lunedì 28 gennaio 2019

George Langelaan, spia e scrittore


Di solito è raro che uno scrittore nasconda una vita parecchio avventurosa, ma esistono anche delle eccezioni e una delle più significative tra queste è rappresentata dalla figura di George Langelaan, autore franco-britannico nato a Parigi il 19 gennaio 1908 e ivi morto il 9 febbraio 1972.
Langelaan al tempo della guerra, prima della plastica

Langelaan negli ultimi anni

Langelaan, prima della guerra investigatore privato e giornalista, nel giugno 1940 riuscì a imbarcarsi per il Regno Unito su una delle navi in fuga da Dunquerque, subito dopo la disfatta della Francia contro i tedeschi. Convinto antinazista, una volta in salvo, si arruolò nei servizi di spionaggio inglesi, nella sezione F dello Special Operations Executive (SOE), dove raggiunse il grado di tenente. Nel libro autobiografico del 1959 The mask of war, scrive che prima di essere impegnato in azione fu sottoposto a un intervento di chirurgia plastica facciale, per ridurre le orecchie a sventola che lo rendevano troppo facilmente riconoscibile. Il 7 settembre 1941 fu paracadutato in Francia, a sud di Chateauroux, per prendere contatto con la Resistenza francese e incontrare l'ex presidente della Camera Edouard Herriot, che i nazisti tenevano agli arresti domiciliari nonostante non si fosse opposto all'instaurazione del regime filonazista di Vichy. Langelaan non riuscì nella missione, perché fu ugualmente riconosciuto e arrestato il 6 ottobre successivo. Tradotto nel campo di prigionia di Mauzac, fu processato dai nazisti e condannato a morte: ma, prima che la sentenza fosse eseguita, il 16 luglio 1942, riuscì a fuggire e a tornare nel Regno Unito. Successivamente, compì un'altra missione ad Algeri, questa volta senza essere arrestato, e partecipò allo Sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 e alle successive operazioni di liberazione del suolo francese dall'invasione.
L'edizione originale di The mask of the war

Un capitolo poco noto della sua vita è quello che lo vedrebbe infiltrato, dopo la guerra, nei gruppi neonazisti americani, sfruttando la sua amicizia con l'occultista Alesteir Crowley, che aveva un largo seguito presso gli ex nazisti.
Dopo la guerra, tornò al suo precedente lavoro di detective, occupandosi soprattutto di spionaggio industriale. Scrisse anche un importante saggio sull'argomento, Les nouveaux parasites (1969). 
Les nouveaux parasites in edizione originale

Dagli anni '50, tuttavia, fu molto attivo come scrittore di libri autobiografici, di romanzi di spionaggio e di alcuni racconti del soprannaturale che sono presto diventati dei classici del genere, grazie anche alle riduzioni cinematografiche che ne sono state ricavate.



Alcuni libri di narrativa di Langelaan

In Italiano, di tutta la sua opera, sono stati tradotti solo tre racconti: il più noto in assoluto, ossia The Fly (La mosca), uscito in Inglese nel 1957 su Playboy e per la prima volta in Italiano nei Racconti per le ore piccole di Alfred Hitchcock (Feltrinelli, 1962. Ne sono seguite altre edizioni della Garzanti); poi L'autre main (L'altra mano), uscito in Francese nell'antologia Nouvelles de l'anti-monde del 1961 e per l'unica volta in Italiano nell'antologia Horroriana (1979), supplemento ai Capolavori di Segretissimo Mondadori; e, infine, Une mission supplementaire, del 1970, tradotto con il titolo Una missione supplementare in Estate Spia 1976 di Segretissimo.




