La storia dell'aeronautica civile è
piena di tragedie apparentemente inspiegabili, il cui pensiero è
sicuramente una delle ragioni che fanno scattare in alcune persone il
terrore assoluto di volare in aereo, anche se le statistiche indicano
che gli aerei sono mezzi di trasporto molto più sicuri delle
automobili che usiamo tutti i giorni.
A parte queste, ci sono state anche
tragedie che si sono presentate come veri enigmi ma poi sono state
spiegate, spesso con delle soluzioni clamorose.
Vediamone un esempio particolarmente
significativo.
La mattina del 9 settembre 1949, un
aereo Douglas DC-3 della Canadian Pacific Airlines decolla da
Montreal per raggiungere, dopo uno scalo a Québec, Baie-Comeau, una cittadina situata in una
importante posizione logistica all'inizio del Golfo del San Lorenzo,
quasi al confine tra Canada e Usa.
Due immagini di aerei Douglas DC-3 della Canadian Pacific Airlines
Il viaggio è lungo circa 600 km.
Verso le 11,15, all'altezza di Sault-au-Cochon, quasi a metà
strada, l'aereo esplode improvvisamente in volo. Un solo testimone,
un pescatore di nome Patrick Simard, lo vede disintegrarsi nel cielo.
Tutte le 23 persone a bordo (19 passeggeri e 4 membri
dell'equipaggio) muoiono praticamente all'istante.
La posizione di Baie-Comeau rispetto a Montreal e a Québec
La posizione di Sault-au-Cochon, dove avvenne il disatro
Resti e rottami si sparpagliano in
un'area boscosa e disabitata, a circa 40 km da Quebec City, proprio
sulla riva Nord del Golfo. Le autorià locali e federali inviano
subito contingenti di polizia e gruppi di tecnici, i quali però non
possono fare altro che constatare che l'aereo è andato
inspiegabilmente distrutto in volo e che non ci sono superstiti.
Due immagini dei rottami dell'aereo
La distribuzione dei rottami dell'aereo al suolo
La spiegazione, però, non convince un
uomo, N.R. Crumb, uno dei vicepresidenti della Canadian Pacific
Airlines. Secondo Crumb, un aereo come il DC-3 è troppo solido per
fare quella fine in quelle condizioni di tempo perfetto; lui stesso
ha stabilito le procedure di controllo dei velivoli prima di
abilitarli al decollo ed è convinto che l'aereo, alla partenza,
fosse sicurissimo. Crumb chiama allora un suo amico, Jacques
Perreault, un detective che lavora per la Canadian Pacific Airlines
soprattutto sulla costa Ovest del Canada, e gli chiede di recarsi sul
posto a compiere una ulteriore verifica, affiancato da due tecnici di
fiducia della Canadian Pacific Airlines e dall'avvocato della società
stessa, Francois Gravel.
Perreault, dopo il sopralluogo, segnala
immediatamente a Crumb che ci sono molte cose che non tornano, di cui
la principale è che dai rottami esala un odore di dinamite più che
sospetto. Crumb e Gravel si recano allora a Quebec, per chiedere al
primo ministro Maurice Duplessis e al Ministro della Giustizia di
riaprire l'indagine. La risposta è raggelante: queste sono solo
scuse per non pagare o pagare il più tardi possibile i risarcimenti
alle famiglie dei morti, non se ne parla proprio. La polizia federale
canadese non si occuperà più del caso. Per la Canadian Pacific
Airlines, risarcire le famiglie dei morti, significherebbe la rovina:
è vero che è una grande compagnia, che gestisce diversi tipi di
trasporti, non solo aerei ma anche navali, in tutto il territorio
canadese; ma è anche vero che, tra i morti, ci sono alcuni
importanti imprenditori, manager e altre persone in vista.
Crumb ottiene, se non altro,
l'autorizzazione a continuare delle indagini private a spese della
compagnia; incarica allora Perreault di ingaggiare i migliori 15
detective canadesi e di sguinzagliarli alla ricerca di indizi, prove
e qualunque altra cosa possa condurre alla spiegazione
dell'esplosione. La ricerca conduce subito a dei risultati.
Un tassista di Montreal, un certo
Chassé, racconta di aver condotto una signora corpulenta
all'aeroporto, la mattina dell'incidente; la signora portava con sé
una scatoletta di legno da consegnare a qualcuno che doveva partire.
