Uno dei protagonisti della ricca
stagione musicale del Barocco Veneziano (e italiano in generale) è
sicuramente Tomaso Albinoni, nato appunto a Venezia l'8 giugno 1671 e
ivi morto il 17 gennaio 1751. Nato in una ricca famiglia di
industriali cartari originari del Bergamasco (all'epoca appartenente
alla Repubblica Veneta), non fu musicista per professione ma solo per
passione, al punto che si fece chiamare “Dilettante veneto”.
Tomaso Albinoni
Ma dilettante lo era solo nel senso del
diletto, perché stiamo comunque parlando di un compositore di
prim'ordine, autore di pezzi originali e capaci di superare
tranquillamente la prova del tempo. Grande viaggiatore, fu più volte
in Germania, in particolare in Sassonia. Qui, nella Biblioteca
Nazionale Sassone, a Dresda, sono rimasti custodite le partiture
autografe di diverse sue opere inedite per alcuni secoli.
L'antica Biblioteca Nazionale Sassone di Dresda
La nuova Biblioteca Nazionale Sassone di Dresda
L'interno della Biblioteca Nazionale Sassone
Dresda fu sottoposta a un terrificante
bombardamento aereo tra il 13 e il 15 febbraio 1945. In
quest'occasione, tra i tanti edifici distrutti vi fu anche la
Biblioteca Nazionale. In tal modo, insieme a molti altri importanti
documenti e a tante opere d'arte, andarono perdute anche le opere di
Albinoni.
Nello stesso 1945, tuttavia, arrivò a
Dresda un musicologo e compositore romano impegnato nella
ricostruzione del catalogo delle opere di Albinoni, Remo Giazotto,
nato nel 1910, e si mise al lavoro sul poco che era stato ritrovato
tra le macerie. In particolare, su sei frammenti di melodia, che
identificavano almeno due spunti, e un “basso numerato” in Sol
minore, le cui strutture suggerivano l'appartenenza alla musica da
chiesa anziché da camera: tale che, sebbene non fossero riportati da
nessuna parte gli strumenti che dovevano eseguire il pezzo, Giazotto
assegnò il basso a un organo e la melodia agli archi. Ipotizzò
anche che appartenesse a una parte della op. 4 del maestro, datandola
approssimativamente al 1708.
Remo Giazotto
L'organo della chiesa veneziana di S. Nicola da Tolentino
Ne venne fuori, così, la ricostruzione
di un Adagio (probabilmente il tempo di mezzo di una sonata,
preceduto e seguito da due Allegri andati perduti) che fu pubblicato
nel 1958 dalla Ricordi e ottenne da subito un enorme successo,
destinato a travalicare i confini della musica barocca e perfino
classica, tant'è vero che oggi se ne possono ascoltare versioni di
tutti i generi, comprese quelle accompagnate da un testo cantato, il
più famoso dei quali è probabilmente quello in Italiano eseguito
dal cantante tedesco Udo Jurgens (1934-2014) nel 1968.
Alcune versioni attualmente in commercio dell'Adagio
L'attuale spartito del pezzo
Udo Jurgens negli anni '60
Il pezzo è entrato poi a far parte di
moltissime colonne sonore televisive e cinematografiche ed è
regolarmente eseguito in occasione di importanti cerimonie, di cui la
più nota è stata il funerale di Enrico Berlinguer a Roma nel 1984.
La fama dell'Adagio appare
definitivamente consolidata quando Giazotto muore, nel 1998 (il
musicologo è tra l'altro il padre di un importante astrofisico
italiano, Adalberto Giazotto, insigne studioso di onde
gravitazionali). Nello stesso anno, però, altri ricercatori si
recano alla Biblioteca Nazionale Sassone e non vi trovano da nessuna
parte i frammenti su cui Giazotto affermò di aver lavorato. C'è
solo il “basso numerato”. Almeno questa è la versione ufficiale
e quindi quella che poi si è affermata nel tempo.
Adalberto Giazotto (1940-2017)
In altri termini, Giazotto avrebbe solo
preso ispirazione da Albinoni, ma l'Adagio l'avrebbe composto lui
personalmente. Solo le prime note, al massimo, sarebbero di Albinoni.
L'opera sarebbe quindi un falso. Non si può certo paragonare a certe ricostruzioni attentissime e filologicamente perfette come quella del concerto per flauto e orchestra da camera denominato "La notte" di Vivaldi, compiuta da un altro musicologo italiano (nonché importante compositore del '900), Roberto Lupi (che però aveva a disposizione molto più materiale. Lupi, tra l'altro, è l'autore della celebre "Armonie del pianeta Saturno" che per molto tempo è stata la sigla della Fine delle trasmissioni della Rai).
Roberto Lupi (1908-71)
Una parte del mondo della musica
obietta che parlare di “falso” è piuttosto improprio. Ai tempi
di Albinoni era normale elaborare brani musicali partendo da spunti
di altri musicisti, e Giazotto non avrebbe fatto altro che questo,
rispettando perfettamente lo spirito del tempo originale. Ha più
senso parlare di una strana “collaborazione” spalmata su oltre
due secoli.
In seguito, Giazotto è stato accusato
di aver quanto meno forzato le interpretazioni di alcuni fatti
concernenti la vita di Antonio Vivaldi, di cui pure si è a lungo
occupato.
Antonio Vivaldi (1978-1741)
In “Documenti inediti su Vivaldi a
Roma” (Olschki, Firenze, 1982), Fabrizio Della Seta,
dell'Università di Pavia, smentisce la sua ricostruzione della
querelle che oppose Vivaldi alla famiglia Marcello (la stessa dei
compositori Benedetto e Alessandro, quest'ultimo autore di un altro
Adagio, universalmente noto come “Anonimo veneziano” dopo essere
stato il leitmotiv della colonna sonora del film omonimo) per
questioni inerenti la gestione del teatro S.Angelo di Venezia,
intorno al 1720.
Fabrizio Della Seta (1951)
Benedetto Marcello (1686-1739)
Alessandro Marcello (1673-1747)
Tony Musante e Florinda Bolkan in una scena del film "Anonimo veneziano"
La studiosa americana Eleanor
Selfridge-Field, della Stanford University, ha poi messo in dubbio
l'esistenza, dichiarata da Giazotto, di un documento sottoscritto da
un censore veneziano riguardo la prima rappresentazione della terza
opera lirica di Vivaldi, “Arsilda, regina del Ponto”, datato
1716. Poiché Giazotto ha messo mano anche al catalogo delle opere di
Vivaldi, alcuni dei suoi detrattori arrivano a sostenere che potrebbe
essere lui l'autore di alcune composizioni attribuite a Vivaldi, così
come forse lo sarebbe di altri pezzi ancora di Albinoni.
Eleanor Selfridge-Field
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