martedì 22 marzo 2022

Il premio Nobel e i delitti: André Gide giurato e narratore di crime stories reali

André Gide, il grande scrittore francese premiato con il Nobel per la Letteratura nel 1947, aveva una profonda passione per i casi di cronaca nera e una notevole esperienza diretta maturata come prestando servizio come giurato estratto a sorte per la Corte d'Assise di Rouen nel 1912.



Tre immagini di André Gide (1869-1951)

Era inevitabile che questa esperienza si riverberasse anche nella sua produzione letteraria, e infatti le dobbiamo almeno quattro libri: Souvenirs de la Cour d'Assises (1914) e tre volumi usciti nel 1930 per la collana Ne jugez pas di Gallimard, di cui Gide era direttore: Faits-divers, La séquestrée de Poitiers e L'affaire Redureau.

Souvenirs de la Cour d'Assises e Faits-divers sono composti da molte brevi storie: nel primo volume, Gide racconta di alcuni dei processi in cui dovette direttamente pronunciarsi come giurato, nel secondo di fatti criminali assurdi o dai moventi inspiegabili verificatisi in tutto il mondo, che gli erano stati riferiti (tramite l'invio di ritagli di giornali) dai lettori della rubrica intitolata appunto Faits-Divers che aveva tenuto per anni sulla Nouvelle Revue Française.







Edizioni francesi e italiane di Souvenirs de la Cour d'Assises

Edizione italiana di Faits-divers. Non si trovano sul web immagini di edizioni francesi

Gli altri due libri sono monografici. La séquestrée de Poitiers ripropone il caso di Blanche Monnier, la donna (di Poitiers, appunto) tenuta segregata dalla madre e dal fratello in una stanza al 1877 al 1901 e liberata dalla polizia, in seguito all'invio di una lettera anonima, in gravi condizioni di igiene, denutrizione e disagio psichico.

Due immagini di Blanche Monnier prima o dopo essere stata segregata

Una recente edizione francese, che insieme a quest'opera propone anche L'affaire Redureau

La traduzione italiana

Si ritiene che questa vicenda abbia ispirato anche un celebre romanzo americano, What Ever Happened to Baby Jane? di Henry Farrell, dal quale è stato tratto l'ancora più famoso film omonimo diretto da Robert Aldrich e interpretato da Bette Davis e Joan Crawford.

Henry Farrell (vero nome Charles P. Myers, 1920-2006)




Tre edizioni in Inglese e due in Italiano di What Ever Happened to Baby Jane?

Locandine americana e italiana del film


La Davis e la Crawford in due scene del film

Sulla vicenda di Blanche Monnier sono già usciti diversi articoli in Italiano, quindi non vale la pena di dilungarsi oltre. Da riscoprire è invece la storia narrata nell'altro libro, L'affaire Redureau, ispirato a un delitto particolarmente efferato e più che mai inspiegabile consumatosi a Landreau, vicino Nantes, il 30 settembre 1913.





Due edizioni francesi e tre italiane di L'affaire Redureau

Nella fattoria dei Mabit abitano nove persone: il capofamiglia Jean-Marie, di 42 anni, viticoltore; la moglie, di 38, che aspettava il quinto figlio; la madre, di 79; i quattro figli Marie, Henriette, Pierre e Joseph, in età tra gli 8 e i 2 anni; la domestica Marie Dugast, di 16; il garzone Marcel Redureau, di 15.

La mattina di mercoledì 1° ottobre 1913, i vicini si accorgono che Jean-Marie Mabit non si è ancora visto in giro, contrariamente alle sue abitudini. Avvicinandosi a casa sua, notano che il figlio Pierre, di 4 anni, è seduto con aria assente sui gradini. Un gruppo di essi si introduce nella casa, deciso a scoprire cosa possa essere successo. Ma appena entrano in cucina si imbattono subito nei corpi martoriati della signora Mabit e della domestica Marie, che si trovano sul pavimento, allora corrono a chiamare i gendarmi della stazione di Loroux-Bottereau.

I gendarmi, ispezionando la proprietà dei Mabit, si imbattono in altri 5 cadaveri: nelle loro stanze da letto, c'erano quelli della madre di Mabit e dei suoi figli, tranne Pierre; nel palmento poco distante dall'abitazione, c'era il corpo del capofamiglia. Tutti e 7 erano stati uccisi con una roncola per uva, uno strumento molto affilato.

Un collage di immagini dell'assassino con alcune delle vittime

Constatata l'assenza di Marcel Redureau, i gendarmi andarono a cercarlo innanzitutto a casa dei suoi genitori, non distante da casa Mabit. Non era lì, ma in un capannone abbandonato nei dintorni, e i suoi abiti erano sporchi di sangue, per cui fu immediatamente arrestato.

Marcel non oppose alcuna resistenza né all'arresto né all'interrogatorio. Si lasciò prendere e condurre in gendarmeria, poi rispose esaurientemente a tutte le domande che gli furono poste.

Marcel Redureau arrestato

Raccontò di aver ucciso il signor Mabit verso le dieci di sera del giorno precedente. Dopo aver lavorato in campagna, stavano svolgendo alcune operazioni con il torchio e il signor Mabit lo aveva rimproverato per la sua indolenza. A quel punto, senza pensarci, Marcel aveva preso un pestello di legno, era andato alle spalle di Mabit e lo aveva colpito alla nuca. Quando Mabit era stramazzato al suolo, aveva poi preso la roncola per uva con cui aveva lavorato nel pomeriggio e lo aveva sgozzato con quella.

