giovedì 29 settembre 2016

Caccia alla spia tra i prigionieri nazisti in America

Un tema sempre poco trattato delle guerre, riguarda il destino dei prigionieri. Argomento non da poco, se si pensa che, dopo alcune battaglie, il numero di questi poteva ammontare a decine di migliaia (90.000 tedeschi dopo Stalingrado, di cui solo 5.000 tornarono a casa nel dopoguerra). I problemi dati dall'acquartieramento, l'alimentazione, la disinfezione e il trasferimento di tanta gente potevano essere enormi, tanto più quando venivano avviati verso retrovie che si trovavano in aree già devastate da precedenti combattimenti o bombardamenti.
Il tema generale è dunque di grande portata e non si può pensare di esaurirlo in un semplice post.
Un aspetto specifico che si può approfondire con relativa facilità, è invece quello dei rapporti tra diversi prigionieri che avessero opinioni diverse sulle ragioni e sull'esito della guerra, in particolare tra quelli tedeschi.
Infatti, un dato che balza subito all'occhio, controllando la lista delle esecuzioni capitali disposte dai tribunali militari statunitensi durante la Seconda Guerra Mondiale, è la presenza di 14 tedeschi, tutti prigionieri, impiccati a tre riprese durante l'estate del 1945 in seguito all'assassinio di altri prigionieri tedeschi.
Dietro queste esecuzioni, ci sono delle storie che meritano senz'altro di essere raccontate.
La prima è quella di Johannes Kunze, un soldato tedesco nato il 5 marzo 1904 e picchiato a morte da cinque compagni mentre era detenuto nel campo di prigionia di Camp Tonkawa, in Oklahoma, un posto in cui i nazisti erano molto attivi tra i prigionieri e si verificavano tentativi di fuga e di rivolta (durante uno di questi, un prigioniero fu ucciso da una guardia). Kunze passava informazioni, relative soprattutto all'attività di propaganda di alcuni fanatici nazisti presenti tra i prigionieri, al comando del campo tramite il medico del campo stesso, cui si rivolgeva accusando ogni sorta di malesseri (entro certi limiti comprensibili, dato che era ben più anziano della media dei suoi compagni). Un giorno, però, il solito medico non si presentò e, al suo posto, Kunze trovò un sostituto che gli rivolse la parola in tedesco al momento del passaggio del biglietto su cui Kunze scriveva le sue informazioni, facendo sorgere dei sospetti tra gli altri tedeschi presenti in sala d'attesa, che pure non avevano visto passare il biglietto. I tedeschi presero allora a tenere Kunze sotto controllo, finché uno di essi rinvenne tra le cose di Kunze un biglietto pronto a essere consegnato al medico, con informazioni sul conto di alcuni dei più zelanti nazisti tra i prigionieri. La notizia si diffuse subito per il campo, i nazisti istituirono una sorta di “tribunale” che condannò il delatore a morte e la notte del 4 novembre 1943 Kunze fu ucciso a forza di botte da Walther Beyer, Berthold Seidel, Hans Demme, Hans Schomer e Willi Scholz.
Camp Tonkawa, che si trovava in mezzo a delle fattorie presso le quali i prigionieri lavoravano regolarmente
Prigionieri di Camp Tonkawa impegnati in lavori agricoli

Le autorità del campo affidarono la conduzione del processo a Leon Jaworski, che in seguito avrebbe fatto carriera nell'amministrazione giudiziaria fino a diventare il procuratore speciale nel caso Watergate. Jaworski era un magistrato senza pregiudizi: un anno prima, nell'estate del 1944, aveva istruito il processo contro 43 soldati afro-americani rei di aver ucciso il prigioniero italiano Guglielmo Olivotto durante una rivolta a Fort Lawton, nello Stato di Washington, ottenendo la condanna di 28 di essi (nel 2005, i 28 sono stati riabilitati da una corte marziale postuma perché è stato dimostrato che Olivotto fu ucciso da alcuni membri bianchi della Military Police). Il processo si svolse a Camp Gruber, vicino Muskogee, sempre in Oklahoma, e si concluse con la condanna all'impiccagione dei cinque assassini. Le esecuzioni furono però rinviate per timore di rappresaglie sui prigionieri alleati nel caso che la notizia si fosse diffusa in Europa.
Un ritratto di Leon Jaworski (1905-82) durante il processo Watergate

