Francois Mauriac, nato a Bordeaux l'11
ottobre 1885 e morto a Parigi il 1° settembre 1970, insegnante e
giornalista, per molti anni accademico di Francia e autore
pluripremiato fino al Nobel per la Letteratura ottenuto nel 1882, è
uno scrittore dalla poetica molto complessa, che sembra avere ancora
molto da dire anche al lettore di oggi, nonostante la sua fama si sia
affievolita nel tempo.
La sua opera è fortemente improntata
ai valori cristiani, ma non si tratta affatto di un banale bigotto,
dato che il fariseismo dei bigotti stessi e le difficili dinamiche
dei rapporti familiari sono al centro della maggior parte dei suoi
romanzi.
Un'immagine di Mauriac anziano
Mauriac aveva una forte inclinazione
omosessuale, nonostante un matrimonio stabile, ed era costretto a
nasconderla, ragione per cui finiva sempre per identificarsi in
qualche modo nelle figure più tormentate.
Anche in politica, ebbe modo di
mostrare questa sua ambivalenza che lo pone agli antipodi di ogni
fanatismo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, si oppose tenacemente,
esponendosi di persona, al regime di Vichy e sostenendo apertamente
Charles De Gaulle. Dopo la Liberazione, tuttavia, fu uno di quelli
che si spesero maggiormente (e inutilmente) per ottenere la grazia
degli intellettuali collaborazionisti come Brasillach.
Alcuni dei suoi maggiori romanzi (Il
bacio al lebbroso, La farisea, Gli angeli neri,
Groviglio di vipere, ecc) sono stati pubblicati in Italia,
soprattutto da Mondadori, ma nella maggior parte dei casi non vengono
ristampati da molto, per cui chi voglia leggerli deve andare a
cercarli su bancarelle e siti di vintage.
Una notevole popolarità accompagna una
sola opera, non a caso riproposta recentemente dalla Adelphi, Thérèse
Desqueyroux, che ha ispirato ben due film, uno diretto da Georges
Franju nel 1962, con Emmanuelle Riva e Philippe Noiret quali
protagonisti e l'altro diretto da Claude Miller nel 2012,
protagonisti Audrey Tatou e Gilles Lellouche.
La locandina e alcune immagini del film del 1962
La locandina e alcune immagini del film del 2012
Questo romanzo, uscito nel 1927, è in
realtà il primo capitolo di una tetralogia composta anche da due
racconti e da un secondo romanzo che la conclude, uscito nel 1935. I
titoli dei due racconti sono Thérèse dal medico e
Thérèse all'albergo.
Il romanzo si intitola La fine della notte.
La prima e altre edizioni classiche del romanzo del 1927
La prima e un'altra edizione classica del romanzo del 1935
Edizioni italiane (le prime due di ambo i romanzi con anche i racconti, l'ultima solo del primo)
L'edizione italiana (del solo primo romanzo) più recente
Il primo romanzo è
un'opera suggestiva e originale, di forte penetrazione psicologica.
La sua prima parte è, praticamente, tutta un flashback. Siamo nella
provincia normanna. Thérèse, una donna sui trent'anni appena
rilasciata dal Tribunale dopo essere stata assolta dall'accusa di
tentato uxoricidio, torna a casa da sola passando tra carrozze e
treni e durante il lungo tragitto rivive le circostanze che l'hanno
portata in quella situazione. Dall'arrivismo del padre, un ambizioso
politico locale che le ha quasi imposto un matrimonio di convenienza
con il rampollo di una famiglia di ricchi proprietari terrieri,
all'insensibilità del marito Bernard, che sembra interessato solo ai
soldi e alla caccia. La conoscenza di un giovane intellettuale, Jean
Azevedo, catalizza il disagio di Thérèse verso le fantasie di fuga,
accentuate dal pensiero dell'imminente matrimonio della giovane
cognata, la sorella di Bernard, che sembra dominare come
un'ossessione tutta la famiglia. La fuga materiale è impossibile, il
dialogo con il marito e i familiari anche, e Thérèse cede alla
tentazione di cominciare ad avvelenare lentamente il marito, convinta
che solo la vedovanza la libererà dalle sua catene. I malesseri
fisici di Bernard, però, attirano l'attenzione del medico di
famiglia, che già trova strano il rapporto tra i coniugi e,
nonostante i dinieghi di Thérèse, il tentativo di uxoricidio viene
scoperto e denunciato. Tuttavia, in sede di processo, la famiglia
farà di tutto per minimizzare i fatti, per evitare uno scandalo che
farebbe saltare il ricco matrimonio della cognata di Thérèse,
faticosamente combinato. Thérèse finisce assolta per insufficienza
di prove e può tornare a casa.
