sabato 25 marzo 2017

Malattie misteriose: il caso di Charles Darwin

Charles Darwin (1809-82) è stato sicuramente uno dei più importanti scienziati di un secolo che ne ha prodotti moltissimi, il XIX, e l'importanza della sua figura, ancora oggi, va ben al di là del suo lavoro scientifico.
Darwin da giovane

Darwin nella maturità

Darwin anziano

E' poco noto, tuttavia, che questo imponente lavoro fu condotto, per gran parte del tempo, in condizioni di salute decisamente disagiate. Darwin stesso, poco prima di morire, affermò che il suo maggior rimpianto era quello di aver sprecato metà della sua vita per via della salute cagionevole. Alcuni biografi affermano però che questa condizione, confinandolo per gran parte del tempo nella sua proprietà (la celebre Down House di Orpington, nel Kent, pochi km a SSE di Londra) e costringendolo a una quotidianità piena di precauzioni e riguardi, lo aiutò a concentrarsi sul lavoro e lo tenne lontano da vizi e abitudini che probabilmente lo avrebbero fatto morire prima, quindi forse non fu un fattore molto limitante per le sue attività. Di sicuro, però, Darwin fu molto meno felice di quanto avrebbe potuto essere.
La Down House, residenza di Darwin

Ma di cosa soffriva, esattamente, lo scienziato inglese?
Il catalogo dei suoi disturbi è molto consistente, e i primi problemi risalgono alla gioventù. Inizialmente iscritto a Medicina a Edimburgo per seguire le orme del padre (il facoltoso medico Robert Darwin), scoprì di non riuscire a reggere lo spettacolo degli interventi chirurgici (che a quel tempo si praticavano senza anestesie) e, in due occasioni, svenne addirittura. Per questa ragione, dopo pochi mesi, fu spostato a Cambridge, dove studiò Teologia, a suo dire svogliatamente, anche se arrivò a conseguire ugualmente il M.A. con ottimi voti.
Nel 1831, grazie al suo interesse per le scienze naturali, all'amicizia di alcuni influenti naturalisti, alla sua laurea in Teologia e al suo aspetto fisico, fu ingaggiato dal capitano e scienziato Robert Fitroy come naturalista della spedizione scientifica del brigantino Beagle, che avrebbe circumnavigato il mondo in 5 anni. Fitzroy scelse Darwin perché gli era stato raccomandato dall'illustre botanico John Stevens Henslow, perché era teologo di formazione (Fitzroy, ardente creazionista, intendeva raccogliere delle prove scientifiche che contrastassero gli argomenti dei lamarckisti inglesi) e infine perché aveva “un bernoccolo della religione sufficiente per dieci preti”, come raccontò poi Darwin stesso (Fitzroy era anche un appassionato seguace della Fisiognomica, una pseudo-scienza con molto seguito a quel tempo, che pretendeva di dedurre il carattere e le inclinazioni delle persone dal loro aspetto fisico). Non si deve tuttavia credere che Fitzroy fosse un ottuso oscurantista: era invece un ottimo marinaio e fu anche un pioniere della meteorologia, nonché un apprezzato inventore di strumenti scientifici.
Il brigantino Beagle

Il capitano Robert Fitzroy (1805-65)