Il 10 luglio 1945, terminata la guerra in Europa, gli assassini di Johannes Kunze furono impiccati a una forca ricavata dal vano ascensore di un deposito abbandonato. Furono poi sepolti nel cimitero del carcere militare di Fort Leawenworth, Kansas, lo stesso in cui si erano svolte le esecuzioni, mentre la loro vittima è sepolta nel cimitero militare di per prigionieri di guerra di Fort Reno, in Oklahoma, che ospita altri 70 prigionieri morti (tutti per ferite di guerra o cause naturali, tranne uno deceduto per le ustioni riportate in un incidente durante la detenzione) tra i quali ci sono 6 italiani.
L'ingresso del cimitero militare per prigionieri di guerra (POW) di Fort Reno

La tomba di Johannes Kunze

Panoramica di Fort Reno

Panoramica di Fort Leawenworth

L'ingresso al carcere militare di Fort Leawenworth

L'ingresso al cimitero militare di Fort Leawenworth

Tombe di militari prigionieri al cimitero di Fort Leawenworth

Alla storia di Kunze sono stati dedicati un saggio di Wilma Parnell uscito nel 1981 e un romanzo di Vincent Greene uscito nel 1995, entrambi mai tradotti in Italiano.
La copertina del romanzo di Vincent Greene

La copertina del saggio di Wilma Parnell

La seconda storia è quella di Werner Drechlser, nato a Muhlberg il 17 gennaio 1923. Era un membro dell'equipaggio di un sommergibile, l'U-118, e fu catturato insieme a diversi compagni nel 1943, quando il sommergibile fu affondato al largo delle Azzorre. Drechsler era figlio di un anti-nazista che aveva trascorso un periodo di detenzione in un campo di concentramento e non è escluso che si sia offerto lui stesso di collaborare con le autorità del campo di prigionia di Fort Meade, nel Maryland, dove era stato rinchiuso con altri marinai e sommergibilisti. Per alcuni mesi, dopo essere entrato in confidenza con compagni di prigionia più esperti, passò agli americani molte informazioni relative alla tecnologia degli U-boote e alle loro tattiche di guerra.
La scheda di Werner Dreschsler redatta al suo ingresso nel campo di Fort Meade

Per ragioni inspiegabili, ma forse legate al fatto che i tedeschi cominciavano ad avere qualche sospetto su di lui, nel marzo 1944, Drechsler fu trasferito al campo di prigionia di Papago Park, in Arizona, che era il più confortevole tra quelli in cui erano tenuti i tedeschi catturati (nonostante questo, nel dicembre del 1944, 25 prigionieri tentarono la fuga e furono poi ripresi nei giorni precedenti: due di essi furono catturati mentre cenavano a casa di un funzionario doganale che li aveva ospitati ignaro di chi fossero, dopo averli visti giocare a scacchi con un ragazzo gravemente disabile). Purtroppo per lui, il campo ospitava quasi esclusivamente marinai e sommergibilisti, compresi alcuni suoi ex compagni dell'U-118 che lo ritenevano un delatore. Appena fu arrivato, i tedeschi istituirono un tribunale clandestino che condannò Drechsler a morte. La notte stessa del suo arrivo, il 12 marzo 1944, fu picchiato selvaggiamente e poi impiccato a una doccia da 7 uomini: Helmut Fischer, Fritz Franke, Guenther Kuelsen, Henrich Ludwig, Bernard Reyach, Otto Stengel e Rolf Wizuy.
Il campo di Papago Park in un'immagine d'epoca

