lunedì 27 gennaio 2020

I gialli italiani di Timothy Williams... e degli altri


L'Italia ha sempre ospitato artisti stranieri e alcuni di questi si sono talmente legati al nostro Paese da farne il soggetto delle loro opere. Questo è accaduto anche per un numero sorprendente di scrittori di gialli, visto che almeno 4 firme conosciute in tutto il mondo, pur essendo di nazionalità inglese o americana, dopo aver vissuto a lungo in Italia, hanno scritto una serie di gialli di ambientazione e personaggi italiani, in tutti i casi di notevole successo.
Due di questi autori ci hanno lasciati prematuramente nel 2007. Erano anche nati nello stesso anno, il 1947: si tratta di due inglesi, Michael Dibdin e Magdalen Nabb. Il primo, autore della serie dell'ispettore veneziano (ma attivo soprattutto a Roma) Aurelio Zen, che ha anche originato una miniserie televisiva; la seconda, che si era stabilita a Montelupo Fiorentino e svolgeva anche l'attività di ceramista, autrice della serie del maresciallo Salvatore Guarnaccia, attivo a Boboli, Firenze. Tutti i romanzi di questi autori sono stati tradotti in Italiano (la Nabb, in realtà, ne ha già scritti la maggior parte direttamente in Italiano).

Michael Dibdin





Alcuni libri di Dibdin nelle edizioni italiane

Rufus Sewell e Caterina Murino nella serie tv ispirata ai romanzi di Dibdin

Magdalen Nabb


Due titoli della Nabb

Una terza autrice rappresenta un caso particolare. Donna Leon, americana, nata nel 1942, vive da molto tempo a Venezia, dove ambienta i suoi romanzi della serie del commissario Guido Brunetti. La Leon ha deliberatamente scelto di non farsi tradurre in Italiano per non essere conosciuta dal pubblico italiano e mantenere un relativo anonimato nella vita quotidiana.
Donna Leon


Due titoli di Donna Leon

Un ulteriore caso a parte è quello rappresentato da Timothy Williams. Questo, nato a Londra nel 1946, ha vissuto a lungo tra Bari e Pavia negli anni '70-'80, lavorando come ricercatore universitario . Poi è stato insegnante di Francese in licei della Guadalupa.
Timothy Williams negli anni '80

Williams oggi

Nei primi anni '80, subito dopo la Nabb (che dà alle stampe il suo primo titolo, Morte di un inglese, nel 1981), esordisce con un romanzo di ambientazione italiana, Converging Parallels (1982) che viene tradotto in Italiano con il titolo Il poliziotto è solo, nel Giallo Mondadori (1984). Dopo di allora, però, nessun altro libro di Williams viene tradotto in Italiano. Anzi, sembra che il solo libro tradotto, la cui vicenda si svolge nei giorni del sequestro Moro, abbia subito pesanti tagli in fase di traduzione.
Con questo libro, Williams dà inizio alla serie del commissario Piero Trotti, che opera in una cittadina abbastanza facilmente identificabile con Pavia, e sarà protagonista di 6 storie.



Due edizioni inglesi e quella italiana di Converging Parallels



Altri libri della serie

Nelle sue opere di ambientazione italiana, Williams ha trattato molti argomenti di attualità, come il terrorismo, la corruzione e le inchieste di “Mani Pulite”. Il poliziotto è solo parte dalla misteriosa scomparsa di una bambina di 6 anni, figlia di un ex poliziotto divenuto tassista e amico di Trotti, orfana di madre. Nel bel mezzo delle ricerche, la bambina riapparirà da sola, facendo pensare che, più che essere stato concepito a scopo di estorsione, il sequestro può essere inteso come una sorta di avvertimento ai nonni. Intanto, però, Trotti è costretto ad avere a che fare con le fissazioni del suo questore, Leonardelli, che lo obbliga a impegnare i pochi uomini disponibili nel pedinamento di alcuni “sovversivi”, i quali non sono altro che studenti un po' esuberanti. Al tempo stesso, Trotti deve vedersela continuamente con il manifesto razzismo dei cittadini verso gli abitanti di un campo nomadi posto appena fuori città e con la diffidenza generale (cui lui stesso non va esente) verso i meridionali. Man mano che va avanti l'indagine sulle oscure circostanze del rapimento, Trotti smaschera il coinvolgimento diretto o marginale di molte persone insospettabili e la rete di ricatti reciproci che le lega. Queste scoperte non sono la parte migliore del romanzo, perché il modo in cui emergono gli elementi decisivi per arrivare a esse non è sempre chiaro e talvolta sembra quasi casuale.
Un altro aspetto della vita di Trotti sono i problemi familiari. La bella moglie Agnese, medico che non esercita ma si dedica alla rappresentanza di medicinali, sembra ignorarlo e preferire la bella vita di società alla sua compagnia, ma si caccia nei guai finendo in una retata che smaschera una bisca clandestina. A sostenere affettivamente il commissario provvede soprattutto la figlia adolescente Lucia, detta Pioppi. Nei romanzi successivi, la ragazza avrà problemi di anoressia, mentre la moglie si trasferirà in Usa per ragioni di lavoro, lasciando Trotti sempre più solo. Negli ultimi romanzi, la figlia è sposata e ha due bambini, cui Trotti è molto legato.
In questo romanzo, il lettore fa la conoscenza anche di alcuni collaboratori del commissario, in particolare gli agenti Magagna e Pisanelli che avranno ruoli importanti in tutti i romanzi successivi.
Nei Paesi anglofoni, questa serie riscuote ancora un discreto successo, tanto è vero che tutti i suoi romanzi sono stati recentemente ristampati dalla Penguin Books.