Durante il lungo viaggio del Beagle, e soprattutto nella fondamentale tappa sudamericana, Darwin soffrì quasi ininterrottamente di chinetosi e passò per alcune avventure che misero in pericolo la sua salute. Sia in Argentina, dopo essersi inoltrato nella Pampa, che in Cile, dopo aver passato le Ande, contrasse (sicuramente in seguito a punture di insetti) delle infezioni che lo tennero a letto per molto tempo.
Dopo il ritorno a casa, riprese a soffrire delle palpitazioni cardiache che già lo avevano tormentato a lungo negli anni precedenti ma, a queste, si aggiunsero altri sintomi: disturbi digestivi di ogni tipo, dolori di testa, vertigini, eczemi e sfoghi cutanei, svenimenti, insonnia, tinnito, tremori e spasmi, ecc.
Dopo oltre 10 anni di sofferenze (durante i quali, comunque, si era sposato e aveva avuto diversi figli, oltre a lavorare a diversi importanti contributi scientifici), nel 1849, si rivolse a un medico omeopatico e ipnotista che andava molto di moda a quel tempo, James Gully, che lo sottopose alla sua “cura dell'acqua” (una sorta di sauna seguita da sfregamenti con asciugamani bagnati con acqua fredda, pediluvi freddi, lunghe passeggiate e regime alimentare rigoroso) e, dopo qualche tempo, stette molto meglio. Tuttavia, nel 1851, perse la fiducia in Gully, al quale si era rivolto per far curare la figlia prediletta Annie, che mostrava sintomi persistenti e inspiegabili di indigestione successivi a un attacco di scarlattina. E' possibile che la bambina soffrisse di una forma di tubercolosi estesa all'apparato digerente ma, in ogni caso, le cure di Gully, che pretese anche di farla “visitare” da una sensitiva, non sortirono il minimo effetto. Annie Darwin morì il 23 aprile 1851 a soli 10 anni di età, gettando i genitori in una costernazione dalla quale sarebbero faticosamente riemersi, almeno in parte, in seguito alla nascita, poche settimane dopo, di un altro figlio, Horace (che diventò ingegnere e visse fino al 1928).
James Gully (1808-83)

Annie Darwin (1841-51)

Darwin si rivolse allora a un altro idroterapista, Edward Wickstead Lane, che appariva molto più serio e rigoroso e, grazie all'aiuto di questo, riuscì a stare relativamente bene fino al 1859, anno di uscita di L'origine delle specie. In questo periodo, prese a soffrire di un eczema che, partendo dal volto, si estese fino a rendergli impossibile il ricorso all'idroterapia e che si trascinò, tra alti e bassi, fino al 1866, mentre i disturbi digestivi ritornavano. In questa fase, Darwin sperimentò tutta la farmacopea del tempo, dal bismuto al laudano, senza molti risultati.
L'ultimo medico che provò a curare Darwin con una nuova terapia fu John Chapman, che lo trattò applicandogli borse di ghiaccio sulla schiena. Il rimedio, efficace contro la chinetosi, ebbe qualche risultato e, da quel momento, i sintomi regredirono, pur senza sparire del tutto.
Negli ultimi anni, infine, Darwin manifestò i sintomi di una graduale insufficienza cardiaca che, alla fine, lo condusse a morte il 19 aprile 1882, all'età di 73 anni.
Il funerale di Darwin in una stampa del tempo

Molti studiosi che hanno affrontato l'argomento Darwin ipotizzano che, dietro questa storia clinica, possano facilmente essere riscontrati dei meccanismi psicosomatici. Darwin non amava né la folla né il caos e non gli piaceva né partecipare a riunioni rumorose né ricevere gente chiassosa, già da giovane. Si spostava solo per impegni scientifici e, se possibile, sempre accompagnato dalla moglie Emma Wedgwood. Evitava accuratamente le discussioni impegnative, in cui si faceva sempre sostituire da un autoritario scienziato inglese che aveva subito sposato la causa dell'Evoluzione, Thomas Henry Huxley.
Thomas Henry Huxley (1825-95)

I rapporti familiari rappresentano un'altra possibile fonte di conflitti psicologici interni che si avrebbero potuto manifestarsi con malattie psicosomatiche. Darwin rappresentò una delusione per il padre, che idolatrava da bambino, perché non riuscì a diventare un medico: e il padre, uomo retto ma severissimo, non smise mai di rimproverarglielo. Secondo alcuni biografi, nonostante le sue numerose dichiarazioni in senso contrario, Darwin tenne sempre nascosta dentro di sé una rabbia contro il padre che poteva sfociare in una forma di odio. 
Un ritratto di Robert Darwin (1766-1848), padre dello scienziato