Altri testimoni la identificano come Marguerite Pitre, nata Ruest,
una donna di 40 anni che il 20 settembre 1949 ha tentato il suicidio
con il gas, senza riuscirci, e lasciando uno sconclusionato biglietto
in cui si auto-accusa di un crimine non ben chiarito. Ce n'è
abbastanza da far intervenire la polizia federale, che ferma e
interroga la Pitre. Questa, dopo poco, cede e confessa tutto: il
pacchetto, che conteneva una bomba a orologeria, lo ha portato lei
all'aeroporto, per consegnarlo a una donna che stava per imbarcarsi
sul DC-3, Rita Morel Guay, di 29 anni, del tutto ignara di ciò che
stava per succedere.
Ma perché la Pitre (una domestica che
i giornali ribattezzeranno “Il Corvo” per la sua abitudine di
vestire sempre di nero) ha fatto questo?
Dietro di lei c'è un mandante, e
questo mandante è uno di quelli che devono essere giocoforza i primi
sospetti. Joseph-Albert Guay, 32 anni, commerciante in orologi e
gioielli, amante della bella vita e marito di Rita Morel Guay.
Marguerite Ruest Pitre, Joseph-Albert Guay e Rita Morel Guay
La storia, una volta ricostruita, si
rivela semplice fino alla banalità. Guay e la moglie sono sposati e
hanno una figlia, ma il loro matrimonio è tutt'altro che felice.
Rita rimprovera al marito di essere un fallito (ha dovuto chiudere la
sua attività per i troppi debiti e deve lavorare alle dipendenze di
altri, come rappresentante, e per questo è spesso in viaggio), lui
si sente trascurato da quando è nata la figlia. A forza di sentirsi
trascurato, Guay ha cercato consolazione altrove e l'ha trovata tra
le braccia di Marie-Ange Robitaille, una ragazza di 19 anni che fa la
cameriera al ristorante Charest Boulevard, con cui ha una relazione
da 2. Guay, Rita e Marie-Ange appartengono tutti e tre alla comunità
francofona e cattolica del Québec, nella quale è praticamente
impossibile divorziare e l'annullamento del matrimonio si può
ottenere solo in rari casi e a costi molto elevati. Guay i soldi per
annullare il suo matrimonio non li ha, e Marie-Ange non ci sta a fare
la ruota di scorta. Allora a Guay viene in mente l'idea che secondo
lui lo libererà da tutti i problemi: disfarsi della moglie dopo un
finto incidente, dopo averle fatto sottoscrivere un'assicurazione
sulla vita per una somma cospicua. Per andare sul sicuro, anzi,
gliene fa sottoscrivere due, per un totale di 15.000 dollari canadesi
del tempo (equivalente a circa 156.000 dollari di adesso).
Il piano di Guay per liberarsi della
moglie è di un cinismo che ha dell'inverosimile. La convincerà a
fare un viaggio in aereo ma, nei bagagli, le metterà una bomba.
Mentre l'aereo sorvola il mare, la bomba esploderà, uccidendo Rita
(e, accidentalmente, anche tutti gli altri passeggeri) e tutte le
tracce del delitto finiranno in acqua, praticamente irrecuperabili
con la tecnologia del tempo.
Guay si preoccupa anche di farsi vedere
da quanti più testimoni possibile, al momento dell'esplosione, sulla
Dufferin, una terrazza paronamica di Québec: abbastanza
spudoratamente, si porta dietro pure Marie-Ange. Quello che non
arriva a prevedere è che il DC-3 è partito con 10 minuti di
ritardo: quando esplode, sta volando ancora sopra la terraferma, i
rottami sono recuperabili e il fiuto infallibile di Jacques Perreault
farà il resto.
Il processo si svolge in un clima non
proprio obiettivo: l'assurdità del delitto e il costo in termini di
vite umane in rapporto al movente hanno coinvolto emotivamente tutta
l'opinione pubblica, che chiede una punizione spietata per i
colpevoli. Perché Guay ha ideato il piano, ma per attuarlo ha avuto
bisogno del contributo di due complici.
