sabato 23 dicembre 2023

Daniel Banko: un effimero successo

Molti autori destinati a un oblio per fortuna non definitivo sembrano avere in comune il destino di una fase creativa più o meno intensa, ma destinata a esaurirsi successivamente dopo aver prodotto un numero esiguo di opere. Non si tratta di un caso tipico, ma è abbastanza frequente. Molti di questi autori poi sopravvivono piuttosto a lungo, rendendo inverosimile la possibilità che a fermare la loro attività sia stato un problema di salute.

Non sappiamo in quale categoria si possa collocare Daniel Banko, del quale si rinvengono scarni dati biografici sul sito embden11: nato a Portland, Oregon, nel 1926, morto nel 1987, non si sa dove, autore di due romanzi pubblicati nel 1972 e nel 1975, il primo dei quali finalista all'Edgar tra i migliori tascabili (era uscito nella Gold Medal della Fawcett).


Not Dead Yet, il libro d'esordio di Banko, quell'anno se la vide con i testi di un veterano, Richard Wormser (The Invader) che fu il vincitore: e con  quelli di due che erano praticamente suoi coetanei, Charles Runyon (Power Kill) e Richard Neely (The Smith Conspiracy). Curiosamente, anche se Banko è il meno conosciuto dei quattro nel nostro Paese, di questi quattro romanzi risultano tradotti solo il suo e il Neely. Entrambi comunque in ritardo: il Neely nel 1974 e il Banko nel 1975.

Il libro di Wormser (1908-99)

Quello di Runyon (1928-2015)

Quello di Neely (1920-99)

Per l'esattezza, esce come numero 3 dei Gialli Rizzoli il 19 giugno 1975 e il titolo Non ancora spacciato. Dovrebbe essere in versione integrale, a differenza del Neely che invece, uscito in Segretissimo, è stato verosimilmente tagliato.



Nel web di oggi si possono leggere un paio di recensioni di Not Dead Yet: il sito The Rap Sheet sembra apprezzarlo con una certa prudenza, mentre Pulp International non ne è entuasiasta e afferma che l'unica buona ragione per comprarlo è la copertina di Robert McGinnis.

Invece, del secondo romanzo di Banko, Very Dry with a Twist, possiamo ancora trovare una recensione decisamente favorevole apparsa sul New York Times il 21 settembre 1975. Ma purtroppo questo romanzo non è mai arrivato in Italia.


La trama di Not Dead Yet non è né ingarbugliata né lineare, ma un po' di tutte e due le cose. La vicenda comincia con un piccolo imprenditore dal carattere mite, Matthew Kitterman, che ha un'attività di forniture nautiche a Boston, tornando anticipatamente e senza preavviso da un viaggio di lavoro, sorprende la moglie Lana a letto con un altro uomo. Traumatizzato, dopo aver tentato fallendo di scattare una polaroid ai due, Matthew afferra la prima cosa che gli capita a portata di mano, il portafogli dell'uomo, e fugge inseguito dalla moglie che gli grida dietro, inspiegabilmente, “Assassino”.

Nella sua fuga, Matthew si spinge fino a New York, dove apprende dai giornali di essere ricercato per l'omicidio di un certo Bertrand Jamison, ossia proprio dell'uomo di cui ha preso il portafogli, e che ad accusarlo è sempre Lana. Nel tentativo di passare inosservato, rimorchia in un bar una donna non più giovanissima, Mildred Molnar, e finisce a dormire con lei in una squallida stanza d'albergo a ore. Più tardi, nello scoprire la sua reale identità, Mildred, anziché spaventarsi, gli offre la sua collaborazione e lo munisce dei documenti del proprio marito morto, al quale Matthew assomiglia un po', in modo da poter andare in giro.

Mildred sembra un vero caso umano, ma non è niente in confronto ai suoi amici, tra i quali porta Matthew in cerca di conforto e consiglio: in mezzo a questi spicca una specie di veggente, tale Ruby Ayres, che insieme al fratello Kenneth sta al centro di una comunità di fattoni e alcolizzati. Di questo giro fa parte anche un marinaio disoccupato, Clyde Boswell, che sembra il più interessato alla storia di Matthew e gli propone di fare insieme un sopralluogo nella casa del delitto prima di mettere in atto il dissennato proponimento di costituirsi, cui Matthew sembra ormai rassegnato.

Quando i due arrivano a Boston, come prevedibile, la casa è sorvegliata e l'unico modo per arrivarci senza essere visti è dal tetto della casa accanto. E proprio questa scelta forzata permetterà a Matthew di imbattersi nella prova che lo scagiona dal delitto.

Il romanzo fila via facilmente, senza brillare troppo ma anche senza deludere, come accade spesso con i testi proposti dalla Rizzoli in quella sfortunata collana, che avrebbe sicuramente meritato molto più successo.



