mercoledì 26 ottobre 2016

Sabina Swift e Dorothy Sucher: personaggio-detective e autrice-giornalista a confronto

Negli anni '80, per ragioni sia anagrafiche (l'invecchiamento o la scomparsa di alcune vecchie firme) sia storiche (è il periodo dell'edonismo reaganiano, con tutto il suo corollario di soldi facili e morale cinica al massimo grado), il mondo del romanzo giallo americano subisce una trasformazione vistosa.
Il decennio precedente era stato soprattutto quello degli anti-eroi e degli investigatori in difficoltà, pieni di dubbi e scrupoli davanti a una serie di delitti la cui responsabilità andava spesso spartita tra il diretto esecutore e la società per intero. In questo decennio, si accentua la distanza tra i privilegiati e gli esclusi, e cambia anche il punto di vista nei riguardi dei delitti: che o riguardano dei poveracci e sono quindi visti con un certo distacco, o maturano in contesti benestanti e di grandi prospettive e mostrano dunque come la massima libertà del singolo possa essere raggiunta solo a scapito dell'interesse di qualcun altro.
Tra gli autori già in attività, la gran parte si adegua alla nuova tendenza, mentre questa si afferma attraverso l'esplosione di altri autori più giovani, molti dei quali sono oggi ancora in attività.
Si affermano in modo evidente le serie di romanzi che hanno al centro sempre le stesse figure principali, più ancora di come non avvenisse nei decenni precedenti. Tra queste figure di detective, alcune delle quali protagoniste ancora oggi di romanzi di successo, spicca per originalità e qualità una meteora, protagonista di due soli romanzi usciti tra il 1987 e il 1989: Sabina Swift, creata dalla giornalista e psicologa Dorothy Sucher.
Dorothy Sucher negli anni '90

Fortunatamente, entrambi i romanzi con Sabina Swift, Dead men don't give seminars e Dead men don't marry, sono stati proposti in Italiano nel Giallo Mondadori tra il 1989 e il 1990, con i titoli Morte di un Nobel e Nozze fatali.
La cornice in cui si svolgono le vicende delle due storie è quella alto-borghese, ma tutt'altro che snob. La protagonista, Sabina Swift, è una donna di mezza età ma molto attraente, di origini modeste e pochi studi, ma dotata di una insaziabile curiosità e quindi di una vasta cultura da autodidatta, oltre che di un carattere molto deciso e combattivo. Potrebbe condurre una vita comoda e tranquilla accanto al marito Bruno Herschel, un fisico che dirige un importante dipartimento universitario nella zona di Washington D.C., ma non ha nessuna intenzione di dedicarsi ai giochi di carte e alle chiacchiere con le amiche all'ora del té e del pasticcini, anche se ama molto il giardinaggio ed è una discreta pittrice dilettante, e quindi ha aperto un'agenzia investigativa che dirige con piglio virile.
Le storie sono narrate in prima persona dal suo principale dipendente, Victor Newman, uno psicologo non ancora trentenne che ha mollato la professione perché durante il periodo di tirocinio ha scoperto di non esserci portato. Tra i due ci sono meno di venti anni di differenza ma il rapporto è sicuramente del genere madre/figlio, anche perché Sabina non ha figli propri e Victor ha perso i genitori. Sebbene Victor non perda occasione per magnificare l'avvenenza fisica e l'eleganza di Sabina (che più volte proverà quanto siano scomodi gli abiti attillati e i tacchi a spillo quando si è in pericolo, ma non per questo smetterà di portarli), i suoi complimenti sono sempre gentili e casti, al punto da far sorgere nel lettore il dubbio che Victor sia gay (alla conclusione del secondo romanzo, tuttavia, avrà una storia importante con una cliente, Donna MacNiece). Victor è il braccio armato di Sabina, quello che fa sempre il lavoro di ramazza e poi le porta i dati che lei elabora in ipotesi su cui continuare a lavorare. Tuttavia, ogni volta che un'indagine entra nel vivo, Sabina affianca il suo braccio destro, impegnandosi senza risparmio.
Morte di un Nobel comincia con Sabina che accompagna in Vermont il marito invitato a un congresso di Fisica e si porta dietro anche Victor. Nell'hotel di lusso sul Lake Champlain tutto sembra andare bene ma, durante in ricevimento, uno scienziato appena insignito del premio Nobel, Hervé Moore-Gann, muore improvvisamente. Quasi subito, appare evidente che è stato avvelenato. Mentre la polizia di Burlington comandata dal capitano Wayne Eaken svolge le indagini ufficiali, Sabina e Victor ne svolgono altre per proprio conto. Tutti gli indizi sembrano puntare su un altro scienziato, Saul Sachs, che ha condiviso il premio Nobel con Moore-Gann. Tanto che a Sabina e Victor viene il sospetto che qualcuno voglia incastrarlo. I fatti, dopo una serie di colpi di scena piuttosto imprevedibili, daranno loro ragione.
L'edizione originale di Dead men don't give seminars

