giovedì 8 agosto 2019

Da madame Canaby a Thérèse Desqueyroux: origine di un personaggio letterario


Francois Mauriac, nato a Bordeaux l'11 ottobre 1885 e morto a Parigi il 1° settembre 1970, insegnante e giornalista, per molti anni accademico di Francia e autore pluripremiato fino al Nobel per la Letteratura ottenuto nel 1882, è uno scrittore dalla poetica molto complessa, che sembra avere ancora molto da dire anche al lettore di oggi, nonostante la sua fama si sia affievolita nel tempo.
La sua opera è fortemente improntata ai valori cristiani, ma non si tratta affatto di un banale bigotto, dato che il fariseismo dei bigotti stessi e le difficili dinamiche dei rapporti familiari sono al centro della maggior parte dei suoi romanzi.
Un'immagine di Mauriac anziano

Mauriac aveva una forte inclinazione omosessuale, nonostante un matrimonio stabile, ed era costretto a nasconderla, ragione per cui finiva sempre per identificarsi in qualche modo nelle figure più tormentate.
Anche in politica, ebbe modo di mostrare questa sua ambivalenza che lo pone agli antipodi di ogni fanatismo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, si oppose tenacemente, esponendosi di persona, al regime di Vichy e sostenendo apertamente Charles De Gaulle. Dopo la Liberazione, tuttavia, fu uno di quelli che si spesero maggiormente (e inutilmente) per ottenere la grazia degli intellettuali collaborazionisti come Brasillach.
Alcuni dei suoi maggiori romanzi (Il bacio al lebbroso, La farisea, Gli angeli neri, Groviglio di vipere, ecc) sono stati pubblicati in Italia, soprattutto da Mondadori, ma nella maggior parte dei casi non vengono ristampati da molto, per cui chi voglia leggerli deve andare a cercarli su bancarelle e siti di vintage.
Una notevole popolarità accompagna una sola opera, non a caso riproposta recentemente dalla Adelphi, Thérèse Desqueyroux, che ha ispirato ben due film, uno diretto da Georges Franju nel 1962, con Emmanuelle Riva e Philippe Noiret quali protagonisti e l'altro diretto da Claude Miller nel 2012, protagonisti Audrey Tatou e Gilles Lellouche.




La locandina e alcune immagini del film del 1962



La locandina e alcune immagini del film del 2012

Questo romanzo, uscito nel 1927, è in realtà il primo capitolo di una tetralogia composta anche da due racconti e da un secondo romanzo che la conclude, uscito nel 1935. I titoli dei due racconti sono Thérèse dal medico e Thérèse all'albergo. Il romanzo si intitola La fine della notte.




La prima e altre edizioni classiche del romanzo del 1927


La prima e un'altra edizione classica del romanzo del 1935



Edizioni italiane (le prime due di ambo i romanzi con anche i racconti, l'ultima solo del primo)