 

martedì 14 novembre 2023

I romanzi di Roberto Santini

Non è la prima volta che accade, ma un evento del genere ispira sempre una profonda amarezza a chi lo apprende, anche quando la figura interessata è un perfetto estraneo, una firma e niente di più. Un artista stroncato improvvisamente dall'imperscrutabile volontà del destino proprio nel momento in cui, dopo una faticosa gavetta, comincia finalmente ad affermarsi. È una trama che nessun autore scriverebbe volentieri.

Questa volta succede a Firenze, nel primo pomeriggio del 25 maggio 2010, quando a cessare di vivere è Roberto Santini, autore di romanzi gialli, ma non solo questo. Santini, che proprio quel giorno compie 61 anni, si è sentito male improvvisamente a un evento culturale dedicato proprio alla narrativa gialla e non si è più ripreso. Per tutta la carriera è stato uno scrittore part-time. Di lavoro ha fatto lo psicologo e l'insegnante elementare, alla scrittura ha dedicato il tempo libero. 


Due immagini di Roberto Santini

Per molto tempo ha scritto solo racconti, arrivando a padroneggiare il genere in misura assoluta, come dimostrano i numerosi premi vinti, ad esempio il prestigioso Gran Giallo Città di Cattolica nel 2000. Uno dei suoi racconti (Nero come le formiche) è diventato un corto cinematografico, Sotto il mio giardino, prodotto dal CSC nel 2007 e diretto da Andrea Lodovichetti, vincitore di numerosi premi e attualmente visibile su Dailymotion.

Locandina del film

Con questi presupposti, è inevitabile che Santini si senta abbastanza forte da tentare l'avventura del romanzo. Tuttavia, la già solida maturità artistica è quella di un autore che non si accontenta certo di rincorrere le mode, ma vuole percorrere la sua strada senza farsi distrarre dalle sirene del facile successo. Questo ovviamente non facilita i suoi rapporti con la grande editoria, che pure lo conosce benissimo per i racconti.

Il primo romanzo esce nel 2005 presso una piccola sigla di Lerici (SP), contattoedizioni, che prova a lanciare una collana di romanzi gialli. Si tratta di La regola del male, nel quale Santini mostra già la sua predilezione per le ambientazioni storiche.

Siamo a Firenze, alla fine del 1943, e al commissario Alfredo Valenti (un uomo tormentato, sposato a una donna ebrea riparata in Svizzera) tocca un caso parecchio rognoso. Una ragazza attraente ma zoppa è stata ammazzata nella soffitta di una casa appartenente alla famiglia Pin, ben ammanigliata politicamente, con modalità che suggeriscono l'ipotesi di un delitto passionale. I superiori vorrebbero chiudere il caso in fretta, magari addossandone la responsabilità al primo capro espiatorio, ma non è facile trovarne e, inoltre, dopo pochi giorni un'altra ragazza fa una brutta fine con le stesse modalità della prima. C'è un sospettato ma si suicida subito prima di essere arrestato. Sembrerebbe finita ma, a differenza dei suoi colleghi, Valenti non si limita alla prima spiegazione possibile, confronta ancora gli indizi e si rende conto che in realtà non conducono al suicida, ma altrove.

Questo romanzo non è un grande successo (non è mai stato ristampato e attualmente non è di facile reperibilità) ma nemmeno passa inosservato.

Nel 2007 esce un secondo romanzo, sempre con un piccolo editore, Laurum di Grosseto, che può contare sulla disponibilità di autori di una certa notorietà, come Daniele Cambiaso e soprattutto Leonardo Gori, e per questo riesce a realizzare antologie cui partecipano nomi come Carlo Lucarelli, Maurizio Matrone, Diana Lama, Biagio Proietti, ben noti al gotha dell'editoria nazionale. Ad alcune di queste antologie partecipa anche Santini.

L'editore punta anche sulla formula del romanzo e offre a Santini la possibilità di pubblicarne due, a distanza di due anni l'uno dall'altro.

A luce spenta è un altro romanzo di ambientazione storica, ma più recente. Siamo nel 1950, nella provincia toscana dalle parti di Prato. Scompaiono due bambine, due sorelline. Le prime ricerche non approdano a nulla e viene quindi spedito in zona un esperto funzionario di polizia, Falco Ventura, che è sopravvissuto a una ferita alla testa subita in servizio e da allora va soggetto a fenomeni allucinatori che gli fanno credere di poter prevedere il futuro. Le bambine non sono state trovate ma in compenso è stato trovato il cadevere di uno sconosciuto. Anche stavolta le prime indagini portano verso un possibile sospettato, che però sembra soprattutto una persona informata sui fatti. Purtroppo è un disabile mentale, Loriano Giachi, e la sua confusa testimonianza fa riferimento alla presenza di alcuni ex fascisti impuniti capeggiati da un misterioso uomo senza mani.

Nel 2009 esce Notti di raso bianco, in cui Santini abbandona i due modelli prediletti dell'indagine di polizia e dell'ambientazione storica per passare a una storia noir a fosche tinte.