La versione italiana, Morte di un Nobel

Decisamente più ingarbugliato, anche se un po' più breve, il secondo romanzo, Nozze Fatali. Comincia quando Victor, tornando da un viaggio in Alaska, trova sulla segreteria telefonica un messaggio da parte di una carissima amica, Fran O'Connell, con cui questa lo invita al suo matrimonio. Tuttavia, quando Victor ascolta il messaggio, il matrimonio si è già celebrato. Non solo: subito dopo, Fran è morta, investita da un treno a un passaggio a livello. Victor si precipita dal vedovo, Keith Browdy, che gli sembra subito un tipo piuttosto ripugnante. Poco dopo, l'uomo scompare e non si sa che fine abbia fatto. La polizia, cui Victor si è subito rivolto, continua a sostenere che Fran è morta in un incidente e che non c'è nulla di sospetto nella scomparsa di Browdy. Dopo qualche tempo, però, all'agenzia di Sabina Swift si presenta una giovane signora, Donna McNiece, che non è convinta delle circostanza della morte di sua sorella, travolta da un treno a un passaggio a livello dopo aver sposato un uomo che poi è scomparso. A questo punto, convinti che dietro entrambe le morti ci sia la stessa persona, Sabina e Victor si mettono alla ricerca del sedicente Keith Browdy. Ovviamente, anche stavolta hanno visto giusto e anche stavolta i colpi di scena si sprecheranno.
L'edizione originale di Dead men don't marry

La versione italiana, Nozze Fatali

E' un vero peccato che, dopo queste due riuscitissime opere, capaci di mettere insieme un ottimo successo di pubblico con favorevolissimi giudizi critici, Dorothy Sucher non abbia scritto altri gialli.
Ma chi era, Dorothy Sucher?
Le biografie raccontano di una donna nata con il nome di Dorothy Glassman a Brooklyn, il 18 maggio 1933, B.A. in Letteratura Inglese nel 1954 e M.A. in Psicologia nel 1975, sposata dal 1952 con Joseph Sucher, docente universitario di Fisica, madre di due figli.
Nella seconda metà degli anni '60, mentre faceva la giornalista e scriveva sul Greenbelt News Review di Greenbelt, Maryland, finì suo malgrado al centro di un importante caso giudiziario.
Era il 1965 quando, seguendo una riunione del Consiglio Comunale di Greenbelt, si trovò a testimoniare le dichiarazioni di uno speculatore immobiliare, tale Charles Bresler, dal quale il Consiglio voleva acquistare un terreno per costruirci una scuola. Bresler, nonostante l'ottima offerta economica del Consiglio, faceva storie e pretendeva, in cambio del proprio assenso alla transazione, che il Consiglio apportasse due modifiche al piano regolatore cittadino, entrambe a suo vantaggio.
Il giorno dopo, la Sucher, riportando le impressioni e le dichiarazioni dei presenti, scrisse che l'atteggiamento di Bresler verso la comunità era stato “ricattatorio”. Bresler se ne risentì e la citò in Tribunale per diffamazione. La Sucher perse la causa e fu condannata a pagare 17.500 dollari di risarcimento a Bresler, pena poi confermata in Appello.
Ma, nel 1970, portato alla Corte Suprema degli Usa, il verdetto fu completamente ribaltato. La Corte stabilì infatti che le espressioni usate dalla Sucher erano “iperboli retoriche” e, come tali, non avevano nulla di diffamatorio, perché non rappresentano vere accuse. Con questa decisione, i giudici vollero tutelare la libertà di informazione, che in quel periodo era minacciata dal continuo ricorso alle vie legali ogni volta che qualche giornalista si permetteva di andare un minimo oltre la scarna cronaca dei fatti. Infatti, questa sentenza è uno dei capisaldi della libertà di stampa negli States.
La Sucher cominciò a scrivere anche un libro su questa vicenda, ma smise di occuparsene quando si rese conto che non interessava a nessun editore.