Anche il rapporto con la moglie potrebbe nascondere qualche lato patologico: rimasto orfano di madre da bambino, si legò a una cugina di poco più grande, che conosceva dall'infanzia, e per tutta la loro vita coniugale sembrò dipendere da lei come un figlio più che un marito.
Darwin era poi cresciuto in una tradizione molto religiosa, aveva compiuto studi teologici, e le implicazioni della sua teoria sull'evoluzione delle specie viventi nella concezione del rapporto tra divinità e natura o divinità e uomo (per non parlare di quelle sull'esistenza o meno della divinità stessa) lo mettevano enormemente a disagio.
Emma Wedgwood (1808-96) al tempo del matrimonio con Darwin

Darwin e Emma con due dei loro 10 figli (7 dei quali diventarono adulti)

La moglie fu sempre accanto a Darwin durante il loro matrimonio, soprattutto nei periodi di più intenso lavoro o di più forte sofferenza

Ma potrebbero esserci anche cause organiche.
Un noto specialista israeliano (bielorusso di nascita e formatosi in università inglesi) di malattie tropicali, il dott. Saul Adler, ipotizzò nel 1959 che Darwin fosse stato contagiato dal Trypanosoma cruzi, un protozoo che provoca la cosiddetta Malattia di Chagas. In effetti, durante il viaggio del Beagle, mentre si trovava sul territorio sudamericano, Darwin fu morso almeno due volte da un insetto (Triatoma infestans, o Vinchuca nelle lingue locali) che è il principale vettore di questo parassita nell'uomo. Molti dei sintomi da lui riferiti, poi, corrispondono alle manifestazioni di questa infestazione: sia quelli neurologici, sia quelli cutanei, sia quelli digestivi, perfino la cardiopatia che ne determinò infine la morte.
Saul Adler (1895-1966)

il Triatoma infestans

Sangue umano infetto di Trypanosoma cruzi

Il ciclo della Malattia di Chagas

Altri studiosi hanno obiettato che Darwin visse decisamente troppo a lungo (73 anni) per essere uno che si portava addosso una malattia normalmente letale nel breve periodo; che i sintomi andarono diminuendo nel tempo, cosa che non avviene nei casi di Chagas; che alcuni sintomi dell'infestazione non sono stati riferiti; che le aree in cui soggiornò sono a bassa incidenza del morbo; che nessuno tra i suoi compagni di viaggio risulta essere stato a sua volta infettato.
Purtroppo, gli eredi hanno negato il permesso di prelevare un campione di tessuto dai resti nella tomba a Westminster, perciò non è possibile convalidare l'ipotesi con delle analisi cliniche.
Un'altra ipotesi lungamente vagliata è quella della Malattia di Méniere, un'affezione che coinvolge i centri dell'equilibrio e in misura minore quelli dell'udito: ma questa, anche se dimostrata, non spiegherebbe tutti i disturbi.
Un patologo australiano, John Hayman, ha proposto la possibilità che Darwin fosse affetto da una tra due malattie genetiche non letali, la Sindrome del vomito ciclico e la Sindrome MELAS, o forse da entrambe. Entrambe le sindromi nascono da problemi biochimici a livello mitocondriale, e quindi sono ereditate dalla madre: ma, anche se l'ipotesi appare interessante, non si sa abbastanza della storia clinica della madre e dei fratelli di Darwin per poter giudicare il tal senso.
Il dott. Sydney Cohen, americano, ha prospettato la possibilità di una combinazione di Sindrome da vomito ciclico, Malattia di Chagas e infezione cronica da Helicobacter pylori. L'ipotesi dell'Helicobacter pylori è stata ripresa anche dallo scopritore di questo, l'australiano Barry Marshall .
Barry Marshall (1951), Premio Nobel per la Medicina nel 2005 proprio per la scoperta dell'Helicobacter pylori


