La mattina del 2 novembre 1893, in una
rispettabile casa borghese al centro di San Pietroburgo, un uomo di
53 anni si svegliò molto presto, com'era sempre stata sua abitudine,
ma non poté dedicarsi ai numerosi impegni che attendevano per la
giornata, perché soffriva di forti sintomi gastrici e intestinali
insorti all'improvviso durante la notte. Avendone patito, a
intervalli, per tutta la vita, non se ne preoccupò eccessivamente, e
si limito a restare a riposo, prendendo qualcuno dei farmaci e dei
rimedi naturali che aveva in casa per evenienze del genere. L'uomo
era Piotr Ilic' Ciajkovskj, il più celebre compositore di musica
russo di quel tempo.
Ciajkovskj adolescente, mentre studiava Giurisprudenza per entrare nell'amministrazione statale zarista
Ciajkovskj attorno ai 37 anni, quando cominciava a essere molto famoso
Ciajkovskj nel 1893
Alle 17, però, stava talmente male da
non poter ricevere due conoscenti che lui stesso aveva invitato il
giorno prima. Il fratello di Ciajkovskij, Modest, che viveva con lui,
chiamò il loro medico di famiglia, Vasilij Bertenson, che però si
presentò solo alle 20. Bertenson non doveva essere un medico molto
capace: restò per qualche tempo a visitare il paziente, senza
arrivare a una diagnosi, e infine si decise a far chiamare il proprio
fratello Lev, medico della corte imperiale. Lev Bertenson arrivò
nella notte e diagnosticò subito il colera.
Modest Ciajkovskij (1850-1916), fratello del compositore
Il colera è una malattia infettiva
dovuta all'infezione da Vibrio Cholerae, un batterio Gram-negativo
dalla caratteristica forma a virgola, diffuso in due soli ecosistemi:
le acque dolci e l'intestino umano. Produce una tossina che penetra
nelle cellule dell'intestino e disturba il loro metabolismo in modo
da fare espellere loro enormi quantità di fluidi, che si riversano
nella cavità intestinale determinando il sintomo principale che è
la diarrea, e successivamente la disidratazione, che in assenza di
cure adeguate può uccidere anche il 50% dei pazienti. Alcuni
pazienti possono morire anche di collasso e di ipotermia, dato che il
colera non fa salire la febbre, ma la fa scendere.
Il Vibrio Cholerae al microscopio
Il colera tende a essere endemico nelle
aree in cui le più elementari norme igienico-sanitarie non sono
rispettate, in particolare dove c'è la possibilità che le acque da
bere siano contaminate da scarichi domestici, dato che in questo modo
i vibrioni espulsi con le feci dai malati vengono assunti dai
consumatori insieme all'acqua stessa quando la bevono. Nella Russia
di fine XIX secolo, la malattia era diffusissima: dai rapporti
medici, si sa che tra il 1892 e il 1896, oltre 504.000 persone la
contrassero e oltre 226.000 ne morirono, con un tasso di mortalità
superiore al 44%.
In assenza di antibiotici, a quel
tempo, il colera veniva curato mantenendo il paziente al caldo per
combattere l'ipotermia e reidratandolo continuamente per evitare la
disidratazione. Ovviamente, se l'acqua disponibile non era abbastanza
pulita, non si faceva altro che reinfettarlo in continuazione, e
questo spiega l'alta mortalità. A questo, si deve aggiungere che lo
stato di sofferenza generale dell'apparato digerente comportava, tra
i sintomi principali, anche dei continui attacchi di vomito, per cui
era facile che i pazienti non riuscissero a trattenere l'acqua che
veniva fatta loro bere nell'impossibilità di usare le flebo (ancora
non inventate).
Ciajkovskij soffrì molto tra l'inizio
della malattia e la sera del 4 novembre, quando la situazione sembrò
migliorare e l'infezione apparve vicina a essere debellata. Tuttavia,
poiché era già in cattive condizioni di salute già prima di
ammalarsi, lo sforzo per superare la malattia aveva terminato di
fiaccare il suo già debole organismo. I reni, costretti a un surplus
di sforzo dalla disidratazione, smisero di funzionare: i sintomi del
blocco renale apparvero evidenti. Il dottor Lev Bertenson tentò la
carta del bagno tiepido, un rimedio tradizionale che serviva per
riattivare la circolazione, sperando di riuscire così a far
ripartire una minima attività renale. Bertenson, tuttavia, ignorava
che la madre di Ciajkovskij, Aleksandra Assier, era morta, il 25
giugno 1854, all'età di 43 anni, proprio durante un bagno tiepido
somministratole mentre era affetta da colera e manifestava problemi
renali, e che il figlio era dolorosamente ossessionato da quel
ricordo. Immerso nell'acqua tiepida contro la sua volontà,
Ciajkosvkij cadde in uno stato di profonda prostrazione, da cui non
si riprese più. Riportato a letto, era già in coma e respirava solo
grazie a una maschera a ossigeno. Alle 3 di notte del 6 novembre
1893, morì.