The Fly è la storia di uno scienziato (francese, si chiama André Delambre) che inventa un dispositivo per il teletrasporto e si dedica a esperimenti in cui teletrasporta oggetti e poi esseri viventi da una stanza all'altra del laboratorio che ha allestito in casa sua. La vicenda è narrata da suo fratello François e parte del rinvenimento del cadavere sfigurato di André sotto il maglio di una pressa che gli ha schiacciato la testa e un braccio. Si tratta dunque di un lungo flashback, in cui si apprende che André aveva messo al corrente del suo lavoro la moglie Hélène, che testimonia di una serie di difficoltà incontrate dal marito e quasi tutte superate, tranne quella insorta al primo tentativo di teletrasporto di un essere vivente, il gatto Dandelo, che non ricompare da nessuna parte.
Una volta perfezionato il metodo di teletrasporto, Delambre ha deciso di sperimentarlo su sé stesso. Tuttavia, anche se l'esperimento inizialmente sembra andato bene, presto insorge un grave problema: durante il teletrasporto di André, la stanza di partenza non conteneva solo lui, ma anche una mosca che era entrata senza che nessuno se ne accorgesse. Il meccanismo di scomposizione in atomi e ricomposizione del corpo dal punto di partenza a quello di destinazione è andato in crisi e, anziché ricomporre separatamente l'uomo e la mosca, ha ricomposto due ibridi. André ha allora incaricato Héléne di ritrovare la mosca, fuggita dalla porta della stanza, con la quale ha scambiato la testa e un braccio, prima che finisca mangiata da un uccello o da un ragno, per tentare un nuovo teletrasporto di entrambi nella speranza che questo basti a ricomporli come erano prima. Ma, anche se la mosca è stata ritrovata, il tentativo è fallito miseramente: il secondo teletrasporto di André e della mosca ha portato alla creazione di due ibridi ancora più complessi, cui contribuiscono anche gli elementi del gatto Dandelo, in realtà mai usciti dal laboratorio. A questo punto, André ha chiesto alla moglie di ucciderlo, in modo da far sparire le sue spaventose deformità.
Successivamente, sarà François a catturare e uccidere la mosca ibrida.
Il successo del racconto indusse il cinema ad impossessarsene, e già nel 1958 uscì un primo film a esso ispirato, intitolato appunto The Fly (in italiano: L'esperimento del dottor K.), ottimamente interpretato dal grande Vincent Price, attorniato da una schiera di bravi caratteristi. Rispetto al testo originale, la sceneggiatura apporta qualche cambiamento alla vicenda: scompare l'elemento del gatto ma la mosca stessa viene presentata come una creatura senziente dopo che l'esperimento le ha dato la testa dello scienziato e una delle sequenze più impressionanti è quella in cui, presa da una ragnatela, sta per essere divorata da un ragno, prima che François, nel tentativo di salvarla, uccida entrambi, rendendo impossibile la ripetizione dell'esperimento e obbligando André a suicidarsi.

Poster e una scena di The Fly

Poiché il film andò molto bene sia a livello di critica sia a livello di pubblico, ebbe due sequel: Return of the Fly (La vendetta del dottor K., 1959) che termina di fatto con un happy end, e Curse of the Fly (La maledizione della mosca, 1965). reso originale dal fatto che stavolta la trasformazione persona-mosca riguarda una donna, interpretata da Carole Gray.

Poster e una scena di Return of the Fly
Poster di The curse of the Fly

Carole Gray prima e dopo la trasformazione

Lungi dall'esaurire il proprio potenziale con questo ciclo, il racconto ha dato origine dopo qualche anno anche a un secondo ciclo, aperto da The Fly (La mosca, 1986), diretto da David Cronenberg e interpretato da Jeff Goldblum, un classico del genere body horror che ha vinto l'Oscar per il miglior trucco nel 1987. Anche in questo caso, la storia originale è abbastanza stravolta, e la narrazione si concentra soprattutto sugli aspetti psicologici dell'uomo-mosca, il quale a un certo punto sembra soddisfatto della sua nuova condizione e addirittura pensa di spingere la fusione di organismi oltre ogni limite, unendosi a formare un'unica entità con la sua compagna e il figlio che essa aspetta.

Poster e una scena di The Fly di Cronenberg

Il sequel, The Fly II (La mosca 2, 1989) è diretto da Chris Walas, il truccatore insignito di Oscar per The Fly, ma appare piuttosto grottesco, avendo al centro la figura di un uomo-mosca già tale dalla nascita, essendo il figlio dello scienziato protagonista del film precedente.
Poster di The Fly II

Un altro film sul tema è dato in uscita per il 2019.
Nel 2008, la vicenda è stata trasposta in un'opera lirica ad opera di Howard Shore.
Manifesto dell'opera

