Il noir francese, in tutte le sue
declinazioni cinematografiche e letterarie, ha sempre avuto un
discreto successo di pubblico a livello nazionale e internazionale,
anche grazie al coinvolgimento, tra gli autori, di veri ex
delinquenti che potevano sfruttare la loro diretta conoscenza della
realtà criminale nella descrizione di situazioni e personaggi: ad
esempio, Henri Charrière (l'autore di Papillon)
o Auguste Le Breton (l'autore di Rififi)
o, marginalmente (non aveva precedenti penali ma era uscito dallo
stesso ambiente), Albert Simonin (l'autore di Touchez pas
le Grisbi), anche se l'elenco
sarebbe lungo.
Henri Charrière (1906-73)
Auguste Le Breton (1913-99)
Albert Simonin (1905-80)
Ci
sono stati poi autori che si sono trovati solo casualmente a vivere
l'esperienza della prigione, soprattutto durante l'occupazione
tedesca nella Seconda Guerra Mondiale, come André Héléna o Jean
Amila, e questo vissuto ha sicuramente avuto un ruolo importante
nella genesi delle loro opere.
André Héléna (1919-72)
Jean Amila (1910-95)
Si
potrebbe considerare appartenente alla categoria anche una scrittrice
di maggiori orizzonti quale Albertine Sarrazin, il cui libro
d'esordio (e maggiore successo), L'astragale,
può essere letto come un singolare noir autobiografico che ha al
centro la storia di una ragazza che scappa da un riformatorio (in cui
è stata chiusa per volontà della famiglia in quanto ribelle e senza
aver commesso il minimo illecito) e si nasconde per alcuni mesi
grazie all'appoggio di alcuni delinquenti comuni, soprattutto
contrabbandieri.
Albertine Sarrazin (1937-67) con il marito Julien, ladro e contrabbandiere che ha trascorso complessivamente 18 anni in carcere (lei 8, pur avendo commesso solo reati minori)
Il capolavoro della Sarrazin e la sua prima traduzione in Italiano, risalente al 1966
Questo
tipo di noir è essenzialmente urbano nelle sue ambientazioni (a
differenza dei romanzi noir di Simenon e di altri autori come Alain
Demouzon, che sfruttano soprattutto le location della provincia) e
per lo più suddiviso tra Parigi e Marsiglia. I marsigliesi, che
rappresentano numericamente la frazione più importante, rendono i
loro testi più originali e coloriti ricorrendo a piene mani all'uso
dell'argot, ossia del
gergo specifico della malavita, quasi un linguaggio a parte,
elaborato con straordinaria creatività da generazioni di uomini poco
istruiti ma senza dubbio intelligenti, delle più svariate origini
etniche.
Durante
gli anni '60, però, probabilmente proprio per via del grande
successo internazionale di libri e film, che porta a un appiattimento
nella produzione generale, il genere tende a diventare monotono e
ripetitivo, sempre meno appetibile per editori e lettori.
È
a questo punto che si inserisce la figura di un altro marsigliese,
Jean-Patrick Manchette, un autore della nuova generazione che ha
partecipato al '68 e ne condivide la carica contestataria e
rivoluzionaria. Per Manchette, il noir è soprattutto un modo di
descrivere polemicamente la società, senza indulgere a nostalgia e
autocompiacimento. I suoi libri hanno successo e finiscono per
fondare una scuola di autori marsigliesi che appaiono contigui alla
malavita spicciola sia per le tematiche trattate sia per l'abitudine
di rapportarsi ad essa in vari modi, prevalentemente leciti ma
talvolta anche illeciti. Il più autorevole rappresentante di questa
scuola sarà Jean-Claude Izzo, oggi considerato un vero maestro.
Jean-Patrick Manchette (1942-95)
Jean-Claude Izzo (1945-2000)
Dall'esempio
di Izzo, vengono fuori alcuni autori minori ma di discreto successo e
abbastanza ben considerati dalla critica. Un esempio di essi è René
Fregni.
Fregni
è nato l'8 luglio 1947, ovviamente a Marsiglia, da famiglia operaia.
Non conclude gli studi e va a lavorare come cameriere in Turchia. Per
questo, non è presente quando gli arriva la cartolina precetto e,
presentatosi in ritardo al servizio militare, viene condannato a 6
mesi come renitente alla leva. Riesce a evadere ma, ripreso, si becca
una condanna a 5 anni. In carcere, avendo come compagno di cella un
laureato in Filosofia con cui fa amicizia, comincia a dedicarsi alla
lettura su consiglio di questo e prende ad amare Camus e Giono, ma
anche i grandi classici come Dostoevskij. Rilasciato, lavora per 10
anni come infermiere in un ospedale psichiatrico, continuando a
leggere e cominciando a scrivere, a partire da un diario delle sue
esperienze. Poi tenta la strada del romanzo. Il primo, Les
chemins noir,
vince il Prix
Eugène-Dabit du roman populiste,
un riconoscimento che si assegna dal 1931 alla migliore opera
francese tra quelle che trattano della vita di gente comune.
