domenica 21 agosto 2016

La morte di Ciajkovskij: fatalità o suicidio?

La mattina del 2 novembre 1893, in una rispettabile casa borghese al centro di San Pietroburgo, un uomo di 53 anni si svegliò molto presto, com'era sempre stata sua abitudine, ma non poté dedicarsi ai numerosi impegni che attendevano per la giornata, perché soffriva di forti sintomi gastrici e intestinali insorti all'improvviso durante la notte. Avendone patito, a intervalli, per tutta la vita, non se ne preoccupò eccessivamente, e si limito a restare a riposo, prendendo qualcuno dei farmaci e dei rimedi naturali che aveva in casa per evenienze del genere. L'uomo era Piotr Ilic' Ciajkovskj, il più celebre compositore di musica russo di quel tempo.
Ciajkovskj adolescente, mentre studiava Giurisprudenza per entrare nell'amministrazione statale zarista

Ciajkovskj attorno ai 37 anni, quando cominciava a essere molto famoso

Ciajkovskj nel 1893

Alle 17, però, stava talmente male da non poter ricevere due conoscenti che lui stesso aveva invitato il giorno prima. Il fratello di Ciajkovskij, Modest, che viveva con lui, chiamò il loro medico di famiglia, Vasilij Bertenson, che però si presentò solo alle 20. Bertenson non doveva essere un medico molto capace: restò per qualche tempo a visitare il paziente, senza arrivare a una diagnosi, e infine si decise a far chiamare il proprio fratello Lev, medico della corte imperiale. Lev Bertenson arrivò nella notte e diagnosticò subito il colera.
Modest Ciajkovskij (1850-1916), fratello del compositore

Il colera è una malattia infettiva dovuta all'infezione da Vibrio Cholerae, un batterio Gram-negativo dalla caratteristica forma a virgola, diffuso in due soli ecosistemi: le acque dolci e l'intestino umano. Produce una tossina che penetra nelle cellule dell'intestino e disturba il loro metabolismo in modo da fare espellere loro enormi quantità di fluidi, che si riversano nella cavità intestinale determinando il sintomo principale che è la diarrea, e successivamente la disidratazione, che in assenza di cure adeguate può uccidere anche il 50% dei pazienti. Alcuni pazienti possono morire anche di collasso e di ipotermia, dato che il colera non fa salire la febbre, ma la fa scendere.
Il Vibrio Cholerae al microscopio

Il colera tende a essere endemico nelle aree in cui le più elementari norme igienico-sanitarie non sono rispettate, in particolare dove c'è la possibilità che le acque da bere siano contaminate da scarichi domestici, dato che in questo modo i vibrioni espulsi con le feci dai malati vengono assunti dai consumatori insieme all'acqua stessa quando la bevono. Nella Russia di fine XIX secolo, la malattia era diffusissima: dai rapporti medici, si sa che tra il 1892 e il 1896, oltre 504.000 persone la contrassero e oltre 226.000 ne morirono, con un tasso di mortalità superiore al 44%.
In assenza di antibiotici, a quel tempo, il colera veniva curato mantenendo il paziente al caldo per combattere l'ipotermia e reidratandolo continuamente per evitare la disidratazione. Ovviamente, se l'acqua disponibile non era abbastanza pulita, non si faceva altro che reinfettarlo in continuazione, e questo spiega l'alta mortalità. A questo, si deve aggiungere che lo stato di sofferenza generale dell'apparato digerente comportava, tra i sintomi principali, anche dei continui attacchi di vomito, per cui era facile che i pazienti non riuscissero a trattenere l'acqua che veniva fatta loro bere nell'impossibilità di usare le flebo (ancora non inventate).
Ciajkovskij soffrì molto tra l'inizio della malattia e la sera del 4 novembre, quando la situazione sembrò migliorare e l'infezione apparve vicina a essere debellata. Tuttavia, poiché era già in cattive condizioni di salute già prima di ammalarsi, lo sforzo per superare la malattia aveva terminato di fiaccare il suo già debole organismo. I reni, costretti a un surplus di sforzo dalla disidratazione, smisero di funzionare: i sintomi del blocco renale apparvero evidenti. Il dottor Lev Bertenson tentò la carta del bagno tiepido, un rimedio tradizionale che serviva per riattivare la circolazione, sperando di riuscire così a far ripartire una minima attività renale. Bertenson, tuttavia, ignorava che la madre di Ciajkovskij, Aleksandra Assier, era morta, il 25 giugno 1854, all'età di 43 anni, proprio durante un bagno tiepido somministratole mentre era affetta da colera e manifestava problemi renali, e che il figlio era dolorosamente ossessionato da quel ricordo. Immerso nell'acqua tiepida contro la sua volontà, Ciajkosvkij cadde in uno stato di profonda prostrazione, da cui non si riprese più. Riportato a letto, era già in coma e respirava solo grazie a una maschera a ossigeno. Alle 3 di notte del 6 novembre 1893, morì.
La famiglia di origine di Ciajkovskj nel 1848: Piotr il bambino sull'estrema sinistra, accanto alla madre