Che ci siano state più cause combinate, a questo punto, appare certo. Anche il biologo inglese Peter Medawar, riteneva che Darwin fosse affetto da più malattie e che la sintomatologia di queste si sovrapponesse ai disturbi di origine psicosomatica cui andava soggetto già dalla gioventù.  
Peter Medawar (1915-87), Premio Nobel per la Medicina nel 1960 per la scoperta dei meccanismi di rigetto degli organi trapiantati


sabato 11 marzo 2017

Dalla guerra aerea al giallo psicologico: la strana parabola di Miles Tripp

Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Miles Barton Tripp, un giovane studente dell'Hertfordshire, nato a Ganwick Corner il 5 maggio 1923, decise di dare il suo contributo alla difesa della patria e corse ad arruolarsi nella RAF.
Miles Tripp (primo a sinistra di chi legge) con i suoi compagni d'equipaggio, nel 1944

Di nuovo Tripp (primo a destra di chi legge) con i suoi commilitoni

Imbarcato come mitragliere su un Avro 683 Lancaster, partecipò complessivamente a 37 missioni di bombardamento. Il suo aereo faceva parte della prima ondata di bombardieri che colpì la città di Dresda, nell'apocalittico bombardamento del 13 febbraio 1945.
Un bombardiere Lancaster come quello su cui era imbarcato Tripp

In seguito, Tripp scrisse che quello del bombardamento di Dresda restava ancora, dopo molti anni, un pensiero molto sgradevole; ma aggiunse che lui e gli altri aviatori si erano prestati a una tale azione perché persuasi che avrebbe dato un contributo all'accorciamento della guerra.
Terminata la guerra, Tripp riprese gli studi completandoli con la laurea in Legge. Intraprese la carriera di avvocato, si sposò ed ebbe tre figli, tra cui un ragazzo autistico. Condusse una vita piuttosto ritirata, divisa prevalentemente tra il lavoro e la famiglia, e per un certo periodo soffrì di una forma di depressione che lo indusse a ricorrere alla psicoterapia.
Tripp nella mezza età, quando faceva l'avvocato

Dopo essere andato in pensione nel 1983, morì nella sua casa di Potters Bar, sempre nell'Hertfordshire dove aveva passato tutta la vita, il 2 settembre 2000.
In tutto questo, trovò però il modo di scrivere e pubblicare (dal 1952 al 1999) ben 37 romanzi e almeno 13 racconti. Il più noto dei suoi libri, però, è sicuramente The eight passenger (L'ottavo passeggero), del 1969, sulle sue esperienze militari. Qui, racconta la storia del giovanissimo equipaggio di bombardiere del quale fece parte. Il tono, inizialmente, sembra a tratti goliardico, come si conviene a una vicenda di ragazzi che vanno all'avventura: ma, più si va avanti, più la percezione della tragedia in cui si è rimasti invischiati diventa percettibile. Soprattutto, Tripp non smette di porsi il problema della necessità di bombardare obiettivi civili, e Dresda in particolare, giungendo alla dolorosa conclusione ex post che non era affatto necessario ma precisando che, all'epoca, nessuno dei piloti e degli equipaggi ne sapeva abbastanza della questione da potersi permettere un qualsiasi giudizio autonomo in contrasto con quello dei comandi.
L'ottavo passeggero del titolo, su un equipaggio di sette uomini, è la Morte, che li accompagnò in tutte le loro missioni e di cui tutti sentivano chiaramente la vicinanza a bordo (il tasso di mortalità per gli equipaggi da bombardamento, a quel tempo, era altissimo).
La versione italiana di L'ottavo passeggero, pubblicata da Longanesi nel 1970




varie edizioni inglesi di The eight passenger

La gran parte dell'opera di Tripp è però composta da romanzi thriller. Alcuni di questi uscirono sotto lo pseudonimo di Michael Brett (o John Michael Brett), che però l'autore abbandonò quando si rese conto che esisteva già un autore americano con quel nome (vissuto dal 1921 al 2000) e che i lettori li confondevano tra loro.