Qui, però, si vede
come la sua assoluzione sia solo formale, in quanto, da quel momento
in poi, sarà costretta a vivere come una reclusa. Questa condizione
la porta ad ammalarsi gravemente. In conseguenza a questa malattia,
il marito, esasperato, le pone davanti la possibilità di uscire
dalla situazione, a patto che l'uscita sia definitiva. Thérèse se
ne andrà e lui continuerà a versarle la piccola rendita della sua
dote, ma non darà più notizie di sé e non avrà più nulla a che
fare con Marie, la figlia bambina della coppia. Thérèse, che è
affezionata alla bambina ma è stata sempre una madre distante,
accetta e se ne va.
Nei
due racconti, troviamo Thérèse prima a Parigi, a conferire con un
medico molto quotato, e poi in un Hotel della Costa Azzurra. Nella
prima storia, la moglie del medico, assuefatta a una vita simile a
quella di Thérèse prima del processo, ascoltando il racconto di
questa paziente molto particolare, si immedesima in essa al punto da
annunciare al marito, subito dopo che Thérèse è andata via, che lo
lascerà. Nel secondo, Thérése è oggetto delle attenzioni di un
gigolo che non è il
primo del genere a entrare nella sua vita, ma lo rifiuta perché
ormai la situazione la disgusta.
Nel secondo
romanzo, Thérèse, pur non essendo ancora anziana, è ridotta a
vivere modestissimamente in un piccolo appartamento alla periferia di
Parigi per via della salute malferma. Non frequenta quasi nessuno e
il suo unico importante contatto umano è una giovane domestica che
la sopporta pazientemente. Una sera, riceve la visita della figlia
Marie, ormai adolescente, che ha deciso anche lei di andarsene di
casa perché oppressa dall'atmosfera familiare. Thérèse tenta di
convincere la figlia a tornare dal padre, ma la figlia fa storie
perché vorrebbe stare vicino al ragazzo che le piace, studente a
Parigi. Thérèse decide di conoscere il ragazzo per farsi aiutare da
lui a indurre la figlia a non commettere colpi di testa ma,
imprevedibilmente, il giovane finisce per essere affascinato dalla
sua figura di donna indipendente al punto da dichiararsene
innamorato. La figlia ignora questo dettaglio ma, quando lui la
lascia, accusa la madre di essersi interposta tra loro. Il braccio di
ferro con la figlia è il colpo di grazia per la salute di Thérèse,
che ha un crollo. Non essendo più in condizioni di vivere da sola,
in seguito alle insistenze della figlia, viene riporatata al paese,
dove il marito accetta di ospitarla in quella che non si capisce se
sarà una convalescenza o un'agonia. Bernard le permette anche di
portare con sé la sua domestica parigina, che la assisterà come
infermiera, e trova anche un lavoro al fidanzato di questa. Le
condizioni di Thérèse prima sembrano aggravarsi, poi si
stabilizzano. In ultimo, riceve diverse visite dal ragazzo che si era
dichiarato innamorato di lei, nel quale la passione si è
affievolita, anche se continua a trovarla affascinante, e si è
fidanzato con la figlia. Alla fine del libro, conversando con lui,
Thérèse dichaira di non avere nessuna paura di morire.
Sono
state date diverse letture di questo ciclo, che sicuramente è
coerente con le tematiche dominanti nella narrativa di Mauriac. Ciò
che ci interessa è però sottolineare che la vicenda di Thérèse
Desqueyroux non nacque dal
nulla, ma da un caso giudiziario reale che si svolse a Bordeaux nei
primi anni del '900 e che Mauriac, all'epoca studente, seguì con
estremo interesse. Quello del processo a madame Henriette Canaby,
nata Sabourin.
La vicenda di
madame Canaby, appartenente a una facoltosa famiglia del ricco
quartiere di Chartrons a Bordeaux, tenne banco sulla stampa
nazionale, ma soprattutto locale, dal giugno 1905 in cui cominciarono
a essere divulgati i risultati delle inchieste di polizia al maggio
1906 in cui la donna fu assolta.
La
famiglia della donna era molto influente e, attraverso degli appoggi
politici, riuscì a imporre una sorta di censura sui fatti che via
via emergevano, dalla quale restò però fuori una testata locale, La
Petite Gironde, i cui resoconti
sono la migliore fonte di informazioni sul caso, insieme alla rivista
tecnica Archives of Chriminal Anthropology.