Nonostante la diffusione del morbo in Russia, le circostanze della morte del celebre compositore lasciarono basita l'intera opinione pubblica. Ciajkovskij era benestante, viveva in una casa dotata di tutti i confort, frequentava solo luoghi di lusso, mentre la quasi totalità dei morti di colera apparteneva alle classi modeste e si ammalava per la promiscuità e la scarsa igiene. Oltretutto, a molti sembro strano che, in una città non distante dal Circolo Polare Artico, già a novembre, ci si potesse ammalare di colera, che era una tipica infezione estiva (tuttavia, a San Pietroburgo, nei giorni immediatamente precedenti la scomparsa di Ciajkovskij, erano morti di colera altri 8 cittadini).
Il personaggio Ciajkovskij, è poi un soggetto tutto particolare, di una complessità difficile da ricostruire in poche parole. Compositore per vocazione irresistibile, a dispetto della volontà familiare di farne un funzionario pubblico, aveva compiuto studi musicali discontinui, secondo la disponibilità di tempo, e si era affermato piuttosto tardi. A differenza di quasi tutti i musicisti russi di allora, tendenzialmente legati alla loro tradizione nazionale, era stato portato a contaminare questa con elementi importati dal Romanticismo europeo, mescolandoli con una creatività difficile da tenere sotto controllo. Per questa ragione, era generalmente amato dal pubblico ma disprezzato dalla critica, sia in Russia (dove era considerato un traditore della tradizione), sia in Europa (dove predominava la scuola critica tedesca, cultrice del perfetto formalismo e piuttosto intollerante con creativi e innovatori). La sua opera, pur essendo di grande ispirazione per musicisti successivi come Sergej Rachmaninov (un altro che è stato sempre strapazzato dai critici, nonostante il grande successo... o, forse, proprio per questo), dovette aspettare fino al 1922 per essere rivalutata criticamente da un compositore dell'importanza di Igor Stravinskij, che proclamò Ciajkovskij uno dei maestri incompresi del XIX secolo. E' comunque indiscutibile che Ciajkovskij, nella fase di maggiore successo, per tenere dietro alle richieste di editori e impresari, compose troppe opere perché venissero tutte bene, e infatti la qualità di queste è discontinua. Oltretutto, questo sforzo creativo finì per minargli la salute.
Sergej Rachmaninov (1873-1943)

Igor Straninskij (1882-1971)

Ma Ciajkovskij nascondeva anche altri problemi. Era omosessuale (così come il fratello Modest, che viveva con lui) e, a quel tempo, l'omosessualità in Russia era tanto ampiamente tollerata tra gli aristocratici quanto considerata disdicevole e passibile di ogni sorta di sanzioni quando riguardava i non aristocratici. E Ciajkovskij, pur benestante e famoso, restava un borghese, che doveva nascondere le sue inclinazioni per non rischiare di mettersi in qualche guaio.
Una situazione caratterizzata da un rapporto conflittuale con la critica e la necessità di condurre due vite, una pubblica e una segreta (nel 1877 aveva addirittura sposato una sua ammiratrice, la ventottenne Antonina Miljukova, ma il rapporto con questa, una donna ipersensibile esattamente come era lui, era subito degenerato in un conflitto insanabile, e l'aveva lasciata per il timore di essere indotto a ucciderla dalla repulsione che provava per lei), nonché la personalità tormentata del compositore, insieme a una serie di testimonianze emerse negli anni successivi alla sua morte, hanno sempre fatto pensare che la morte di Ciajkovskij non fu un evento casuale determinato da una incontrollabile fatalità, ma qualcosa che avvenne per la precisa volontà di qualcuno, probabilmente Ciajkovskij stesso.
Ciajkovskij e Antonina Miljukova (1849-1917) nel 1877, poco dopo il loro matrimonio. La Miljuokova è morta in un ospedale psichiatrico e la sua fama postuma ha molto sofferto delle dicerie diffuse sul suo conto da Modest Ciajokovskij, secondo il quale era una pazza che assestò il colpo di grazia alla già fragile sensibilità del fratello. La sua figura è stata però rivalutata in tempi recenti, a partire dal film L'altra faccia dell'amore di Ken Russell (1970) in cui è interpretata da una superlativa Glenda Jackson (curiosamente, nel ruolo di Ciajkovskij, c'è Richard Chamberlain: che come il suo personaggio, a quel tempo, nascondeva la sua omosessualità)
Richard Chamberlain in L'altra faccia dell'amore