Il secondo racconto di Langelaan arrivato in Italia è, come detto, L'autre main (L'altra mano). Questa storia comincia con un uomo, Jean-Claude Manoque, che si rivolge a un chirurgo per farsi amputare la mano destra, affermando di non riuscire più a controllarne il comportamento. Al rifiuto del chirurgo, entra in una falegnameria e se la fa tagliare da una sega automatica in funzione. Più tardi, spiega al chirurgo stesso e a un commissario che indaga sul fatto che la sua mano era ormai controllata solo dalla volontà di suo cognato Ludo, un viscido criminale che la induceva a compiere azioni pericolose. I due non gli credono ma, dopo aver parlato con Ludo, ricavano una pessima impressione dal personaggio e si domandano se sia possibile comunque incriminarlo per qualche forma di condizionamento operata sul cognato. Ma, mentre si stanno separando, indipendentemente dalla volontà dell'uomo, la mano destra del chirurgo provoca un incidente in cui per poco il commissario non resta ucciso.
Il terzo racconto, Une mission supplementaire, riprende un tema già ampiamente trattato dalla narrativa del Soprannaturale ma arricchito da un'ambientazione molto realistica. A Parigi, nell'estate del 1943, un agente segreto alleato, Bernard, è braccato dai nazisti. Chiede aiuto a un amico, l'architetto Deprade, che frequenta i nazisti ma fa il doppio gioco. Deprade lo sistema in un palazzo abbandonato. Nella notte, Bernard si sveglia perché qualcuno è entrato nell'appartamento. Si tratta di una ragazza che pare anch'essa in fuga, con un abito rosso strappato. La ragazza si presenta come Anne-Marie e avverte Bernard che un agente nazista lo ha seguito. Bernard si chiede come ucciderlo ma Anne-Marie ha già pianificato un finto incidente. Quando il nazista bussa, infatti, la ragazza gli dice di aver visto fuggire un uomo dalla scala di sicurezza. Il nazista si lancia all'inseguimento e cade giù dal quinto piano, perché la scala è sprovvista di ringhiera. Bernard e Anne-Marie attendono l'alba e, poiché la ragazza sembra avere freddo, Bernard la copre con la sua giacca, prima di appisolarsi. Al risveglio, però, non la trova più: Anne-Marie è scesa, ha nascosto il corpo del nazista sotto una catasta di carbone ed è andata via, portandosi la giacca. Bernard riesce a fuggire e a mettersi in salvo. Dopo la liberazione della capitale, torna a Parigi a cercare Anne-Marie. Gli dicono che era la figlia di Deprade e che è morta. Quando va a trovare Deprade, che è in carcere con l'accusa di collaborazionismo, questi gli dice che Anne-Marie è stata fucilata dai nazisti nel novembre del 1942. Bernard si convince che deve esserci stato uno scambio di persona e continua le ricerche della ragazza. Riesce a trovare la sua compagna di cella, che gli descrive Anne-Marie Deprade ed è esattamente la ragazza che lo ha aiutato. Anche se nessuno crede alla sua versione, Bernard accompagna Deprade, una volta che questo è stato liberato, all'esumazione dei resti della figlia fucilata. Lo scheletro di Anne-Marie riappare dallo scavo con addosso i resti di un abito rosso e della giacca di Bernard.
Verso la fine della sua vita, Langelaan si dedicò con particolare interesse ai misteri inspiegabili, non disdegnando di inventarne. Il suo ultimo articolo giornalistico, uscito lo stesso mese della sua morte in La vie claire, narra di una coppia di bambini dalla pelle di colore verde, una femmina e un maschio, apparsi in un uliveto del villaggio di Banjos, presso Gerona in Catalogna, nell'agosto del 1887. Portati a casa del sindaco di Banjos, Ricardo de Calmo, e ripetutamente lavati, i due bambini non avrebbero perso lo strano colore. I due bambini erano avidi di acqua ma mangiavano solo verdure crude; tuttavia il maschio, piccolo e debole, sopravvisse un solo mese prima di spegnersi. La femmina, che dimostrava circa 14 anni, visse in casa del sindaco de Calmo, imparando a esprimersi in Spagnolo e raccontando di essere uscita, insieme al fratello, da una grotta aperta in una collina poco distante dal villaggio, dopo essere cresciuta in un mondo sotterraneo popolato di soli ominidi verdi. Ripetute spedizioni, cui parteciparono anche archeologi, non riuscirono però a identificare l'apertura della grotta. La ragazza morì per cause naturali nel 1892.

