Un romanzo di successo in Francia viene
tradotto in Italiano, in una collana a larga diffusione. Poiché sono
in corso le trattative per ricavarne anche un film (sono già stati
scelti gli interpreti), l'editore italiano cita questo film nella
presentazione e ispira a esso la copertina del volume. Ma, dopo 60
anni, di questo film non resta alcuna traccia ed è probabile che non
sia mai stato girato.
Potrebbe essere benissimo una vicenda
narrata dall'autore dello stesso libro, un personaggio cosmopolita
dall'esistenza molto avventurosa.
All'anagrafe risulta chiamarsi Ruben
Levy, nato in una famiglia benestante di ebrei romeni non praticanti,
nell'inverno del 1917. Ruben cresce bilingue (e poi sarà poliglotta)
perché nella borghesia romena del suo tempo si impara a parlare
anche in Francese.
Robin Livio nella maturità
In famiglia (è il bambino più piccolo)
A un certo punto, lascia gli studi e, sfruttando
un documento falso, si mette a fare l'attore nel Teatro Ebraico di
Budapest. In questa veste, ha un buon successo come protagonista del
dramma “Dibbuk” di Sholem An-Ski, inquieto autore ebreo
bielorusso vissuto dal 1863 al 1920.
Edizione italiana di Il Dibbuk
Ritratto di Sholem An-Ski
L'avvento del nazismo e l'affermazione
dei filonazisti in Romania lo mette in pericolo, ma riesce a scampare
alle stragi, finendo però in un campo di lavoro, dal quale sarà poi
liberato all'arrivo dei soldati russi. Torna quindi al lavoro in
teatro. La sua commedia surrealista “Patapouf” piace a Eugene
Ionesco ma non ai censori del nuovo regime comunista, che lo prendono
di mira. Poiché rischia di essere arrestato, alla prima occasione
espatria, attraversa mezza Europa con mezzi di fortuna e infine
sbarca in Francia, dove trascorrerà il resto della vita.
Eugene Ionesco (1909-94)
Appena arrivato, cambia il suo nome in
Robin Livio e, grazie a qualche amicizia, lavora come attore in
teatro e in poche produzioni cinematografiche. Intanto, collabora
anche con giornali umoristici. Per alcuni anni, deve stringere la
cinghia ma poi, grazie a un'assidua attività di traduttore e
divulgatore, si lascia i problemi economici alle spalle.
Locandina di un film in cui figura tra gli interpreti
Scrive un saggio sul pericolo
neonazista, “Le feu mal eteint” (“Il fuoco mal spento”),
firmandosi Pierre Fournier: il libro ha problemi con la censura e
viene sequestrato.
Va meglio al suo primo romanzo, “La
Terre est un gateau” (il titolo è ispirato a un verso di Charles
Baudelaire), che esce nel 1957 ed è tradotto in Italiano (“La
Terra è una torta”) l'anno successivo. Dovrebbe diventare anche un
film, una produzione franco-britannica, ma di questo film non restano
tracce.
Il libro e la sua traduzione italiana
“La Terre est un gateau” è un
romanzo di Science Fiction ingenuo e geniale al tempo stesso,
piacevolmente datato, ambientato in un 1967 in cui la tecnologia la
fa da padrona. Comincia con la comparsa dello smemorato entomologo
francese Claude-André Dugard, proveniente da Rueille, vicino
Parigi,, all'ingresso di un hotel di Londra. Dugard non ricorda nulla
ma ha con sé una valigetta con una serie di documenti che lo aiutano
a orientarsi, tra i quali il testo di una conferenza
sull'aggressività intraspecifica delle formiche che deve leggere in
una conferenza che si terrà a breve nella sede di una società
scientifica. Il contenuto delle sue dichiarazioni non soddisfa uno
degli scienziati presenti, il professor Richardson, che lo invita a
casa propria per continuare la discussione. A mezzanotte, Dugard
torna in albergo, accompagnato da un domestico di Richardson. Ma, la
mattina dopo, arriva la sorpresa: Richardson viene trovato morto nel
suo letto e tutto sembra indicare che a ucciderlo sia stato Dugard.
Gli interrogatori di Dugard e la
testimonianza del domestico sembrano però smentire la possibilità
che l'assassino possa essere il francese. Le indagini dei poliziotti,
il capitano Donald e il sergente Douglas, portano alla scoperta che,
lo stesso giorno, è comparso a Londra un altro francese, identico a
Dugard, che si chiama anche lui Claude-André Dugard e, dopo essere
stato abbordato da una prostituta, non si è separato da lei per un
attimo.
I poliziotti brancolano nel buio
quando, inaspettatamente, si presenta un terzo Claude-André Dugard,
che afferma di essere l'assassino di Richardson.
Vengono convocate a Londra la madre e
la fidanzata di Dugard ed entrambe sembrano identificarlo con il
primo dei tre omonimi: ma, più passa il tempo, meno questa
identificazione è certa. Le indagini portano però alla scoperta che
Dugard ha un amico, un fisico di nome Jean-Marie Guinchard, che si
diletta di invenzioni. Una delle invenzioni di Guinchard è appunto
una macchina teletrasportatrice, che è stata testata proprio la sera
del viaggio da Rueille a Londra, che si è svolto in tempo reale. Ma
c'è stato qualche inconveniente e Dugard è stato scomposto in tre
personalità diverse: un freddo scienziato, un uomo dedito ai sensi,
un uomo preda di passioni incontrollate.
Durante il processo per il delitto
Richardson, dunque, non potendo stabilire se la reale responsabilità
tocchi a uno solo o a tutti e tre i Dugard , si decide di provare a
riportare Dugard alla sua condizione originaria, rispedendolo
indietro con la stessa macchina. L'esperimento riesce ma sprigiona una tale energia da far crollare il tribunale, con grande soddisfazione
di uno dei giurati, un irlandese che per tutto il dibattimento ha
pensato solo a farlo saltare in aria.
Dopo questo successo, Robin Livio
lavorò ancora nel campo editoriale, dirigendo una collana di libri
fotografici e una di libri illustrati sugli attori di cinema. Fu però
gradualmente dimenticato. Morì improvvisamente nel settembre del
1996.
Due libri di collane curate da Robin Livio
Per il film che non fu realizzato erano
stati ingaggiati due caratteristi di un certo livello: il belga
Fernand Gravey per il ruolo di Dugard e l'inglese Joan Greenwood per
quello della sua fidanzata Maryvonne.
Fernand Gravey (1905-70), alcune immagini del suo maggior successo, Il re e la ballerina del 1937 e la locandina dello stesso
Joan Greenwood (1921-87), alcune immagini del suo maggior successo, Whisky a volontà del 1949 e la locandina dello stesso
Nessun commento:
Posta un commento