Le copertine di alcuni romanzi di Tripp

Tripp adorava i libri di Georges Simenon e cercò di muoversi, per quanto possibile, nella stessa direzione. La semplice risoluzione di un enigma poliziesco non gli interessava: la sua attenzione si focalizzava sulle circostanze dei crimini e sulla psicologia dei personaggi coinvolti in essi. Ciò si può apprezzare benissimo nei suoi unici due thriller tradotti in Italiano.
Il primo, Un uomo senza amici (in originale A man without friends, 1970) uscì nel Giallo Mondadori nel gennaio 1971. Si tratta di uno dei migliori romanzi proposti dalla collana nel decennio, peraltro ricchissimo di opere memorabili.
Marcus Wayne è un uomo di modeste origini, che ha fatto fortuna grazie a una brillante carriera scolastica e a un carattere incredibilmente cinico, anaffettivo e amorale, grazie al quale ha potuto permettersi di dedicarsi a professioni altamente remunerative consistenti nell'ingannare gli allocchi (attività imprenditoriali basate sull'elusione fiscale, redazione di oroscopi) senza il minimo scrupolo di coscienza. Poi si è messo a fare il grafologo e, sotto una tale veste, può permettersi di posare a rispettabile membro delal società. Collezionista di facili conquiste femminili, finisce per trovarsi coinvolto senza rendersene conto in un pericoloso triangolo, dal quale scappa infine il morto. Oggetto di sospetti da parte della polizia, nonostante sia innocente, sembra godersi come un gioco l'indagine, affidata al rozzo ma pratico ispettore Crouch, al quale Wayne si sente enormemente superiore sul piano intellettuale. Tuttavia, ignora che il vero colpevole sfrutta la sua presunzione e la sua smania di protagonismo per incastrarlo: quando se ne rende conto è troppo tardi per rimediare, e finisce arrestato e condannato. In carcere, gli arriverà una lettera anonima in cui il vero colpevole gli spiega come sono andate le cose e, nel frattempo, si fa beffe di lui.

La versione originale e la traduzione italiana di Un uomo senza amici

Per poter leggere un altro thriller di Tripp in Italiano, ci sono voluti 40 anni. Nel 2011, Polillo pubblica, nella splendida (ma purtroppo già estinta) collana “I mastini”, il suo Delitto sul Mar Rosso (in originale Kilo Forty o Death is catching, del 1963), una storia incentrata sulla vacanza di quattro amici (un inglese, un armeno e una coppia di francesi) in una località egiziana incontaminata, perfetta per riposarsi, nuotare e andare a pesca. I quattro non si frequentano abitualmente, si sono solo incontrati più volte prima di decidere di partire insieme. La convivenza non si rivela facile e presto cominciano a emergere degli attriti, dovuti non tanto a difficoltà quotidiane quanto al fatto che ognuno sembra conoscere dei segreti inconfessabili degli altri. Una mattina, anche qui, ci scappa il morto. I tre superstiti non sanno chi lo abbia ucciso ma si sospettano l'un l'altro e ognuno teme che gli toccherà essere il prossimo. A questo punto, si trovano gradualmente avviluppati in una ragnatela di alleanze effimere e non basate sulla fiducia reciproca, in un clima di diffidenza sempre maggiore. Un solo personaggio arriverà vivo alla fine del romanzo.

La versione originale e la traduzione italiana di Delitto sul Mar Rosso

Dopo di questi, in Italia, non ce ne sono stati altri. In Francia, ne sono stati tradotti 6, compresi i 2 usciti anche in Italiano.
Da un romanzo di Tripp non tradotto né in Italiano né in Francese, The cicken (1966), è stato tratto il film The strange vengeance of Rosalie, di Jack Starrett, con Bonnie Bedelia, Ken Howard e Anthony Zerbe, che in Italia arrivò con il titolo Una maledetta piccola squaw (ma è pochissimo noto).

