martedì 27 novembre 2018

L'Adagio di Albinoni è un falso?


Uno dei protagonisti della ricca stagione musicale del Barocco Veneziano (e italiano in generale) è sicuramente Tomaso Albinoni, nato appunto a Venezia l'8 giugno 1671 e ivi morto il 17 gennaio 1751. Nato in una ricca famiglia di industriali cartari originari del Bergamasco (all'epoca appartenente alla Repubblica Veneta), non fu musicista per professione ma solo per passione, al punto che si fece chiamare “Dilettante veneto”.
Tomaso Albinoni

Ma dilettante lo era solo nel senso del diletto, perché stiamo comunque parlando di un compositore di prim'ordine, autore di pezzi originali e capaci di superare tranquillamente la prova del tempo. Grande viaggiatore, fu più volte in Germania, in particolare in Sassonia. Qui, nella Biblioteca Nazionale Sassone, a Dresda, sono rimasti custodite le partiture autografe di diverse sue opere inedite per alcuni secoli.
L'antica Biblioteca Nazionale Sassone di Dresda

La nuova Biblioteca Nazionale Sassone di Dresda
L'interno della Biblioteca Nazionale Sassone

Dresda fu sottoposta a un terrificante bombardamento aereo tra il 13 e il 15 febbraio 1945. In quest'occasione, tra i tanti edifici distrutti vi fu anche la Biblioteca Nazionale. In tal modo, insieme a molti altri importanti documenti e a tante opere d'arte, andarono perdute anche le opere di Albinoni.
Nello stesso 1945, tuttavia, arrivò a Dresda un musicologo e compositore romano impegnato nella ricostruzione del catalogo delle opere di Albinoni, Remo Giazotto, nato nel 1910, e si mise al lavoro sul poco che era stato ritrovato tra le macerie. In particolare, su sei frammenti di melodia, che identificavano almeno due spunti, e un “basso numerato” in Sol minore, le cui strutture suggerivano l'appartenenza alla musica da chiesa anziché da camera: tale che, sebbene non fossero riportati da nessuna parte gli strumenti che dovevano eseguire il pezzo, Giazotto assegnò il basso a un organo e la melodia agli archi. Ipotizzò anche che appartenesse a una parte della op. 4 del maestro, datandola approssimativamente al 1708.
Remo Giazotto
L'organo della chiesa veneziana di S. Nicola da Tolentino

Ne venne fuori, così, la ricostruzione di un Adagio (probabilmente il tempo di mezzo di una sonata, preceduto e seguito da due Allegri andati perduti) che fu pubblicato nel 1958 dalla Ricordi e ottenne da subito un enorme successo, destinato a travalicare i confini della musica barocca e perfino classica, tant'è vero che oggi se ne possono ascoltare versioni di tutti i generi, comprese quelle accompagnate da un testo cantato, il più famoso dei quali è probabilmente quello in Italiano eseguito dal cantante tedesco Udo Jurgens (1934-2014) nel 1968.


Alcune versioni attualmente in commercio dell'Adagio

L'attuale spartito del pezzo

Udo Jurgens negli anni '60

Il pezzo è entrato poi a far parte di moltissime colonne sonore televisive e cinematografiche ed è regolarmente eseguito in occasione di importanti cerimonie, di cui la più nota è stata il funerale di Enrico Berlinguer a Roma nel 1984.
La fama dell'Adagio appare definitivamente consolidata quando Giazotto muore, nel 1998 (il musicologo è tra l'altro il padre di un importante astrofisico italiano, Adalberto Giazotto, insigne studioso di onde gravitazionali). Nello stesso anno, però, altri ricercatori si recano alla Biblioteca Nazionale Sassone e non vi trovano da nessuna parte i frammenti su cui Giazotto affermò di aver lavorato. C'è solo il “basso numerato”. Almeno questa è la versione ufficiale e quindi quella che poi si è affermata nel tempo.
Adalberto Giazotto (1940-2017)

In altri termini, Giazotto avrebbe solo preso ispirazione da Albinoni, ma l'Adagio l'avrebbe composto lui personalmente. Solo le prime note, al massimo, sarebbero di Albinoni. L'opera sarebbe quindi un falso. Non si può certo paragonare a certe ricostruzioni attentissime e filologicamente perfette come quella del concerto per flauto e orchestra da camera denominato "La notte" di Vivaldi, compiuta da un altro musicologo italiano (nonché importante compositore del '900), Roberto Lupi (che però aveva a disposizione molto più materiale. Lupi, tra l'altro, è l'autore della celebre "Armonie del pianeta Saturno" che per molto tempo è stata la sigla della Fine delle trasmissioni della Rai).
Roberto Lupi (1908-71)

