lunedì 22 aprile 2024

Michel Lebrun: poca fortuna in Italia per un autore vulcanico e poliedrico

All'anagrafe si chiamava Michel Cade ed era, tutto sommato, un autodidatta. Nato a Parigi il 2 aprile 1930, faceva il cameriere quando conobbe lo scrittore Maurice-Bernard Endrèbe, che lo prese in simpatia e lo incoraggiò a proporre i suoi manoscritti agli editori di romanzi popolari.

Il giovane Lebrun

Maurice-Bernard Endrèbe (1918-2005)

Erano i primi anni '50 e il suo primo titolo uscì nel 1954. Non si sa bene quale sia stato esattamente, perché in quell'anno risultano da lui pubblicati otto romanzi, cinque di spionaggio con lo pseudonimo Michel Lecler e tre polizieschi firmati Michel Lenoir. Non si direbbero opere destinate a durare nel tempo, infatti non di tutti si trovano ancora immagini sul web, e uno solo, Caveau de famille, è stato successivamente ripubblicato. Ma ormai la strada era aperta.

Una recente edizione ebook di Caveau de famille ha riproposto la copertina originale

E il successo si consolidò nel 1956, con Pleins feux sur Sylvie, che vinse il Grand prix de la littérature policière e gli spalancò di fatto anche le porte del cinema. Questo romanzo era firmato con un terzo pseudonimo, Michel Lebrun, che sarebbe poi rimasto quello definitivo, portando all'abbandono degli altri. In una sola occasione, nel 1971, l'autore sarebbe ricorso a uno pseudonimo diverso, il quarto della serie, Pierre Anduze.

Come Michel Lenoir, aveva firmato sei titoli, come Michel Lecler quattordici. Come Michel Lebrun ne avrebbe firmati più di cinquanta.





Alcuni titoli

È facile immaginare come una produzione così copiosa debba essere per forza diseguale. Tant'è che solo alcuni dei tanti romanzi, dopo una prima edizione in collane popolari, sono stati ristampati. Il suo maggior successo editoriale sembra essere il penultimo romanzo firmato Michel Lenoir, Reproduction interdite, ispirato alla vicenda del celebre falsario d'arte olandese Han van Meegeren.


Han van Meegeren (1889-1947)

Alcuni critici, ad esempio Claude Mesplède, non hanno mai smesso di sollecitare ristampe dei romanzi più riusciti, ma finora invano.

Claude Mespède (1939-2018)

Michel Lebrun è stato anche un valente traduttore dall'Inglese. Non solo di gialli: tradusse anche i libri di Woody Allen e di un altro importante umorista, l'israeliano Ephraîm Kishon.

Woody Allen (1935)

Ephraim Kishon (1924-2005)

La sua attività si è però concentrata soprattutto su tre fronti: oltre alla narrativa, il cinema e la critica letteraria.

Come sceneggiatore e dialoghista, ha partecipato alla realizzazione di almeno ventiquattro film, otto dei quali tratti da suoi romanzi.













Alcuni film scritti da Lebrun, con le versioni italiane quando realizzate

Come critico, ha curato dal 1980 al 1988 l'Almanach du crime (dovrebbero esserne usciti 5 volumi) e scritto innumerevoli articoli e recensioni. La sua conoscenza enciclopedica del genere gli valse il soprannome di Pape du polar.


alcuni numeri dell'Almanach du crime

Lebrun è stato anche un autorevole membro dell'OuLiPoPo (Ouvroir de Littérature Policière Potentielle), una costola della più celebre OuLiPo di Raymond Queneau e Georges Perec, fondata nel 1973 da François Le Lionnais, con l'obiettivo di “elencare nel modo più esaustivo possibile e di classificare razionalmente le situazioni, i meccanismi e le loro combinazioni sfruttate dal romanzo poliziesco dell'enigma (Oulipopo analitico) , più in generale – essendo questa ambizione la sua vocazione primaria – tutte le situazioni e i meccanismi potenziali inutilizzati, addirittura inutilizzabili (Oulipopo sintetico)”. In questa veste, Lebrun scrisse romanzi particolarmente originali e forse sottovalutati dai critici.

François Le Lionnais (1901-84)

Raymond Queneau (1903-76)

Georges Perec (1936-82)
Una pubblicazione dell'OuLiPoPo

Michel Lebrun è morto a Parigi il 20 giugno 1996. Alla sua memoria è oggi dedicato un importante premio letterario di narrativa poliziesca, che si assegna a Le Mans dal 1986 e del quale presiedette la giuria dal 1993 alla morte.