L'edizione italiana (del solo primo romanzo) più recente

Il primo romanzo è un'opera suggestiva e originale, di forte penetrazione psicologica. La sua prima parte è, praticamente, tutta un flashback. Siamo nella provincia normanna. Thérèse, una donna sui trent'anni appena rilasciata dal Tribunale dopo essere stata assolta dall'accusa di tentato uxoricidio, torna a casa da sola passando tra carrozze e treni e durante il lungo tragitto rivive le circostanze che l'hanno portata in quella situazione. Dall'arrivismo del padre, un ambizioso politico locale che le ha quasi imposto un matrimonio di convenienza con il rampollo di una famiglia di ricchi proprietari terrieri, all'insensibilità del marito Bernard, che sembra interessato solo ai soldi e alla caccia. La conoscenza di un giovane intellettuale, Jean Azevedo, catalizza il disagio di Thérèse verso le fantasie di fuga, accentuate dal pensiero dell'imminente matrimonio della giovane cognata, la sorella di Bernard, che sembra dominare come un'ossessione tutta la famiglia. La fuga materiale è impossibile, il dialogo con il marito e i familiari anche, e Thérèse cede alla tentazione di cominciare ad avvelenare lentamente il marito, convinta che solo la vedovanza la libererà dalle sua catene. I malesseri fisici di Bernard, però, attirano l'attenzione del medico di famiglia, che già trova strano il rapporto tra i coniugi e, nonostante i dinieghi di Thérèse, il tentativo di uxoricidio viene scoperto e denunciato. Tuttavia, in sede di processo, la famiglia farà di tutto per minimizzare i fatti, per evitare uno scandalo che farebbe saltare il ricco matrimonio della cognata di Thérèse, faticosamente combinato. Thérèse finisce assolta per insufficienza di prove e può tornare a casa.
Qui, però, si vede come la sua assoluzione sia solo formale, in quanto, da quel momento in poi, sarà costretta a vivere come una reclusa. Questa condizione la porta ad ammalarsi gravemente. In conseguenza a questa malattia, il marito, esasperato, le pone davanti la possibilità di uscire dalla situazione, a patto che l'uscita sia definitiva. Thérèse se ne andrà e lui continuerà a versarle la piccola rendita della sua dote, ma non darà più notizie di sé e non avrà più nulla a che fare con Marie, la figlia bambina della coppia. Thérèse, che è affezionata alla bambina ma è stata sempre una madre distante, accetta e se ne va.
Nei due racconti, troviamo Thérèse prima a Parigi, a conferire con un medico molto quotato, e poi in un Hotel della Costa Azzurra. Nella prima storia, la moglie del medico, assuefatta a una vita simile a quella di Thérèse prima del processo, ascoltando il racconto di questa paziente molto particolare, si immedesima in essa al punto da annunciare al marito, subito dopo che Thérèse è andata via, che lo lascerà. Nel secondo, Thérése è oggetto delle attenzioni di un gigolo che non è il primo del genere a entrare nella sua vita, ma lo rifiuta perché ormai la situazione la disgusta.
Nel secondo romanzo, Thérèse, pur non essendo ancora anziana, è ridotta a vivere modestissimamente in un piccolo appartamento alla periferia di Parigi per via della salute malferma. Non frequenta quasi nessuno e il suo unico importante contatto umano è una giovane domestica che la sopporta pazientemente. Una sera, riceve la visita della figlia Marie, ormai adolescente, che ha deciso anche lei di andarsene di casa perché oppressa dall'atmosfera familiare. Thérèse tenta di convincere la figlia a tornare dal padre, ma la figlia fa storie perché vorrebbe stare vicino al ragazzo che le piace, studente a Parigi. Thérèse decide di conoscere il ragazzo per farsi aiutare da lui a indurre la figlia a non commettere colpi di testa ma, imprevedibilmente, il giovane finisce per essere affascinato dalla sua figura di donna indipendente al punto da dichiararsene innamorato. La figlia ignora questo dettaglio ma, quando lui la lascia, accusa la madre di essersi interposta tra loro. Il braccio di ferro con la figlia è il colpo di grazia per la salute di Thérèse, che ha un crollo. Non essendo più in condizioni di vivere da sola, in seguito alle insistenze della figlia, viene riporatata al paese, dove il marito accetta di ospitarla in quella che non si capisce se sarà una convalescenza o un'agonia. Bernard le permette anche di portare con sé la sua domestica parigina, che la assisterà come infermiera, e trova anche un lavoro al fidanzato di questa. Le condizioni di Thérèse prima sembrano aggravarsi, poi si stabilizzano. In ultimo, riceve diverse visite dal ragazzo che si era dichiarato innamorato di lei, nel quale la passione si è affievolita, anche se continua a trovarla affascinante, e si è fidanzato con la figlia. Alla fine del libro, conversando con lui, Thérèse dichaira di non avere nessuna paura di morire.
Sono state date diverse letture di questo ciclo, che sicuramente è coerente con le tematiche dominanti nella narrativa di Mauriac. Ciò che ci interessa è però sottolineare che la vicenda di Thérèse Desqueyroux non nacque dal nulla, ma da un caso giudiziario reale che si svolse a Bordeaux nei primi anni del '900 e che Mauriac, all'epoca studente, seguì con estremo interesse. Quello del processo a madame Henriette Canaby, nata Sabourin.
La vicenda di madame Canaby, appartenente a una facoltosa famiglia del ricco quartiere di Chartrons a Bordeaux, tenne banco sulla stampa nazionale, ma soprattutto locale, dal giugno 1905 in cui cominciarono a essere divulgati i risultati delle inchieste di polizia al maggio 1906 in cui la donna fu assolta.
La famiglia della donna era molto influente e, attraverso degli appoggi politici, riuscì a imporre una sorta di censura sui fatti che via via emergevano, dalla quale restò però fuori una testata locale, La Petite Gironde, i cui resoconti sono la migliore fonte di informazioni sul caso, insieme alla rivista tecnica Archives of Chriminal Anthropology.
Madame Canaby al processo, in una illustrazione del tempo