Perfino Robert Charroux, che tratta di questo caso in Le livre du passé mystérieux, 1973 (in Inglese The mysterios past, del 1974 e in Italiano Civiltà antiche e misteriose, 1982), pur essendo molto incline a prendere sul serio storie di questo tipo, in quest'occasione manifesta un vistoso scetticismo, raccontando di aver incaricato un giornalista di nome Sergio Berrocal di compiere ricerche sul posto e che queste non hanno portato al minimo risultato.
Robert Charroux (1909-78)



Le edizioni in Francese, Inglese e Italiano del suo libro 






giovedì 10 gennaio 2019

Dalla Storia alla Letteratura al Cinema: Hans Kohlhaase


La Sassonia è oggi uno dei sedici “Bundesländer”, ossia Stati federati, che costituiscono la Germania, grazie alla riunificazione del 1990 (nei 45 anni precedenti aveva fatto parte della Germania Est) e si trova ai confini con Polonia e Repubblica Ceca, in un'area che nel corso dei secoli è passata per vicende storiche travagliatissime. In effetti, il toponimo Sassonia, nel tempo, ha indicato territori di estensione molto variabile e la Sassonia dell'VIII secolo non corrisponde a quella del XV, così come quella attuale non corrisponde a nessuna delle due precedenti.
Prima della riunificazione tedesca del XIX secolo, la Sassonia apparteneva all'ex Sacro Romano Impero, inizialmente (circa intorno al 700 d. C.) indicata come ducato e poi successivamente, dal 1423, come principato. I suoi “principi elettori” (ossia appartenenti al ristretto collegio qualificato a eleggere l'imperatore) appartenevano alla dinastia Wettin, che nel 1485 divisero il territorio tra due fratelli, la Turingia assegnata a Ernesto (principe e capostipite della “linea ernestina”) con capitale a Wittenberg, e la Sassonia assegnata a Alberto (duca e capostipite della “linea albertina”) con capitale a Dresda.
La Sassonia del tempo: la Turingia in rosso e la Sassonia in giallo

Le due casate avrebbero tenuto nei secoli successivi dei comportamenti molto differenti, con parecchie conseguenze a livello di divisioni, aggiunte e perdite di territori, ma non è questo che ci occuperemo adesso.
Nella prima parte del XVI secolo, la Sassonia fu interessata da una serie di gravi disordini, la cui origine era da ricercarsi nella vicenda privata di un sopruso commesso da un nobile sassone ai danni di un borghese originario del Bundesländer che si trova a Nord della Sassonia, il Brandeburgo (all'epoca, occorre sempre ricordarlo, i confini tra Sassonia e Brandeburgo non coincidevano con quelli attuali).
Nell'ottobre del 1532, il mercante Hans Kohlhaase, nato intorno al 1500, originario di Cölln (oggi quartiere periferico di Berlino, all'epoca parte del Brandeburgo) e discendente da una famiglia benestante di fabbri e sarti, si stava recando alla fiera di Lipsia, in Sassonia, quando dei “bravi” al servizio del nobile sassone Gunther von Zaschwitz lo attaccarono, mentre attraversava il villaggio di Wellaune, e gli rubarono due cavalli, accusandolo di averli precedentemente rubati a von Zaschwitz.
A Kohlhaase fu impedito di mandare a chiamare a Lipsia delle persone che avrebbero potuto attestare la sua buona fede e fu interrogato da un magistrato locale in modo così arrogante e intimidatorio da determinare in lui uno scoppio d'ira che lo portò a minacciare con un coltello e a schiaffeggiare uno degli uomini di von Zaschwitz, prima di andarsene e proseguire il viaggio a piedi.
Un ritratto di Kohlhaase 

Kohlhaase arrivò di conseguenza con grave ritardo alla fiera, con notevole danno per i suoi affari. Al ritorno, ripassando obbligatoriamente per Wellaune, gli uomini di von Zaschwitz gli chiesero un riscatto per la liberazione degli animali. Kohlhaase non solo non pagò, ma chiese un risarcimento per i danni che aveva subito, tramite una lettera redatta dall'ufficiale giudiziario di Bitterfeld. Arrivato a casa, si rivolse al suo sovrano, il principe di Brandeburgo Joachim I Nestor (1484-1535) Quest'ultimo cercò la mediazione del principe di Sassonia Johann Frederich I (1503-54), che mise la faccenda in mano al tribunale.
Joachim I Nestor di Brandeburgo
Johann Frederich I di Sassonia