Il commissario Marino Serato, in servizio a Milano, è da tempo al soldo della malavita e ha messo da parte un bel po' di soldi in modo illecito, ma capisce che sta per essere smascherato e decide di sparire. Gli è però impossibile scappare, perché avrebbe alle costole sia la giustizia sia i malviventi. L'unica possibilità è farsi credere morto e assumere una nuova identità. Mentre è in missione a Bologna, si reca a Imola, dove c'è un puhser con cui fa affari, e lo uccide senza lasciare tracce. Il pusher gli ha lasciato la possibilità di occupare una piccola casa sperduta nella campagna toscana, che affaccia proprio sul podere di un contadino considerato universalmente un mezzo demente e assomiglia parecchio a Serato. Il piano è di uccidere anche il contadino, Elio Incerti e simulare un incidente in seguito al quale il suo corpo sarà trovato nella macchina di Serato. Intanto Serato anziché nascondersi, assumerà l'identità di Incerti per tutto il tempo necessario a calmare le acque.

Tutto sembra inizialmente andare bene, ma poi saltano fuori due inconvenienti: il primo, la compagna di Serato esprime molti dubbi sul riconoscimento; il secondo, Incerti aveva una doppia vita.

Notevole per il suo ritmo incalzante e il senso di suspense che trasmette, questo romanzo appare però un po' irrisolto al momento della conclusione. È possibile che Santini pensasse di dargli un seguito ma non ne abbia avuto la possibilità.

A questo punto, si aprono finalmente le porte degli editori nazionali. È Hobby & Work, la casa editrice che pubblica Leonardo Gori, a puntare su Santini.

Leonardo Gori


Nel 2010 esce
Tre farfalle d'argento, nel quale l'autore torna al tipo di romanzo con cui si sente maggiormente a suo agio.

Siamo a Verona nei primi giorni del 1944, durante il famigerato processo a Galeazzo Ciano e agli altri accusati di aver tradito Mussolini il 25 luglio 1943. Ma il commissario Fernando Magnani sembra avere altro cui pensare. Mentre si trova in una posizione difficile con i superiori per una imbarazzante faccenda di donne, gli viene anche affibbiato il caso di due delitti che potrebbero essere stati commessi da chiunque. Soprattutto quello di cui è stata vittima Carla Dandolo, che nella situazione avvelenata della città, contesa tra nazifascisti fanatici e fascisti dissidenti, era un po' la Mata Hari della situazione. E in più era stata amante di Magnani stesso fino a non molto tempo prima. Durante le indagini, alle quali sente di essere stato destinato perché sembra il personaggio più facilmente sacrificabile, Magnani viene coinvolto in una macchinazione segreta per liberare Ciano prima dell'esecuzione, ma questo riguarda solo marginalmente i delitti su cui sta indagando.

Il buon successo di questo romanzo induce l'editore a pubblicarne quasi subito dopo un altro, dando inizio a una serie con Magnani protagonista. Purtroppo, mentre l'edizione è quasi pronta, Santini è colpito dal malore che lo uccide e non vedrà mai il libro, che esce nel gennaio 2011.

La porta di sangue è un romanzo forse ancora più ambizioso del precedente. Siamo nel marzo 1944 e Magnani, dopo i fatti di Verona, è stato trasferito a Firenze. L'anziano avvocato Bertano, un tipo influente e losco, vuole che si indaghi sul delitto di cui è stata vittima una modesta ragazza, Dora Canini, che però era sorella di un'altra ragazza che pure ha fatto una brutta fine, Mercedes. Quest'ultima frequentava un ufficiale delle SS, che risulta scomparso dopo il primo delitto. In questo caso non c'è un semplice indiziato, ma addirittura un reo confesso, il cui suicidio apre però la porta a ogni sorta di dubbi sulla ricostruzione dei fatti.

La scomparsa di Santini arriva proprio nel momento in cui l'autore sembra aver raggiunto la sua peculiare cifra stilistica ed è forte il rimpianto per le opere che avrebbe potuto scrivere ancora se solo avesse avuto il tempo.

Resta però il fatto che la sua opera omnia non si limita ai romanzi: Santini è stato a lungo soprattutto un autore di racconti. In una delle sue poche interviste reperibili sul web confessa il desiderio di vedere tutta la sua narrativa breve racconta in un volume antologico. Lo stesso auspicio esprime Leonardo Gori nella commossa postfazione all'ultimo romanzo. Ma sono passati ormai oltre dodici anni dalla scomparsa dello scrittore e questo volume antologico non si è mai visto.




venerdì 13 ottobre 2023

Di Edgar H. Bohle conosciamo solo il libro meno noto

Studiare la storia e l'albo d'oro di un premio letterario è un'attività che può regalare molte significative sorprese. Tanto più quando si tratta di un premio che viene assegnato agli autori esordienti, come il Best First Novel degli Edgar Awards assegnato dalla Mystery Writers of America alla migliore opera prima dell'anno.

