Un argomento storico frequentemente
oggetto di fastidiose intromissioni da parte di improvvisati
revisionisti è quello relativo alla figura di Cesare Battisti.
Attualmente, infatti, non è raro imbattersi in pagine che, esibendo
una improbabile “filo-asburgicità” ai limiti dell'assurdo, si
lasciano andare a tirate pesantemente offensive nei confronti del
“traditore”, non di rado compiacendosi anche di esibire,
accompagnate da commenti entusiastici, le impressionanti immagini
fotografiche della sua esecuzione.
Più che alla necessità di revisione
storica, certe pagine devono evidentemente la loro esistenza a
qualche forma di psicopatologia criminale da cui sono affetti i loro
autori, ed è veramente un problema il fatto che solo raramente il
web riesca a censurarle o l'autorità giudiziaria riesca a perseguire
certi soggetti nel modo che sarebbe lecito aspettarsi in uno Stato di
Diritto.
Va aggiunto, però, che la figura di
Battisti è stata sempre oggetto di ogni forma di
strumentalizzazioni, anche di stampo patriottico, le quali, pur non
raggiungendo i livelli di delirio dei revisionisti filo-asburgici,
appaiono all'occhio imparziale come esagerate e fastidiose. Una di
queste è, probabilmente, quella che vede al centro la figura di
Bruno Franceschini, l'alfiere (originario di Tres, oggi confluito in
Pedraia, vicino Trento) dell'Esercito austriaco da sempre additato
dagli italiani come il “traditore” che svelò agli austriaci la
reale identità di Battisti dopo la cattura di quest'ultimo.
In realtà, moltissime delle
pubblicazioni d'epoca che trattano della vicenda rivelano già a una
prima lettura una posizione pesantemente preconcetta verso il
Franceschini, che il giornale irredentista “La libertà”, già
nel 1917 indicava non solo come traditore di Battisti ma anche come
notorio vigliacco che mandava i suoi subordinati a morire restandosene
ben nascosto al sicuro. Tale affermazione sembra chiaramente smentita
dal fatto che Franceschini, qualche tempo dopo l'esecuzione di
Battisti, fu ferito in combattimento abbastanza gravemente da
trascorrere poi una lunghissima degenza e convalescenza all'ospedale
militare di Vienna, dove era ancora al momento dell'armistizio del 4
novembre 1918.
Di Franceschini, il web non riporta
alcuna immagine. Si sa che era nato 2 gennaio 1894 da una numerosa
famiglia borghese (padre direttore didattico, madre maestra), che fu
un ottimo studente e si laureò in Ingegneria a Vienna. Qui si
trasferì definitivamente dopo l'annessione del Trentino all'Italia,
senza più tornare al suo paese perché continuamente minacciato di
morte, e diresse una piccola azienda di cui finì per diventare
comproprietario. Morì il 30 agosto 1970.
Secondo le interpretazioni moderne,
basate anche sulle rivelazioni dello storico dilettante (ed ex
cartografo reduce della Seconda Guerra Mondiale) Gianni Pieropan, il
ruolo di Franceschini nella cattura ed esecuzione di Battisti va
molto ridimensionato. Sembra che, già da qualche giorno prima
dell'offensiva di Monte Corno in cui l'irredentista fu catturato, gli
austriaci sapessero della sua presenza in zona d'operazioni, per via
delle rivelazioni di alcuni prigionieri che si erano lamentati di un
ufficiale fanatico che li mandava tutti a morire senza alcuno
scrupolo, identificato appunto come Battisti, e che da Vienna fossero
arrivati ordini ben precisi sull'opportunità di catturare,
processare e uccidere il “traditore”. Va aperta a questo punto
una parentesi per chiarire cosa eventualmente dovettero dire i
prigionieri a proposito di Battisti, perché la figura dell'ufficiale
sanguinario sembra troppo costruita su misura della propaganda.
Infatti, pare che Battisti fosse molto insistente (ma non più della
media degli ufficiali italiani del suo tempo, stiamo pur sempre
parlando di un Esercito su cui un macellaio come Luigi Cadorna aveva
un potere assoluto) con i suoi uomini, ma che usasse motivarli
all'attacco dicendo che, se si fossero impegnati coraggiosamente, la
guerra sarebbe finita prima.
