venerdì 2 settembre 2016

Albert Guay: “Almeno muoio famoso!”

La storia dell'aeronautica civile è piena di tragedie apparentemente inspiegabili, il cui pensiero è sicuramente una delle ragioni che fanno scattare in alcune persone il terrore assoluto di volare in aereo, anche se le statistiche indicano che gli aerei sono mezzi di trasporto molto più sicuri delle automobili che usiamo tutti i giorni.
A parte queste, ci sono state anche tragedie che si sono presentate come veri enigmi ma poi sono state spiegate, spesso con delle soluzioni clamorose.
Vediamone un esempio particolarmente significativo.
La mattina del 9 settembre 1949, un aereo Douglas DC-3 della Canadian Pacific Airlines decolla da Montreal per raggiungere, dopo uno scalo a Québec, Baie-Comeau, una cittadina situata in una importante posizione logistica all'inizio del Golfo del San Lorenzo, quasi al confine tra Canada e Usa.

Due immagini di aerei Douglas DC-3 della Canadian Pacific Airlines

Il viaggio è lungo circa 600 km. Verso le 11,15, all'altezza di Sault-au-Cochon, quasi a metà strada, l'aereo esplode improvvisamente in volo. Un solo testimone, un pescatore di nome Patrick Simard, lo vede disintegrarsi nel cielo. Tutte le 23 persone a bordo (19 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio) muoiono praticamente all'istante.
La posizione di Baie-Comeau rispetto a Montreal e a Québec

La posizione di Sault-au-Cochon, dove avvenne il disatro

Resti e rottami si sparpagliano in un'area boscosa e disabitata, a circa 40 km da Quebec City, proprio sulla riva Nord del Golfo. Le autorià locali e federali inviano subito contingenti di polizia e gruppi di tecnici, i quali però non possono fare altro che constatare che l'aereo è andato inspiegabilmente distrutto in volo e che non ci sono superstiti.

Due immagini dei rottami dell'aereo

La distribuzione dei rottami dell'aereo al suolo

La spiegazione, però, non convince un uomo, N.R. Crumb, uno dei vicepresidenti della Canadian Pacific Airlines. Secondo Crumb, un aereo come il DC-3 è troppo solido per fare quella fine in quelle condizioni di tempo perfetto; lui stesso ha stabilito le procedure di controllo dei velivoli prima di abilitarli al decollo ed è convinto che l'aereo, alla partenza, fosse sicurissimo. Crumb chiama allora un suo amico, Jacques Perreault, un detective che lavora per la Canadian Pacific Airlines soprattutto sulla costa Ovest del Canada, e gli chiede di recarsi sul posto a compiere una ulteriore verifica, affiancato da due tecnici di fiducia della Canadian Pacific Airlines e dall'avvocato della società stessa, Francois Gravel.
Perreault, dopo il sopralluogo, segnala immediatamente a Crumb che ci sono molte cose che non tornano, di cui la principale è che dai rottami esala un odore di dinamite più che sospetto. Crumb e Gravel si recano allora a Quebec, per chiedere al primo ministro Maurice Duplessis e al Ministro della Giustizia di riaprire l'indagine. La risposta è raggelante: queste sono solo scuse per non pagare o pagare il più tardi possibile i risarcimenti alle famiglie dei morti, non se ne parla proprio. La polizia federale canadese non si occuperà più del caso. Per la Canadian Pacific Airlines, risarcire le famiglie dei morti, significherebbe la rovina: è vero che è una grande compagnia, che gestisce diversi tipi di trasporti, non solo aerei ma anche navali, in tutto il territorio canadese; ma è anche vero che, tra i morti, ci sono alcuni importanti imprenditori, manager e altre persone in vista.
Crumb ottiene, se non altro, l'autorizzazione a continuare delle indagini private a spese della compagnia; incarica allora Perreault di ingaggiare i migliori 15 detective canadesi e di sguinzagliarli alla ricerca di indizi, prove e qualunque altra cosa possa condurre alla spiegazione dell'esplosione. La ricerca conduce subito a dei risultati.
Un tassista di Montreal, un certo Chassé, racconta di aver condotto una signora corpulenta all'aeroporto, la mattina dell'incidente; la signora portava con sé una scatoletta di legno da consegnare a qualcuno che doveva partire. Altri testimoni la identificano come Marguerite Pitre, nata Ruest, una donna di 40 anni che il 20 settembre 1949 ha tentato il suicidio con il gas, senza riuscirci, e lasciando uno sconclusionato biglietto in cui si auto-accusa di un crimine non ben chiarito. Ce n'è abbastanza da far intervenire la polizia federale, che ferma e interroga la Pitre. Questa, dopo poco, cede e confessa tutto: il pacchetto, che conteneva una bomba a orologeria, lo ha portato lei all'aeroporto, per consegnarlo a una donna che stava per imbarcarsi sul DC-3, Rita Morel Guay, di 29 anni, del tutto ignara di ciò che stava per succedere.
Ma perché la Pitre (una domestica che i giornali ribattezzeranno “Il Corvo” per la sua abitudine di vestire sempre di nero) ha fatto questo?
Dietro di lei c'è un mandante, e questo mandante è uno di quelli che devono essere giocoforza i primi sospetti. Joseph-Albert Guay, 32 anni, commerciante in orologi e gioielli, amante della bella vita e marito di Rita Morel Guay.
Marguerite Ruest Pitre, Joseph-Albert Guay e Rita Morel Guay