Tre immagini aeree di Greenbelt scattate nel 1937, 1938 e 1941. La località è stata il teatro delle prime sperimentazioni urbanistiche delle "città giardino" progettate durante il New Deal di Roosevelt, per costruire quartieri residenziali confortevoli ma a prezzo accessibile

In seguito, è stata insegnante di scrittura creativa presso diverse università del Maryland, ha fondato e diretto associazioni culturali e scritto un interessante libro di giardinaggio, The invisible garden, basato su una sua personale esperienza di trasformazione di una casa diroccata vicino a un ruscello in una elegante villa con giardino.
L'edizione originale di  The invisible garden

E' morta nella sua casa di Silver Spring, sempre in Maryland, il 22 agosto 2010, per le conseguenze di un tumore alla tiroide.



domenica 23 ottobre 2016

Il Dottore contro Barbablù: Bernard Spilsbury smaschera George Joseph Smith

Erano tre donne sole, non più giovanissime, ma neanche tanto vecchie da aver abbandonato ogni speranza di farsi una famiglia in futuro. Avevano la sfortuna di essere cresciute nell'Inghilterra tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, quando l'emigrazione verso le Americhe, l'Australia e le colonie, portava via molti giovani uomini, che partivano in cerca di fortuna e difficilmente tornavano. Intorno al 1910, tutti i giornali che pubblicavano annunci matrimoniali erano pieni di inserzioni di giovani donne nubili, mentre quelle di uomini celibi erano molto più rare.
Si chiamavano Bessie Mundy, nata nel 1877, Alice Burnham, nata nel 1888, e Margaret Lofty, nata nel 1876. Erano tutte e tre ragazze di famiglie medio-borghesi, non troppo istruite ma sufficientemente ambiziose da sognare, oltre al matrimonio e ai figli, anche un lavoro che permettesse una minima autonomia economica. Bessie aveva studiato da segretaria, Alice da infermiera e Margaret era una dama di compagnia.
Bessie Mundy

Alice Burnham

Margaret Lofty

Tutte e tre coronarono il loro sogno di sposare un uomo affascinante, sempre conosciuto attraverso un'inserzione, ma la frase conclusiva delle loro fiabe non fu la consueta “e vissero felici e contenti”.
Il 26 agosto 1910, a Bristol, Bessie sposò un certo Henry Williams, che poche settimane dopo la lasciò perché impegnato in viaggi di lavoro. Il matrimonio andò avanti tra alti e bassi, con lui spesso distante e lei che era costretta a sovvenzionarlo attingendo ai risparmi faticosamente messi da parte, finché sembrò che Henry avesse finalmente fatto l'affare della vita e, libero da preoccupazioni economiche, la portò in vacanza in una pensione dotata di tutti i confort nella rinomata località turistica di Herne Bay, nel Kent, subito a Est della Manica. Era il luglio del 1912. Purtroppo Bessie non stava molto bene, soffriva soprattutto di dolori di testa e di spossatezza, ragione per cui fu visitata alcune volte da un medico locale, che le diagnosticò una forma di epilessia. La mattina del 13 luglio, mentre il marito era al mercato per comprare del pesce fresco, Bessie decise di farsi un bagno nella vasca che era stata installata ad hoc nella loro stanza. Al ritorno, il marito la trovò priva di conoscenza e con la testa sott'acqua; chiamò lo stesso medico che l'aveva visitata, Frank French, ma questi non poté far altro che constatarne la morte. Ne seguì una breve inchiesta giudiziaria, tenutasi il 15 luglio, conclusa con il verdetto di morte accidentale in seguito a un attacco epilettico. Bessie fu sepolta a Herne Bay il 16. Dopo aver scritto alcune lettere ai parenti di lei, il 18 luglio Henry Williams partì da Herne Bey e da allora non si seppe più nulla di lui.
Bessie Mundy con il marito Henry Williams