Lebrun negli ultimi anni

Una pubblicazione in memoria di Lebrun

In Italia, Michel Lebrun ha sempre goduto di scarsa considerazione. In tutto, sono stati tradotti soltanto tre suoi romanzi.

Il primo, sulla scorta del Grand prix appena vinto, è stato Pleins feux sur Sylvie, uscito nel Giallo Mondadori il 15 giugno 1957 con il numero 437 della collana e il titolo Le stelle muoiono.


Sylvie Sarment, un'attrice ambiziosissima che non si è mai fermata davanti a nulla durante la sua scalata al successo, è stata appena uccisa nella sua villa poco distante da Parigi. Il commissario Toussaint comincia le indagini, che fin dai primi interrogatori rivelano situazioni paradossali. Il primo marito di Sylvie, il regista Willy Braun, si autoaccusa del delitto. La stessa cosa fa, del tutto indipendentemente, l'attrice Frederique Mayen, che a inizio carriera aveva molto aiutato Sylvie e ne era stata ripagata con la più gelida ingratitudine. Entrambe le confessioni non reggono però alla prova dei fatti. Né la modalità confessata da Braun né quella confessata dalla Mayen corrispondono al modo in cui è morta Sylvie.

I sospetti si appuntano soprattutto su altri due uomini, uno dei quali è il secondo marito di Sylvie: Michel Barraut, un giovane commediografo che deve a lei tutte le sue fortune; l'altro è lo sceneggiatore Jean-Pierre Frank, che Sylvie ha abbandonato proprio per mettersi con Barraut. I due si accusano a vicenda e i loro alibi sembrano un po' troppo costruiti per essere veri, ma quale dei due sta mentendo? O non sta mentendo nessuno dei due? E se non avessero mentito nemmeno gli altri due? Il romanzo si chiude con una serie di colpi di scena davvero sorprendenti e, malgrado la scrittura un po' datata e i personaggi un po' sbozzati con l'accetta, è godibilissimo.

Il secondo Lebrun che esce in Italia è Candidat au suicide, originariamente uscito nel 1957, che viene presentato il 5 maggio 1966 da Segretissimo con il numero 127 della collana e il titolo Rick Seville: candidato al suicidio.


Si tratta di una storia di spionaggio piuttosto convenzionale, ambientata negli USA e basata sulla sostituzione di un agente doppiogiochista con uno che dovrebbe smascherare la rete che lo ha reclutato e si è servita di lui per ottenere notizie molto riservate. Ma il nuovo agente, Stone, viene a sua volta scoperto e ucciso. Tuttavia, man mano che procedeva, ha lasciato una serie di tracce che, seguite una a una, portano fino al punto dove è arrivato. Occorre dunque far credere che un nuovo agente sia disposto a fare il doppio gioco per infiltrarlo, ben sapendo che ormai dall'altra parte stanno con gli occhi bene aperti. Per occuparsene, viene scelto l'esperto e temerario Rick Seville, che non sembra molto spaventato davanti alla prospettiva di una missione kamikaze.

L'ultimo romanzo di Lebrun arrivato in Italia è proprio l'unico che ha firmato con l'ultimo pseudonimo, Pierre Anduze. Uscito nel 1971 come Tue-moi, chéri, viene proposto nel Giallo Mondadori l'8 luglio 1973, con il numero 1275 della collana e il titolo Amore mio, uccidimi.


Parigi. La spregiudicata fotomodella Désirée Saint-Jean è stata appena ammazzata brutalmente in casa, probabilmente dal suo amante, dopo un momento di intimità. Le indagini condotte dal commissario Noé svelano una quantità di indizi che convergono verso la figura di Bruno Garel, un architetto che non ama molto stare in compagnia e, per la sera del delitto, non ha alcun alibi. Garel nega di aver mai conosciuto Désirée e, per sua fortuna, trova la comprensione di due donne, la moglie Clarisse e l'artista Ophélie Parment, vicina di casa e amica della vittima. Intanto però la quantità di indizi a suo carico cresce, fino a fargli pensare che il vero assassino stia cercando di incastrarlo.

Si tratta di un romanzo piuttosto originale, dalla scrittura (tutta al presente e in terza persona) essenziale, rapida e nervosa. Per il lettore è facile entrare nella mente di Bruno e condividere la sua tensione. A un certo punto, però, l'autore scopre le carte e svela come stanno le cose in realtà. Da quel punto in poi, la suspense sta tutta nella possibilità che la verità venga svelata oppure no. Le circostanze che determinano la scelta del titolo sono, comunque, estremamente bizzarre.