Un Edgar assegnato nel 2010

Rinunciando a una panoramica sulle diverse edizioni del premio, passiamo direttamente a quella del 1959, perché è qui che compare l'autore oggetti di questo articolo, che è uno dei finalisti: Edgar H. Bohle.

In finale, agli Edgar, inizialmente non andava un numero fisso di concorrenti. L'edizione del 1959 fu particolarmente ricca in questo senso, perché ci furono ben quattro finalisti: insieme al vincitore Richard Martin Stern, con The Bright Road to Fear, troviamo Harry Olesker con Now, Will You Try for Murder?, Frances Duncombe con Death of a Spinster e, appunto, Edgar Bohle con The Man Who Disappeared.




Copertine originali dei quattro libri finalisti

Secondo le logiche incomprensibili che hanno sempre governato le scelte dell'editoria italiana, solo uno di questi quattro romanzi sarebbe stato poi tradotto, l'Olesker. Lo Stern, benché nel tempo siano stati tradotti diversi titoli di questo autore, non risulta mai presentato da noi. La Duncombe, che scrisse soprattutto libri per ragazzi, è inedita nella nostra lingua. Di Bohle non è stato tradotto questo libro ma il successivo.


Le due edizioni italiane dell'Olesker

Bohle ha scritto solo questi due libri, non se ne trovano altri nemmeno battendo il web a tappeto.

Il primo, oltre che negli USA, è uscito anche in Regno Unito e Olanda.


fronte e retro dell'edizione tascabile Dell (1960)

edizione inglese (1960)


fronte e retro dell'edizione olandese (1961)

Il secondo, The Wife Who Died Twice, pubblicato originariamente nel 1962, è uscito anche in Italia e, dopo molto tempo (2021) anche in Germania. A proporlo in Italia fu il Giallo Mondadori, nel quale uscì il 23 maggio 1965 con il numero 851 della collana.


Anche se sembra impossibile trovare un'immagine della copertina del libro originale, con un bel po' di determinazione e anche un po' di fortuna se ne trova una grazie a Anna's Archives.


L'edizione tedesca contiene un dettaglio che apre un piccolo mistero sulla figura di Bohle. La quarta di copertina riporta infatti la notizia che Bohle, nato nel 1909, sarebbe morto nel 1974. 


fronte e retro dell'edizione tedesca (ne è uscita anche un'altra che lo presenta insieme a romanzi di altri autori)

Tuttavia, il confronto di tutte le altre fonti disponibili smentisce questa possibilità. Le uniche notizie sull'autore si possono ricavare dalla quarta di copertina dell'edizione olandese, datata 1961, in cui è riportato che Bohle nacqua a St. Louis il 16 maggio 1909, che studiò chimica, che lavorò per una banca della sua città prima di trasferirsi a New York, dove lavorò nell'industria chimica.

La data esatta di nascita è necessaria per distinguerlo dai non pochi omonimi. Il nome completo è Edgar Henry Bohle. Una pagina del sito AncientFaces riporta la sua scheda con poche possibilità di equivocare: Edgar H. Bohle, nato il 16 maggio 1909 e residente a Philadelphia, risulta deceduto il 17 gennaio 1998.


Non sappiamo come fosse il primo romanzo, ma il secondo è discreto senza essere eccezionale. Charles Holm, un vero self-made-man, mentre la figlia sta per sposarsi con un giovane giornalista, rampollo della high society newyorkese, riceva un'improvvisa telefonata. A cercarlo è Della Potter (per un evidente refuso ribattezzata Nella in tutto il romanzo), la sua prima moglie. Oltre trent'anni prima, mentre lui era fuori casa, Della restò vittima di un incendio che distrusse il palazzo in cui vivevano. O, almeno, così ha sempre pensato Charles, che subito dopo la sciagura si trasferì altrove per lavoro e non ricevette mai il certificato di morte della moglie. Invece ora Della ricompare e lui si ritrova bigamo ed esposto allo scandalo. Quando i due si incontrano in un albergo, Della gli chiede una consistente somma di denaro per tacere: Charles risponde che deve parlarne con la moglie e la figlia e va via, senza rendersi conto di essere stato riconosciuto da un altro ospite dell'albergo.

Il giorno dopo, Della viene ritrovata uccisa da qualcuno che le ha spaccato la testa fino a sfigurarla, nella stessa stanza d'albergo in cui Charles l'aveva lasciata. Avvisato dal futuro genero, Bill Curtice, che si trova alla stazione di polizia per lavoro, Charles sfugge all'arresto, disposto dopo la testimonianza dell'uomo che lo ha visto uscire dalla camera dell'albergo.

Comincia a questo punto una doppia caccia all'uomo: quella guidata dal tenente Antonelli della polizia, alla ricerca di Charles, e quella dell'indagine parallela condotta da Bill Curtice e da Vera Holm, la figlia di Charles, alla ricerca del vero colpevole. Bill e Vera collaborano con la polizia fornendo tutte le informazioni di cui vengono al corrente, benché sappiano benissimo di essere pedinati dagli agenti, che contano su di loro per arrivare a Holm.