Il 13 maggio 1533, a Burg Düben, si discusse la causa. Kohlhaase, assistito da un avvocato, chiese l'archiviazione dell'accusa di furto che pendeva ancora su di lui, il rimborso del doppio del valore dei cavalli e 150 fiorini per i danni economici subiti con il ritardo alla fiera. Von Zaschwitz pretendeva invece 12 fiorini per il mantenimento dei cavalli. Kohlhaase accettò di pagare il mantenimento e ridusse la propria richiesta di risarcimento a soli 4 fiorini, a patto di riavere i cavalli. Ma questi, che nel frattempo erano stati sfruttati nei lavori di campagna pur non essendo animali adatti a quelle attività, gli furono restituiti in condizioni così pessime che uno morì il giorno dopo la restituzione.
La reazione di Kohlhaase fu di rinunciare alle vie legali, per passare alle vie di fatto, violando quella “pace perpetua” che, dal 1495, assegnava tutti i poteri giudiziari alle autorità istituzionali, vietando ogni forma di giustizia privata. Nel 1534, scrisse e diffuse una “lettera feudale” con cui esortava tutti quelli che fossero vittime di soprusi da parte dei sassoni a ribellarsi contro di essi. Anche se non si hanno notizie di fatti violenti importanti, i sassoni si rivolsero alla magistratura del Brandeburgo, ma questa rispose che Kohlhaase aveva rinunciato a tutti i suoi diritti di cittadinanza brandeburghesi e pertanto non era più perseguibile come cittadino brandeburghese.
Da quel momento in poi, nella Sassonia settentrionale, ossia l'area più prossima al Brandeburgo, si verificarono sempre più atti vandalici, soprattutto incendi, dei quali fu incolpato Kohlhaase. Un nobile sassone della zona, Eustachius von Schlieben (1490-1568), si offrì come mediatore e, con molta fatica, a forza di sottoscrizioni di dichiarazioni giurate, riuscì a ottenere un accordo extragiudiziale piuttosto favorevole a Kohlhaase, che veniva scagionato dalle precedenti accuse e otteneva un risarcimento dagli eredi di von Zaschwitz, morto nel frattempo. Tuttavia, il principe elettore Joahnn Friderich I annullò tutto e impose una taglia di 100 talleri su Kohlhaase, ormai considerato un bandito.
Kohlhaase si rivolse anche a Martin Lutero, che gli consigliò espressamente di evitare la violenza.
Kohlhaase in visita a Lutero, in una stampa del tempo

Nel 1535, Kohlhaase visse come un bandito, anche se quasi certamente gli furono attribuiti anche atti di violenza commessi in realtà da altri. L'unica azione sicuramente ascrivibile a lui è l'incendio di un mulino a Gömnigk, il 26 maggio. Successivamente, Eustachius von Schlieben riuscì a raggiungerlo e a convincerlo a trattenersi in attesa di un nuovo giudizio in tribunale.
Tuttavia, questo giudizio si fece aspettare molto e arrivò solo nel 1537. Intanto, era morto il principe elettore di Brandeburgo, Joachim I Nestor, e il suo successore, Joachim II Hector (1505-1571), si rivelò sempre meno interessato alla risoluzione della vicenda, arrivando a rilasciare a Kohlhaase un salvacondotto valido per tutto il Brandeburgo, in data 5 febbraio 1536. Il giudizio del 1537 lasciò le cose in sospeso e ne fu convocato un altro per l'inizio del 1538. In quest'occasione, la Sassonia chiese espressamente al Brandeburgo di imprigionare Kohlhaase, il cui salvacondotto fu annullato in luglio. Il 23 dello stesso mese, Kohlhaase rapì un mercante di Wittenberg, Georg Reich, e lo tenne come ostaggio fino all'11 agosto, quando dovette sfuggire precipitosamente a un tentativo di cattura. Reich fu dato per disperso ma tornò a casa qualche settimana dopo.
Joachim II Hector di Brandeburgo

