 tonnellate.
Compì il suo primo viaggio con la nuova compagnia partendo da Amburgo il 20 settembre 1937 con un equipaggio di 60 uomini, comprendente 33 cadetti. Dopo 107 giorni di viaggio, il 6 gennaio 1938 giunse a Port Germein, a Nord di Adelaide, in Australia, dove caricò 3052 tonnellate di grano in sacchi e ripartì l'8 febbraio 1938 alla volta di Falmouth, Regno Unito, tramite la rotta di Capo Horn. In pratica, a fine viaggio avrebbe compiuto quasi un'intera circumnavigazione del globo terrestre.
Il 1° marzo, con un messaggio, segnalò la sua posizione a 51° Sud e 172° Est, qualche centinaio di km a Sud della Nuova Zelanda (Isola del Sud). Il 12 marzo, inviò un nuovo messaggio, segnalando di essere in avvicinamento a Capo Horn.
Da quel momento, la nave scomparve letteralmente, senza lasciare tracce. Dopo qualche mese di inutile attesa, gli armatori diedero l'allarme. La prima a mettersi in cerca della nave scomparsa fu la motonave argentina “Bahia Blanca”, che non trovò nulla. Un'altra nave della HAPAG, in viaggio sulla stessa rotta, cercò eventuali rottami senza risultati. In ottobre, una nave cilena che pattugliava l'area di Capo Horn, attraccando nella Windhound Bay dell'isola di Navarino, trovò sulla spiaggia alcuni relitti di legno e di metallo, con i quali c'era una corda chiaramente appartenente a quelle in dotazione solo nella marina belga e montate anche sulla nave scomparsa.
Secondo i libri di bordo di un altro mercantile di passaggio nella stessa area durante il mese di marzo del 1938, quell'anno gli iceberg staccatisi dalla banchisa antartica si spinsero insolitamente a Nord.
Gli armatori e i Lloyds di Londra, che l'avevano assicurata, dopo una breve inchiesta, la dichiararono “persa con tutto l'equipaggio ”.
Dall'inchiesta giudiziaria tenuta ad Amburgo nel 1939, che dichiarò la nave “persa per cause di forza maggiore”, emersero altresì delle criticità che, nonostante le buone condizioni e la relativa sicurezza della nave, potevano rappresentare occasioni di rischio.
Ad esempio, la nave era dotata di due timoni, uno a poppa e uno che era stato aggiunto da qualche tempo, su richiesta del capitano Emil Zander, al centro. Il doppio timone, pur richiedendo la presenza di due timonieri, era utile nello stabilizzare la nave nel mare tempestoso, soprattutto nel caso delle temibili onde da poppa. Tuttavia, le onde da poppa richiedevano un rinforzo del timone al centro, cosa che nel caso avrebbe richiesto qualche secondo, dato che la postazione centrale era sopraelevata. Non intervenendo in tempo, la nave avrebbe rischiato di orzare (voltare la prua nella direzione di provenienza del vento) bruscamente, rischiando di capovolgersi.
Un'altra ipotesi che proposta fu quella per cui la nave portava troppe vele per essere stabile in tempesta. Era infatti tradizione della marina tedesca a quel tempo: e infatti la traversata, fino a quel punto, era stata rapida. Ma mancando i libri di bordo, questa possibilità non poté essere confermata.
Qualsiasi cosa avesse affondato la “Admiral Karpfanger”, doveva essere stata insolitamente rapida perché, pur dotata di regolare impianto radio, la nave non aveva avuto il tempo di lanciare alcun SOS.
Si escluse, sulla base dei collaudi svolti prima della partenza, che potesse esserci stato un cedimento degli alberi. Allo stesso modo, il tipo di carico escludeva la possibilità che questo, spostandosi, compromettesse la statica dell'imbarcazione.
Si escluse anche che la nave potesse essere stata appesantita dall'infiltrazione di acqua all'interno dello scafo. L'eventualità, negli scafi in acciaio rivettato, esisteva, in conseguenza della perdita di qualche rivetto: tuttavia, nelle numerose ispezioni subite in tal senso durante la sua lunga carriera, la nave non aveva mai mostrato alcun problema del genere.
Tutte le stive erano dotate di paratie in acciaio a doppio fondo e quelle contenenti il carico erano sigillate a tenuta stagna. Anche in caso di collisione notturna con un iceberg, era molto difficile che tutti i compartimenti si allagassero in un tempo così breve da impedire anche l'invio di un messaggio radio. Le scialuppe erano più che sufficienti per caricare tutti i presenti a bordo in breve tempo. La nave aveva già subito un incidente del genere urtando contro una barriera corallina alle Bahamas nel 1929 e se l'era cavata benissimo.
In occasione dell'incidente del 1929, la nave aveva riportato dei danni al timone di poppa, che erano stati scoperti solo in un secondo tempo e riparati in cantiere. Era possibile che una tempesta avesse potuto danneggiare il timone, o portare addirittura al suo distacco? Questa eventualità non si poté escludere.
Dato il tipo di carico, era molto improbabile che vi fosse stato un incendio a bordo, tanto più così rapido da impedire l'invio di un segnale radio.
Un punto critico era rappresentato dall'altezza metacentrica della nave. Il metacentro è il punto al di sopra del quale il centro di massa di un corpo galleggiante non può più tenersi in equilibrio stabile. La distanza tra questo punto e il centro di massa del corpo è detta appunto altezza metacentrica. Più è elevata, più il corpo è stabile, anche se la grande differenza può portare a bruschi movimenti di assestamento. L'altezza metacentrica della “Admiral Karpfanger”, pari a 0,37 m, era del tutto inadeguata a una nave di tali dimensioni, tanto più che il pescaggio a prua era maggiore che a poppa. Il fatto che vi fosse più spazio per il carico a prua che a poppa sarebbe bastato per rendere la nave instabile e ingovernabile con mare mosso.
Una pubblicazione americana del 1997, “Ship of the World” dello storico Lincoln P. Paine, riporta che il relitto della “Admiral Karpfanger” sarebbe stato ritrovato sulle coste della Terra del Fuoco.
In Italia, una eco della scomparsa della "Admiral Karpfanger" è arrivata solo tramite una citazione nel libro "I conquistatori dell'Antartide" (1945) dello scrittore cileno Francisco Coloane.
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