La serie completa di Trotti in Penguin Books




martedì 21 gennaio 2020

L'incendio di Peshtigo tra fantasiose ipotesi e realtà riportate


Un caso da manuale di disastro dovuto all'incuria umana diventa l'oggetto di una speculazione tra lo pseudoscientifico e il soprannaturale.
A riferircene, sono diverse fonti, tra cui l'ineffabile (e infaticabile) Charles Berlitz. L'episodio è datato domenica, 8 ottobre 1871: giorno passato alla Storia per il Grande Incendio di Chicago (“Great Chicago Fire”), che bruciò oltre 17.000 edifici e lasciò sul campo circa 300 vittime.
Un'illustrazione d'epoca sull'incendio di Chicago

Foto d'epoca di Chicago subito dopo l'incendio

Molto meno noto è il fatto che, lo stesso giorno, diversi altri incendi scoppiarono nelle zone vicine. Il più importante di questi si ebbe a Peshtigo, una cittadina del Wisconsin a breve distanza dal lago Michigan, circa 400 km a Nord di Chicago. Fu un disastro molto più grande in termini di vite umane, dato che il bilancio finale parla di 2500-3000 morti.
La distanza tra Chicago e Peshtigo

Berlitz (ma non solo lui) spiega la coincidenza di questi incendi disasatrosi ricorrendo alla teoria proposta a suo tempo dal politico del Minnesota Ignatius Donnelly (1831-1901), già appassionato sostenitore dell'ipotesi del continente sommerso sotto l'Oceano Atlantico con la civiltà che ospitava, l'Atlantide. In un libro del 1887, Donnelly propose come causa un corpo celeste, la cometa di Biela, scoperta nel 1872 e apparsa più volte a scadenze ventennali, che nel 1846 si era presentata spaccata in due; attesa per il 1866, non si era ripresentata, salvo poi ricomparire in parte (la testa, si ritenne) nel 1872, suddivisa in una pioggia di meteoriti. Secondo Donnelly, nel 1871, la coda staccata della cometa aveva raggiunto la terra, bombardandola sotto forma di meteoriti arroventate che avrebbero innescato gli incendi.
Ignatius Donnelly


Le copertine di due bestseller di Donnelly ancora in commercio negli Usa, mentre non è possibile trovare quella del libro sui fatti di Peshtigo

La cometa di Biela in una rappresentazione artistica che mostra come si presentò nel 1846

La possibilità appare estremamente remota. I meteoriti raccolti una volta caduti a terra appaiono freddi al tatto e, se pure qualche frammento si fosse arroventato attraversando l'atmosfera, sarebbe esploso in volo e non a terra.
Peraltro, non è neppure necessario andare a elaborare un meccanismo così improbabile. Nel pieno rispetto del Rasoio di Occam, ci si può tranquillamente attenere ai fatti accertati, che ci forniscono una grande quantità di indizi decisivi.
Innanzitutto, l'area era ricoperta da foreste fittissime, al punto che si diceva che in certi Stati uno scoiattolo avrebbe potuto passare da un confine all'altro senza mai toccare terra, solo saltando da un albero all'altro.
Proprio per la ricchezza delle sue risorse forestali, l'area stava subendo importanti trasformazioni. La comunità dei suoi residenti era formata in gran parte da boscaioli, ma vi erano anche agricoltori e operai intenti a costruire la linea ferroviaria che avrebbe operato soprattutto nel settore merci per trasportare i tronchi degli alberi tagliati. Tutte queste categorie di manovali facevano ampio uso del fuoco per bonificare i terreni dalle radici degli alberi tagliati. Piccoli incendi venivano accesi ogni giorno. A questi, si devono aggiungere gli incendi accidentali, dovuti ad esempio all'emissione di scintille da parte dei motori a vapore dei mezzi ferroviari.
Da oltre un anno, l'area era anche soggetta a una persistente siccità, che aveva seccato i torrenti rendendo difficile il trasporto dei tronchi via acqua e messo in serie difficoltà l'agricoltura di sussistenza delle tribù native della zona.
In pratica, l'intera area era letteralmente ricoperta di legno secco, o usato anche come materiale per costruire tutte le strutture o destinato a essere trasportato altrove. Praticamente, qualsiasi incendio avrebbe potuto estendersi e rigenerarsi senza trovare ostacoli. Ce n'erano già stati alcuni, nelle settimane precedenti, ma erano stati domati prima che si estendessero.
L'incendio di Peshtigo ha lasciato pochi testimoni (la percentuale di residenti morti fu altissima) e il più importante tra essi è un sacerdote cattolico nato in Francia nel 1825, Peter Pernin, che scrisse un libro sul fatto, pubblicato nel 1874.
Padre Peter Pernin