Alla vicenda di questo delitto, si sovrappone quella di un neonato rapito in ospedale e liberato dopo pochi giorni, ma con i capelli tinti di rosso. Una serie di indizi e testimonianze portano Bill e Vera a sospettare che la commessa del negozio in cui Vera si sta facendo cucire l'abito da sposa, Sally Armitage, sia coinvolta nel fatto. Oltretutto, la titolare del negozio, Claire Palmer, che risultava incinta, è scomparsa lo stesso giorno in cui è stata uccisa Della.

La polizia riesce ad arrestare Sally Armitage mentre questa sta tentando di prendere un aereo per l'Inghilterra. Sally confessa che Claire era una donna più anziana di quanto voleva far credere, che non è stata mai incinta e che ha rapito il bambino perché ricattava un uomo sposato, facendogli credere di essere stata ingravidata da lui.

I poliziotti, poiché tutto fa credere che Claire e Della siano la stessa persona, pensano che l'uomo ricattato fosse Charles, anche perché non conoscono la storia del suo primo matrimonio. Viceversa, Charles sospetta di un sua amico, Walter Souchard, che già altre volte si è messo nei guai con qualche donna. Tra l'altro, quando gli ha chiesto di aiutarlo a nascondersi, Walter prima gli ha detto di sì e poi lo ha immediatamente denunciato: Charles è sfuggito alla cattura solo per una fortunata combinazione.

Quando gli agenti di Antonelli riescono finalmente a catturare Charles, questo e Bill convincono il tenente a tentare almeno una sorpresa per verificare se il responsabile del crimine è davvero Walter. Ma, nonostante la messa in scena sia benissimo organizzata, ci sarà un'ulteriore sorpresa finale, per tutti.



lunedì 18 settembre 2023

Lorna Nicholl Morgan: la riscoperta di un'autrice della Golden Age of Mystery

La donna che si sarebbe fatta conoscere come scrittrice di romanzi mystery firmati Lorna Nicholl Morgan nacque a Kingston e crebbe a New Malden, due borghi nell'area sudovest di Londra distanti circa 5 km tra loro, il 20 agosto 1913 e fu registrata all'anagrafe con il nome di Lorna Bennett. Era l'ultima delle cinque figlie di Edgar G. Bennett, un cancelliere di tribunale, e di Isabelle A. Watkins.

Nulla sappiamo dei suoi studi. Nei primi mesi del 1937, Lorna sposò Geoffrey Charles Nicholl Morgan, un giornalista nato a Cardiff nel 1910. All'inizio della guerra, Geoffrey si arruolò nella Royal Navy come ufficiale, fu assegnato alla base militare di Thanet, un'isola ormai attaccata alla terra che rappresenta il lembo più orientale dell'Inghilterra meridionale. Qui morì, per cause non note, nella primavera del 1940.

Non si sa bene se Lorna, mentre imperversava la guerra, sia stata impegnata in qualche lavoro. In ogni caso, trovò il tempo di scrivere il suo primo romanzo, Murder in Devils' Hollow, che uscì con World's Work nel 1944. A questo, seguì Talking of Murder, uscito con Harrap nel 1945.

L'unica copia in vendita sul web non ha la sovraccoperta

I due romanzi successivi uscirono con Macdonald & Co.: The Death Box nel 1946 e Another Little Murder nel 1947.

Anche in questo caso si trova solo una copia senza sovraccoperta


Dopo aver tenuto per quattro anni il ritmo di un libro l'anno, Lorna Nicholl Morgan si fermò e smise di scrivere, sembra definitivamente. Nel 1954 si imbarcò sul traghetto S.S. Ryndam, diretto da Southampton a New York, dove sarebbe rimasta a vivere per due anni. In quell'occasione, sulla lista passeggeri, qualificò la sua occupazione come “scrittrice”. Dovette svolgere qualche lavoro anche lì, perché risulta una sua richiesta alla previdenza sociale americana nell'estate del 1975.

Nel 1956 tornò nel Regno Unito e finì per stabilirsi ad Hastings, nel Sussex, sempre sulla costa meridionale inglese, dove morì il 15 novembre 1993.

Come autrice era stata già quasi dimenticata mentre era in vita e, dopo la scomparsa, sembrava destinata a un totale oblio. Tuttavia, fu riscoperta in seguito al grande successo della ristampa di Mystery in White (1937) di J. Jefferson Farjeon da parte della British Library nel 2014.

Una rappresentazione di J. Jefferson Farjeon (1883-1957)

edizione d'epoca

edizione recente


Due edizioni italiane

A partire da questo romanzo, molti altri titoli della Golden Age del Mystery vennero riproposti con buon successo al pubblico, compresi gli ultimi due di Lorna Nicholl Morgan, che sono arrivati anche in Italia, grazie all'editore Lindau.