Uno è la Pitre, che ha materialmente
portato il pacco con la bomba alla povera Rita che stava per
imbarcarsi sul volo. Guay si era inventato con la moglie la storia di
due viaggi di lavoro in contemporanea, uno dei quali però al solo
scopo di recuperare del campionario lasciato a Baie-Comeau: poteva
fargli lei, il piacere di andarlo a prendere? Poi, quando la partenza
è imminente, la consegna del pacco da parte della Pitre, una
conoscente comune: ufficialmente, dentro, c'è altra merce da
consegnare a un altro cliente di Baie-Comeau. Rita non sospetta di
niente e accetta di portare anche questo.
L'altro si chiama Généreux Ruest, ha
51 anni ed è il fratello della Pitre. Ruest è un orologiaio, cui
Guay si è sempre rivolto per far riparare i suoi orologi, compresi
quelli che vendeva. La bomba a orologeria, l'ha materialmente
confezionata lui.
Il processo a Guay, viste le prove
schiaccianti, dura pochissimo e si conclude con il verdetto di
condanna all'impiccagione, che sarà eseguita a Montreal il 12
gennaio 1951. Prima che la botola della forca si apra sotto i suoi
piedi, il condannato fa in tempo a pronunciare una frase che lo
rende, se possibile, un personaggio ancora più unico negli annali della
criminalità: “Au moins, Je meurs célèbre!” (“Almeno muoio
famoso!”).
Joseph-Albert Guay (1917-51)
Guay lascia l'aula dopo la lettura del verdetto
Durante gli interrogatori, Gauy accusa
senza mezzi termini Ruest e la Pitre: erano perfettamente consapevoli
di ciò che stavo preparando, dice, tanto è vero che avevano preteso
pure una cospicua fetta del malloppo che ne avrei ricavato dalle
assicurazioni. I due invece sostengono il contrario: Ruest afferma
che Guay lo convinse a preparargli la bomba con la scusa di farla
esplodere in un terreno di sua proprietà per bonificarlo dalle
radici degli alberi tagliati (una pratica comune a quel tempo) e la
Pitre ripete di non aver saputo nulla sul contenuto del pacco fino a
esplosione avvenuta. Guay però insiste: secondo una ricostruzione
successiva, potrebbe trattarsi di una strategia suggerita dai suoi
avvocati per prendere tempo e far rinviare l'esecuzione con la scusa
che deve testimoniare nei processi agli altri due, che sono distinti
dal suo. Più tempo passa, più si affievolisce l'onda emotiva del
delitto e poi è improbabile che la Corte decida di mettere a morte
la Pitre: da quando esiste il Canada, solo 12 donne sono state
impiccate, molte altre sono invece quelle graziate. Una volta
graziata la sua complice, sarà molto più facile ottenere la
commutazione della pena capitale in una detentiva.
Ma, se è un calcolo, fallisce. Non
solo l'opinione pubblica, ma anche il governo (che ha il dente
avvelenato perché gli si rimprovera di non aver sostenuto da subito
la Canadian Pacific Airlines nella sua ricerca della verità)
vogliono la testa di Guay. Prima dell'esecuzione, fa in tempo solo a
testimoniare al processo contro Ruest, ribadendo le sue accuse. E non
le ritratta nemmeno in punto di morte.
Ruest, un uomo gravemente ammalato di
tubercolosi ossea, viene condannato a morte poco prima
dell'esecuzione di Guay e impiccato a Montreal il 25 luglio 1952: le
sue condizioni di salute, durante la detenzione, si sono così
aggravate che dovrà essere trasportato alla forca su una sedia a
rotelle e, all'apertura della botola, il cappio staccherà la testa
dal corpo.
La Pitre viene anche lei condannata, e
non le arriverà nessuna grazia: sarà la tredicesima e ultima donna
impiccata nella Storia della giustizia canadese. L'esecuzione si
svolge il 9 gennaio 1953, sempre a Montreal: la donna sviene alla
vista del patibolo e, dato che pesa più di cento chili, ci vogliono
quattro carcerieri per trasportarla fino alla forca.
Marguerite Ruest Pitre; di Généreux Ruest non si trovano immagini sul web
Secondo la gran parte dei ricercatori
che hanno studiato il caso, le condanne di Ruest e della Pitre furono
pronunciate con troppa fretta e troppa leggerezza, non avendo in mano
abbastanza elementi per decidere di infliggere una pena capitale. Non
è detto che fossero per forza innocenti: ma, di sicuro, la loro
colpevolezza non fu accertata “al di là di ogni ragionevole
dubbio”.
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