“Non ho vinto perché volevo vincere,
ma perché mi avete sconfitto:
perché la più bella vittoria,
per chi non vuole combattere,
è non lottare proprio”
Moltissimi adolescenti scrivono poesie, ma poche di esse diventeranno famose. Questa lo è, ma sarebbe meglio se non lo fosse stata. Perché a darle celebrità è stata la morte prematura e violenta del suo autore, un ragazzo che nella sua vita aveva sempre perseguito e predicato la pace. Sono gli ultimi versi di una poesia scritta (datata 4 giugno 1978, in un quaderno privato, non destinato a nessuna pubblicazione) da Claudio Miccoli, nato a Napoli il 3 agosto 1958 e morto il 6 ottobre 1978 in seguito alle ferite riportate durante un'aggressione tanto barbara quanto vigliacca, sei giorni prima.
“Anni di piombo” è una definizione ormai talmente abusata da dare fastidio. Si tratta del titolo di un film (di Margarethe Von Trotta) ispirato alla vicenda di una terrorista tedesca, Gudrun Ensslin, che lasciò una comoda vita borghese (laureata, insegnante, madre di un figlio) per darsi alla lotta clandestina contro il capitalismo e, dopo essere stata arrestata e condannata a 3 anni di carcere, morì misteriosamente durante la detenzione, forse suicida, più probabilmente uccisa dalle guardie per ordine dei servizi segreti. Nel tempo, questa frase è diventata un cliché che si usa soprattutto quando si vuole dare una lettura superficiale di un periodo storico il cui ricordo suona scomodo e imbarazzante per tutti.
Negli anni di piombo qualunque minimo segno che attestasse una qualunque militanza politica poteva costare la vita. Un bel po' di gente che spesso non capiva nulla delle idee cui dichiarava di fare riferimento, ma aveva una voglia irresponsabile di riempire la noia, aveva trovato nella violenza politica il mezzo ideale per sfogare le proprie frustrazioni sul prossimo. Riesaminando a freddo i delitti politici del tempo, prima ancora della ferocia, quello che balza all'occhio è la loro incredibile stupidità, rileggendone le rivendicazioni si ha l'idea di avere a che fare con menti rimaste sempre perversamente infantili.
E poi ci sono i delitti in cui la politica c'entra solo fino a un certo punto, perché magari vittime e assassini avevano delle definite posizioni politiche, ma i moventi sono molto più vicini a quelli della criminalità comune.
È il caso di Claudio Miccoli, che è dichiaratamente pacifista, ecologista, animalista, antinuclearista e quindi simpatizza chiaramente per la sinistra, dato che solo a sinistra queste idee trovano un qualche ascolto (neanche tanto, perché il vero boom si vedrà solo nel decennio successivo e comunque si esaurirà rapidamente, fagocitato dalle suggestioni delle varie “terze vie” allo sviluppo economico), ma è lontano anni luce da tutto ciò che si può in qualche modo accomunare alle BR o a qualsiasi altra formazione di terroristi “rossi”. A Claudio, che da poco tempo ha preso la maturità al Cuoco, il più antico liceo scientifico napoletano, e sta pensando a cosa fare all'Università, interessano soprattutto i fumetti (da bambino ha vinto un concorso per la migliore copertina su “Topolino”, di cui è ancora lettore abituale) e il WWF, nel quale è consigliere regionale. La sera che viene aggredito, torna appunto da una riunione nella sede cittadina del WWF di Villa Pignatelli. Dopo essere passato brevemente per la Festa dell'Unità che si sta svolgendo poco distante, preferisce trascorrere la serata alla “Lowenbrau”, una birreria di piazza Sannazaro, tra Fuorigrotta e Mergellina, tipica sede di ritrovo dei giovani di sinistra. Mentre la sede preferita di ritrovo dei giovani di destra è piazza Vanvitelli, sulla collina del Vomero.
