In una mattinata invernale come tante,
poco prima del Natale 1944, l'insignificante cittadina provinciale di
Marvin Center (il nome della località, nel racconto, è stato cambiato), a circa 50 km da New York, viene svegliata dalla
notizia di un terribile delitto commesso tra i suoi residenti.
Durante la notte, la giovane Vivian
Lahey, una cantante che si esibisce spesso in piccole emittenti
radiofoniche e più raramente per conto di canali più importanti, è
stata uccisa, da qualcuno che le ha spaccato la testa colpendola con
una bottiglia del latte vuota, mentre rientrava a casa. Il colpo è
stato così violento da mandare la robusta bottiglia di vetro in
frantumi e l'ha uccisa praticamente all'istante.
Vivian Lahey, una ragazza nubile e
attraente sotto i 30 anni, che va e viene da New York in treno per
registrare le trasmissioni, è una persona abbastanza chiacchierata
nell'ambito della annoiata comunità locale, anche perché della sua
vita privata si sa poco. Opinione comune, però, è che abbia una
relazione con un ricco commerciante, sposato.
La polizia locale di Marvin Center
conta appena 5 effettivi, comandati dallo sceriffo Edward Herrick.
Questo, svegliato all'alba dall'agente Michael Rossi che stava
finendo il turno di notte alla stazione di polizia, si reca
immediatamente sul luogo del delitto, il cortile di una piccola casa
nella zona semicentrale di Marvin Center, in cui Vivian abitava,
ospite della sorella maggiore Rose e del marito di questa, George
Engleberry, tipografo.
A occuparsi dei rilievi del caso è il
sergente Sperling, il vice di Herrick, un ragazzo che è uscito
dall'Accademia di Polizia di New York ed è entusiasta del lavoro che
fa, nonché molto preparato. Ne sa abbastanza di polizia scientifica
da preoccuparsi di isolare la scena del crimine impedendo il
passaggio di curiosi e poi si dedica pazientemente
all'identificazione di tutte le numerose impronte rinvenute intorno
al cadavere, nella neve che è caduta copiosa nei giorni precedenti.
Il corpo si trova vicino alla porta del
retro, tra la casa e il garage, perché la donna qualche tempo prima
aveva smarrito le chiavi della porta d'ingresso principale, e non è
visibile dalla strada.
A rinvenirlo per primo è stato il
lattaio, Will Hitch, quando è passato di lì per la solita consegna
quotidiana. Hitch ha avuto il buon senso di toccare il cadavere il
meno possibile, giusto quanto occorreva per accertarsi che la donna
fosse veramente morta.
Tutto fa pensare che si tratti di un
delitto d'impeto, non premeditato.
Herrick interroga la sorella e il
cognato di Vivian, che appaiono prevedibilmente sconvolti, e apprende
da essi che la donna, la sera prima, ha inizialmente dichiarato di
non voler uscire, parlando al telefono con il suo agente, poi però
ha ricevuto un'altra telefonata che l'ha convinta a uscire. Infatti,
il suo agente, arrivato in auto da New York per incontrarla, non l'ha
trovata in casa, l'ha aspettata inutilmente per un paio d'ore e
infine se n'è andato via piuttosto infuriato con lei. La situazione
tra i due non era delle migliori, perché lei lo reputava un incapace
e voleva lasciarlo.
I due dichiarano poi di non sapere
nulla della vita privata di Vivian, che secondo loro poteva coltivare
qualche relazione a New York, visto che spesso restava a dormire lì.
I rilevamenti di Sperling, intanto,
portano a un piccolo ma significativo risultato. Vicino al cadevere
c'è, ben visibile, un'impronta lasciata dalla scarpa di qualcuno che
è passato di lì subito dopo il delitto, perché reca evidenti
tracce del sangue della vittima. Si tratta anche di un'impronta
particolare, perché si vede nettamente la separazione tra suola e
tacco, quindi è stata lasciata da una scarpa. Mentre, per via di
tutta la neve caduta negli ultimi giorni, quasi tutti calzano galosce
o soprascarpe.
Sperling, pazientemente, ricorrendo
alla sua perizia e al suo kit di polizia scientifica, in capo a poche
ore ricava un calco di quell'impronta.
Un altro poliziotto, l'agente Byron, è
andato in giro a interrogare tutti i vicini ed ha appreso un altro
dettaglio: la signora Anderson, la cui camera da letto affaccia
proprio sul vialetto d'ingresso al cortile degli Engleberry, verso
mezzanotte, ha sentito un uomo e una donna litigare insistentemente
in strada, anche se non ne ha identificato le voci.