La storia, una volta ricostruita, si rivela semplice fino alla banalità. Guay e la moglie sono sposati e hanno una figlia, ma il loro matrimonio è tutt'altro che felice. Rita rimprovera al marito di essere un fallito (ha dovuto chiudere la sua attività per i troppi debiti e deve lavorare alle dipendenze di altri, come rappresentante, e per questo è spesso in viaggio), lui si sente trascurato da quando è nata la figlia. A forza di sentirsi trascurato, Guay ha cercato consolazione altrove e l'ha trovata tra le braccia di Marie-Ange Robitaille, una ragazza di 19 anni che fa la cameriera al ristorante Charest Boulevard, con cui ha una relazione da 2. Guay, Rita e Marie-Ange appartengono tutti e tre alla comunità francofona e cattolica del Québec, nella quale è praticamente impossibile divorziare e l'annullamento del matrimonio si può ottenere solo in rari casi e a costi molto elevati. Guay i soldi per annullare il suo matrimonio non li ha, e Marie-Ange non ci sta a fare la ruota di scorta. Allora a Guay viene in mente l'idea che secondo lui lo libererà da tutti i problemi: disfarsi della moglie dopo un finto incidente, dopo averle fatto sottoscrivere un'assicurazione sulla vita per una somma cospicua. Per andare sul sicuro, anzi, gliene fa sottoscrivere due, per un totale di 15.000 dollari canadesi del tempo (equivalente a circa 156.000 dollari di adesso).
Il piano di Guay per liberarsi della moglie è di un cinismo che ha dell'inverosimile. La convincerà a fare un viaggio in aereo ma, nei bagagli, le metterà una bomba. Mentre l'aereo sorvola il mare, la bomba esploderà, uccidendo Rita (e, accidentalmente, anche tutti gli altri passeggeri) e tutte le tracce del delitto finiranno in acqua, praticamente irrecuperabili con la tecnologia del tempo.
Guay si preoccupa anche di farsi vedere da quanti più testimoni possibile, al momento dell'esplosione, sulla Dufferin, una terrazza paronamica di Québec: abbastanza spudoratamente, si porta dietro pure Marie-Ange. Quello che non arriva a prevedere è che il DC-3 è partito con 10 minuti di ritardo: quando esplode, sta volando ancora sopra la terraferma, i rottami sono recuperabili e il fiuto infallibile di Jacques Perreault farà il resto.
Il processo si svolge in un clima non proprio obiettivo: l'assurdità del delitto e il costo in termini di vite umane in rapporto al movente hanno coinvolto emotivamente tutta l'opinione pubblica, che chiede una punizione spietata per i colpevoli. Perché Guay ha ideato il piano, ma per attuarlo ha avuto bisogno del contributo di due complici.
Uno è la Pitre, che ha materialmente portato il pacco con la bomba alla povera Rita che stava per imbarcarsi sul volo. Guay si era inventato con la moglie la storia di due viaggi di lavoro in contemporanea, uno dei quali però al solo scopo di recuperare del campionario lasciato a Baie-Comeau: poteva fargli lei, il piacere di andarlo a prendere? Poi, quando la partenza è imminente, la consegna del pacco da parte della Pitre, una conoscente comune: ufficialmente, dentro, c'è altra merce da consegnare a un altro cliente di Baie-Comeau. Rita non sospetta di niente e accetta di portare anche questo.
L'altro si chiama Généreux Ruest, ha 51 anni ed è il fratello della Pitre. Ruest è un orologiaio, cui Guay si è sempre rivolto per far riparare i suoi orologi, compresi quelli che vendeva. La bomba a orologeria, l'ha materialmente confezionata lui.
Il processo a Guay, viste le prove schiaccianti, dura pochissimo e si conclude con il verdetto di condanna all'impiccagione, che sarà eseguita a Montreal il 12 gennaio 1951. Prima che la botola della forca si apra sotto i suoi piedi, il condannato fa in tempo a pronunciare una frase che lo rende, se possibile, un personaggio ancora più unico negli annali della criminalità: “Au moins, Je meurs célèbre!” (“Almeno muoio famoso!”).
Joseph-Albert Guay (1917-51)
Guay lascia l'aula dopo la lettura del verdetto

