Il 24 ottobre 1943 era una domenica. Nonostante la guerra in corso, la popolazione di New York, e soprattutto quella economicamente più benestante, continuava la vita di sempre.
Patricia Burton, detta Patsy, la 22enne ereditiera della birra Burton-Bernheimer, il cui patrimonio era valutato in 7 milioni di dollari del tempo, per quel giorno, aveva degli impegni in famiglia. Ma era abituata ad alzarsi tardi, quindi nessuno si preoccupò, non vedendola arrivare a pranzo.
Quando però la sua assenza cominciò a protrarsi più a lungo, sua madre Lucile andò a cercarla nel suo appartamento di Beekman Hill. Patsy non rispose e non aprì. Preoccupata per la figlia ma anche per il nipotino di pochi mesi che viveva con lei, Lucile Burton chiamò Peter Elser, l'amico con cui Patsy doveva vedersi a cena. Peter forzò la porta d'ingresso ed entrò nell'appartamento.
Patsy era nella stanza da letto, distesa sul pavimento, nuda. Qualcuno l'aveva ripetutamente colpita alla testa con un candelabro d'argento, rinvenuto sporco di sangue rappreso, e poi strangolata. La posizione scomposta e le unghie rotte indicavano che doveva aver lottato, prima di soccombere. Il bambino invece era illeso.
Il procuratore distrettuale Jacob Grumet inviò, durante la notte, un telegramma a Toronto, per chiedere alla polizia locale di fermare Lonergan in attesa che arrivassero i detective newyorkesi. L'indirizzo dell'uomo era stato facile da trovare, perché scritto nelle agende della moglie: Lonergan abitava nella pensione chiamata Belvidere Manor in Blow Street West.
Alle 8 di mattina del 25 ottobre, due detective della polizia di Toronto, Arthur Harris e Alex Deans, si presentarono al Belvidere Manor e, dopo essersi identificati presso la proprietaria, signora Miller, le chiesero se Lonergan fosse presente, dato che la stanza in cui avrebbe dovuto trovarsi risultava in realtà affittata a un altro (che poi si rivelò essere un suo amico). La signora Miller rispose che Lonergan abitava lì e che la sera precedente si era ritirato molto tardi.
Lonergan, pur essendo militare, quando aprì, era in borghese. Ammise di essere stato a New York il giorno prima e aggiunse che, mentre era lì, la divisa gli era stata rubata. I poliziotti notarono che aveva dei graffi ben visibili sul mento e sul petto.
I poliziotti dissero a Lonergan che doveva seguirli in centrale per un interrogatorio e che su di lui pendeva una richiesta di estradizione. Lonergan era già al corrente del delitto, poiché era già uscito prima del loro arrivo e aveva comprato una copia del “Toronto Globe and Mail” che riportava la notizia.
I poliziotti portarono Lonergan in centrale, passando però prima per la sede del Comando dell'aviazione per spiegare cosa stava succedendo.
Lonergan si era lasciato prelevare senza opporre resistenza, portandosi dietro solo un sacchetto con tre bottiglie di brandy che aveva comprato a New York. Strada facendo, rispondendo alle ripetute domande su che fine avesse fatto la sua uniforme, raccontò che il sabato sera, a New York, si era appartato con un soldato di nome Maurice Worchester, il quale lo aveva poi derubato dell'uniforme e dell'orologio.
I due detective e il fermato erano talmente tranquilli che si fermarono anche a fare colazione, prima di salire in centrale.
La polizia di Toronto trattenne Lonergan per circa 24 ore, senza interrogarlo. Restò a chiacchierare con i poliziotti, dividendo con loro le sigarette, mentre il brandy gli era stato sequestrato all'arrivo.
Finalmente, dopo le 22, in netto ritardo sul previsto per via di un disservizio della linea aerea, arrivò da New York il sostituto procuratore John Loher, incaricato di interrogare Lonergan. Solo alle 8 del giorno dopo sarebbero arrivati anche i detective William Prendergast e Nicholas Looram che dovevano interrogarlo a loro volta e avevano viaggiato in treno.
Lonergan aveva avvisato suo zio della situazione. Lo zio chiamò un avvocato, Michael Doyle, che raggiunse la centrale di polizia. Qui avvenne forse un equivoco, perché gli fu risposto che nessun Wayne Lonergan era stato fermato e fu invitato a tornare più tardi. Quando poi si ripresentò, il giorno dopo, gli fu risposto che non poteva essere autorizzato a vedere il suo cliente perché questo era già in custodia dalla polizia di New York.
In seguito, Doyle avrebbe dichiarato che non gli era stato permesso di assistere Lonergan e che, quindi, questo era stato facilmente persuaso ad accettare l'estradizione negli Usa senza fare ricorso. Un altro avvocato, Lionel Davis, avrebbe invece scritto una lettera ai giornali per protestare contro le tante anomalie della procedura che aveva portato all'estradizione di Lonergan, prima tra tutte il fatto che non fosse mai comparso davanti a un magistrato mentre era in stato di fermo.