La vasca di Herne Bay in cui annegò Bessie Mundy

Nella tarda estate del 1913, Alice, una ragazza cresciuta nel Buckinghamshire che si era poi trasferita nella località costiera di Southsea, vicino Portsmouth, per lavorare da infermiera in una casa privata, conobbe un uomo di nome George Smith e si fidanzò con lui. Smith non piacque affatto ai genitori di Alice, che lo giudicarono subito un manipolatore: ma Alice non volle intendere ragioni e lo sposò ugualmente, il 4 novembre. Per il viaggio di nozze, la coppia si recò a Blackpool, località turistica di mare del Lancashire, a Nord del Galles, affittando una stanza in una pensione. Qui, quasi subito, Alice cominciò ad accusare sintomi di spossatezza e continui dolori di testa. Il dottor George Billings, cui il marito la portò prontamente a farsi visitare, la trovò in buona salute nonostante il sovrappeso e i postumi di un recente intervento di peritonite, subito all'inizio dell'estate. Ipotizzò invece che soffrisse di una qualche forma di epilessia. Il 12 dicembre 1913, poche ore dopo aver spedito alla madre una cartolina in cui raccontava di stare bene e di essere felicissima insieme al marito, Alice fece un bagno nella vasca che si trovava nella stanza di fronte a quella in cui lei e suo marito avevano preso alloggio. A un certo punto, i padroni di casa, che erano al piano di sotto, notarono l'acqua che sgocciolava dal soffitto e, temendo che la donna avesse riempito troppo la vasca, chiesero al marito di avvertirla. Questi, però, appena aperta la porta del bagno, si mise a gridare, chiedendo di chiamare il dottor Billings. Il dottore, che abitava vicino, accorse subito, ma trovò Alice già morta, annegata nella vasca in cui era svenuta durante il bagno. L'inchiesta, tenutasi il giorno dopo, accertò che la morte era stata accidentale. Il 15 dicembre, subito dopo il funerale di Alice, George Smith partì in treno da Blackpool e da quel momento non si seppe più nulla di lui.
La vasca di Blackpool in cui annegò Alice Burnham

Margaret, tra la fine del 1913 e i primi del 1914, a Bristol, aveva avuto una tumultuosa relazione, probabilmente la prima della sua vita, con un certo Wlliam Gilbert, che però aveva lasciato dopo aver scoperto che era già sposato. Nel dicembre del 1914 se ne andò improvvisamente da casa, lasciando alla madre, alla sorella e al fratello un biglietto in cui spiegava che si recava a Londra a lavorare come dama di compagnia presso un'anziana aristocratica. Con un secondo biglietto, spiegò che il lavoro le era stato procurato da un'amica che anch'esse conoscevano. In realtà, se ne andò a Bath, celebre stazione termale del Somerset, per sposare un certo John Lloyd, da poco conosciuto. La coppia si sposò a Bath il 17 dicembre. Poi si spostarono a Londra, dove però trovarono già occupata la stanza in una pensione che Lloyd aveva prenotato. Ne trovarono un'altra a Highgate ma, quasi subito, Lloyd dovette portare la moglie nello studio del dottor Stephen Bates, lì vicino, dato che essa soffriva di spossatezza e dolori di testa ricorrenti. Poiché aveva anche un po' di febbre, le diagnosticò un'influenza e le raccomandò di riposare. La sera del 18 dicembre 1914, sentendosi meglio, Margaret volle fare un bagno, mentre il marito suonava l'inno sacro Più vicino a te, o Signore (lo stesso che si diceva fosse stato l'ultimo pezzo eseguito dall'orchestra del Titanic durante l'affondamento) sull'armonium di cui la loro stanza era dotata. Poi John Lloyd uscì per comprare dei pomodori per la cena della moglie. Al ritorno, appena salito, giunto alla stanza da bagno, cacciò un grido e chiese aiuto. La padrona di casa lo trovò che cercava di estrarre il corpo esanime della moglie dalla vasca. Accorse anche il poliziotto Stanley Heath, che si trovava di ronda per strada, chiamato dalla padrona di casa; infine arrivò anche il dottor Bates, cui Margaret apparve subito morta. Il giorno dopo, arrivò sul posto un cugino di Margaret, Frederick Kilvington, cui i familiari aveva chiesto di verificare come stessero andando le cose dopo che finalmente Margaret li aveva avvisati del suo matrimonio. Kilvington fu presente anche all'inchiesta, che cominciò il 22 dicembre e si concluse il 1° gennaio 1915 con un verdetto di morte accidentale. Il funerale si svolse comunque il 23 dicembre. Dopo l'inchiesta, John Lloyd partì da Londra e nessuno seppe più nulla di lui.
In quel tempo in cui le notizie venivano diffuse solo dai giornali e quelle di cronaca nera solo dai giornali locali, non era facile che qualcuno collegasse tra loro diverse morti avvenute a notevole distanza l'una dall'altra. Era cominciata anche la prima guerra mondiale, che occupava le pagine di gran parte delle testate. Ma il padre di Alice Burnham, Charles, non era mai stato molto convinto delle circostanze in cui era morta la figlia e, quando lesse le circostanze della morte di Margaret Lofty, contattò immediatamente Scotland Yard, che affidò il caso al detective Arthur Neil, del commissariato di Kentish Town, nato nel 1868. Neil era un segugio che aveva già risolto alcuni casi difficili tra cui quello dell'avvelenatore George Chapman. Quasi subito scoprì che un albergatore di Blackpool, Joseph Crossley, aveva già messo in relazione le due morti e avvisato la polizia.
Le ricerche di Neil, che interrogò ripetutamente tutti i testimoni, tesero inizialmente ad accertare se George Smith e John Lloyd fossero la stessa persona.
Arthur Neil

