venerdì 8 febbraio 2019

Il fascino perverso della follia criminale di Olga Hepnarová


Le storie con al centro le figure di adolescenti criminali hanno sempre fatto vendere parecchie copie di libri e parecchi biglietti cinematografici, e non smettono di eccitare le folle di spettatori, che di solito, nella loro ignoranza, vedono in queste vicende o la conferma delle proprie sgangherate teorie educative o degli esempi di ribellione spontanea a un mondo ingiusto.
Invece, quasi tutti i casi di questi crimini riguardano ragazzi con grossi problemi, non semplici nevrosi, ma vere e proprie psicosi come la paranoia o la schizofrenia, che le famiglie scambiano per normali passaggi della crescita, sottovalutandone enormemente il pericolo, forse anche per il rifiuto dello stigma sociale dell'avere “un pazzo in casa” e delle dicerie che sicuramente nascerebbero in giro sull'origine della follia.
Alcuni casi sono diventati addirittura quasi leggendari, benché riguardino figure che, al di là dell'efferatezza dei loro crimini, dovrebbero se mai ispirare un senso di pena, come il Pierre Rivière raccontato dal grande storico Michel Foucault, il primo vero pazzo assassino che riuscì a sollecitare, nella Francia del 1835, una seria discussione sull'infermità mentale e l'incapacità di intendere e volere che può nascondersi dietro spaventosi delitti. Il libro di Foucault, che ha ispirato negli anni '70 anche un film di René Allio, è ancora un classico da leggere ad ogni costo per avvicinarsi al tema.

Michel Foucault (1926-84)

Una edizione francese del suo libro su Pierre Rivière

Una delle edizioni italiane

Locandina del film di Allio

Il protagonista Claude Hébert in una scena del film

La lucidità e l'umanità di Foucault sembrano invece lasciate in disparte da chi successivamente ha trattato il tema ispirandosi a fatti reali. Un esempio evidente sembra essere quello del veneziano Roberto Succo, assassino dei propri genitori che sembrava riabilitato nonostante una diagnosi di schizofrenia, fuggito dal carcere approfittando di un permesso di studio, efferato serial killer di almeno 5 vittime oltre i genitori durante una fuga per mezza Europa caratterizzata da una sequenza di rapine e stupri, infine suicida a 27 anni subito dopo essere stato ricatturato. A Succo, oltre alle più svariate opere d'arte, sono stati dedicati diversi libri, uno dei quali (Je te tue, di Pascale Froment, 1991) è stato tradotto anche in un film (Roberto Succo, di Cédric Kahn, 2001) molto criticato per quella che è stata definita una vera vacuità di contenuto.

Roberto Succo (1962-88)

Il libro di Pascale Froment

Locandina del film

Un caso molto meno noto in Occidente, ma che nel suo Paese ha ispirato un altro film, è quello dell'ultima donna vittima della pena capitale in Cecoslovacchia, Olga Hepnarová, responsabile però non di una serie di delitti ma di uno solo, una strage in cui persero la vita 8 persone.
La Hepnarová, nata a Praga il 30 giugno 1951 in una famiglia piuttosto benestante (padre bancario, madre dentista), fu inizialmente solo una bambina con problemi relazionali, che nel tempo la portarono a lasciare la scuola per un centro psichiatrico, dopo del quale riuscì a terminare l'obbligo scolastico e a seguire un corso per rilegatrice, anche se poi trovò lavoro come autista.
In questo periodo, visse in alcuni villaggi intorno a Praga. Il rapporto con la famiglia, specie con il padre e la sorella maggiore, era pessimo, solo la madre si sforzava di recuperarlo. Aveva grossi problemi con la sua sessualità, mai del tutto definita, che dall'età di 17 anni la portava ad avere rapporti sia con uomini sia con donne, con preferenza per queste ultime.