Glenda Jackson in L'altra faccia dell'amore

Esistono infatti diverse teorie su come andarono esattamente i fatti: tutte hanno dei punti a favore e dei punti contro, e nessuno può dire con certezza che una prevalga sulle altre.
Secondo la prima, che si deve a Nina Berberova e a Aleksandr Poznansky, Ciajkovskij, stanco e precocemente invecchiato, amareggiato dalla pessima accoglienza ricevuta dalla sua VI Sinfonia (la “Patetica”, in cui aveva riposto tante speranze), nell'ottobre del 1893, si lasciò andare e smise di stare attento anche alle precauzioni igieniche necessarie a salvaguardare la propria salute. Soprattutto, bevendo ripetutamente acqua dell'acquedotto (risultata contaminata dai vibrioni alle analisi) senza averla preventivamente bollita come prescritto dalle ordinanze sanitarie. In più, Ciajkovskij consumava spesso acque minerali alcaline per contrastare l'acidità di stomaco che lo infastidiva da sempre: e, queste, neutralizzando l'acido gastrico, avrebbero creato un ambiente ancora più favorevole alla diffusione dei vibrioni nel suo corpo. E' anche possibile che Ciajkovskij abbia bevuto acqua contaminata in un ristorante: questa è stata per lungo tempo l'ipotesi più accreditata, ma dato che frequentava solo ristoranti di lusso e che nei giorni in cui avrebbe dovuto infettarsi non ci andò, oggi appare piuttosto debole.
Nina Berberova (1901-93)

Aleksandr Poznansky

Secondo un'altra teoria, Ciajkovskij non si infettò a tavola ma a letto, ossia praticando un rapporto orale con un giovane prostituto portatore sano. Si sa che ne frequentava ma, a parte questo, l'ipotesi è indimostrabile perché, per ovvie ragioni di discrezione, nessuno dei suoi amici e conoscenti, inclusi i medici, avrebbe mai rilasciato testimonianze che avallassero una circostanza del genere, così gravemente infamante per la sua memoria secondo la mentalità del tempo.
Una terza ipotesi riprende il meccanismo ipotizzato per la prima, ma vi aggiunge un elemento in più: la precisa volontà di Ciajkovskij di morire. Infatti, il musicista, nelle lettere private scritte nelle settimane precedenti la fine, si definiva spesso “stanco di vivere”. Negli ultimi anni, il suo mondo affettivo era stato devastato da una serie di perdite, tra cui i più gravi erano stati la rottura dei rapporti con la mecenate che lo aveva aiutato moltissimo negli anni '80, Nadezhda von Meck (Ciajkovskij le era molto affezionato e riteneva che fosse stata indotta ad allontanarsi da lui dalla gelosia dei figli) e la morte dell'adorata sorella Aleksandra, che era stata sicuramente la persona che aveva più amato al mondo. In altri tempi, aveva già tentato il suicidio, per esempio gettandosi in un fiume gelido nel 1877, dopo il fallimento del suo matrimonio con la Miljukova. In quell'occasione aveva simulato un incidente perché, come sosteneva, non voleva lasciare in eredità ai suoi cari la fama di un atto come il suicidio, che la società del tempo condannava senza appello. Dunque, a distanza di anni, avrebbe potuto riprovarci, cercando apposta l'infezione di una grave malattia.
Nadezha von Meck (1831-94) : morì appena due mesi dopo Ciajkovskij