I casi cominciarono a diventare particolarmente interessanti quando si scoprì che le due donne morte avevano stipulato, poco prima del decesso, delle polizze assicurative il cui unico beneficiario era il marito. Neil fece mettere sotto sorveglianza lo studio del notaio Walter Davies di Londra, che John Lloyd aveva incaricato di riscuotere la polizza assicurativa e, il 1° febbraio, i poliziotti di turno fermarono un uomo la cui descrizione coincideva con quella di Lloyd. Costui confermò la propria identità ma negò di essere George Smith. Tuttavia, quando gli dissero che sarebbe stato trattenuto il tempo necessario a far arrivare Charles Burnham, il padre di Alice, ammise di essere George Smith, anzi George Joseph Smith, nato a Bethnal Greem l'11 gennaio 1872. Disse anche che le sue due mogli erano morte entrambe accidentalmente, per pura coincidenza.
George Joseph Smith

Gli indizi a disposizione di Neil per incriminare Smith erano comunque molto scarsi. Non si capiva come avesse potuto annegare le due donne avendo solo pochi secondi a disposizione, senza lasciare il minimo segno di colluttazione e senza usare alcuna droga o alcun veleno. Allora Neil chiese l'aiuto di Bernard Spilsbury, un medico londinese, nato nel 1877, che si stava facendo un gran nome come patologo forense e che aveva dato un grande contributo alla risoluzione di difficili casi giudiziari, primo fra tutti il delitto Crippen.
Bernard Spilsbury nel suo studio

Spilsbury fece esumare entrambe le donne e praticò sui corpi delle scrupolose autopsie, ma senza arrivare a nessuna conclusione definitiva.
Intanto, poiché tutti i giornali trattavano questa storia, cominciarono ad affluire altre notizie. Un ispettore di polizia di Kent Heard avvisò Neil della morte sospetta, analoghe a quelle oggetto delle indagini, a Herne Bay nel luglio 1912. A Neil bastò mostrare le foto di George J. Smith ai conoscenti della coppia per vedersi confermare che anche Bessie Mundy era stata sposata con lui. Due morti dello stesso tipo erano già abbastanza incredibili da accettare come frutto della casualità, tre era assurdo il solo pensarci.
Infatti, appena le notizie trovarono ulteriore diffusione, cominciarono a saltare fuori ulteriori dettagli sulla vita di George J. Smith. Emerse infatti che, dopo un primo matrimonio celebrato nel 1898, senza aver mai divorziato, aveva sposato un'altra donna già l'anno successivo. In ambo i casi, le mogli erano state abbandonate dopo poco, e lasciate a secco di contanti. Nel 1901 era finito in galera, per aver rubato nella casa in cui serviva come domestico. Rilasciato, era emigrato in Canada, per tornare in patria prima del 1908. Dal 1908 al 1914, nascondendosi dietro 7 diverse identità, aveva sposato 7 donne diverse, le 3 vittime e altre 4 che aveva derubato senza ucciderle.
Edith Pegler, un'altra delle donne sposate da Smith sotto falso nome

Alice Reavil, un'altra delle "mogli" di Smith

Intanto, il dottor Spilsbury continuava ad arrovellarsi sulle modalità con cui si sarebbero consumati i delitti, perché di delitti doveva per forza trattarsi. Fino a quel punto, Smith poteva essere processato in quanto bigamo e truffatore, ma nessuna prova metteva in dubbio l'ipotesi che le 3 vittime fossero morte accidentalmente. Spilsbury decise allora di compiere qualche test, simulando l'annegamento di una persona in una vasca da bagno di una lunghezza inferiore all'altezza della donna stessa. Ingaggiò una provetta istruttrice di nuoto e Neil provò ogni tecnica possibile per cacciarle la testa sott'acqua mentre lei era distesa in una vasca. In tutti i casi, la donna si difese in modo tale da non lasciare dubbi sul fatto che l'eventuale colluttazione avrebbe lasciato segni inconfondibili.
Poi, quasi per caso, mentre pensavano di abbandonare queste ricerche, Spilsbury e Neil si fecero venire l'idea di afferrare le caviglie della donna e tirarle bruscamente, in modo da farla finire con la testa sott'acqua in una frazione di secondo. Questo esperimento rischiò di finire in tragedia, perché, pur venendo estratta dalla vasca dopo pochi istanti, la coraggiosa nuotatrice apparve del tutto incosciente, e restò in queste condizioni per quasi mezz'ora, nonostante Spilsbury stesso e altri medici facessero di tutto per rianimarla, riprendendosi a fatica solo quando ormai la situazione sembrava disperata. Raccontò di non ricordare nulla di quanto accaduto.
Una ricostruzione dell'esperimento di Spilsbury
La ricostruzione di un delitto mostrata in cera nel museo di Madame Tussaud