Due immagini di Olga Hepnarová

Nel 1970, il padre ereditò una fattoria a Zábrodí, in campagna, e nello stesso anno la madre propose a Olga di passare un periodo di vacanza lì in estate. Durante la permanenza, Olga concepì un piano per distruggere l'immobile, facendo esplodere delle bombole di gas in modo da provocare un incendio. Mise in atto questo proposito la notte del 7 agosto, ma i presenti, sua sorella e l'anziana coppia di inquilini che era andata a vivere nella fattoria, si svegliarono per l'esplosione e spensero l'incendio prima che facesse danni. Lo scoppio fu giudicato accidentale e considerato tale finché Olga stessa ne parlò, nel corso di una visita psichiatrica, nel 1973. Addusse come movente l'esasperazione per le continue dispute economiche in famiglia.
Successivamente, il suo stato psicologico peggiorò, fino a sfociare in una paranoia conclamata. Era convinta che tutti ce l'avessero con lei e raccontava di non poter andare in giro, perché veniva aggredita per strada senza che nessuno la difendesse. Parlava di suicidarsi, ma in realtà aveva in mente un gesto clamoroso, qualcosa che l'avrebbe posta all'attenzione di tutti.Cercò inutilmente di procurarsi un'arma da fuoco per compiere una strage sparando sui passanti in piazza Venceslao.
Dai primi del 1973, lasciata definitivamente, viveva in un ostello, anche se aveva comprato una piccola casa di legno in campagna, nel villaggio di Oleško. Qui si ritirò in solitudine nel luglio dello stesso anno, per alcuni giorni, al termine dei quali abbandonò la sua auto, una Trabant, di cui aveva sempre avuto una cura maniacale, e tornò a Praga.
Il 10 luglio, doveva sostenere l'esame per la patente che l'avrebbe abilitata a guidare i camion. Prima di andarci, spedì due lettere quasi identiche alle agenzie giornalistiche The Free Word e The Young World, spiegando le ragioni di ciò che stava per fare.
Le lettere si concludevano entrambe così:
Sono una solitaria, una donna distrutta. Una donna distrutta dalla gente. Ho una sola scelta: uccidermi o uccidere gli altri. Ho scelto di ripagare chi mi odia. Sarebbe troppo facile lasciare questo mondo come un’anonima suicida, la società è troppo indifferente. Quindi, la mia sentenza è: Io, Olga Hepnarova, vittima della vostra bestialità, vi condanno a morte.
Alle 13,30, appena sostenuto l'esame, con lo stesso camion di cui si era servita, un Praga RN, si diresse lungo l'attuale via Milada Horáková e puntò il mezzo contro la piccola folla, circa una trentina di persone, che stava aspettando il tram in piazza Strossmayer, piombando su di essa a tutta velocità.
Tre persone morirono all'istante, altre tre nello stesso giorno e due nei giorni successivi, per un totale di otto. Ci furono anche dodici feriti, sei dei quali in modo grave.




Alcune immagini scattate sul luogo dell'incidente nei minuti successivi

Il luogo come è oggi 

Olga fuggì dal mezzo, inseguita dai passanti, che in realtà pensavano che avesse perso accidentalmente il controllo del mezzo e fosse in stato di choc, per cui volevano aiutarla prima che si facesse male a sua volta. Quando fu finalmente fermata, dichiarò subito che si era trattato di un atto deliberato e, di conseguenza, fu arrestata.
Il processo si svolse tra la fine del 1973 e i primi mesi del 1974. Sebbene la linea di difesa dei suoi avvocati fosse centrata sulla schizofrenia e sulla conseguente incapacità di intendere e volere, Olga non diede loro la minima collaborazione e si limitò a dichiarare che non era pentita di ciò che aveva fatto, ma solo rammaricata che ci fossero stati così pochi morti e che i suoi genitori non fossero tra le vittime.
Dopo che un collegio di periti psichiatrici l'ebbe dichiarata sana di mente e capace di intendere e volere, il 6 aprile 1974, Olga fu condannata a morte. Sua madre non si arrese e propose appelli prima alla Corte Suprema, poi alla Corte Suprema Federale e infine si appellò al premier Ludovic Strougal, che in quel periodo faceva anche le veci del presidente della Repubblica Ludwig Svoboda, chiedendo la grazia.
Tutti questi tentativi furono respinti e la condanna confermata.
Il 13 marzo 1975, Olga Hepnarová fu impiccata nel carcere praghese di Pankrác.
Il nome di Olga Hepnarová ritornò alla ribalta delle cronache nel 2006, durante il processo a Viktor Kalivoda, un ex poliziotto che aveva ucciso tre persone scelte a caso nell'ottobre del 2005. Dal carcere, in cui si sarebbe poi suicidato dopo la condanna all'ergastolo, Kalivoda scrisse di essersi ispirato proprio a Olga Hepnarová (sebbene fosse nato oltre due anni dopo la sua esecuzione).
Viktor Kalivoda (1977-2010)

Il personaggio di Olga Hepnarová non ha ispirato solo delitti, ma anche canzoni, saggi, romanzi (in particolare uno famoso di Bohumir Hrabal, Ponorné říčky (L'uragano di novembre, 1990), in cui il boia che esegue la condanna, per il rimorso, diventa un fiero oppositore della pena capitale) e almeno un film, una coproduzione ceco-slovacco-polacco-francese del 2016, intitolata Já, Olgá Hepnarová (Io, Olgá Hepnarová), la cui protagonista è l'attrice polacca Michalina Olzańska, diretto da Petr Kadza. Questo film, mai arrivato in Italia, ha ottenuto diversi riconoscimenti sia in patria sia all'estero.
Bohumir Hrabal (1914-97)


Il suo libro e la traduzione in Italiano


Michalina Olzańska in alcune scene del film

Locandina del film







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