martedì 21 gennaio 2020

L'incendio di Peshtigo tra fantasiose ipotesi e realtà riportate


Un caso da manuale di disastro dovuto all'incuria umana diventa l'oggetto di una speculazione tra lo pseudoscientifico e il soprannaturale.
A riferircene, sono diverse fonti, tra cui l'ineffabile (e infaticabile) Charles Berlitz. L'episodio è datato domenica, 8 ottobre 1871: giorno passato alla Storia per il Grande Incendio di Chicago (“Great Chicago Fire”), che bruciò oltre 17.000 edifici e lasciò sul campo circa 300 vittime.
Un'illustrazione d'epoca sull'incendio di Chicago

Foto d'epoca di Chicago subito dopo l'incendio

Molto meno noto è il fatto che, lo stesso giorno, diversi altri incendi scoppiarono nelle zone vicine. Il più importante di questi si ebbe a Peshtigo, una cittadina del Wisconsin a breve distanza dal lago Michigan, circa 400 km a Nord di Chicago. Fu un disastro molto più grande in termini di vite umane, dato che il bilancio finale parla di 2500-3000 morti.
La distanza tra Chicago e Peshtigo

Berlitz (ma non solo lui) spiega la coincidenza di questi incendi disasatrosi ricorrendo alla teoria proposta a suo tempo dal politico del Minnesota Ignatius Donnelly (1831-1901), già appassionato sostenitore dell'ipotesi del continente sommerso sotto l'Oceano Atlantico con la civiltà che ospitava, l'Atlantide. In un libro del 1887, Donnelly propose come causa un corpo celeste, la cometa di Biela, scoperta nel 1872 e apparsa più volte a scadenze ventennali, che nel 1846 si era presentata spaccata in due; attesa per il 1866, non si era ripresentata, salvo poi ricomparire in parte (la testa, si ritenne) nel 1872, suddivisa in una pioggia di meteoriti. Secondo Donnelly, nel 1871, la coda staccata della cometa aveva raggiunto la terra, bombardandola sotto forma di meteoriti arroventate che avrebbero innescato gli incendi.
Ignatius Donnelly


Le copertine di due bestseller di Donnelly ancora in commercio negli Usa, mentre non è possibile trovare quella del libro sui fatti di Peshtigo

La cometa di Biela in una rappresentazione artistica che mostra come si presentò nel 1846

La possibilità appare estremamente remota. I meteoriti raccolti una volta caduti a terra appaiono freddi al tatto e, se pure qualche frammento si fosse arroventato attraversando l'atmosfera, sarebbe esploso in volo e non a terra.
Peraltro, non è neppure necessario andare a elaborare un meccanismo così improbabile. Nel pieno rispetto del Rasoio di Occam, ci si può tranquillamente attenere ai fatti accertati, che ci forniscono una grande quantità di indizi decisivi.
Innanzitutto, l'area era ricoperta da foreste fittissime, al punto che si diceva che in certi Stati uno scoiattolo avrebbe potuto passare da un confine all'altro senza mai toccare terra, solo saltando da un albero all'altro.
Proprio per la ricchezza delle sue risorse forestali, l'area stava subendo importanti trasformazioni. La comunità dei suoi residenti era formata in gran parte da boscaioli, ma vi erano anche agricoltori e operai intenti a costruire la linea ferroviaria che avrebbe operato soprattutto nel settore merci per trasportare i tronchi degli alberi tagliati. Tutte queste categorie di manovali facevano ampio uso del fuoco per bonificare i terreni dalle radici degli alberi tagliati. Piccoli incendi venivano accesi ogni giorno. A questi, si devono aggiungere gli incendi accidentali, dovuti ad esempio all'emissione di scintille da parte dei motori a vapore dei mezzi ferroviari.
Da oltre un anno, l'area era anche soggetta a una persistente siccità, che aveva seccato i torrenti rendendo difficile il trasporto dei tronchi via acqua e messo in serie difficoltà l'agricoltura di sussistenza delle tribù native della zona.
In pratica, l'intera area era letteralmente ricoperta di legno secco, o usato anche come materiale per costruire tutte le strutture o destinato a essere trasportato altrove. Praticamente, qualsiasi incendio avrebbe potuto estendersi e rigenerarsi senza trovare ostacoli. Ce n'erano già stati alcuni, nelle settimane precedenti, ma erano stati domati prima che si estendessero.
L'incendio di Peshtigo ha lasciato pochi testimoni (la percentuale di residenti morti fu altissima) e il più importante tra essi è un sacerdote cattolico nato in Francia nel 1825, Peter Pernin, che scrisse un libro sul fatto, pubblicato nel 1874.
Padre Peter Pernin

