Chiunque svolga oggi una ricerca via web digitando il nome “Dominique Fabre” si troverebbe davanti a una discreta confusione. Il nome corrisponde a un autore francese di buon successo, autore di romanzi e racconti minimalisti, nato nel 1960 e del quale è stato anche tradotto un libro in italiano. Ma, andando avanti con la ricerca, ci si imbatte in una serie di riferimenti a opere risalenti agli anni '60 e '70, che questo Fabre non avrebbe potuto scrivere, neanche se fosse stato un bambino prodigio.
Infatti, si tratta di una questione di omonimia. Le opere in questione, piuttosto famose ai tempi e ancora ricordate oggi, sono state scritte da un altro Dominique Fabre. Per l'esattezza, un autore svizzero nato il 30 giugno 1929 a Ginevra e morto il 20 dicembre 2010 a Pfeffikon, un piccolo paese nel cantone di Lucerna.
Del Fabre svizzero non si trovano immagini sul web. Però, con un po' di fortuna, se ne trova una nella quarta di copertina dell'edizione italiana di un suo libro.
Dominique Fabre era un giornalista che cominciò la sua carriera di autore con un libro sulla Svizzera, che era una sorta di ironica guida turistica, pubblicato nel 1955, originariamente in tedesco e poi tradotto in francese.
Fabre scrisse anche le sceneggiature dei film tratti dai suoi romanzi, ma in uno dei due casi non seguì pari pari il testo del romanzo.
Il suo esordio come giallista è datato 1968: Un beau monstre, che quell'anno vince anche il Grand Prix de la Littérature Policière. In Italia arriverà nel 1971, anno di produzione del film, ad opera di Bompiani, con il titolo Il bel mostro.
Come prossima vittima, Alain prende di mira l'inglese Jane, fidanzata con il rozzo Bob. Ovviamente tra i due uomini non c'è partita e Jane diventa la sua seconda moglie. Alain non si limita a costringere la moglie all'astinenza, vuole anche controllare tutta la sua vita, le impedisce di trovare un lavoro, le mette alle spalle un maldestro detective, Samain; in più le aizza contro i suoi ex amici e arriva a vantarsi di aver fatto l'amore con una sua amica-rivale, Jacqueline; infine le impone in casa la presenza di un giovane e bellissimo gay, Dino, sfidandola a sedurlo. Jane, disperata e furiosa, riesce quasi a consumare un rapporto con il ragazzo, scatenando l'ira di Alain, che caccia via il ragazzo e la aggredisce, minacciando di ucciderla. Poi la mette incinta abusando di lei dopo averla drogata. Ma il detective Samain, ex poliziotto, è amico del commissario Leroy e lo ha tenuto al corrente di ciò che avveniva. L'intervento della polizia, che teneva Alain sotto controllo, salva Jane. La scena però è descritta in modo volutamente ambiguo e non si capisce fino in fondo se i poliziotti abbiano ucciso o solo arrestato Alain.
Nel romanzo, Alain è descritto come un uomo bruno e atletico, dal fascino tenebroso. Il suo nome completo è Alain Levont e sembra fatto apposta per rimare con Alain Delon, non certo famoso per aver trattato bene le sue donne. Forse, proprio per non turbare la suscettibilità dell'attore, o per poter calcare meglio la mano sulle perversioni del personaggio, quando si trattò di girare il relativo film, diretto dal milanese Sergio Gobbi, la produzione gli cambiò il nome in Alain Revent e lo rese biondo ed efebico, con un fascino mefistofelico. A interpretarlo fu Helmut Berger, che soprattutto nelle scene con il giovane Alain Noury, interprete di Dino, accentuò notevolmente la sensazione di omosessualità del personaggio. La seconda moglie non fu più inglese, ma francese, Nathalie, ed ebbe il volto dell'algida Virna Lisi, Sylvie quello di Edith Scob, l'infida Jacqueline quello di Francoise Brion, il commissario Leroy quello di Charles Aznavour, il detective (ribattezzato Vincent) quello di Marc Cassot.
Il secondo romanzo giallo di Fabre, La tête en feu, pur pubblicato nello stesso 1971 in cui uscì il film, non ebbe particolare successo e non fu tradotto in film.
L'anno successivo uscì il suo terzo e ultimo romanzo, Un meurtre est un meutre, che sarebbe stato portato in Italia dalla Società Editrice Internazionale con il titolo Un omicidio è un omicidio, nel 1975.
Le indagini dirette dal commissario Plouvier accertano che Paul è del tutto estraneo al fatto, ma scoprono anche la situazione di conflitto tra i due. Inoltre, la sorella gemella di Marie, Anne, tornata dal Canada per le esequie, accusa apertamente Paul dell'omicidio. Intanto Paul riceve la visita di un individuo molto losco, tale Jean Carouse, che gli rivela di essere stato lui a provocare l'incidente in cui è morta Marie e di essere anche in possesso di prove che incriminerebbero Paul, se questo non lo pagherà.
Carouse è un ricattatore di professione e contemporaneamente a Paul tiene per la gola anche il farmacista Moreau, che da poco tempo ha ereditato il suo esercizio dopo che in un inaspettato incidente domestico è morto il padre, con cui aveva un rapporto conflittuale. Moreau è un ex di Francoise, con la quale ha conservato buoni rapporti e parlando con lei apprende alcuni elementi che lo convincono di come Carouse stia ricattando anche Paul.
Mentre Paul e Francoise si ingegnano a mettere in piedi un improbabile piano per uccidere Carouse senza rischiare di essere incriminati, Moreau approfitta delle loro macchinazioni per seguire Carouse in un luogo isolato senza testimoni e lo uccide simulando un suicidio.
Alla fine, Moreau si metterà d'accordo con Paul per coprirsi a vicenda.
Il relativo film, diretto da Périer, uscì quasi contemporaneamente al romanzo, nello stesso 1972. In italiano si intitolò La sedia a rotelle. Vi troviamo un cast di ottimo livello, con Jean-Claude Brialy nei panni di Paul, Catherine Spaak in quelli di Francoise, Michel Creton in quelli di Moreau, Stephane Audran sia come Marie sia come Anne, Robert Hossein come il sulfureo Carouse, Michel Serrault come il commissario e un breve cameo di Claude Chabrol in un ruolo secondario.