The Death Box è stato tradotto con il titolo Il baule della morte nel 2020. In questo romanzo, un affarista londinese, Joe Trayne, che gestisce un locale notturno con un socio, conosce una ragazza attraente, tale Wendy, e ha la sensazione che essa sia in pericolo. La segue all'interno di un appartamento, ma la ragazza sparisce uscendo fulmineamente: subito dopo Trayne trova in una stanza un baule contenente il cadavere di un uomo. A quel punto se ne va ma, dopo essersi consultato con il suo socio, dopo poco torna nell'appartamento accompagnato dal factotum Johnny. I due rinvengono il baule vuoto e la padrona di casa, tale Lysbeth, molto irritata per la loro intrusione. In vicinanza del baule c'è una foto pubblicitaria ritraente una giovane donna. Ritrovano più tardi Wendy e la ragazza sembra sempre in pericolo, ma non ne vuole sapere di essere prudente.


Trayne cerca la donna ritratta sulla foto e scopre che è una musicista, Melda Linklater. Melda non è tanto famosa come artista quanto come modella di un pittore divenuto famosissimo dopo il suo clamoroso suicidio, tale Solby, del quale stanno spuntando quadri dappertutto. Quando scopre che il cadavere visto inizialmente nel baule potrebbe appartenere a tale Carlo Beetz, abilissimo falsario di dipinti, Trayne comincia a capire che il delitto e la storia dei quadri potrebbero essere collegate. Ma il baule finirà per ospitare altri due cadaveri prima che si arrivi alla verità.

Another Little Murder era invece già uscito nel 2019 con il titolo Un piccolo omicidio di Natale. Qui, l'intraprendente Dylis Hughes, una ragazza che lavora come rappresentante di prodotti farmaceutici, resta bloccata con l'auto nella campagna dello Yorkshire durante una bufera di neve. Per sua fortuna, viene raccolta da Inigo Brown, un giovane che lavora nel settore alberghiero e si sta recando a trovare uno zio che abita in un palazzo poco distante, chiamato Wintry Wold. All'arrivo, però, Inigo ha una serie di sorprese: lo zio, oltre che malato così gravemente da non poterlo vedere subito, ha anche sposato la giovanissima Theresa, che ora comanda in casa. A coadiuvarla ci sono alcuni domestici dall'aria poco raccomandabile e un amico di famiglia sempre ubriaco. La casa, che sta andando in rovina, ospita già gli autisti di un furgone anch'esso bloccato e, man mano che passano le ore, si aggiunge sempre più gente che ha bisogno di aiuto tra le strade impraticabili. 


Durante la prima notte trascorsa nel palazzo, Dylis esce dalla sua stanza perché incuriosita da un rumore e, seguendolo, finisce per trovare la stanza in cui è ricoverato lo zio di Inigo. L'uomo è lucido e non sembra stare molto male: esprime il desiderio di vedere al più presto il nipote, ma Dylis non sa in quale stanza dorma Inigo. La mattina dopo, però, Theresa annuncia che il marito si è improvvisamente aggravato ed è morto. Né Dylis né Inigo sono disposti a credere che le cose siano andate in questo modo, ma non hanno prove per dimostrare il contrario. Theresa ha sicuramente qualcosa da nascondere, ma non può aver fatto tutto da sola. Chi potranno essere, tra tutti i presenti, i suoi complici?


 

giovedì 10 agosto 2023

Le salaire de la peur: doppio capolavoro, di Georges Arnaud e di Henri-Georges Clouzot

La scomparsa di una importante celebrità artistica porta inevitabilmente a riconosiderarne l'opera e quindi a tornare sulle sue origini. Spesso ormai dimenticate, queste origini riportano ad altre opere e ad altre figure costrette a un parziale oblio da logiche di mercato, ma tuttavia ancora oggetto di culto presso minoranze di appassionati.

Questo singolare gioco di specchi ha fatto sì che negli ultimi tempi si tornasse a parlare anche di Georges Arnaud.



Tre immagini di Georges Arnaud

 La scomparsa di William Friedkin necessitava che si parlasse dei suoi film, non solo L'Esorcista ma anche il buonissimo Wages of Fear (Il salario della paura) che però ha la sfortuna di rappresentare il remake di un inarrivabile capolavoro, Le salaire de la peur (Vite vendute) di Henri-Georges Clouzot: ed entrambi hanno ovviamente la stessa origine letteraria, quella di un romanzo omonimo firmato appunto da Arnaud.

William Friedkin (1935-2023)

Poster del film di Friedkin (1977)

Henri-Georges Clouzot (1907-77)





Locandine in diverse lingue del film di Clouzot (1953)

Georges Arnaud è una figura di autore affascinante, ma misteriosa e sfuggente. Tra l'altro la sua firma non è neanche il suo vero nome (che all'anagrafe era Henri Girard, in Francia diffuso più o meno come Mario Rossi in Italia, e da qui la necessità di cambiarlo) ed è pressoché omonimo di un altro autore di successo, George-Jean Arnaud, più noto come G.J. Arnaud, e per questo oggetto di frequente confusione.