I sette assassini di Werner Drechsler

I 25 prigionieri fuggiti da Papago Park nel dicembre 1944
La tomba di Werner Drechsler

Anche questi furono condannati alla forca e impiccati a Fort Leawenworth, anche se sulla data della loro esecuzione non tutte le fonti concordano: per alcune è il 28 luglio 1945 ma per la maggior parte è il 25 agosto 1945.
L'ultima storia è quella di Horst Gunther, nato il 23 settembre 1920, soldato dell'Afrika Korps, catturato in Tunisia nel maggio 1943 e prigioniero a Camp Aiken, in South Carolina. Gunther non fu sottoposto ad alcun giudizio da parte dei compagni di prigionia, ma strangolato da due di essi che agirono per personale iniziativa, il 6 aprile 1944, sospettando che fosse un delatore. I due, Erich Gauss e Rudolf Straub, impiccarono poi il corpo a un albero nel tentativo di far passare la morte di Gunther per un suicidio, ma furono ugualmente scoperti. Al processo, Straub si giustificò dicendo che aveva ucciso Gunther perché, come soldato tedesco, era obbligato a eliminare un traditore, e se non lo avesse fatto sarebbe stato punito al ritorno in Germania.
Gauss e Straub furono impiccati a Fort Leawenworth il 14 luglio 1945. Nessuna delle fonti riferisce dove sia stato sepolto Gunther.
Scene quotidiane a Camp Aiken

Prigionieri ex Afrika Korps utilizzati come manodopera agricola a Camp Aiken

Sembra che gli avvocati dei 14 tedeschi impiccati per questi tre omicidi fossero favorevoli al rinvio delle esecuzioni e contassero sulla grazia presidenziale una volta terminata la guerra. Tuttavia, quando le domande di grazia arrivarono sulla scrivania di Harry Truman, l'opinione pubblica statunitense, sconvolta dalla scoperta dei campi di concentramento, chiedeva che non si usasse nessuna pietà verso i nazisti, e il presidente le respinse senza neppure leggerle.
Nei dintorni di Fort Leawenworth, vivono molti discendenti di emigranti tedeschi giunti lì specie nel XIX secolo. Sebbene tra essi non vi siano mai stati simpatizzanti nazisti, le tombe dei 14 impiccati sono sempre molto ben tenute.  




domenica 18 settembre 2016

Nathaniel Hawthorne e i suoi ingombranti antenati

Nell'introduzione al suo primo e più famoso romanzo, The scarlet letter (La lettera scarlatta), un breve scritto intitolato The custom house (La dogana), Nathaniel Hawthorne tratta della storia e delle tradizioni del New England puritano e, con comprensibile imbarazzo, delle malefatte dei suoi antenati, che non nega o sminuisce, assumendosene anche tutta la responsabilità per quanto possibile.
La prima edizione di The scarlet letter 


Altre edizioni antiche

Nathaniel Hawthorne (1804-64) da giovane

Hawthorne, infatti, era convinto che sulla sua famiglia gravasse una maledizione divina per effetto della malvagità di due suoi antenati, William e John Hathorne, il primo fondatore del ramo americano della famiglia, giunto nel Nuovo Mondo dall'Inghilterra con la nave Arabella nel 1630, e il secondo suo figlio, nato nel 1641 a Salem, una cittadina del Massachusetts non distante da Boston.
Le posizioni di Salem e Boston sulla East Coast

William Hathorne, puritano integralista, fu uno spietato persecutore dei pacifici quaccheri, la cui unica colpa consisteva nel praticare la reciproca tolleranza tra confessioni, facendoli imprigionare e frustare in pubblico, comprese le donne. Approfittò anche della sua posizione di magistrato (una carica elettiva) per acquisire proprietà confiscate ai condannati, fino a diventare un possidente fondiario molto ricco. John Hathorne continuò le attività del padre, in modo decisamente spregiudicato, ingigantendo ulteriormente le sue ricchezze. Si sposò solo a 33 anni, con una ragazza di 14, figlia di una coppia di quaccheri che era stata costretta a fuggire in seguito alle persecuzioni di Hatorne stesso. La coppia ebbe sei figli, di cui cinque maschi che diventarono tutti capitani di marina mercantile. Infatti, una parte delle ricchezze di Hatorne era investita in navi, in un molo privato e nell'attività di distillazione di liquori, che vendeva un po' dappertutto.
Il porto di Salem in un quadro del XVIII secolo