Aleksandra Ciajkovskaja (1842-1891) coniugata Davydov; suo figlio Vladimir, detto Bob, fu il nipote prediletto e l'erede di Ciajkovskij
Ciajkovskj insieme a Bob Davydov (1871-1906): quest'ultimo, incline alla depressione, divenne tossicomane e morì per gli effetti di una overdose di eroina

La condanna morale cui andavano soggetti i suicidi, e la conseguente vergogna della sepoltura in terra sconsacrata, ci portano a una ulteriore possibilità: in realtà Ciajkovskij non contrasse il colera, ma si avvelenò con l'arsenico. Questo rivaluterebbe professionalmente il dottor Vasilij Bertenson, che avrebbe chiamato a consulto il fratello Lev non perché incapace di arrivare a una diagnosi, ma per decidere cosa fare davanti a una situazione così imbarazzante e delicata. I due fratelli avrebbero poi deciso, insieme ai parenti di Ciajkovskij, di far passare l'avvelenamento per infezione approfittando della risonanza dei casi che si erano avuti in città nei giorni precedenti, e questa linea non sarebbe cambiata fino all'esito fatale, e nemmeno dopo.
Ma vi è un'ultima possibilità ancora, la più improbabile e inquietante, ma anche la più suggestiva. Nonostante le sue prove siano piuttosto discutibili (una serie di testimonianze emerse alcuni anni dopo) non può essere scartata a priori. A sostenerla sono soprattutto i musicologi Aleksandra Orlova e Peter Brown.
La copertina dell'edizione italiana del libro di Alekasandra Orlova su Ciajkovskij

David Brown

Secondo questa teoria, Ciajvovskij, nei mesi precedenti la sua morte, si sarebbe messo in un grosso casino seducendo il nipote di un importante duca, appena quattordicenne. A malincuore, lo zar Alessandro III, che era un grande ammiratore della sua musica, lo avrebbe affidato al giudizio di un tribunale segreto (può sembrare una ricostruzione fantasiosa e complottista, ma l'amministrazione della Russia zarista era piena di strutture segrete che sfuggivano a qualsiasi controllo). Questo giudizio si tiene in casa del giudice Nikolaj Jacobi, a Carskoe Selo, la mattina del 31 ottobre 1893: la vedova di questa testimonierà dell'arrivo di Ciajkovskij, della riunione a porte chiuse nello studio del giudice e delle voci concitate che si sentivano dal corridoio, dell'uscita del compositore sconvolto: ma, solo 9 anni dopo, nel 1902, il marito le ha raccontato in dettaglio come sono andati i fatti.
Il tribunale condanna Ciajkovskij al suicidio, che dovrà essere attuato entro 2 giorni simulando una malattia o un incidente. Si decide che il mezzo sarà l'arsenico, e che questo gli sarà fornito dall'avvocato Avgust Gerke, che cura i suoi rapporti con gli editori musicali e gli impresari teatrali. Gerke andò effettivamente a casa di Ciajkovskij la mattina del giorno dopo, 1° novembre.
La Berberova obietta che Ciajkovskij aveva molti conoscenze importanti e poteva arrivare fino allo Zar; oppure poteva salire sul primo treno e fuggire in Germania, dove le sue opere venivano eseguite con molto successo nonostante la scarsa considerazione dei critici, e continuare a vivere lì senza problemi. Ma forse Ciajkovskij stava davvero così male ed era talmente “stanco di vivere” da non avere più nemmeno la forza di reagire.
Avgust Gerke (1841-1902)

A questo punto, si spiegherebbero anche il ritardo di Modest nel chiamare un medico (il 2 novembre, Piotr stava male dal mattino, ma lui se ne uscì, andò a pranzo fuori e si ritirò solo nel pomeriggio, poi aspettò fino alle 17 per chiamare un medico), sia l'inerzia di Vasilj Bertenson, che si presentò solo alle 20 e poi perse delle ore prima di decidersi a chiamare il fratello Lev. Tutti sarebbero stati a conoscenza della situazione e avrebbero dato al veleno il tempo di agire.
Quale sia la verità, potremmo saperlo solo esumando i resti di Ciajkovskij dalla tomba del cimitero Aleksandr Nevskij in cui è seppellito in una bara di zinco. L'eventuale ritrovamento di tracce consistenti di arsenico orienterebbe il giudizio verso una delle ultime due ipotesi. Ma finora nessuno si è mosso in tal senso, anche per la difficoltà di ottenere l'assenso da parte di autorità ed eredi.



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