Madame Canaby fu scoperta quando il farmacista di Chartrons, il sig, Erny, si insospettì, davanti alla terza ricetta portata in breve tempo alla farmacia da un domestico dei Canaby. Ricette relative a farmaci che erano anche conosciuti veleni. Era il 15 maggio 1905. Erny contattò immediatamente il medico di famiglia dei Canaby, il dottor Guérin, per chiedergli se tutto andava bene in quella famiglia. Fatto sta che Guérin stava già curando da settimane il marito di madame Canaby, Emile, per un'influenza refrattaria a ogni trattamento. E il 18 aprile precedente aveva ricevuto una lettera anonima su cui era scritto che qualcuno stava avvelenando Emile Canaby. Guérin non le aveva dato peso ma, ora che c'era anche la segnalazione di Erny, i sospetti cominciavano a essere troppi. Chiese pertanto a un suo amico e collega, il dottor Villar, di ricoverare Emile Canaby nella sua clinica e chiese al paziente di ricostruire l'andamento della malattia per collegarne eventualmente l'evoluzione di questa in rapporto al contenuto delle tre ricette. Emerse che i primi sintomi si erano presentati dopo aver bevuto una cioccolata calda preparata dalla moglie.
Intanto, Guérin contattò anche il dottor Gaube, che risultava firmatario delle tre ricette e apparteneva alla cerchia degli amici di Henriette Canaby. Ma Gaube affermò di non aver mai emesso e firmato quelle ricette.
In modo discreto ma insistente, Guérin interessò altri colleghi e farmacisti della zona, scoprendo che c'erano stati altri acquisti di veleni da parte di una donna facilmente identificabile come Henriette.
Si cercò di tenere il più possibile la cosa sotto silenzio, per evitare uno scandalo, tanto più che ora Emile Canaby è al sicuro in clinica. Ma Gaube, che non poteva tollerare l'idea di essere stata coinvolto proprio malgrado nella faccenda, denunciò i fatti all'autorità giudiziaria il 18 giugno.
L'avvelenamento portato avanti da madame Canaby era piuttosto originale. Di solito, gli avvelenatori utilizzano una sola sostanza, lei invece ne usò diverse, alcune delle quali hanno anche effetti contrastanti. Tra queste, ci sono l'arsenico, la digitale e l'aconitina. Quando fu interrogata, dichiarò che acquistava i veleni per conto del dottor Gaube, cui li faceva poi pervenire attraverso un intermediario che conosceva solo di vista. La persquisizione di casa Canaby portò a risultati interlocutori, perché vi fu scoperto solo dell'arsenico, sotto forma di Liquore di Fowler, una bevanda dagli effetti nervini che fu in commercio dal 1880 alla vigilia della Grande Guerra, contenente una discreta quantità di arsenico ma non sufficiente a uccidere. Ce n'erano tre confezioni, che risultavano acquistate da Henriette tra il 3 aprile e il 12 maggio, ma si sapeva che Emile ne era consumatore abituale già da prima di ammalarsi. Non era chiaro se questo consumo fosse legato o no alla malattia stessa.
C'era poi la deposizione di una cameriera, che affermò di aver visto Henriette versare “qualcosa” nelle bevande preparate per il marito. Emile, tuttavia, smentì che questo potesse essere accaduto.
C'era comunque abbastanza da imbastire un processo, che destò un tale interesse popolare da indurre il presidente della Corte, Pradet-Ballade, a schierare la forza pubblica per permettere l'accesso all'aula solo a magistrati, avvocati e giornalisti, tenendo fuori i curiosi.
I resoconti dei giornali eccitavano gli animi dei lettori e li orientavano verso l'idea che Henriette fosse sicuramente colpevole. A un certo punto, furono sicuramente richiamati all'ordine da qualcuno molto in alto, perché cambiarono tono.
Sebbene i Canaby appartenessero a una famiglia influente, durante il processo emerse che la loro situazione finanziaria non era così florida come si sarebbe detto; ma, soprattutto, saltò fuori la scomoda presenza di un uomo che si era intromesso tra i due coniugi a partire dal 1903, tale monsieur Rabot. L'arrivo di Rabot, un ex compagno di scuola di Henriette, era coinciso con l'allontanamento di tutti o quasi gli amici di famiglia che frequentavano precedentemente casa Canaby. La presenza di Rabot era divenuta sempre più assiduo, al punto da sostituire Emile al fianco di Henriette durante alcune vacanze con i figli di questa.
La mentalità del tempo era fissata sulle caratteristiche fisiche che esprimevano qualità morali. In tal senso, Henriette, pur essendo una donna molto distinta, appariva sdegnosa e arrogante, in più capace di scenate teatrali nei momenti salienti del dibattito processuale.
Ma non si arrivò alla condanna. I suoi parenti la difesero a spada tratta e alla fine gli elementi a suo carico non furono giudicati sufficienti. Fu però condannata per la falsificazione della firma del dottor Gaube. I resoconti del tempo riportano che tenne sempre un atteggiamento altezzoso verso la Corte, non mostrando il minimo pentimento o alcuna volontà di collaborare. Non si sa cosa sia accaduto a lei e alla sua famiglia dopo il processo.


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