Locandina e pubblicità di The strange vengeance of Rosalie

Prima che una serie di post sul web districassero la matassa, era possibile ritrovarsi a leggere, convinti che fossero di Tripp, dei libri del Michael Brett americano, dato che la Longanesi, nelle sue collane di gialli economici, ne tradusse 5 durante gli anni '60 e un sesto negli anni '80. Si tratta, come si può notare subito, di classiche detective stories all'americana (con un personaggio fisso, l'investigatore McGrath), diversissime dalle storie che scriveva Tripp.

Due romanzi del Michael Brett americano




lunedì 6 marzo 2017

L'ultima esecuzione capitale a Guam

Guam è un'isola del Pacifico, la maggiore e più meridionale delle Marianne, a Est delle Filippine. Dopo essere stata un possedimento spagnolo a partire dal XVI secolo, dopo la guerra ispano-americana del 1898, passò agli Usa, cui appartiene tuttora come territorio non incorporato (uno status analogo a quello di Porto Rico). Nel dicembre del 1941, come tutto l'arcipelago, fu occupata dai giapponesi ma nell'estate del 1944, dopo una serie di durissimi combattimenti durati dal 21 luglio all'8 agosto, fu riconquistata dagli americani che, una volta riconquistate le Marianne, se ne servirono come base per le incursioni aeree sul territorio giapponese. I due B-29 che nell'agosto 1945 sganciarono le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki partirono da Tinian, che si trova circa 200 km a NNE di Guam.



Immagini dalla seconda battaglia di Guam, quella del 1944

Attualmente, Guam conta circa 160.000 abitanti, in gran parte chamorro (autoctoni) e filippini. Di origine americana o caucasica è solo il 10% della popolazione.
La posizione di Guam nel Pacifico