Il libro di Padre Pernin

Padre Pernin stava tornando da una breve battuta di caccia nei boschi insieme a un ragazzo che gli aveva fatto da guida, al crepuscolo, quando entrambi si ritrovarono, senza alcun preavviso, circondati dalle fiamme. Fortunatamente, erano presenti altri uomini che, battendo sugli arbusti fino a spegnerli, rallentarono la progressione del fuoco, permettendo ai due di uscire dal bosco e correre con loro verso l'abitato.
Qui, però, la situazione non era migliore. C'era fumo dappertutto e la gente non sapeva cosa fare. Alcuni, ottimisticamente, se ne andarono a cena, mentre altri rimasero in strada a discutere. Man mano che scendeva la notte, si rendeva sempre più evidente come all'orizzonte si stesse alzando un bagliore rosso, sempre più vistoso, accompagnato da un suono simile a un ruggito, che si faceva sempre più forte.
Infatti, quasi improvvisamente, la cittadina fu investita da una densa nuvola di fumo, che appiccò il fuoco dappertutto. Perfino quelli che avevano collegato le pompe ai pozzi capirono che ogni resistenza sarebbe stata inutile e tentarono la fuga. Molte persone presero fuoco mentre correvano. Altre riuscirono a raggiungere il fiume che attraversava la città e aveva lo stesso nome di questa, ma anche quelli che non si tuffarono prontamente bruciarono vivi.
Illustrazione d'epoca raffigurante l'incendio

Foto colorizzata che mostra l'area dopo l'incendio

Giornale locale con articoli sull'incendio

Altra immagine scattata subito dopo l'incendio

Altra pubblicazione d'epoca

Le particolari condizioni di pressione atmosferica fecero sì che le fiamme e il fumo passassero ripetutamente sulla superficie dell'acqua, costringendo quelli che si erano tuffati a tenere a lungo la testa sotto, con il risultato che diversi tra essi annegarono; poiché l'incendio durò a lungo (Padre Pernin restò nel fiume per oltre 5 ore), altri sopravvissuti morirono per ipotermia e forza di rimanere immersi nell'acqua fredda. Bruciò anche una goletta che si trovava all'ancora sul fiume, la George L. Newman, ma l'equipagio sopravvisse.
Al di fuori del fiume, sopravvissero solo quei pochi che erano riusciti a trovare rifugio dentro qualche caverna di roccia, dove l'incendio non arrivò. Una circostanza che si ritenne miracolosa fu che alcune religiose, guidate da suor Adele Brise (di origine belga, vissuta dal 1831 al 1896, e destinata a diventare una veggente, per la quale è in corso un processo di beatificazione), insieme ad alcuni profughi, si rifugiarono in una cappella nella località di Robinsonville, poco distante, e sopravvissero benché l'area circostante fosse bruciata completamente.
Suor Adele Brise

La moria di persone fu nulla in confronto a quella di animali. Nemmeno gli uccelli del bosco riuscirono a salvarsi, perché le fiamme furono talmente alte da raggiungerli e risucchiarli nel vortice.
Altri incendi, nelle stesse ore, colpivano altre località del Midwest, come Holland, Manistee e Port Huron. Alla fine, risultò distrutta un'area di foresta complessivamente più grande dell'intero stato del Rhode Island.
Molti dei sopravvissuti erano gravemente ustionati o feriti. Nel pomeriggio del giorno seguente, arrivarono i primi soccorsi dalla cittadina di Marinette, distante una dozzina di km e toccata solo marginalmente dalle fiamme. Gli infermi che non morirono prima furono trasportati in questa città.
Soccorsi meglio organizzati dovettero attendere, perché anche le linee telegrafiche erano andate distrutte. Qualche volontario dovette raggiungere Green Bay, a circa 80 km, prima di trovare un ufficio telegrafico funzionante. Il governatore del Wisconsin, Lucius Fairchild (1831-96), un eroe della Guerra di Secessione e convinto abolizonista della schiavitù, ricevette la notizia il 10 ottobre, mentre era già in viaggio con un convoglio di soccorsi per la città di Chicago: sua moglie Frances Bull (1846-1925), nota filantropa, fece staccare una parte del convoglio e lo dirottò a Peshtigo. Successivamente arrivarono altri soccorsi dal resto degli Stati Uniti.
Lucius Fairchild militare, con il braccio sinistra appena amputato

Fairchild con la moglie Frances Bull

Oggi, un museo cittadino e un santuario mariano (nella cappella in cui sopravvissero suor Adele e gli altri) ricordano il fatto.
Il cimitero di Peshtigo




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