Il libro di Padre Pernin

Padre Pernin stava tornando da una breve battuta di caccia nei boschi insieme a un ragazzo che gli aveva fatto da guida, al crepuscolo, quando entrambi si ritrovarono, senza alcun preavviso, circondati dalle fiamme. Fortunatamente, erano presenti altri uomini che, battendo sugli arbusti fino a spegnerli, rallentarono la progressione del fuoco, permettendo ai due di uscire dal bosco e correre con loro verso l'abitato.
Qui, però, la situazione non era migliore. C'era fumo dappertutto e la gente non sapeva cosa fare. Alcuni, ottimisticamente, se ne andarono a cena, mentre altri rimasero in strada a discutere. Man mano che scendeva la notte, si rendeva sempre più evidente come all'orizzonte si stesse alzando un bagliore rosso, sempre più vistoso, accompagnato da un suono simile a un ruggito, che si faceva sempre più forte.
Infatti, quasi improvvisamente, la cittadina fu investita da una densa nuvola di fumo, che appiccò il fuoco dappertutto. Perfino quelli che avevano collegato le pompe ai pozzi capirono che ogni resistenza sarebbe stata inutile e tentarono la fuga. Molte persone presero fuoco mentre correvano. Altre riuscirono a raggiungere il fiume che attraversava la città e aveva lo stesso nome di questa, ma anche quelli che non si tuffarono prontamente bruciarono vivi.
Illustrazione d'epoca raffigurante l'incendio

Foto colorizzata che mostra l'area dopo l'incendio

Giornale locale con articoli sull'incendio

Altra immagine scattata subito dopo l'incendio

Altra pubblicazione d'epoca

Le particolari condizioni di pressione atmosferica fecero sì che le fiamme e il fumo passassero ripetutamente sulla superficie dell'acqua, costringendo quelli che si erano tuffati a tenere a lungo la testa sotto, con il risultato che diversi tra essi annegarono; poiché l'incendio durò a lungo (Padre Pernin restò nel fiume per oltre 5 ore), altri sopravvissuti morirono per ipotermia e forza di rimanere immersi nell'acqua fredda. Bruciò anche una goletta che si trovava all'ancora sul fiume, la George L. Newman, ma l'equipagio sopravvisse.
Al di fuori del fiume, sopravvissero solo quei pochi che erano riusciti a trovare rifugio dentro qualche caverna di roccia, dove l'incendio non arrivò. Una circostanza che si ritenne miracolosa fu che alcune religiose, guidate da suor Adele Brise (di origine belga, vissuta dal 1831 al 1896, e destinata a diventare una veggente, per la quale è in corso un processo di beatificazione), insieme ad alcuni profughi, si rifugiarono in una cappella nella località di Robinsonville, poco distante, e sopravvissero benché l'area circostante fosse bruciata completamente.
Suor Adele Brise

La moria di persone fu nulla in confronto a quella di animali. Nemmeno gli uccelli del bosco riuscirono a salvarsi, perché le fiamme furono talmente alte da raggiungerli e risucchiarli nel vortice.
Altri incendi, nelle stesse ore, colpivano altre località del Midwest, come Holland, Manistee e Port Huron. Alla fine, risultò distrutta un'area di foresta complessivamente più grande dell'intero stato del Rhode Island.
Molti dei sopravvissuti erano gravemente ustionati o feriti. Nel pomeriggio del giorno seguente, arrivarono i primi soccorsi dalla cittadina di Marinette, distante una dozzina di km e toccata solo marginalmente dalle fiamme. Gli infermi che non morirono prima furono trasportati in questa città.
Soccorsi meglio organizzati dovettero attendere, perché anche le linee telegrafiche erano andate distrutte. Qualche volontario dovette raggiungere Green Bay, a circa 80 km, prima di trovare un ufficio telegrafico funzionante. Il governatore del Wisconsin, Lucius Fairchild (1831-96), un eroe della Guerra di Secessione e convinto abolizonista della schiavitù, ricevette la notizia il 10 ottobre, mentre era già in viaggio con un convoglio di soccorsi per la città di Chicago: sua moglie Frances Bull (1846-1925), nota filantropa, fece staccare una parte del convoglio e lo dirottò a Peshtigo. Successivamente arrivarono altri soccorsi dal resto degli Stati Uniti.
Lucius Fairchild militare, con il braccio sinistra appena amputato

Fairchild con la moglie Frances Bull

Oggi, un museo cittadino e un santuario mariano (nella cappella in cui sopravvissero suor Adele e gli altri) ricordano il fatto.
Il cimitero di Peshtigo