Gianni Pieropan (1914-2000)
Battisti, che era arruolato come alpino
con il grado di tenente, fu accerchiato e catturato il 10 luglio
1916. A prendersi il merito dell'operazione furono il tenente Vinzenz
Braun e i bersaglieri austriaci Alois Wohlmuth e Franz Strazligg. Un
altro soldato, Johann Widegger, cita Franceschini come colui che
riconobbe l'altro irredentista catturato nella stessa operazione,
Fabio Filzi, di cui era stato compagno di liceo. Filzi, a differenza
di Battisti che si era dichiarato subito con il suo vero nome, aveva
fornito delle false generalità.
Filzi e Battisti catturati
Battisti condotto nelle retrovie
In realtà, però, nel rapporto
ufficiale austriaco, Franceschini è citato semplicemente come
interprete. Essendo l'unico militare del reparto a conoscere
l'Italiano (quasi tutti i soldati trentini arruolati dall'Austria
erano stati spediti altrove perché non avessero la tentazione di
fraternizzare con gli italiani. Franceschini no, perché era un così
noto austriacante da aver avuto anche problemi per questo con i suoi
compagni di scuola), dovette effettuare il riconoscimento ufficiale
di Battisti, la cui identità era peraltro già ben nota agli
austriaci.
Dunque, Franceschini fu sicuramente
anti-italiano, ma non ebbe un ruolo importante nella fine di
Batttisti. Molto più dubbia è la sua posizione rispetto a Filzi,
che prestava servizio nello stesso reparto di Battisti come
sottotenente. La figura di Filzi è tanto oscurata da quella di
Battisti (benché abbia ricevuto la stessa decorazione, la medaglia
d'oro al valor militare alla memoria) che è difficile sapere se gli
austriaci sapessero o meno della sua presenza in zona di operazioni.
Secondo gli atti del processo, si faceva passare per un tale
Francesco Brusarosco ma fu ugualmente riconosciuto da un roveretano.
Siccome Franceschini aveva studiato nello stesso suo liceo a
Rovereto, è possibile, se non probabile, che il roveretano in
questione sia lui.
La sera del 12 luglio 1916, al Castello
del Buonconsiglio di Trento, Battisti e Filzi furono impiccati uno
dopo l'altro, dopo essere stati giudicati colpevoli di alto
tradimento da una corte marziale.
Battisti condotto al patibolo
L'esecuzione in una stampa del tempo
Altre immagini delle due esecuzioni
Su questo punto, si apre un'altra
questione. Il loro processo fu legittimo o no?
Dall'esame delle carte processuali,
compiuto anche da qualificati giuristi come Sandro Canestrini, sembra
che Filzi potesse essere processato e perfino condannato, ma Battisti
no. Filzi, un avvocato nato in Istria nel 1884 ma vissuto
prevalentemente in Trentino, aveva disertato dall'Esercito Austriaco,
per il quale aveva prestato giuramento nel 1905, emigrando
clandestinamente in Italia nel novembre del 1914 per non ritrovarsi a
combattere contro gli italiani se questi fossero entrati in guerra.
Sin dall'aprile del 1916 era già stato dichiarato ufficialmente come
disertore.
La situazione di Battisti era diversa.
L'irredentista, docente universitario nato nel 1875, si era
trasferito in Italia nell'agosto del 1914 dopo aver ottenuto dalle
autorità austroungariche un regolare passaporto. Con l'arruolamento
nell'Esercito italiano era diventato cittadino italiano a tutti gli
effetti. Ma, anche se questo non gli fosse stato riconosciuto, se
fosse stato ancora cittadino austriaco, sarebbe stato anche un
deputato al Parlamento austriaco (non esisteva alcun provvedimento
formale di decadenza) e quindi non poteva essere giudicato da una
corte marziale.
L'esecuzione di Battisti, preceduta dal
linciaggio morale della folla e praticata in modo inutilmente sadico
dal boia che lasciò spezzare la prima corda per poterlo impiccare
una seconda volta, è stata dunque un crimine, senza se e senza ma,
checché ne dicano i revisionisti della domenica.
Piuttosto, va sottolineato come la
propaganda italiana spostò l'attenzione da Filzi a Battisti per
poter fare di Franceschini un capro espiatorio. Sebbene moralmente
ripugnante, il suo riconoscimento di Filzi era un atto perfettamente
legittimo, dunque non valeva la pena di accostarlo a questo. Come
traditore di Battisti, invece, apparve chiaramente come un mostro.
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