G. J. Arnaud (1928-2020)

Prima di diventare Georges Arnaud, Henri Girard nacque a Montpellier il 16 luglio 1917, restò orfano di madre a 9 anni e fu uno studente molto precoce, capace di conseguire la maturità a 15 anni e la laurea in Legge a 21. Non era tuttavia un secchione e già abbastanza presto evidenziò due costanti della sua vita, la ricerca dell'avventura e il piacere per la compagnia delle donne. Sposato precocemente, trascinò la giovanissima moglie in viaggi picareschi soprattutto in Jugoslavia.

Dopo un breve periodo nell'esercito, dal quale fu congedato per inidoneità fisica, si preparò a entrare nella pubblica amministrazione. Tuttavia, nel frattempo, la Francia fu invasa dai tedeschi e lavorare per lo Stato significava lavorare per l'invasore. Il giovane Girard prese tempo facendosi bocciare al concorso e si diede a una vita apparentemente dissoluta, mandando in crisi il suo matrimonio. Uno strano episodio lo vedrebbe impegnato a organizzare un finto rapimento per estorcere denaro alla propria zia, ma il fatto è dubbio e potrebbe rappresentare una singolare copertura per attività svolte per conto della Resistenza.

Il padre, Georges Girard, che era un funzionario statale, lo invitò a casa (un castello a Escoire, in Dordogna) per discutere sul da farsi. Qui, proprio durante il soggiorno di Henri, nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1941, Georges Girard venne ucciso a roncolate insieme alla sorella Amélie e alla domestica Louise Soudeix. Il mattino dopo fu proprio Henri a dare l'allarme. Ma il castello risultava chiuso e praticamente inaccessibile dall'esterno, per cui Henri venne arrestato e tenuto in condizioni di dura carcerazione a Périgueux per 19 mesi, intanto che si istruiva il processo. Il rischio di condanna alla pena capitale era altissimo. Ma l'avvocato difensore Maurice Garçon, amico di famiglia e scrittore, riuscì a smontare tutta la ricostruzione proposta dall'accusa, dimostrando che la polizia aveva indagato in modo sciatto perché subito convinta della colpevolezza di Henri, e che molti importanti elementi erano stati trascurati. Il 2 giugno 1943 Henri Girard fu assolto.

Il castello di Escoire

Ritratto di Maurice Garçon (1889-1967)

Dal 1943 al 1947, Henri visse a Parigi, sposò una cantante da cui ebbe due figli, dilapidò l'eredità paterna in divertimenti ma anche aiutando amici meno fortunati e, alla fine, pieno di debiti, decise che era meglio cambiare aria. Se ne andò in Sudamerica e per tre anni visse come un vagabondo, svolgendo i lavori che capitavano, incontrando ogni genere di tipi umani e cominciando a scrivere romanzi ispirati alle sue esperienze.

Tornato in Francia nel 1950, si sposò per la terza volta e riuscì a pubblicare il suo primo libro, che è proprio Le salaire de la peur, firmandosi Georges Arnaud (pseudonimo ricavato unendo il nome del padre al cognome della madre). Fu subito un buon successo, poi amplificato dallo straordinario film di Clouzot. Ottenne altri successi con altri romanzi, come Le voyage du mauvais larron (ispirato a un'esperienza da clandestino a bordo di una nave) o Schtilbem 41 (ispirato all'esperienza della carcerazione dopo l'omicidio del padre), e anche con commedie.



Edizione originale di Le salaire de la peur


Altri famosi titoli firmati Georges Arnaud

Alla fine degli anni '50, collaborando come giornalista d'inchiesta con l'avvocato Jacques Vergès, si impegnò a lungo a favore degli indipendentisti algerini, ed ebbe per questo anche noie con la polizia e la giustizia francese. La sua quarta moglie fu appunto una militante per l'indipendenza algerina.

Jacques Vergès (1925-2013)

Dal 1962 al 1974 visse prevalentemente nell'Algeria indipendente, dirigendo una scuola di giornalismo, ma dal 1972 la tubercolosi di cui non aveva mai smesso di soffrire fin dalla gioventù lo costrinse a sempre più lunghi soggiorni in sanatori francesi.

Per alcuni anni lavorò come giornalista d'inchiesta per la televisione francese, dedicandosi a casi di misteri irrisolti: poi, nel 1981, si trasferì a Barcellona, dove morì improvvisamente d'infarto il 4 marzo 1987.

L'unico libro firmato Georges Arnaud che sia arrivato in Italia, e non ha mai avuto una grande diffusione. La prima edizione uscì sulla scorta del successo del film già nel 1952, pubblicata dal piccolo editore milanese Carlo Colombo con una tiratura di sole 100 copie.


Per la seconda, è stato necessario aspettare 60 anni, ci ha pensato la Fandango libri nel 2012, ma la circolazione del volume è stata comunque limitata.