Il meccanismo era chiaro. Smith, che tutti i conoscenti descrivevano come un uomo dallo sguardo magnetico, capace quasi di ipnotizzare chi gli stava davanti, aveva inventato una tecnica infallibile per far perdere conoscenza a una persona distesa in una vasca, così che annegasse in un modo apparentemente naturale.
Il processo, relativo al solo assassinio di Bessie Mundy, cominciò il 22 giugno 1915, in una Londra già provata dai primi bombardamenti compiuti dalla Germania utilizzando dei dirigibili Zeppelin. Smith era abbastanza sicuro di sé: aveva ingaggiato come difensore Edward Marshall Hall, il miglior penalista inglese del tempo, e sapeva di avere contro di sé solo prove indiziarie. Anche allo scrittore Edgar Wallace, che seguiva il processo per conto di alcuni giornali, sembrò tranquillissimo.
Tuttavia, non aveva fatto i conti con la personalità di Spilsbury. Quando il pubblico ministero Archibald Bodkin chiamò a testimoniare il patologo, questi si rivelò una personalità ben più magnetica e convincente dell'accusato. Nonostante Marshall Hall lo controinterrogasse a lungo cercando di farlo cadere in contraddizione, non mostrò mai il minimo segno di cedimento e confermò la sua teoria su tutti i punti.
Smith fotografato durante il processo 

Edward Marshall Hall

Il 1° luglio 1915, dopo soli 22 minuti di camera di consiglio, la giuria dichiarò Smith colpevole dell'assassinio di Bessie Mundy. Il giudice Scrutron lo condannò all'impiccagione. Marshall Hall propose immediatamente appello all'Old Bailey, ma anche questo fu respinto, il 29 luglio, da Lord Reading.
George J. Smith fu impiccato, il 13 agosto 1915, nel carcere di Maidstone, dal celebre boia John Ellis, che poi nelle sue memorie si vantò di aver impiegato complessivamente 46 secondi a svolgere l'intera procedura, dal momento in cui Smith era uscito dalla cella a quello in cui l'effetto combinato del cappio e della caduta lo avevano ucciso istantaneamente. Ellis era un boia molto preciso, e nei giorni precedenti aveva studiato attentamente la conformazione fisica di Smith in maniera da predisporre il tipo giusto di cappio e la lunghezza migliore della corda per determinare una morte istantanea.
Il boia John Ellis

Fino all'ultimo, Smith protestò la sua innocenza, a sorpresa sostenuto anche dal cappellano della prigione e dal vescovo di Croydon, che era stato a visitarlo. L'avvocato Marshall Hall era invece convinto che fosse colpevole ma successivamente dichiarò che lo aveva comunque difeso perché oppositore della pena capitale. La sera prima dell'esecuzione, Smith scrisse a una delle donne che aveva sposato illegalmente, Edith Pegler, dichiarandole il proprio amore eterno, e al notaio Walter Davies per ringraziarlo dei suoi servigi.
Arthur Neil continuò la sua brillante carriera in polizia fino a diventare, nel 1919, uno dei 4 Big Four, ossia i responsabili generali di Scotland Yard. Anche Marshall Hall continuò con successo la sua carriera forense. Spilsbury continuò a essere coinvolto in tutti i maggiori casi criminali del suo tempo, e anche in operazioni militari come la Mincemeat, con cui nel 1943 gli inglesi fecero arrivare via mare ai tedeschi il cadavere di un finto ufficiale annegato (in realtà un clochard morto per un'intossicazione da veleno per topi) che aveva con sé una valigia con carte che trattavano di una imminente invasione del Peloponneso: i tedeschi ci cascarono e concentrarono lì le difese, lasciando sguarnita la Sicilia dove poi avvenne l'effettiva invasione.
Infine, divorziato dalla moglie, colpito da una serie di lutti (un figlio brillante medico morto sotto i bombardamenti nel 1940, la sorella prediletta morta nel 1941 e un figlio disabile che aveva sempre tenuto con sé come assistente, morto di malattia nel 1945) e sfinito da una serie di malattie croniche che la vecchiaia incombente aggravava sempre più, Spilsbury il 17 dicembre 1947, dopo aver lavorato per tutta la giornata, si chiuse nel suo laboratorio e si uccise con il gas. Aveva da poco compiuto 70 anni.
La giornalista Jane Robins gli ha dedicato un bel libro, The magnificent Spilsbury, in cui si tratta in modo particolare del caso delle mogli annegate.
The magnificent Spilsbury (2010)