Una vista aerea dell'isola

Suddivisione amministrativa dell'isola

Nel 1948, la demografia era molto diversa da quella attuale: gli abitanti erano circa 55.000 e chamorro e filippini ne rappresentavano solo la metà. Il resto erano tutti americani, tra cui molti militari.
In quell'anno, la piccola comunità di Guam fu scossa da un delitto impressionante. La sera dell'11 dicembre, una ragazza di 27 anni, Ruth Farnsworth, originaria di S. Francisco, commessa in un negozio di artigianato locale e fidanzata con un sottufficiale dei Marines, fu rapita dal negozio in cui si trovava da sola. Dopo quaranta ore di ricerche, fu ritrovata priva di sensi nella giungla: era stata picchiata a sangue e stuprata più volte. Sebbene portata immediatamente in ospedale, morì nella notte del 14 dicembre senza aver ripreso conoscenza.
Le successive indagini portarono all'incriminazione, nel gennaio 1949, di tre militari appartenti all'aeronautica: il soldato 27enne Calvin Dennis, di Frederick (Maryland); il soldato 20enne Herman Dennis, di Calvert (Texas); il sergente 32enne Robert P. Burns, di Spokane (Washington). I due Dennis, malgrado ciò che scrissero al riguardo i giornali del tempo, non erano parenti tra loro. I tre arrestati avevano un solo elemento in comune: erano tutti di colore.
Un capitolo mai aperto, sicuramente perché troppo imbarazzante, della storia delle forze armate americane è quello relativo alle discriminazioni di cui furono fatti oggetto i militari di colore durante soprattutto la II guerra mondiale e nei periodi successivi. Uno dei pochi episodi dei quali si è a conoscenza è quello relativo all'uccisione, nel campo di prigionia di Fort Lawton (vicino Seattle) del prigioniero italiano Guglielmo Olivotto, un geniere trevigiano nato nel 1911 che era stato catturato in Africa. Olivotto fu trovato impiccato a un palo la mattina del 15 agosto 1944 e, per questo delitto, 43 soldati di una compagnia di colore che si trovava sul posto furono sottoposti a corte marziale e 28 di essi finirono condannati a varie pene detentive. Ricerche successive, culminate nel libro inchiesta “On American soil” di Jack Hamannun, che intervistò tutti i testimoni sopravvissuti, evidenziarono che, invece, Olivotto era stato ucciso da alcuni membri bianchi della Military Police, che erano soliti vessare i prigionieri, specie italiani.
Le prove su cui si basò l'inchiesta contro i due Dennis e il sergente Burns, condotta dal tenente Hackett della Military Police e dall'ispettore di polizia Al Riedel, giunto apposta da Berkeley in California per occuparsi del caso, erano davvero poco consistenti: la meccanica del rapimento mostrava che questo aveva coinvolto almeno due persone; in una jeep che era stata usata da Calvin Dennis fu trovato un grembiule sporco che un testimone dichiarò appartenente a Ruth Farnsworth.
Ufficialmente, Herman Dennis fu smascherato dalla prova del pantografo (macchina della verità) cui fu sottoposto da Riedel, confessando e facendo i nomi dei due complici; ma questa versione era, già in partenza, smentita da altre testimonianze. Un caporale, Moss H. Scroggins, di Baltimora, dichiarò di aver visto Calvin Dennis allontanarsi dal teatro in cui aveva seguito uno spettacolo insieme a dei commilitoni, solo alle 21,00. Ruth Farnsworth era scomparsa già alle 20,30 e dal teatro al suo negozio c'erano da percorrere quasi 15 km. Lo stesso Scroggins disse di essere tornato in caserma, dopo lo spettacolo, insieme a Herman Dennis.
Herman Dennis e Robert P. Burns, a dire il vero, erano già noti alle autorità di Guam. Non per aver commesso delitti di qualche genere, ma solo per aver denunciato che a Guam i soldati di colore erano sottoposti a discriminazioni. Anche il testimone Scroggins, che non fu creduto, era nero come loro. E tutto questo getta una luce particolarmente inquietante sulla vicenda.
Al processo, celebrato tra l'aprile e il maggio del 1949 davanti a una Corte Marziale, Herman Dennis dichiarò che la confessione gli era stata estorta a forza di botte e intimidazioni. Calvin Dennis, invece, confermò la sua confessione di aver partecipato al solo rapimento ma non alle successive violenze, che sarebbero state opera degli altri due da soli. Molti testimoni citati dalla difesa non si presentarono o rilasciarono testimonianze confuse. L'avvocato Daly, che patrocinava Herman Dennis, denunciò di essere stato sottoposto a ogni sorta di minacce da parte dei membri della Military Police.
Herman Dennis e Robert P. Burns furono condannati a morte, Calvin Dennis all'ergastolo.
Il caso ebbe strascichi lunghissimi. La regolarità del processo fu messa in dubbio non solo dai legali e dai familiari dei due condannati a morte, ma anche da molte personalità del mondo intellettuale, accademico e giuridico americano. Per ben due volte, nel 1952 e nel 1953, le azioni legali intraprese per ottenere l'annullamento delle condanne e il rifacimento del processo, arrivarono fino alla Corte Suprema Federale di Washington, che respinse entrambe le istanze: la prima volta dichiarò formalmente corretto il processo e la seconda volta dichiarò che la Corte Marziale era perfettamente competente a giudicare anche per questo tipo di imputazioni.


Il delitto, il processo e l'esecuzione raccontati dai giornali del tempo

Herman Dennis e Robert P. Burns furono impiccati il 27 gennaio 1954. La loro esecuzione è stata l'ultima nella storia di Guam.
Lucy Dennis, la sorella più piccola di Herman Dennis (che non conobbe mai, perché è nata dopo la sua morte), nonché sua unica parente rimasta in vita, si batte da anni perché la memoria di suo fratello sia riabilitata, ma finora senza alcun risultato.