Di pari passo con gli affari, conduceva l'attività politica. Nel 1692 rivestiva la carica di magistrato ma non fu inizialmente coinvolto nella vicenda del processo alle streghe di Salem, ma poi fece di tutto per entrare nel collegio giudicante, che all'epoca svolgeva anche la funzione requirente.
Sono stati versati fiumi di inchiostro su questo processo, l'ultimo del suo genere nella storia americana, sul web si possono leggere centinaia di documenti al riguardo, la vicenda ha ispirato anche il dramma The crucible (Il crogiuolo) di Arthur Miller e un film con lo stesso titolo, arrivato in Italia come La seduzione del male, diretto da Nicholas Hytner e interpretato da Daniel Day-Lewis e Winona Ryder. Non è dunque il caso di trattarne in questa sede: basta ricordare che, sulla sola base delle “testimonianze”, poi risultate completamente inventate, di alcune adolescenti e bambine in preda all'isterismo (che si presume dovuto principalmente allo stato di repressione sessuale in cui erano state educate), furono messe a morte 20 persone appartenenti a famiglie tra le più stimate della zona: diverse donne, mogli e madri di famiglia, con l'accusa di aver praticato riti satanici; ma anche alcuni uomini loro parenti, rei soltanto di aver manifestato pubblicamente il proprio dissenso verso i metodi della Corte e contro le sentenze.
John Hathorne, in questo quadro, è l'uomo in piedi sullo scranno, a sinistra in alto




Immagini e illustrazioni di varie epoche dedicate al processo alle streghe di Salem del 1692

Le trascrizioni degli interrogatori, ancora conservate, mostrano chiaramente come i giudici partissero già dal pregiudizio che qualunque imputato fosse colpevole. Le domande insistono sempre sugli stessi punti, spaccando il capello in quattro, non per dimostrare qualcosa, ma solo per indurre l'imputato a contraddirsi, pure su questioni secondarie o insignificanti, per poi attaccarsi a questo per screditarlo pubblicamente sostenendo che è un bugiardo. La totale infondatezza di qualunque accusa appare più che evidente dalle risposte degli imputati, ma solo alle persone di buon senso.
Anche il medico e predicatore Cotton Mather, che con i suoi infuocati scritti sul tema dell'esposizione della gente alle insidie demoniache aveva letteralmente scatenato la caccia alle streghe nel Massachusetts (solo nella zona di Salem, negli anni precedenti, 17 persone erano state messe a morte per stregoneria), consultato come consulente al processo, trovò che questo fosse condotto in modo assurdo e per nulla regolare, ed esortò ripetutamente i membri della Corte a darsi una regolata, senza tuttavia trovare ascolto.
Cotton Mather (1663-1728)