La traduzione italiana (2011)

L'autrice, Jane Robins

Secondo gli storici e i criminologi moderni, Spilsbury fu un genio e un pioniere nel suo campo, ma la sua fama di infallibilità è sicuramente esagerata. Alcuni si sono spinti ad affermare che in molti dei processi in cui si arrivò a una condanna grazie alle sue perizie (compreso quello celeberrimo del dottor Crippen e perfino quello di Smith), le giurie si lasciarono influenzare dalla sua personalità molto più che dal valore delle prove, che alla luce delle conoscenze attuali appare molto dubbio.





domenica 16 ottobre 2016

L'incredibile viaggio che la bara di Charles Coghlan non fece

L'8 settembre 1900, la prospera città statunitense di Galveston, situata su un'isola proprio di fronte alla costa del Texas, fu investita da un uragano che, nei giorni precedenti, aveva imperversato sul Mar dei Caraibi facendo danni e vittime. Galveston ne uscì praticamente distrutta, e i morti furono oltre 8.000 (c'è chi dice addirittura 12.000). E' a tutt'oggi il più importante disastro naturale nella storia degli Stati Uniti.

Immagini del disastro lasciato dall'uragano di Galveston
La posizione di Galveston di fronte alla costa del Texas

Lo scrittore Erik Larson ha raccontato questa vicenda in un bellissimo libro, Isaac's Storm, pubblicato nel 2000, ricostruedola sulla base dei tantissimi documenti redatti sull'argomento da uno scienziato, Isaac Monroe Cline, che abitava proprio a Galveston e dirigeva il locale servizio meteorologico. Cline sottostimò la probabilità che l'uragano potesse toccare Galveston e non diede nessun allarme al riguardo (con i mezzi di cui disponeva all'epoca, peraltro, i suoi calcoli dovevano essere per forza molto approssimativi, quindi non può essere accusato di scarso scrupolo). Nel disastro, da cui si salvò a stento, perse la moglie, incinta di 8 mesi.
La copertina dell'edizione originale di Isaac's Storm

La traduzione italiana, Il tifone di Galveston

Isaac Monroe Cline (1861-1955)

Erik Larson (1954)

Alla vicenda dell'uragano di Galveston è legata anche una delle storie più fantasiose diffuse tra gli adepti del paranormale, periodicamente ripresa anche a distanza di molti anni (i lettori italiani possono leggere qualcosa al riguardo in Il triangolo maledetto e altri misteri del mare, di Vincent Gaddis, e in Il libro dei fatti incredibili ma veri, di Charles Berlitz), quella della bara di Charles Coghlan e del suo lungo viaggio attraverso l'Oceano Atlantico.
Una delle edizioni italiane del libro di Berlitz

Una delle edizioni italiane del libro di Gaddis

Charles Francis Coghlan era un attore molto celebre ai suoi tempi, ammirato non solo per la sua bravura in scena ma anche per la sua bellezza virile (un biografo lo ha definito il Tom Selleck dell'epoca vittoriana). Nato a Parigi l'11 giugno 1842 da una buona famiglia irlandese (il padre era un celebre editore che aveva fatto fortuna con le guide turistiche), lasciò gli studi di Legge per seguire il richiamo del palcoscenico e, per questo, finì diseredato. Quest'ultimo dettaglio non dovette avere molta importanza, visto che per quasi 40 anni Coghlan mieté grandissimi successi in tutte le numerose opere teatrali che interpretò, da ambo i lati dell'Oceano. Nella parte finale della sua vita, stabilì la sua residenza in una proprietà nella Prince Edward Island, un'isola a Nord della Nova Scotia, in Canada. Nel novembre del 1899, si recò a Galveston per esibirsi in una commedia che stava portando in tournée, The Royal Box, ma non riuscì mai a recitare per il pubblico di quella città. Appena arrivato, la gastrite cronica di cui soffriva da tempo, si aggravò improvvisamente, costringendolo a letto nella sua stanza d'albergo. Malgrado le cure dei medici, la situazione non migliorò e il 27 novembre 1899 Coghlan morì di un attacco cardiaco.