Durante gli interrogatori, Gauy accusa senza mezzi termini Ruest e la Pitre: erano perfettamente consapevoli di ciò che stavo preparando, dice, tanto è vero che avevano preteso pure una cospicua fetta del malloppo che ne avrei ricavato dalle assicurazioni. I due invece sostengono il contrario: Ruest afferma che Guay lo convinse a preparargli la bomba con la scusa di farla esplodere in un terreno di sua proprietà per bonificarlo dalle radici degli alberi tagliati (una pratica comune a quel tempo) e la Pitre ripete di non aver saputo nulla sul contenuto del pacco fino a esplosione avvenuta. Guay però insiste: secondo una ricostruzione successiva, potrebbe trattarsi di una strategia suggerita dai suoi avvocati per prendere tempo e far rinviare l'esecuzione con la scusa che deve testimoniare nei processi agli altri due, che sono distinti dal suo. Più tempo passa, più si affievolisce l'onda emotiva del delitto e poi è improbabile che la Corte decida di mettere a morte la Pitre: da quando esiste il Canada, solo 12 donne sono state impiccate, molte altre sono invece quelle graziate. Una volta graziata la sua complice, sarà molto più facile ottenere la commutazione della pena capitale in una detentiva.
Ma, se è un calcolo, fallisce. Non solo l'opinione pubblica, ma anche il governo (che ha il dente avvelenato perché gli si rimprovera di non aver sostenuto da subito la Canadian Pacific Airlines nella sua ricerca della verità) vogliono la testa di Guay. Prima dell'esecuzione, fa in tempo solo a testimoniare al processo contro Ruest, ribadendo le sue accuse. E non le ritratta nemmeno in punto di morte.
Ruest, un uomo gravemente ammalato di tubercolosi ossea, viene condannato a morte poco prima dell'esecuzione di Guay e impiccato a Montreal il 25 luglio 1952: le sue condizioni di salute, durante la detenzione, si sono così aggravate che dovrà essere trasportato alla forca su una sedia a rotelle e, all'apertura della botola, il cappio staccherà la testa dal corpo.
La Pitre viene anche lei condannata, e non le arriverà nessuna grazia: sarà la tredicesima e ultima donna impiccata nella Storia della giustizia canadese. L'esecuzione si svolge il 9 gennaio 1953, sempre a Montreal: la donna sviene alla vista del patibolo e, dato che pesa più di cento chili, ci vogliono quattro carcerieri per trasportarla fino alla forca.
Marguerite Ruest Pitre; di Généreux Ruest non si trovano immagini sul web

Secondo la gran parte dei ricercatori che hanno studiato il caso, le condanne di Ruest e della Pitre furono pronunciate con troppa fretta e troppa leggerezza, non avendo in mano abbastanza elementi per decidere di infliggere una pena capitale. Non è detto che fossero per forza innocenti: ma, di sicuro, la loro colpevolezza non fu accertata “al di là di ogni ragionevole dubbio”.





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