Madame Canaby al processo, in una illustrazione del tempo
Madame Canaby fu
scoperta quando il farmacista di Chartrons, il sig, Erny, si
insospettì, davanti alla terza ricetta portata in breve tempo alla
farmacia da un domestico dei Canaby. Ricette relative a farmaci che
erano anche conosciuti veleni. Era il 15 maggio 1905. Erny contattò
immediatamente il medico di famiglia dei Canaby, il dottor Guérin,
per chiedergli se tutto andava bene in quella famiglia. Fatto sta che
Guérin stava già curando da settimane il marito di madame Canaby,
Emile, per un'influenza refrattaria a ogni trattamento. E il 18
aprile precedente aveva ricevuto una lettera anonima su cui era
scritto che qualcuno stava avvelenando Emile Canaby. Guérin non le
aveva dato peso ma, ora che c'era anche la segnalazione di Erny, i
sospetti cominciavano a essere troppi. Chiese pertanto a un suo amico
e collega, il dottor Villar, di ricoverare Emile Canaby nella sua
clinica e chiese al paziente di ricostruire l'andamento della
malattia per collegarne eventualmente l'evoluzione di questa in
rapporto al contenuto delle tre ricette. Emerse che i primi sintomi
si erano presentati dopo aver bevuto una cioccolata calda preparata
dalla moglie.
Intanto, Guérin
contattò anche il dottor Gaube, che risultava firmatario delle tre
ricette e apparteneva alla cerchia degli amici di Henriette Canaby.
Ma Gaube affermò di non aver mai emesso e firmato quelle ricette.
In modo discreto ma
insistente, Guérin interessò altri colleghi e farmacisti della
zona, scoprendo che c'erano stati altri acquisti di veleni da parte
di una donna facilmente identificabile come Henriette.
Si cercò di tenere
il più possibile la cosa sotto silenzio, per evitare uno scandalo,
tanto più che ora Emile Canaby è al sicuro in clinica. Ma Gaube,
che non poteva tollerare l'idea di essere stata coinvolto proprio
malgrado nella faccenda, denunciò i fatti all'autorità giudiziaria
il 18 giugno.
L'avvelenamento
portato avanti da madame Canaby era piuttosto originale. Di solito,
gli avvelenatori utilizzano una sola sostanza, lei invece ne usò
diverse, alcune delle quali hanno anche effetti contrastanti. Tra
queste, ci sono l'arsenico, la digitale e l'aconitina. Quando fu
interrogata, dichiarò che acquistava i veleni per conto del dottor
Gaube, cui li faceva poi pervenire attraverso un intermediario che
conosceva solo di vista. La persquisizione di casa Canaby portò a
risultati interlocutori, perché vi fu scoperto solo dell'arsenico,
sotto forma di Liquore di Fowler, una bevanda dagli effetti
nervini che fu in commercio dal 1880 alla vigilia della Grande
Guerra, contenente una discreta quantità di arsenico ma non
sufficiente a uccidere. Ce n'erano tre confezioni, che risultavano
acquistate da Henriette tra il 3 aprile e il 12 maggio, ma si sapeva
che Emile ne era consumatore abituale già da prima di ammalarsi. Non
era chiaro se questo consumo fosse legato o no alla malattia stessa.
C'era poi la
deposizione di una cameriera, che affermò di aver visto Henriette
versare “qualcosa” nelle bevande preparate per il marito. Emile,
tuttavia, smentì che questo potesse essere accaduto.
C'era comunque
abbastanza da imbastire un processo, che destò un tale interesse
popolare da indurre il presidente della Corte, Pradet-Ballade, a
schierare la forza pubblica per permettere l'accesso all'aula solo a
magistrati, avvocati e giornalisti, tenendo fuori i curiosi.
I resoconti dei
giornali eccitavano gli animi dei lettori e li orientavano verso
l'idea che Henriette fosse sicuramente colpevole. A un certo punto,
furono sicuramente richiamati all'ordine da qualcuno molto in alto,
perché cambiarono tono.
Sebbene i Canaby
appartenessero a una famiglia influente, durante il processo emerse
che la loro situazione finanziaria non era così florida come si
sarebbe detto; ma, soprattutto, saltò fuori la scomoda presenza di
un uomo che si era intromesso tra i due coniugi a partire dal 1903,
tale monsieur Rabot. L'arrivo di Rabot, un ex compagno di scuola di
Henriette, era coinciso con l'allontanamento di tutti o quasi gli
amici di famiglia che frequentavano precedentemente casa Canaby. La
presenza di Rabot era divenuta sempre più assiduo, al punto da
sostituire Emile al fianco di Henriette durante alcune vacanze con i
figli di questa.
La mentalità del
tempo era fissata sulle caratteristiche fisiche che esprimevano
qualità morali. In tal senso, Henriette, pur essendo una donna molto
distinta, appariva sdegnosa e arrogante, in più capace di scenate
teatrali nei momenti salienti del dibattito processuale.
Ma non si arrivò
alla condanna. I suoi parenti la difesero a spada tratta e alla fine
gli elementi a suo carico non furono giudicati sufficienti. Fu però
condannata per la falsificazione della firma del dottor Gaube. I
resoconti del tempo riportano che tenne sempre un atteggiamento
altezzoso verso la Corte, non mostrando il minimo pentimento o alcuna
volontà di collaborare. Non si sa cosa sia accaduto a lei e alla sua
famiglia dopo il processo.
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