La famiglia di origine di Ciajkovskj nel 1848: Piotr il bambino sull'estrema sinistra, accanto alla madre
Nonostante la diffusione del morbo in
Russia, le circostanze della morte del celebre compositore lasciarono
basita l'intera opinione pubblica. Ciajkovskij era benestante, viveva
in una casa dotata di tutti i confort, frequentava solo luoghi di
lusso, mentre la quasi totalità dei morti di colera apparteneva alle
classi modeste e si ammalava per la promiscuità e la scarsa igiene.
Oltretutto, a molti sembro strano che, in una città non distante dal
Circolo Polare Artico, già a novembre, ci si potesse ammalare di
colera, che era una tipica infezione estiva (tuttavia, a San
Pietroburgo, nei giorni immediatamente precedenti la scomparsa di
Ciajkovskij, erano morti di colera altri 8 cittadini).
Il personaggio Ciajkovskij, è poi un
soggetto tutto particolare, di una complessità difficile da
ricostruire in poche parole. Compositore per vocazione irresistibile,
a dispetto della volontà familiare di farne un funzionario pubblico,
aveva compiuto studi musicali discontinui, secondo la disponibilità
di tempo, e si era affermato piuttosto tardi. A differenza di quasi
tutti i musicisti russi di allora, tendenzialmente legati alla loro
tradizione nazionale, era stato portato a contaminare questa con
elementi importati dal Romanticismo europeo, mescolandoli con una
creatività difficile da tenere sotto controllo. Per questa ragione,
era generalmente amato dal pubblico ma disprezzato dalla critica, sia
in Russia (dove era considerato un traditore della tradizione), sia
in Europa (dove predominava la scuola critica tedesca, cultrice del
perfetto formalismo e piuttosto intollerante con creativi e
innovatori). La sua opera, pur essendo di grande ispirazione per
musicisti successivi come Sergej Rachmaninov (un altro che è stato sempre
strapazzato dai critici, nonostante il grande successo... o, forse,
proprio per questo), dovette aspettare fino al 1922 per essere
rivalutata criticamente da un compositore dell'importanza di Igor
Stravinskij, che proclamò Ciajkovskij uno dei maestri incompresi del
XIX secolo. E' comunque indiscutibile che Ciajkovskij, nella fase di
maggiore successo, per tenere dietro alle richieste di editori e
impresari, compose troppe opere perché venissero tutte bene, e
infatti la qualità di queste è discontinua. Oltretutto, questo
sforzo creativo finì per minargli la salute.
Sergej Rachmaninov (1873-1943)
Igor Straninskij (1882-1971)
Ma Ciajkovskij nascondeva anche altri
problemi. Era omosessuale (così come il fratello Modest, che viveva
con lui) e, a quel tempo, l'omosessualità in Russia era tanto
ampiamente tollerata tra gli aristocratici quanto considerata
disdicevole e passibile di ogni sorta di sanzioni quando riguardava i
non aristocratici. E Ciajkovskij, pur benestante e famoso, restava un
borghese, che doveva nascondere le sue inclinazioni per non rischiare
di mettersi in qualche guaio.
Una situazione caratterizzata da un
rapporto conflittuale con la critica e la necessità di condurre due
vite, una pubblica e una segreta (nel 1877 aveva addirittura sposato
una sua ammiratrice, la ventottenne Antonina Miljukova, ma il
rapporto con questa, una donna ipersensibile esattamente come era
lui, era subito degenerato in un conflitto insanabile, e l'aveva
lasciata per il timore di essere indotto a ucciderla dalla repulsione
che provava per lei), nonché la personalità tormentata del
compositore, insieme a una serie di testimonianze emerse negli anni
successivi alla sua morte, hanno sempre fatto pensare che la morte di
Ciajkovskij non fu un evento casuale determinato da una
incontrollabile fatalità, ma qualcosa che avvenne per la precisa
volontà di qualcuno, probabilmente Ciajkovskij stesso.