Una parte del mondo della musica obietta che parlare di “falso” è piuttosto improprio. Ai tempi di Albinoni era normale elaborare brani musicali partendo da spunti di altri musicisti, e Giazotto non avrebbe fatto altro che questo, rispettando perfettamente lo spirito del tempo originale. Ha più senso parlare di una strana “collaborazione” spalmata su oltre due secoli.
In seguito, Giazotto è stato accusato di aver quanto meno forzato le interpretazioni di alcuni fatti concernenti la vita di Antonio Vivaldi, di cui pure si è a lungo occupato.
Antonio Vivaldi (1978-1741)

In “Documenti inediti su Vivaldi a Roma” (Olschki, Firenze, 1982), Fabrizio Della Seta, dell'Università di Pavia, smentisce la sua ricostruzione della querelle che oppose Vivaldi alla famiglia Marcello (la stessa dei compositori Benedetto e Alessandro, quest'ultimo autore di un altro Adagio, universalmente noto come “Anonimo veneziano” dopo essere stato il leitmotiv della colonna sonora del film omonimo) per questioni inerenti la gestione del teatro S.Angelo di Venezia, intorno al 1720.
Fabrizio Della Seta (1951)

Benedetto Marcello (1686-1739)

Alessandro Marcello (1673-1747)

Tony Musante e Florinda Bolkan in una scena del film "Anonimo veneziano"

La studiosa americana Eleanor Selfridge-Field, della Stanford University, ha poi messo in dubbio l'esistenza, dichiarata da Giazotto, di un documento sottoscritto da un censore veneziano riguardo la prima rappresentazione della terza opera lirica di Vivaldi, “Arsilda, regina del Ponto”, datato 1716. Poiché Giazotto ha messo mano anche al catalogo delle opere di Vivaldi, alcuni dei suoi detrattori arrivano a sostenere che potrebbe essere lui l'autore di alcune composizioni attribuite a Vivaldi, così come forse lo sarebbe di altri pezzi ancora di Albinoni.
Eleanor Selfridge-Field



sabato 17 novembre 2018

Il caso Steven Linscott, tra sogni, scienza e forzature


Oak Park (“Parco delle Querce”) è un comune dell'Illinois, poco a Ovest di Chicago, che appartiene a un'area popolata dal 1840 circa ed è divenuto municipio nel 1902. Nonostante non sia molto grande (oggi conta poco più di 50.000 abitanti), la sua buona fama è notevole, grazie alle sue ottime scuole, in cui hanno studiato tra gli altri scrittori come il premio Nobel Ernest Hemingway e il poeta Kenneth Fearing (entrambi nativi proprio di Oak Park), agli edifici progettati da Frank Lloyd Wright in oltre un ventennio che risiedette in questa cittadina (dal 1889 al 1913) e alla vivace comunità di artisti che vi risiede più o meno stabilmente.
Ernest Hemingway (1899-1961)

Un'immagine giovanile di Kenneth Fearing (1902-61)

Frank Lloyd Wright (1867-1959) nel periodo in cui abitava a Oak Park





Alcuni degli edifici di Oak Park progettati da Wright

Come tutte le città del mondo, però, anche Oak Park ha la sua quota di criminali e delitti, e uno di questi delitti è al centro di un curioso caso giudiziario, consumatosi tra il 1980 e il 2002, che da un lato è citato fantasiosamente come esempio di fatto soprannaturale (dal solito Charles Berlitz) e da un altro evidenzia come i test scientifici in vigore prima dell'avvento di quelli sul Dna potessero portare a facili errori giudiziari quando se ne forzava l'interpretazione.
Questa vicenda comincia il 4 ottobre 1980, quando Karen Ann Phillips, aiuto infermiera di 24 anni residente nell'area più modesta di Oak Park (che all'epoca contava elevati livelli di microcriminalità), fu ritrovata morta, seminuda, stuprata e percossa violentemente sulla testa, nel suo appartamento.
Durante i rilevamenti, i poliziotti del distretto, guidati dai detective Robert Scianna e Robert Grego, interrogarono tutti i vicini di casa e, così facendo, si imbatterono in uno strano personaggio, il ventiseienne studente di Teologia Steven Linscott, sposato e padre di tre figli nonché impiegato presso la Missione del Buon Vicino, una istituzione religiosa che si occupava dell'assistenza e del recupero di ex detenuti, ex tossicodipendenti e vagabondi.
Steven Linscott nel 2002

Linscott non aveva né visto né sentito nulla, riguardo il delitto. Ma poco dopo essere stato interrogato ricontattò la polizia e riferì di aver fatto un sogno, nella stessa notte del delitto, in cui lo aveva visto commettere. Raccontò che l'assassino era un uomo biondo poco più basso di lui, che toccava i 180 cm.
L'unica immagine di Karen Ann Phillips reperibile sul web è quella della sua tomba