Le voci del paese indicavano il
commerciante di abbigliamento John Shanken come il più probabile
amante di Vivian. Herrick si reca a interogarlo nel suo negozio.
Shanken inizialmente nega la relazione ma poi, chiedendo che la
notizia non sia resa pubblica, la ammette. E ammette anche di essere
l'autore della telefonata che ha indotto Vivian a uscire dopo che
aveva deciso di restare a casa. Si è recato a prenderla e poi sono
rimasti in macchina a parlare. Il motivo? Vivian voleva troncare la
loro relazione, rifiutava di incontrarlo da settimane, e lui non si
dava pace per questo, voleva convincerla a ripensarci. Ma non l'ha
uccisa, così afferma. Verso mezzanotte l'ha riportata a casa e l'ha
lasciata lì nel vialetto.
Gli indizi contro Shanken sono pochi e
Herrick decide che, per il momento, non vale la pena di fermarlo. Il
procuratore distrettuale Simms è d'accordo con lui e propone di
insistere sull'unica vera prova che hanno, il calco dell'impronta
preso da Sperling. Ne faranno due copie, una per verificare Shanken e
l'altra per verificare l'agente di Vivian, Dwight Braun. Stanno già
per mandare l'agente Rossi a New york, quando Braun si presenta alla
stazione di polizia, dicendo che gli agenti di New York sono già
stati a interrogarlo e vuole mettere subito in chiaro come stanno le
cose.
Mentre dichiara che la sera prima,
uscendo da casa Engleberry, non ha incontrato Vivian, Sperling
confronta le sue scarpe con il calco. Il risultato scagiona Braun, il
cui piede è molto più piccolo di quello che ha lasciato l'impronta.
Lo stesso risultato si ha confrontando
l'impronta con le scarpe di Shanken. Appare evidente come nessuno dei
due sia l'uomo che ha camminato accanto al cadavere di Vivian mentre
il sangue era ancora fluido.
Herrick non sa più che pesci pigliare,
ma gli viene in mente che c'è un altro confronto possibile, che non
è stato ancora fatto. Ordina a Sperling di prendere il calco e di
seguirlo a casa Engleberry. Qui c'è solo la signora, che sembra
ancora più sconvolta della mattina e, da allora, non si è ancora
vestita. La donna dice che il marito è al lavoro ma mette a
disposizione dei poliziotti un paio di scarponi del marito, la cui
misura, benché grande, appare comparabile con quella dell'impronta.
I due poliziotti decidono di andare a confrontarsi con l'uomo sul suo
posto di lavoro ma, quando vi arrivano, scoprono che è appena andato
via.
Tornano a casa sua e sono accolti dalla
moglie, la quale dice che George è in seminterrato e sta aggiustando
la caldaia che ha un problema. Herrick lo chiama e, quando l'uomo si
presenta, nota che calza un paio di scarpe vecchie e consumate.
Sperling si precipita di sotto e riesce a estrarre dalla caldaia i
resti di un altro paio di scarpe, molto più nuove, che Engleberry
stava bruciando.
Di fronte a una tale evidenza,
Engleberry crolla e confessa. Vivian l'ha uccisa lui. Perché? Perché
lei lo ha sempre rifiutato. Anni prima la corteggiava ma lei non
volle saperne. Allora lui ha sposato la sorella, non immaginando che
presto si sarebbe trovato a vivere sotto lo stesso tetto.
Ossessionato dal pensiero di lei, non tollerava che se la facesse con
un uomo ricco ma privo di carattere come Shanken, oltretutto pure
sposato e con figli. A un certo punto aveva pensato che la relazione
con Shanken fosse finita, perché i due non si vedevano più. Ma,
trovandosi di nuovo davanti la macchina di Shanken, quella notte, la
gelosia era esplosa. Tanto più dopo che, ai suoi insulti, Vivian
aveva reagito ancora più furiosamente. A quel punto, aveva perso la
testa e l'aveva colpita con il primo oggetto a portata di mano.
Ironia della sorte, senza la
confessione di Engleberry, il processo finirebbe in un vicolo cieco.
Le scarpe bruciate sono pressoché iriconoscibili. Invece, nonostante
il tentativo della difesa di appellarsi alla momentanea infermità
mentale, sei settimane dopo il delitto, il 29 gennaio 1945, la giuria
riconosce Engleberry colpevole di omicidio di primo grado, senza
aggravanti, e il giudice lo condanna a 20 anni di reclusione.