Tre immagini di Charles Francis Coghlan

Coghlan, dopo una lunga relazione con l'attrice Louisa Elizabeth Thorn (che gli aveva dato l'unica figlia, Gertrude) si era sposato nel 1893 con una scultrice di 19 anni, Kuhne Beveridge. La moglie avrebbe voluto che la salma di Coghlan fosse riportata alla Prince Edward Island per essere seppellita nel cimitero vicino casa, ma il trasporto apparve subito complesso e costoso per cui si preferì optare per la cremazione. L'unico posto in cui esistesse un forno per farla era però New York, e sorsero ulteriori difficoltà anche per questo trasferimento. Intanto, la cassa di legno con le spoglie dell'attore morto restò in un deposito di Galveston: tutti i cimiteri di Galveston non hanno mai previsto l'interramento delle bare, dato che scavando la terra anche per anche un solo metro, si raggiunge subito il livello dell'acqua.
Kuhne Beveridge, vedova di Coghlan

Qui, fu sorpresa dall'uragano dell'8 settembre 1900 e portata via insieme a molte altre.
Per molto tempo, non si seppe più nulla della bara e del corpo di Charles Coghlan. Poi, nel 1929, il celebre giornalista e antropologo Robert L. Ripley, autore della rubrica Believe it or not (Che ci crediate o no) sul New York Globe, dedicò un pezzo a una storia che aveva appreso sul tema, poi ripreso anche dal più diffuso Evening Post.
Robert L. Ripley (1890-1949)

La copertina di uno dei tanti libri in cui Ripley ha raccolto gli articoli della sua rubrica

In pratica, secondo quanto riportato da Ripley, la bara di Coghlan, una volta finita nell'Oceano Atlantico per effetto dell'uragano, fu trasportata dalle correnti marine fino a raggiungere, dopo circa 7 anni, le coste della Prince Edward Island, dove fu raccolta da una barca di pescatori, portata a terra, riconosciuta e finalmente tumulata nel cimitero locale.
Questa immagine, riportata da diversi siti, dovrebbe raffigurare la bara di Coghlan
La posizione della Prince Edward Island a Nord della Nova Scotia

Ripley citava come fonti due libri autobiografici scritti da colleghi di Coghlan che lo avevano conosciuto benissimo da vivo, A player under three reigns di Johnston Forbes Robertson (considerato uno dei migliori Amleto del XIX secolo) e The days I knew di Lily Langtry, entrambi pubblicati nel 1925. In effetti, entrambi riferiscono la storia in questi termini.
Johnston Forbes Robertson (1853-1937)

Lily Langtry (1853-1929): è la stessa attrice (interpretata da Ava Gardner) di cui è platonicamente innamorato il "giudice" Roy Bean (Paul Newman) nel film L'uomo dai sette capestri di John Huston

Da quel momento in poi, gli appassionati di paranormale, ma non solo, si impossessarono della storia e la arricchirono di dettagli più o meno fantasiosi, di solito industriandosi a dimostrare come la vicenda stessa fosse materialmente possibile, interpretando piuttosto disinvoltamente i meccanismi della Corrente del Golfo.
L'andamento delle correnti marine atlantiche 

L'andamento della Corrente del Golfo nella zona della Prince Edward Island

In molti siti che la trattano, è infatti riportato sia che Coghlan era nato nella Prince Edward Island, sia che morì colpito da infarto sulla scena mentre stava recitando: due enormi inesattezze. Altri riportano una teoria per cui, in realtà, al momento dell'uragano, la bara di Coghlan non si trovava a Galveston, perché era stata già spedita a New York in treno, ma era andata distrutta nell'incendio che aveva distrutto il treno stesso.
La verità, secondo quanto appare da ricostruzioni moderne, è che la bara di Coghlan fu effettivamente ritrovata da un gruppo di cacciatori circa 7 anni dopo l'uragano, ma in una palude sulla costa continentale texana, a non più di 9 miglia da Galveston.
Restano però degli interrogativi cui non è stato ancora possibile rispondere: che fine fece, questa bara? Dove è stata successivamente sepolta? Le domande non sono oziose, se si pensa che la famiglia di Coghlan aveva offerto un premio in denaro a chiunque l'avesse ritrovata.
Eppure, quando l'Evening Post pubblicò nel 1929 l'articolo di Ripley, la figlia Gertrude e suo marito Auguste Pitou, che era l'ex manager di Coghlan, contattarono il giornale per ricevere dettagli sulla storia, come se non sapessero che fine avessero fatto le spoglie del loro congiunto.
Getrude Coghlan (1876-1952), figlia dell'attore e anch'essa attrice

Del resto, per quanto ci si impegni a battere il web alla ricerca di notizie, non si riesce a scoprire dove sia stato sepolto Coghlan, né si trovano immagini della sua tomba, mentre ve ne sono a iosa di altri Coghlan molto meno celebri.
Dunque, Charles Coghlan, dove è stato sepolto?