Il Brandeburgo autorizzò allora la magistratura sassone ad operare sul suo territorio. In poche settimane, i sassoni arrestarono, torturarono e giustiziarono circa 300 contadini sospetti di essere complici di Kohlhaase. Quest'ultimo reagì formando una piccola banda che attraversava il Paese compiendo ogni sorta di azioni di vendetta verso chiunque collaborasse con i sassoni. Il 7 novembre, alla testa di un gruppo di 35 uomini, saccheggiò il villaggio di Marzanha.
Nel 1539, le autorità brandeburghesi perseguivano ufficialmente Kohlhaase: ma gran parte della popolazione, stanca dei soprusi dei sassoni, era con lui. Le violenze della banda di Kohlhaase continuavano. Il principe elettore di Sassonia prese in considerazione la possibilità di offrirgli un accordo, sollecitato in tal senso anche da quello del Brandeburgo, al quale si era rivolta la moglie di Kohlhaase in cerca di aiuto.
Tuttavia, nel febbraio del 1540, Kohlhaase esagerò. Fino ad allora, le sue attività si erano svolte a danno dei sassoni o dei brandeburghesi collaborazionisti, ma stavolta si rivolse contro il suo stesso principe elettore, attaccando e depredando un carico di argento di sua proprietà mentre transitava nel villaggio di Kohlhasenbrück. A questo punto, il principe Joachim II Hector non poteva rimanersene con le mani in mano. Kohlhaase fu arrestato mentre si trovava in famiglia, a Berlino.
Il processo fu molto rapido, l'accusa di violazione della Pace Perpetua era molto grave. Il 22 marzo 1540, Kohlhaase e i suoi complici furono condannati a morte. La sentenza fu eseguita nell'attuale Strausberger Platz: non si sa esattamente quale tipo di supplizio gli fu somministrato (la ruota o la decapitazione) perché i relativi incartamenti sono andati perduti.
Oltre due secoli e mezzo dopo, il drammaturgo tedesco Heinrich von Kleist, che era anche un ottimo autore di racconti, lesse quanto era rimasto sulla vicenda e decise di trarne una storia narrativa, che uscì in forma parziale su una rivista nel 1808 e in forma definitiva in un volume di racconti nel 1810. Nacque così il “Michael Kohlhaas”, un classico della letteratura del primo '800.
Heinrich von Kleist (1777-1811)
Frontespizio della prima edizione in volume





Alcune delle tante edizioni tedesche

Una delle tante edizioni italiane

Nella finzione di Kleist, la vicenda è ulteriormente drammatizzata dal fatto che Kohlhaas, il protagonista, dopo aver subito lo stesso sopruso della realtà, viene respinto in tutte le sue azioni legali in quanto borghese e non aristocratico, quindi estraneo alle connivenze con cui i detentori del potere si proteggono a vicenda. Inoltre, sua moglie viene accidentalmente uccisa mentre cerca di consegnare una supplica al principe brandeburghese. Cominciano così le violenze di Kohlhaas, che si interrompono solo per l'intercessione di Lutero, cui l'uomo è devoto. Tuttavia, in attesa di una definizione giudiziaria del caso, avviene che uno dei luogotenenti della sua banda, facendosi forte del suo nome, continui le violenze dandosi a ogni sorta di razzie e vandalismi, così il salvacondotto di Kohlhaas viene ritorato e l'uomo è arrestato dai sassoni e condannato a morte. Ma il principe elettore del Brandeburgo ne reclama e ne ottiene l'estradizione.
Mentre viene portato a Berlino, Kohlhaas riceve la visita di un uomo sconosciuto che altri non è se non il principe elettore di Sassonia, interessato a un misterioso foglio che Kohlhaas porta con sé, contenente la profezia di una zingara sul destino della casa regnante sassone, che farebbe seguito a un'altra nefasta profezia già avveratasi. Il principe, per sottrarre il foglio a Kohlhaas, recluta una zingara che va a visitarlo in carcere, ma per combinazione questa è proprio l'autrice della profezia, che consiglia a Kohlhaas di decidere secondo coscienza cosa farne.
Il principe elettore di Brandeburgo conferma la condanna di Kohlhaas ma infligge anche una dura condanna allo junker sassone che lo ha sottoposto ai propri abusi di potere. Kohlhaas va al patibolo, ma con la soddisfazione di vedere riconosciute le sue ragioni. In ultimo, viene a sapere della presenza del principe elettore sassone all'esecuzione, con l'intenzione di sottrargli il foglio con la profezia dopo morto e, riconosciuto l'uomo in mezzo alla folla, distrugge il foglio stesso ingoiandolo subito prima di essere decapitato.
Il racconto di von Kleist, oltre a innumerevoli edizioni, ha avuto anche almeno due versioni cinematografiche. Una di Volker Schlöndorff nel 1969 e una di Arnaud des Pallières nel 2015.

Locandine dei due film