Ciajkovskij e Antonina Miljukova (1849-1917) nel 1877, poco dopo il loro matrimonio. La Miljuokova è morta in un ospedale psichiatrico e la sua fama postuma ha molto sofferto delle dicerie diffuse sul suo conto da Modest Ciajokovskij, secondo il quale era una pazza che assestò il colpo di grazia alla già fragile sensibilità del fratello. La sua figura è stata però rivalutata in tempi recenti, a partire dal film L'altra faccia dell'amore di Ken Russell (1970) in cui è interpretata da una superlativa Glenda Jackson (curiosamente, nel ruolo di Ciajkovskij, c'è Richard Chamberlain: che come il suo personaggio, a quel tempo, nascondeva la sua omosessualità)
Richard Chamberlain in L'altra faccia dell'amore
Glenda Jackson in L'altra faccia dell'amore
Esistono infatti diverse teorie su come
andarono esattamente i fatti: tutte hanno dei punti a favore e dei
punti contro, e nessuno può dire con certezza che una prevalga sulle
altre.
Secondo la prima, che si deve a Nina
Berberova e a Aleksandr Poznansky, Ciajkovskij, stanco e precocemente
invecchiato, amareggiato dalla pessima accoglienza ricevuta dalla sua
VI Sinfonia (la “Patetica”, in cui aveva riposto tante speranze),
nell'ottobre del 1893, si lasciò andare e smise di stare attento
anche alle precauzioni igieniche necessarie a salvaguardare la
propria salute. Soprattutto, bevendo ripetutamente acqua
dell'acquedotto (risultata contaminata dai vibrioni alle analisi)
senza averla preventivamente bollita come prescritto dalle ordinanze
sanitarie. In più, Ciajkovskij consumava spesso acque minerali
alcaline per contrastare l'acidità di stomaco che lo infastidiva da
sempre: e, queste, neutralizzando l'acido gastrico, avrebbero creato
un ambiente ancora più favorevole alla diffusione dei vibrioni nel
suo corpo. E' anche possibile che Ciajkovskij abbia bevuto acqua
contaminata in un ristorante: questa è stata per lungo tempo
l'ipotesi più accreditata, ma dato che frequentava solo ristoranti
di lusso e che nei giorni in cui avrebbe dovuto infettarsi non ci
andò, oggi appare piuttosto debole.
Nina Berberova (1901-93)
Aleksandr Poznansky
Secondo un'altra teoria, Ciajkovskij
non si infettò a tavola ma a letto, ossia praticando un rapporto
orale con un giovane prostituto portatore sano. Si sa che ne
frequentava ma, a parte questo, l'ipotesi è indimostrabile perché,
per ovvie ragioni di discrezione, nessuno dei suoi amici e
conoscenti, inclusi i medici, avrebbe mai rilasciato testimonianze
che avallassero una circostanza del genere, così gravemente
infamante per la sua memoria secondo la mentalità del tempo.
Una terza ipotesi riprende il
meccanismo ipotizzato per la prima, ma vi aggiunge un elemento in
più: la precisa volontà di Ciajkovskij di morire. Infatti, il
musicista, nelle lettere private scritte nelle settimane precedenti
la fine, si definiva spesso “stanco di vivere”. Negli ultimi
anni, il suo mondo affettivo era stato devastato da una serie di perdite, tra cui i più gravi erano stati la rottura dei rapporti con la mecenate che
lo aveva aiutato moltissimo negli anni '80, Nadezhda von Meck
(Ciajkovskij le era molto
affezionato e riteneva che fosse stata indotta ad allontanarsi da lui
dalla gelosia dei figli) e la morte dell'adorata
sorella Aleksandra, che era stata sicuramente la persona che aveva
più amato al mondo. In altri tempi, aveva già tentato il suicidio,
per esempio gettandosi in un fiume gelido nel 1877, dopo il
fallimento del suo matrimonio con la Miljukova. In quell'occasione
aveva simulato un incidente perché, come sosteneva, non voleva
lasciare in eredità ai suoi cari la fama di un atto come il
suicidio, che la società del tempo condannava senza appello. Dunque,
a distanza di anni, avrebbe potuto riprovarci, cercando apposta
l'infezione di una grave malattia.