Quel sabato sera, qualcuno è sceso da piazza Vanvitelli a piazza Sannazaro. Sono in nove e a guidarli c'è Rosario Lasdica, 21 anni e già una sfilza di precedenti penali. Una fonte (Ugo Maria Tassinari) riporta che la trasferta nasce come “spedizione punitiva” per vendicare la morte di un “camerata” nel suo anniversario, ma il dato è dubbio, perché da un'analisi delle fonti disponibili sul web non risultano giovani di destra uccisi il 30 settembre o nelle settimane precedenti al fatto. Non si sa dunque con certezza perché Lasdica e i suoi compari si rechino proprio quella sera alla “Lowenbrau”.
Si sa invece benissimo cosa fanno. Tra i tavoli all'aperto c'è una ragazza, Paola Albarella, che sta leggendo il quotidiano “Lotta continua”. Glielo strappano di mano e aggrediscono il giovane seduto con lei, Giuseppe Aversa, studente di Medicina 24enne originario di Cosenza, prendendolo a bastonate (sarà poi ricoverato all'ospedale Loreto Crispi per una ferita lacero-contusa alla fronte). Poi, approfittando dello sgomento dei presenti (molti dei quali si danno alla fuga spaventati), si sparpagliano e si allontano, diretti verso la stazione di Mergellina, distante poche centinaia di metri.
Tra quelli che hanno assistito al pestaggio, però, qualcuno non è fuggito. Claudio Miccoli, accompagnato da due ragazzini giovanissimi (Massimo Stella di 15 anni e Vincenzo Salemme di 16) si mette sulle tracce dei nove aggressori, deciso a identificarli per andare subito dopo a denunciarli alla polizia. Fanno in tempo a intravvederne quattro che si stanno allontanando nel sottopassaggio ferroviario (c'è anche Lasdica tra essi) ma non a raggiungerli (o, secondo Tassinari, si avvicinano a essi ma decidono di non raggiungerli, probabilmente perché minacciati). Allora, decidono di tornare verso piazza Sannazaro.
Strada facendo, però, a piazza Piedigrotta, ossia quasi davanti alla stazione, si imbattono in altri tre membri del commando. Sono Ernesto Nonno, 18 anni appena compiuti, Guido Matacena e Pietro Romano, entrambi minorenni. Qui, Claudio compie una scelta che appare folle a posteriori ma è perfettamente coerente con i suoi ideali di pacifismo. Va incontro ai tre e chiede loro spiegazioni riguardo ciò che è accaduto. Per tutta risposta, i tre gli spianano davanti i bastoni e i coltelli che si portano dietro. Claudio a quel punto capisce che non c'è speranza di dialogo e si volta per andarsene, ma Ernesto Nonno ne approfitta per colpirlo alla nuca con una bastonata che lo fa stramazzare per terra. A questo colpo ne seguono altri (almeno quattro solo alla testa, che gli procurano gravi fratture) insieme a diversi calci sferrati anche dagli altri due. Poi i tre si avventano contro i due ragazzini che accompagnavano Claudio. Stella cerca di difendersi a cinghiate, Salemme ripara in un bar, ma intanto i tassisti fermi davanti alla stazione hanno visto tutto e intervengono brandendo i cric e mettendo in fuga i tre.
Interviene finalmente la polizia. Claudio si è inizialmente rialzato, ma poi è caduto ancora, perdendo conoscenza, davanti al portone del cinema Odeon. Viene ricoverato anche lui al Loreto Crispi. Riprende brevemente conoscenza, quanto basta per spiegare “Non mi hanno dato il tempo, io volevo solo parlare...”, poi sprofonda nel coma, dal quale non uscirà più fino al 6 ottobre, giorno in cui il suo cuore smette di battere. L'ultimo suo gesto, per il quale aveva da tempo espresso la propria volontà, è la donazione delle cornee: a riceverle, tornando a vedere, sarà un ragazzo sardo già menomato dalla poliomelite, Francesco Salis.
Diecimila persone seguono il funerale di Claudio nella chiesa di S. Antonio Abate. Anche il presidente della Repubblica, Pertini, invia un messaggio di cordoglio.