Arnaud non amò particolarmente il film di Clouzot (non sappiamo cosa pensasse di quello di Friedkin) perché gli sembrava che le personalità dei quattro protagonisti e i rapporti tra loro non fossero rispecchiati così come avrebbe voluto.

La vicenda è, tutto sommato, abbastanza semplice. In Guatemala, verso la fine degli anni '40, un incidente fa incendiare un pozzo di petrolio. L'unico modo di evitare che l'incendio si estenda è interromperlo con una potente esplosione. Ma l'unico esplosivo disponibile in zona è la pericolosissima nitroglicerina e le strade per raggiungere l'area dell'incidente sono quasi impercorribili. La compagnia petrolifera mette a punto due camion attrezzati per resistere il più possibile al viaggio ma, poiché nessun autista si azzarda a partecipare a una missione tanto rischiosa, recluta i conduttori in mezzo agli immigrati europei che vivono di stenti in un paesino non lontanissimo dal luogo del disastro, Las Piedras. Il premio in denaro è molto allettante e i disperati si presentano tutti. Dopo una serie di visite mediche e di esami di perizia alla guida, a essere scelti sono in 4: il francese Gerard Sturmer, un rumeno chiamato Johnny Mihalescu, lo spagnolo Juan Bimba e l'italiano Luigi Stornatori. Un altro italiano, tale Bernardo, si uccide per la delusione di non essere stato scelto. Un altro candidato, Hans Smerloff, scelto come riserva, sabota uno dei due camion per provocare un incidente non grave, ma gli altri se ne accorgono.

I problemi cominciano da subito, perché le strade sono in condizioni ancora peggiori di quelle attese. A un certo punto, i due camion trovano una deviazione inaspettata che allungherebbe di molto il viaggio rendendolo anche più pericoloso, ma poi gli autisti scoprono che a mettere i finti cartelli è stato il prete di un villaggio che avrebbero dovuto attraversare con i camion carichi di esplosivo, e per la rabbia lo pestano fino a ucciderlo.

Durante il viaggio, Johnny, che sembrava il più duro della compagnia, si rivela molto pauroso, irritando sempre più il suo compagno di guida Gerard.

Il primo camion, quello condotto da Juan e Luigi, esplode accidentalmente proprio mentre sta correndo accanto a un oleodotto, che risulta pesantemente danneggiato. Quando Gerard e Johnny arrivano sul posto, trovano una voragine piena di petrolio nella quale il livello sta lentamente salendo, per cui devono spicciarsi ad attraversarla. Ma il camion resta impantanato e, nel tentativo di liberarlo, Gerard investe Johnny maciullandogli una gamba. Il resto del viaggio dura meno di un giorno, ma Johnny muore ugualmente appena arrivati a destinazione, per lo choc e l'infezione delle ferite.

La direzione del pozzo è talmente grata a Gerard di aver portato l'esplosivo da pagargli anche il premio che sarebbe toccato a Johnny. Rifocillato e riposato, Gerard riparte ma, a una delle ultime curve prima di arrivare a Las Piedras, perde il controllo del mezzo e precipita di sotto.

Lo stile del romanzo è essenziale e incalzante, non c'è nessuna ricercatezza ma nemmeno una frase sprecata. L'autore cerca di dare un minimo spessore anche ai personaggi secondari, rendendo la narrazione viva in ogni frangente.

Nel film, Clouzot apportò non poche modifiche, più che altro per venire incontro alle esigenze degli attori scelti nel casting. Gerard diventa Mario e Johnny non è più rumeno, ma un altro francese, di nome Jo. Bimba diventa scandinavo. Solo Luigi resta inalterato. Si conserva un certo spazio per la donna di Gerard-Mario, Linda, che però è presentata come una serva, anziché una prostituta come nel romanzo. L'episodio della finta deviazione e del prete ucciso a botte sparisce completamente. Un altro episodio presente nel libro ma espunto dal film riguarda Bernardo: Gerard, vedendolo depresso, chiede a Linda di portarselo a letto gratis per tirarlo su, la donna obbedisce, ma una volta consumato il rapporto Bernardo si uccide lo stesso. La relazione tra i due francesi Mario e Jo diventa quasi amicale, con il primo che inizialmente appare deluso dalla pavidità del secondo ma poi si ritrova oppresso dal senso di colpa quando l'altro resta gravemente ferito.

La pellicola, comunque, funziona perfettamente e, nonostante i 70 anni trascorsi dalla sua uscita, appare invecchiata meravigliosamente bene. Merito, comunque, non solo del gran lavoro di Clouzot ma anche dell'ottimo affiatamento tra una superlativa squadra di interpreti.

Véra Clouzot (nata Vera Gibson Amado, moglie del regista, 1913-60) è Linda



Yves Montand (1921-91) è Mario




Charles Vanel (1892-1989) è Jo

Peter van Eyck (1911-69) è Bimba

Folco Lulli (1912-70) è Luigi