Nadezha von Meck (1831-94) : morì appena due mesi dopo Ciajkovskij
Aleksandra Ciajkovskaja (1842-1891) coniugata Davydov; suo figlio Vladimir, detto Bob, fu il nipote prediletto e l'erede di Ciajkovskij
Ciajkovskj insieme a Bob Davydov (1871-1906): quest'ultimo, incline alla depressione, divenne tossicomane e morì per gli effetti di una overdose di eroina
La condanna morale cui andavano
soggetti i suicidi, e la conseguente vergogna della sepoltura in
terra sconsacrata, ci portano a una ulteriore possibilità: in realtà
Ciajkovskij non contrasse il colera, ma si avvelenò con l'arsenico.
Questo rivaluterebbe professionalmente il dottor Vasilij Bertenson,
che avrebbe chiamato a consulto il fratello Lev non perché incapace
di arrivare a una diagnosi, ma per decidere cosa fare davanti a una
situazione così imbarazzante e delicata. I due fratelli avrebbero
poi deciso, insieme ai parenti di Ciajkovskij, di far passare
l'avvelenamento per infezione approfittando della risonanza dei casi
che si erano avuti in città nei giorni precedenti, e questa linea
non sarebbe cambiata fino all'esito fatale, e nemmeno dopo.
Ma vi è un'ultima possibilità ancora,
la più improbabile e inquietante, ma anche la più suggestiva.
Nonostante le sue prove siano piuttosto discutibili (una serie di
testimonianze emerse alcuni anni dopo) non può essere scartata a
priori. A sostenerla sono soprattutto i musicologi Aleksandra Orlova
e Peter Brown.
La copertina dell'edizione italiana del libro di Alekasandra Orlova su Ciajkovskij
David Brown
Secondo questa teoria, Ciajvovskij, nei
mesi precedenti la sua morte, si sarebbe messo in un grosso casino
seducendo il nipote di un importante duca, appena quattordicenne. A
malincuore, lo zar Alessandro III, che era un grande ammiratore della
sua musica, lo avrebbe affidato al giudizio di un tribunale segreto
(può sembrare una ricostruzione fantasiosa e complottista, ma
l'amministrazione della Russia zarista era piena di strutture segrete
che sfuggivano a qualsiasi controllo). Questo giudizio si tiene in
casa del giudice Nikolaj Jacobi, a Carskoe Selo, la mattina del 31
ottobre 1893: la vedova di questa testimonierà dell'arrivo di
Ciajkovskij, della riunione a porte chiuse nello studio del giudice e
delle voci concitate che si sentivano dal corridoio, dell'uscita del
compositore sconvolto: ma, solo 9 anni dopo, nel 1902, il marito le
ha raccontato in dettaglio come sono andati i fatti.
Il tribunale condanna Ciajkovskij al
suicidio, che dovrà essere attuato entro 2 giorni simulando una
malattia o un incidente. Si decide che il mezzo sarà l'arsenico, e
che questo gli sarà fornito dall'avvocato Avgust Gerke, che cura i
suoi rapporti con gli editori musicali e gli impresari teatrali.
Gerke andò effettivamente a casa di Ciajkovskij la mattina del
giorno dopo, 1° novembre.
La Berberova obietta che Ciajkovskij
aveva molti conoscenze importanti e poteva arrivare fino allo Zar;
oppure poteva salire sul primo treno e fuggire in Germania, dove le
sue opere venivano eseguite con molto successo nonostante la scarsa
considerazione dei critici, e continuare a vivere lì senza problemi.
Ma forse Ciajkovskij stava davvero così male ed era talmente “stanco
di vivere” da non avere più nemmeno la forza di reagire.
Avgust Gerke (1841-1902)
A questo punto, si spiegherebbero anche
il ritardo di Modest nel chiamare un medico (il 2 novembre, Piotr
stava male dal mattino, ma lui se ne uscì, andò a pranzo fuori e si
ritirò solo nel pomeriggio, poi aspettò fino alle 17 per chiamare
un medico), sia l'inerzia di Vasilj Bertenson, che si presentò solo
alle 20 e poi perse delle ore prima di decidersi a chiamare il
fratello Lev. Tutti sarebbero stati a conoscenza della situazione e
avrebbero dato al veleno il tempo di agire.
Quale sia la verità, potremmo saperlo
solo esumando i resti di Ciajkovskij dalla tomba del cimitero
Aleksandr Nevskij in cui è seppellito in una bara di zinco.
L'eventuale ritrovamento di tracce consistenti di arsenico
orienterebbe il giudizio verso una delle ultime due ipotesi. Ma
finora nessuno si è mosso in tal senso, anche per la difficoltà di
ottenere l'assenso da parte di autorità ed eredi.
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