Di tutti i giudici, John Hathorne fu sicuramente il più feroce. Negli anni successivi alle esecuzioni (visse fino al 1717), mentre tutti gli altri finirono per riconoscere di aver esagerato e fecero pubblicamente ammenda dei propri errori, non mostrò mai il minimo segno di pentimento per aver mandato a morte 20 innocenti.
Anche se alcuni storici moderni sostengono che in realtà Hathorne sia divenuto nel tempo una sorta di capro espiatorio, proprio per via del suo mancato pentimento, senza però che si sia comportato peggio degli altri, altre ricerche sembrano indicare un aspetto della sua personalità ancora più spregevole. In pratica, dopo le esecuzioni, Hathone avrebbe brigato in tutti i modi per acquisire a prezzo di realizzo le proprietà dei condannati, in molti casi riuscendoci: la sua spietatezza sarebbe nata dunque non dal fanatismo religioso ma un calcolo opportunistico, dalla volontà di arricchirsi (sebbene fosse già un uomo ricchissimo) sulla pelle degli imputati.
La fortuna degli Hathorne finì con lui. I suoi discendenti sembrarono successivamente perseguitati dal destino, tra morti premature, lunghe malattie e invalidità, rovesci finanziari e perdita di proprietà.
Un pronipote che era diventato capitano di marina, Nathaniel Hathorne, morì di febbre gialla durante un viaggio in Suriname, nel 1808. Suo figlio, che portava lo stesso nome, compì studi letterari laureandosi al Bowdoin College di Brunswick, dove divenne amico del futuro presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce. Grazie a questa amicizia, ottenne un impiego da funzionario doganale a Boston nel 1839, e poi da dirigente alla Dogana di Salem nel 1846. 
il palazzo della Dogana di Boston

La posizione della Dogana di Salem nel porto

Tuttavia, i dirigenti pubblici erano soggetti al meccanismo dello spoil system, che esiste ancora oggi, e fu licenziato dopo le elezioni presidenziali del 1848. Due anni dopo pubblicò il suo primo romanzo, The scarlet letter, in cui narra la storia di una ragazza madre nella Boston ottusamente puritana del 1642; un anno dopo, pubblicò The house of seven gables (La casa dai sette abbaini) incentrato sulla vicenda di una famiglia su cui grava un'antica maledizione dopo che un antenato ha fatto condannare a morte un vicino per appropriarsi delle sue terre.
Il frontespizio dell'edizione originale di The house of seven gables

Una copia del libro attualmente in vendita su ebay a 999 dollari

Pur avendo pubblicato diversi altri libri, la sua fama postuma di autore tra i maggiori dell''800 americano, è legata soprattutto a questi due (anche se è autore di molti importantissimi racconti). La critica sottolinea che si tratta comunque di opere molto complesse, piene di allegorie e simboli che l'autore utilizza per sondare gli strati più profondi della psiche umana. Ma la scelta dei soggetti e l'andamento delle trame non lascia molto spazio all'interpretazione di come la pensasse sul conto dei suoi antenati.
Non a caso, anche se la spiegazione è solo ipotizzata e non provata, al momento di pubblicare il primo libro, modificò il proprio cognome da Hatorne ad Hawthorne, come a prendere le distanze da loro.
Le sue opinioni personali in materia religiosa non sono state mai chiarite, forse era addirittura un agnostico (anche se il termine è stato coniato da T. H. Huxley dopo la sua morte); in ogni caso, sua famiglia finì anche per abbandonare definitivamente il puritanesimo. Dal suo matrimonio con la pittrice Sophia Peabody nacquero tre figli: Una, Julian e Rose. Dopo la scomparsa dei genitori (Hawthorne morì nel 1864, la moglie nel 1871) divennero tutti e tre cattolici. Le due figlie, anzi, entrarono addirittura in convento: Una, nel 1877, poco prima di morire per effetto della malaria; Rose, nel 1888, dopo essere rimasta vedova.
Hawthorne negli ultimi anni di vita

Sophia Peabody Hawthorne (1809-71)

Una (1844-77), Julian (1846-1934) e Rose (1851-1926) Hawthorne da ragazzi

Nel corso degli oltre tre secoli successivi, nonostante le dispute sul processo del 1692, a Salem si sono celebrati non pochi matrimoni tra discendenti dei giudici e discendenti dei condannati.


domenica 11 settembre 2016

“The Bellamy trial” di Frances Noyes Hart, un libro da (ri)scoprire e il delitto che lo ispirò