I nove membri del commando sono tutti arrestati nei giorni successivi. Il processo è lungo e si conclude il 27 marzo 1981. Le pene non sono neanche troppo dure: Nonno, benché riconosciuto colpevole di omicidio volontario, se la cava con 14 anni e 4 mesi. Giudo Matacena e Pietro Romano, condannati per concorso anomalo in omicidio volontario, ricevono 6 anni e 7 mesi; Lasdica e altri quattro si beccano 2 anni per violenza privata e lesioni (per l'aggressione a Giuseppe Aversa). Un altro imputato, Antonio Torre, riceve il perdono giudiziale e un decimo ragazzo che non si capisce se sia coinvolto o meno viene assolto per insufficienza di prove.
Lasdica, appena uscito, se ne va a combattere i russi in Afghanistan. Matacena diventa musicista e oggi rimpiange di non aver fatto scelte diverse. Romano è il più pentito dei tre, quello che incastrò Nonno smentendo la sua dichiarazione per cui Claudio si avvicinò a essi armato e minaccioso: suo fratello viene visto rendere omaggio alla tomba di Claudio.
Nonno sconta la sua pena e intanto termina gli studi. Oggi fa il commercialista e ha anche un profilo Facebook, dal quale si capisce che le sue posizioni non sono cambiate, anche se per lo meno le esprime in modo molto più moderato e composto rispetto alla media dei vari haters e fanatici. Non ha mai cercato di prendere contatto con la famiglia di Claudio.
Il ragazzo che ricevette il perdono giudiziale, Antonio Torre, morto qualche anno fa, è stato uno dei fondatori di Forza Nuova.
La figura di Claudio Miccoli è sempre apparsa molto poco spendibile in termini propagandistici e per questo è stata a lungo condannata all'oblio. Solo la volontà dei familiari e degli amici è riuscita a mantenerla viva nel corso di questi 40 anni. La sua Napoli ci ha messo molto tempo per decidersi a dedicargli una strada, nel 2005, nel quartiere di Poggioreale. Altre strade a lui intitolate si trovano in giro, per esempio a Civitella Alfedena, nel Parco Nazionale d'Abruzzo che lui aveva amato moltissimo da vivo: è la strada che porta al rifugio di Forca Resuni, inaugurata nel 2010.
A Claudio sono intitolate anche l'aula magna dell'Istituto Tecnico “Da Vinci” e la biblioteca della scuola in cui si diplomò, il “Cuoco”.
Nel 2017, il fratello e la sorella sono riusciti finalmente a concretizzare il progetto della pubblicazione di un'opera di Claudio, un fumetto che aveva iniziato a comporre ma non riuscì mai a finire. “La più bella vittoria. Dieci storie di non violenza...più una” comprende il fumetto di Claudio completato dagli amici e altre storie realizzate dai ragazzi della scuola del fumetto di Comix, dedicate ad altri protagonisti della non violenza, come Gandhi o Rosa Parks, con la prefazione di padre Alex Zanotelli. A pubblicarlo, l'editore Marotta & Cafiero, grazie anche a un contributo economico della Chiesa Valdese che, con l'apertura mentale di sempre, ha preso a cuore la figura di un ragazzo che si dichiarava ateo perché non aveva nessun bisogno di consultare testi sacri per decidere cosa fosse giusto e cosa no, gli bastava la sua coscienza per saperlo.
Il 30 settembre 1978, data del ferimento a morte di Claudio Miccoli, è l'anniversario dell'omicidio di Walter Rossi, un compagno di Roma Nord. E' il primo delitto di quelli che di lì a poco si struttureranno come Nar. A fare confusione è la sentenza dei magistrati che condannano gli assassini di Miccoli e parlano appunto di "spedizione punitiva". Io ovviamente citando un documento istituzionale l'ho riportato e poi segnalato l'errore.
RispondiEliminaGrazie per la precisazione.
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