Poi aveva pensato di scappare, andando a casa dei suoi genitori. Ma la lampada rimasta accesa nel palmento avrebbe potuto attirare l'attenzione di qualcuno, quindi era andato a riporla in casa. Mentre passava per la cucina, la signora Mabit gli aveva chiesto dove fosse il marito e lui aveva risposto che era ancora nel palmento. Poi aveva pensato che la donna, se cercava il marito, avrebbe subito scoperto che era morto. Allora era tornato nel palmento e prendere la roncola, da lì era tornato in cucina e aveva sgozzato una dietro l'altra anche la signora Mabit e la domestica Marie che era con lei. Poiché il rumore fatto aveva svegliato la signora Mabit anziana e i bambini e tutti si erano messi a gridare, aveva sgozzato anche loro, compreso il piccolo Joseph che era ancora nella culla. Si era salvato solo Pierre, che non aveva gridato e probabilmente si era nascosto.

Marcel aveva poi preso la strada di casa, ma a mezza via ci aveva ripensato e aveva deciso di annegarsi in uno stagno. Il contatto con l'acqua fredda (al momento dell'arresto, le gambe dei pantaloni e le scarpe erano ancora umide) gli aveva però fatto passare la voglia.

Non aveva preso neanche un franco del tanto denaro (oltre 3.000 franchi) che i Mabit tenevano in casa, né alcun oggetto di valore.

Marcel Redureau era il quinto degli undici figli di un amico di famiglia dei Mabit, con i quali i rapporti erano sempre stati buoni. Nato il 24 giugno 1898, era stato uno studente diligente e disciplinato per tutto il ciclo elementare, come testimoniato dal suo maestro, il signor Béranger. A dodici anni era andato a lavorare come garzone nella fattoria dello zio Louis Bouyer a La Bonnière, due km da Landreau; per tre anni, non aveva dato nessun problema. Non era un ragazzo di grande prestanza fisica (non arrivava a 159 cm di altezza) ma il lavoro lo aveva reso piuttosto forte. Nel giugno del 1913 era passato alla fattoria dei Mabit, per sostituire il fratello maggiore Jean arruolatosi nell'esercito e destinato all'Algeria.

Secondo la madre, l'allontanamento della figura del fratello, con in quale aveva un rapporto molto stretto, lo avrebbe reso più triste e chiuso.

Infatti, dalle testimonianze raccolte in paese, Marcel sarebbe stato un ragazzo piuttosto introverso e incline a spaventarsi facilmente, tutt'altro che incline all'alcolismo nonostante la grande disponibilità di vini e moderato anche nel giocare a carte con gli amici la domenica, di fatto il suo unico passatempo.

Solo un testimone gettò un'ombra sulla sua personalità, un certo Chiron, secondo il quale Marcel gli avrebbe rivelato, solo poche settimane prima del delitto, di voler eliminare i Mabit, dai quali era esasperato. Ma Chiron era giudicato un mitomane dai concittadini e la sua testimonianza non fu molto considerata dal giudice, anche se forse influenzò i giurati.

L'ipotesi più probabile sul movente restò sempre quella per cui Marcel avrebbe perso la testa in seguito a una serie di rimproveri ingiustificati da parte di Mabit. Ai quali si sarebbero aggiunti anche quelli della signora Mabit che lo avrebbe sorpreso a molestare insistentemente la domestica Marie. Tutto questo, pur rimanendo sempre allo stadio di ipotesi per la mancanza di prove, influenzò notevolmente i giurati.

Marcel, prima del processo, fu esaminato lungamente anche da due medici legali, il dott. Cullerre e il dott. Desclaux, che lo trovarono perfettamente normale da ogni punto di vista ma evidenziarono nella loro relazione come si fosse trovato in uno stato di alterazione mentale momentanea al momento del crimine. Aveva reagito spropostatamente all'ennesimo rimprovero ricevuto negli ultimi giorni, uccidendo Mabit, poi gli altri delitti erano seguiti a catena, in un tempo brevissimo, dettati dalla paura di essere scoperto.

Marcel Redureau durante gli esami medico-legali

I medici osservarono anche che, nei giorni precedenti il delitto, Marcel aveva lavorato molto duramente e pesantemente dalla prima mattina alla tarda serata, ma che c'erano state anche delle pause, mediamente un giorno ogni tre. Era difficile attribuire un ruolo nella genesi del delitto a una forma di esaurimento piscofisico. Né risultava che il ragazzo avesse bevuto alcolici, anche se l'aria all'interno del palmento doveva essere satura dell'odore di mosto e forse esercitare un effetto eccitante.

Entrambi i medici misero in evidenza che un ragazzo dell'età di Marcel doveva per forza essere molto sensibile sia alle lodi sia ai rimproveri.

Nonostante l'appassionata arringa del difensore, il giovane avvocato Abel Durand, Marcel venne giudicato colpevole e ricevette solo le attenuanti relative alla minore età. Fu condannato a 20 anni di reclusione. Il giorno dopo, scrisse una lettera piena di dolore, rimpianto e pentimento ai genitori.

Fu spedito in una colonia correttiva, non è mai stato specificato quale. Da qui tenne una corrispondenza con l'avvocato Durand, che cercava di far riaprire il caso. Tuttavia, le dure condizioni di detenzione, nonostante i rapporti attestassero sempre un comportamento civile ed esemplare del ragazzo, fecero ammalare Marcel di tubercolosi.

Morì ancora detenuto nel 1916, a 18 anni, dopo aver inviato una lettera di addio all'avvocato.