In Italia, qualcosa era arrivato da tempo. Nel 1962, Alberto Del Monte (1924-75), filologo e ispanista accademico di alto livello ma anche appassionato di narrativa popolare, scrivendo la sua agile e brillante Breve storia del romanzo poliziesco, dedicò qualche riga a lodare un libro che non era stato mai tradotto, The Bellamy trial, in termini entusiastici. Ci sarebbe stato abbastanza da indurre qualche editore a drizzare le orecchie, ma questo non successe. Sono passati 54 anni da allora e chi vuole leggere The Bellamy trial può farlo solo in lingua originale, scaricandone una copia in pdf dal web (è possibile facilmente su alcuni siti di ebook gratuiti).
Breve storia del romanzo poliziesco, di Alberto Del Monte

L'edizione originale di The Bellamy trial

Un'edizione più recente

Un'immagine dell'autrice, Frances Noyes Hart

E dire che la traduzione non sarebbe nemmeno molto onerosa, dato che l'autrice, figlia di un famoso giornalista e moglie di un noto avvocato, nata nel 1890, è morta nel 1943, quindi i diritti d'autore sono scaduti.
The Bellamy trial, uscito nel 1929, è il primo esempio di romanzo giudiziario moderno. Nella vicenda, è avvenuto un duplice delitto, probabilmente di natura passionale; le indagini poliziesche si sono già svolte e si è arrivati già al dibattimento in tribunale: durante questo, emergono le diverse ricostruzioni di accusa e difesa, ognuna delle quali cerca di imporre una interpretazione delle prove conforme al proprio teorema; ma emergono anche le ragioni e le passioni nascoste dei diversi personaggi, indipendentemente dal ruolo che possono aver avuto nei fatti. L'intreccio si dipana nel giro di otto giorni e il punto di vista dal quale è narrato è quello di due perfetti estranei, un giornalista che segue il processo per mestiere e una ragazza che lo segue per curiosità, i quali finiranno per mettersi insieme alla fine. La cornice del delitto in questione è quella di una ricca comunità della East Coast, in cui tutti conoscono tutti e ognuno nasconde qualche segreto: un po' il mondo di Il grande Gatsby, più volte richiamato dai critici che ne hanno scritto e forse parzialmente ispirato allo stesso fatto vero.
Da The Bellamy trial è stato anche tratto un film, muto, nello stesso anno in cui uscì il libro. Non ha mai avuto un remake, è quasi dimenticato e pressoché introvabile.
Locandina del film The Bellamy trial

La storia vera che ha ispirato il libro è il caso Hall-Mills: che, nella cronaca nera degli anni '20 americani, tenne banco fino al rapimento di Baby Lindbergh (1932), destando il massimo interesse del pubblico.
Questa vicenda comincia il 16 settembre 1922 a New Brunswick, nel New Jersey, quando vengono rinvenuti, stesi uno accanto all'altro in un campo di grano, i corpi di un uomo e di una donna. Lui è Edward Hall, un pastore della Chiesa Episcopale, di 41 anni; lei è Eleanor Mills, una casalinga di 34, madre di due figli, che canta nel coro della stessa chiesa. Entrambi sposati con altri, sono amanti da tempo, ma piuttosto discreti, tanto che la loro relazione non è nota a nessuno.
Le due vittime: Edward Hall (1881-1922) e Eleanor Mills (1888-1922)

Lui è stato ucciso con un colpo alla testa, lei con tre, ed è stata anche sgozzata. La morte risalirebbe al giorno precedente. La disposizione dei corpi, con i piedi rivolti a un albero di melo e le mani disposte in modo che lei tocchi la coscia di lui e lui il collo di lei, è posteriore ai due decessi. Lui è stato anche derubato di portafogli e orologio.
La scena del crimine