Dal
1990, insegna scrittura creativa ai detenuti del carcere marsigliese
di Baumettes. Nel 2004 è finito di nuovo nei guai per degli
ipotetici illeciti compiuti nella gestione di un ristorante con un
amico ma, dopo un'odissea giudiziaria durata 10 anni, nel 2014 è
stato prosciolto da tutte le accuse.
In
Italiano, sono stati tradotti 4 dei suoi libri, tutti da Meridiano
Zero. Queste opere mostrano come la sua produzione, sempre molto
legata alla città di Marsiglia e con al centro sempre delle figure
ai margini della società (anche quando sembrano vivere esistenze
relativamente stabili economicamente, patiscono molto la solitudine e
l'abbandono da parte di qualche importante legame affettivo), sia
abbastanza disuguale qualitativamente.
René Fregni
La
città dell'oblio (in
originale Où se
perdent les hommes,
1996) ha quali protagonisti uno scrittore che tiene dei corsi a dei
detenuti di Baumettes e un taciturno uxoricida che dipinge
continuamente ritratti di una donna bellissima. Sospettando che
l'uomo sia innocente del delitto e temendo che possa uccidersi per la
sofferenza interiore che nasconde, lo scrittore lo fa evadere con un
piano geniale. Tuttavia, appena riconquistata la libertà, la follia
dell'uomo, che aveva effettivamente ucciso lui la moglie, esplode con
una serie di comportamenti inspiegabili che costringono lo scrittore
a seguirlo per controllarlo. L'uomo però prende a odiare il suo
benefattore ed è anche colto da una gelosia paranoica nei suoi
riguardi, perché convinto (a ragione) che questo sia segretamente
innamorato della moglie uccisa, e tenta di uccidere anche lui. Nella
colluttazione, però, è lo scrittore a ucciderlo. Ovviamente, lo
scrittore stesso finisce in galera e sperimenta la stessa alienazione
dell'uomo.
Estate
(in
originale L'été,
2000) è dedicato invece alle vicende di un piccolo ristoratore che
si innamora di una donna affascinante che prima va a prendere il sole
sugli scogli davanti al suo locale e poi diventa sua cliente. In
seguito diventa anche sua amante ma gli dice che non può stare con
lui perché è già impegnata in un rapporto con un artista geniale e
violento che le mette continuamente le mani addosso, e lei ha paura
di lasciarlo. Piano piano, lui la convince a fuggire insieme. Ma,
quando va a prenderla, viene sorpreso dall'altro e, per difendersi da
lui, lo uccide. Riesce a far sparire il corpo, anche perché l'uomo
era un emarginato e nessuno lo cerca, ma il suo rapporto con la donna
si disintegra subito dopo. Lei non subiva alcun maltrattamento
dall'artista e cercava solo il modo di eliminarlo perché i suoi
quadri ricevessero più alte valutazioni, arricchendo lei che li
custodisce, e ha solo usato il ristoratore per il suo piano.
Questi
due romanzi hanno un eccellente ritmo, aiutato da un sapiente uso
della prima persona, e si fanno leggere volentieri.
Con
il terzo, il livello si abbassa. Nero
Marsiglia (in
originale On ne
s'endort jamais seul,
2002) narra del rapimento di una bambina da parte di una coppia di
pervertiti e della disperata indagine del padre, aiutato da un boss
della malavita locale, per ritrovarla. Si tratta di un romanzo
decisamente troppo ambizioso e confuso, in cui l'autore mette troppa
carne al fuoco e, alla fine, sembra incapace di venirsene fuori.
Infatti, l'ultima parte è quasi totalmente sconnessa dal resto.
Sempre
dello stesso genere, ma scritto decisamente meglio, è Lettera
ai miei assassini (in
originale Lettre
à mes tueurs,
2004), in cui uno scrittore è coinvolto suo malgrado nella fuga di
un suo amico d'infanzia divenuto malavitoso e nella sparizione di un
misterioso dischetto, per cui è costretto a fuggire all'estero e a
cambiare identità, salvandosi solo grazie all'aiuto di un piccolo
boss. Anche in questo caso, però, si ha l'impressione che Fregni
vada oltre le sue possibilità, finendo per cadere nell'inverosimile
pur di tenere in piedi una storia che si regge un po' a fatica.
Sarà
forse per questo che, benché sia ancora in piena attività e nel
2017 abbia raggiunto la quota di 15 romanzi, successivamente al 2006,
in Italia non è stato più tradotto, malgrado i suoi libri avessero
ottenuto un successo più che discreto.
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