Quanto abbiamo appena riassunto è la
cronaca di un delitto vero, che si può leggere in un volume della
Anabasi intitolato L'età d'oro del crimine,
in cui sono raccolte 21 cronache giornalistiche di nera redatte da
altrettanti importanti scrittori di noir che si sono dedicati, in
qualche momento della loro attività, anche al giornalismo. C'è
quasi tutto il Gotha del noir americano: Hammett, Gardner, Thompson,
Keene e altri. Questo pezzo, intitolato L'impronta nella
neve, è firmato da Bruno
Fischer.
Fischer,
come tradisce anche il nome, è un autore di origine tedesca, anzi
proprio tedesco di nascita, venuto al mondo a Berlino il 29 giugno
1908 ed emigrato con la famiglia negli Usa da bambino (1913). Dopo
studi sociologici, intraprende la carriera di giornalista,
cominciando come cronista sportivo per il Long Island Daily
Press e poi scrivendo
soprattutto su periodici del Partito Socialista, come Labour
Voice e Socialist
Call. Nel 1938 è anche
candidato al Senato con il Partito Socialista per un seggio dello
Stato di New York, ovviamente non eletto.
Bruno Fischer
Sposato
sin dal 1934, per mantenere la famiglia, il reddito di giornalista
non gli basta, allora comincia a scrivere racconti noir per le pulp
magazines. La sua prima storia,
un horror intitolato The cat woman,
esce su Dime mystery
nel dicembre del 1936. Il suo talento lo rende presto un autore di
punta del genere: i suoi racconti, firmati talvolta con lo pseudonimo
Russell Gray, sono centinaia e non sono ancora stati del tutto
censiti.
Nel
1939 pubblica il suo primo romanzo, So much blood,
e da allora diventa rapidamente uno dei romanzieri più
frequentemente ospitati nella collezione di tascabili della Dell,
prima di passare alla Gold Medal,
anche se scrive pure per altri editori. Quasi tutti i suoi romanzi
non hanno personaggi fissi, se si esclude il ciclo del detective Ben
Helm, che si muove soprattutto tra gli ambienti intellettuali.
Diminuisce il numero dei racconti, che peraltro continuano a essere
pubblicati su tutte le riviste disponibili, specie Manhunt.
Partecipa alla fondazione della Mystery Writers of America
e, dagli anni '60, dirada la sua produzione narrativa,
precedentemente intensissima, per lavorare come direttore editoriale
e come editor presso la Collier Books e altri editori. Il suo ultimo
romanzo, The evil days,
esce nel 1973.
Due edizioni d'epoca del primo romanzo
Altre edizioni d'annata di Fischer
In
vecchiaia, vive tra una comunità cooperativa di ispirazione
socialista (Comunità delle Tre Frecce)
nella contea di Putnam, vicino New York, e la città messicana di San
Miguel de Allende. Nonostante soffra di notevoli problemi di vista,
in Messico, tiene corsi all'Università della Terza Età. Muore
improvvisamente di infarto a San Miguel il 16 marzo 1992.
In
Italia, Fischer è stato tradotto sin dal 1949 (La valigia
di cinghiale), sia nei Gialli
Mondadori sia in altre collane di Garzanti, Longanesi, Ponzoni, ecc.
Anche se non sono stati tradotti tutti i suoi romanzi, chi si
mettesse a cercarli su bancarelle e siti specializzati in libri
vintage ne troverebbe ben 25. Tra i migliori, vanno segnalati almeno
A mani nude, Dietro
il sipario, Omicidio
su misura, Una tomba
piena di soldi e Belle
da morirne, usciti nel Giallo
Mondadori, e La donna del motel,
uscito nei Gialli Garzanti. Ma tutta la sua produzione è sempre di
buon livello. Molti suoi racconti possono essere invece letti nelle
antologie di Giallo Selezione,
edizione italiana di Manhunt.
Alcuni romanzi di Fischer usciti in Italiano
L'originale e la traduzione italiana dell'ultimo
Manhunt e la sua versione italiana, Giallo Selezione
Apprezzato
dai critici come Anthony Boucher (che ne lodava la capacità di
comprendere le relazioni umane, quella di descrivere circostanze
violente senza alcun campiacimento e quella di mettere in scena
persone comuni in situazioni straordinarie), nel corso della sua
carriera, Fischer è stato tradotto in almeno 12 lingue e ha venduto
oltre 10 milioni di copie.
Un Fischer tradotto in portoghese per il mercato brasiliano
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