Un'immagine dei due corpi

Un'altra immagine dei due corpi
Il rinvenimento dei corpi

Le indagini, all'inizio, non sono particolarmente accurate. La presenza di curiosi che vanno e vengono altera la scena del crimine prima che si possano compiere tutti i rilevamenti. I primi sospetti si appuntano sulla moglie di lui, Frances Stevens, e sui suoi due fratelli maggiori, Henry e William. Frances ha sette anni più del marito, che è arrivato lì dalla natia New York. Henry è un ex tiratore scelto e con la pistola non lo batte nessuno. William è un tipo molto particolare, forse sofferente di una forma lieve di autismo, e possedeva una pistola dello stesso calibro di quella usata per il delitto, anche se questa non viene trovata, mentre le sue impronte digitali sono su un biglietto da visita trovato accanto ai cadaveri. Invece, il marito di Eleanor, che fa il bidello alla locale scuola elementare, appare subito estraneo alla vicenda.
Frances Stevens (1874-1942)

William Stevens (1872-1942)

Non si arriva a nulla e non viene formulata alcuna accusa. Ma la stampa non appare convinta, ed soprattutto la campagna condotta dal New York Daily Mirror, che svela i dubbi di alcuni testimoni vicini alla cerchia degli Stevens, a indurre il governatore del New Jersey, Harry Moore, a far riaprire il caso, nel 1926. Stavolta si arriva al processo, che inizialmente coinvolge anche un cugino degli Stevens, Henry Carpender, la cui posizione è però immediatamente chiarita.
Henry Carpender (1882-1934)

Il processo si apre il 3 novembre 1926 e si consuma nel giro di un mese. Compare una testimone chiave, la signora dei porci (come la chiameranno i giornali), Jane Gibson, un'allevatrice di maiali che vive nei dintorni del luogo del delitto. La Gibson, che è in cattive condizioni di salute (per testimoniare dovrà essere portata in aula su un letto d'ospedale e morirà circa tre anni dopo), accusa chiaramente i tre fratelli ma cambia ripetutamente versione su dei dettagli secondari, favorendo il gioco della difesa. Racconta comunque che, la sera del delitto, il suo cane abbaiava con tale insistenza da indurla ad andare a controllare cosa stesse succedendo. Vide un uomo nel campo di grano e, avvicinatasi per identificarlo, si rese conto che in realtà c'erano quattro persone, davanti al melo. In quel momento, si sentì uno sparo e una delle figure cadde a terra. Poi, una voce femminile gridò tre volte la frase “Non farlo!” e chiamò il nome di “Henry”, si udirono altri spari e una seconda figura cadde a terra. A quel punto, la Gibson si allontanò e tornò a casa.
Il tribunale di New Brunswick

La testimonianza di Jane Gibson (1870-1930)

Una perizia medico-legale presentata al processo sulle ferite riportate da Eleanor Mills

Il verdetto sarà di assoluzione per insufficienza di prove.
Resta in molti il sospetto che gli Stevens, ricchi e ben ammanigliati con la politica locale, avessero in qualche modo orientato il giudizio della corte. Ad ogni buon conto, Frances Stevens fece causa al New York Daily Mirror per diffamazione. In realtà, tutta la stampa newyorkese espresse parecchie perplessità sulla conclusione del processo.
La notizia dell'assoluzione sul Daily News: insieme al fratello e alla sorella, si vede anche Henry Stevens (1869-1939)

I tre fratelli Stevens morirono tutti per cause naturali tra il 1939 e il 1942. Il cugino Henry Carpender, che era più giovane di loro, li aveva già preceduti nel 1934.


William Kunstler, un avvocato che ha riesaminato le carte del caso negli anni '60, ha ipotizzato che dietro il delitto potesse esserci l'ombra del Ku Klux Klan. La critica Sarah Churchwell, in tempi molto più recenti, ha ipotizzato a sua volta che il finale di Il grande Gatsby sia stato ispirato proprio dal caso Hall-Mills. 
Direttamente dal caso Hall-Mills, tra la metà degli anni '20 e i primi anni '30, sono stati tratti altri due film: The Goose Woman e The past of Mary Holmes, mai proposti in Italiano.
Locandina di The Goose Woman

Locandina di The past of Mary Holmes