I poliziotti, mettendo a verbale le sue dichiarazioni, si resero conto che c'era qualche coincidenza tra il suo racconto e quanto risultava dai rilevamenti effettuati, i cui risultati non erano stati divulgati. Ne conclusero che sapesse qualcosa che cercava di nascondere. In conseguenza di ciò, il 25 novembre 1980, Linscott fu arrestato e successivamente accusato del delitto.
Ne seguì un lungo e complesso processo, praticamente tutto indiziario, al termine del quale Linscott fu riconosciuto colpevole di omicidio ma non di stupro, e condannato a 40 anni di reclusione il 23 novembre 1982. In questo processo, sia le testimonianze dei periti di parte, sia il loro uso da parte del pubblico ministero, ebbero un ruolo fondamentale.
I legali di Linscott opposero appello alla sentenza, e la Corte d'Appello dell'Illinois diede loro ragione, annullando la condanna il 7 agosto 1985. Linscott fu però liberato solo dopo che la Corte Suprema dello Stato ebbe confermato questa decisione, il 31 ottobre 1985, dopo aver trascorso oltre 1800 giorni in carcere.
Un anno dopo, però, la Corte Suprema dell'Illinois ritornò sulla decisione e la annullò, ma anziché confermare la condanna di Linscott, rinviò il caso alla Corte d'Appello perché chiarisse per quanto possibile gli aspetti rimasti oscuri.
Nel luglio del 1987, la Corte d'Appello annullò nuovamente la condanna di Linscott, e accusò i pubblici ministeri di aver tenuto una pessima condotta giudiziaria, in quanto avevano apertamente forzato l'interpretazione delle prove tecniche, fuorviando la giuria.
Il processo era da annullare e forse da rifare, ma la questione fu dibattuta per oltre 10 anni. Infine, il 19 dicembre 2002, il governatore George Ryan decise di graziare Linscott precisando che tale grazie arrivava in virtù dell'innocenza dello stesso, mettendo fine al procedimento.
In realtà, come si evince dall'esame delle sentenze della Corte d'Appello, l'innocenza di Linscott non è stata mai dimostrata. Tuttavia, è sempre apparso chiaro che non c'è mai stata alcuna evidenza della sua colpevolezza.
Le accuse, oltre che sulle sue sgangherate dichiarazioni riguardo i sogni, si basarono sui referti relativi ad alcuni capelli ritrovati tra le mani della vittima e sullo sperma rinvenuto nelle sue parti intime.
A quel tempo, in mancanza del test del Dna, gli esami possibili potevano riguardare solo i gruppi sanguigni delle persone da riconoscere. Queste erano però sempre riconoscibili solo dal sangue, in quanto per gli altri fluidi corporei dovevano essere divisi in due distinte categorie. Infatti, gli antigeni (le proteine della membrana cellulare) che identificano i diversi gruppi sanguigni, in alcun soggetti (detti “secretori”) si trovano anche negli altri fluidi corporei diversi dal sangue; mentre, per normali ragioni genetiche, in altri (detti “non secretori”) non vi si trovano. I non secretori sono circa il 20% della popolazione, una percentuale piuttosto elevata.
Linscott era appunto un non secretore e, secondo una delle analisi presentate al processo, lo sperma rinvenuto negli organi genitali della vittima apparteneva a un non secretore. Il pubblico ministero spacciò questo dettaglio per una prova certa della colpevolezza di Linscott, approfittando del fatto che i giurati non sapevano quasi nulla dell'argomento. In realtà, al di là del fatto che la prova era tutt'altro che certa proprio per l'elevata diffusione dei non secretori nella popolazione generale, altri esami avevano indicato che lo sperma apparteneva a un individuo secretore di gruppo 0, ma non furono esibiti al processo e anzi deliberatamente nascosti.
Analoghe forzature si ebbero riguardo l'esame dei capelli, che secondo l'esperto che li esaminò potevano essere compatibili con Linscott, come pure per moltissime altre persone, ma durante l'interrogatorio il pm gli fece dire solo la prima parte della verità.
Linscott, dopo la liberazione, è tornato a vivere con la sua famiglia e ha avuto un altro figlio. La moglie Lois lo aveva seguito andando a vivere vicino al carcere (il Centralia Correctional Center, a Sud dell'Illinois) e lavorando come infermiera. Ha ripreso a fare il lavoro di prima: oggi si occupa soprattutto di assistenza ai carcerati, facendo valere anche l'esperienza maturata quando era uno di loro. Insieme al giornalista Randall Frame, ha scritto un libro di successo (molto venduto negli ambienti cristiani), intitolato “Maximum Security”, sulla sua odissea, ma ha preferito non capitalizzare la sua fama, evitando di apparire in televisione e conducendo una vita piuttosto ritirata in un piccolo paese dell'Illinois, pur occupandosi ancora di errori giudiziari.
La copertina del libro di Linscott, mai tradotto in Italiano