Lonergan fu interrogato solo da Loher e volle innanzitutto sapere se correva il rischio di essere incriminato. Per il resto, si mostrò estremamente collaborativo.
Lonergan fu dunque estradato rapidamente, senza alcun intoppo.
Interrogato da Grumet a New York, Lonergan finì per ammettere che l'uniforme l'aveva distrutta lui, perché troppo macchiata del sangue della moglie. Le cose, a suo dire, sarebbero andate nel seguente modo.
Lonergan e Patsy si stanno separando, ma sono ancora in buoni rapporti. Il 23 ottobre, Lonergan va a New York per vedere suo figlio, il piccolo Anthony, di quasi due anni. La mattina di quel giorno si reca nel lussuoso appartamento di Patsy, appartenente al complesso denominato Beekman Hill, nella 51esima strada. Patsy non c'è ma si ritira quando lui è appena arrivato, reduce da una delle tante notti trascorse tra feste e locali notturni che ormai sono la sua principale occupazione. Ha un accompagnatore fisso, un arredatore d'interni italoamericano di nome Mario Gabelline, un 43enne per il quale si è separata da Lonergan.
A parte la storia con Gabelline, non è che a Patsy manchino le ragioni per piantare il marito. Al momento del matrimonio non lo sapeva e pensava che fosse solo un uomo di fiducia del padre, ma la realtà si è rivelata più complessa e sgradevole. Lonergan, omosessuale o più probabilmente bisessuale, cresciuto in una famiglia modesta, si prostituiva fin dall'adolescenza. Il padre di Patsy, il ricco industriale della birra William Burton (1896-1940), aveva ereditato la sua fortuna ed aveva fama di essere un buon pittore dilettante, di grande sensibilità; anche lui interessato alle relazioni con entrambi i sessi, aveva conosciuto casualmente Lonergan a una fiera e ne aveva fatto il proprio toyboy. Ne aveva avuti anche altri, ma questo sarebbe stato speciale. Lonergan si era rivelato molto affettuoso e fedele con Burton, assistendolo quando la malattia cardiaca di cui questo soffriva si era improvvisamente aggravata.
Secondo Lonergan, in punto di morte, Burton gli aveva chiesto di sposare sua figlia, l'esuberante Patsy. Certamente, però, con i sette milioni di eredità, un tale consiglio poteva essere superfluo. Tra i due c'era già stato qualcosa, tant'è vero che forse Patsy era già incinta. La coppia, dopo la morte di William Burton, scappò letteralmente a Las Vegas, dove il matrimonio fu celebrato, sette mesi prima della nascita del figlio.
L'unione era comunque andata rapidamente in crisi, come del resto era ampiamente prevedibile.
Secondo il racconti di Lonergan, lui e Patsy, nel rivedersi, avevano inizialmente avuto una vampata di passione, per cui si erano subito spogliati e messi a letto. Ma, qui, erano riemersi i loro problemi ed era scoppiato un litigio, al culmine del quale la donna gli aveva inflitto un fortissimo dolore fisico, mordendolo al pene o ai testicoli. Questo avrebbe poi determinato la sua reazione che lo avrebbe portato a ucciderla.
I tempi non permettevano di parlare molto di certi argomenti, ma forse qualche perizia medica dovette confermare questo dettaglio, perché Lonergan fu incriminato e successivamente condannato solo per omicidio di secondo grado. La tesi del procuratore distrettuale, per il quale il movente sarebbero stati i soldi, non fu accolta dal tribunale.
Le inclinazioni personali di Lonergan e la vita frivola di Patsy fecero sì che questa storia fornisse ispirazione per decenni a eserciti di moralisti.
Lonergan fu condannato a 35 anni di carcere e perse, ovviamente, ogni diritto all'eredità di Patsy. In galera, però, trascorse solo 23 anni: nel 1967 fu liberato per buona condotta, a patto che si trasferisse in Canada e non tornasse più negli Usa. Trovò una nuova donna benestante per farsi mantenere, l'attrice Barbara Hamilton, e visse con lei fino alla morte, sopraggiunta per cancro all'età di 67 anni.
Fu il figlio, William Anthony Burton, a ereditare, nel 1954, la fortuna che era stata della madre, nel frattempo salita a 15 milioni.
La storia di questo delitto ha ispirato diversi libri, di cui il più famoso è The Big Clock, del poeta e giallista Kenneth Fearing, dal quale sono stati tratti tre film. Negli anni '50, in una collana popolare, uscì invece The Girl in the Murder Flat, di Mel Heimer, che era molto più esplicito sui dettagli, esposti quasi con gusto vouyeuristico. In tempi recentissimi (2020), Detalis are Unprintable, di Allan Levine ha ricostruito la vicenda in modo dettagliato e oggettivo.
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