sabato 27 marzo 2021

Il faro di Scotch Cap, quel 1° aprile 1946

 L'isola di Unimak è la maggiore e la più orientale delle isole Aleutine, con le quali l'Alaska si prolunga nel mare di Bering verso l'Asia.

Le isole Aleutine

Nonostante le sue dimensioni, è poco abitata: non arriva a 100 residenti (64 secondo l'ultimo censimento). Questo dipende in parte dal suo clima particolarmente inospitale e in parte alla presenza di alcuni vulcani attivi, il maggiore dei quali è lo Shishaldin, alto 2.857 m.

I residenti di Unimak si concentrano nell'abitato di False Pass, sulla costa orientale, ossia rivolta al continente.

Le Aleutine formano un semicerchio che divide il mare di Bering dall'Oceano Pacifico. Nonostante il clima gelido e il fatto che si tratta di una delle aree più nebbiose del pianeta, la posizione tra due continenti e le ricche opportunità di pesca hanno determinato un notevole traffico navale, intensificatosi soprattutto nel XIX secolo.

I numerosi naufragi sulle scogliere della costa indussero la Marina degli Stati Uniti a edificare, sulla punta meridionale di Unimak un faro che segnalasse la posizione della costa alle navi al largo. Come località fu scelto il capo denominato Scotch Cap.


La posizione di Scotch Cap su Unimak

I lavori, cominciati nell'estate del 1902 con l'arrivo del materiale e delle maestranze da Seattle, si protrassero fino al mese di novembre, prima che il rigido inverno locale impedisse di proseguirli. Nel maggio dell'anno successivo ripresero e completarono l'opera in luglio. Tuttavia, una serie di guasti alle valvole dell'impianto di illuminazione fecero sì che questo cominciasse a funzionare a pieno regime solo il 16 settembre di quell'anno.

In origine, il faro di Scotch Cap era una struttura in legno, di forma ottagonale, alta circa 15 metri, che si elevava a circa 30 metri sul livello del mare. L'edificio principale era accompagnato da altri edifici più piccoli usati come alloggi e depositi. Inizialmente, era previsto un organico di 3 unità: un responsabile, un primo assistente e un secondo assistente. L'accesso via mare era molto difficile e il turnover tutt'altro che rapido: il personale, dopo 4 anni di servizio, godeva di un congedo di 1 anno a terra.

Il faro originario di Scotch Cap
Il faro visto dal mare

Inizialmente, la luce era fissa, poi divenne intermittente, con segnali che cambiavano di frequenza secondo un codice in modo da segnalare i cambiamenti meteorologici in corso alle navi di passaggio.

Oltre a prevenire diversi disastri, il faro di Scotch Cap contribuì a rendere meno grave il bilancio di quelli che non riuscì a evitare. Il 30 aprile 1909, una nave dal carico misto (passeggeri e merci), la Columbia, proveniente da San Francisco e diretta alla Bristol Bay (la grande baia delimitata dalle Aleutine) incappò in una tempesta di neve e naufragò, ma tutte e 194 le persone a bordo riuscirono a salire sulle scialuppe e a raggiungere la costa di Scotch Cap, seguendo la luce del faro. Successivamente, rimasero ospiti della struttura per 2 settimane, prima di poter essere raggiunte e recuperate.

Il 30 gennaio 1930 fu la volta dei naufraghi del mercantile giapponese Koshun Maru, incagliatosi davanti a Unimak durante una tempesta di neve mentre andava dagli Usa all'Asia. La nave colò poi a picco il 21 febbraio.


Un'immagine dal naufragio della Koshun Maru

Infine, il 21 novembre 1942, la nave sovietica Turksib, carica di rifornimenti per sostenere lo sforzo bellico contro i nazisti, naufragò davanti a Scotch Cap. A bordo vi erano 35 persone (31 uomini e 4 donne) e furono tutte salvate. I naufraghi restarono per alcune settimane ospiti dei locali annessi al faro perché le condizioni meteorologiche rendevano impossibile il loro recupero.

Nel frattempo, il faro era stato rimodernato più volte, prima dotandolo di linee telefoniche e poi sostituendolo con una solida struttura di cemento armato alta 30 metri, nel 1940.





Il faro di Scotch Cap rimodernato

Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Usa mantennero un importante contingente militare alle Aleutine, troppo vicine al Giappone per pensare che potessero stare tranquille. In realtà, i giapponesi non attuarono mai nessun piano per attaccarle e i contingenti trascorsero il periodo della ostilità in modo tranquillo.

L'organico del faro di Scotch Cap era stato portato a cinque unità, con l'aggiunta di due terzi assistenti. Nel 1946, i militari in servizio erano i seguenti: 1) Anthony L. Petit (responsabile), 2) Leonard Pickering (primo assistente); 3) Jack Colvin (secondo assistente); 4) Dewey Dykstra (terzo assistente); 5) Paul J. Ness (terzo assistente).



Il comandante Petit e il secondo assistente Colvin

Nella primavera di quell'anno, i cinque uomini erano tranquilli. Il loro servizio volgeva al termine ed avevano superato la guerra riuscendo a sopravvivere.

Il lavoro al faro era strutturato su turni ed è immaginabile che, nelle prime ore del 1° aprile, i cinque si stessero dando il cambio e facendo colazione.

Intorno all'1,30, il suolo tremò violentemente. Tutti pensarono che fosse in corso una eruzione vulcanica, ma non era così. Come fu accertato successivamente, ci fu un movimento della litosfera terrestre in corrispondenza della Fossa delle Aleutine (l'arco sottomarino di confine tra lo stretto di Bering e l'Oceano Pacifico, distante circa 150 km da Unimak), che derterminò una frana sottomarina di notevoli dimensioni. La zona fu attraversata da un violento sommovimento tellurico cui è stata di volta in volta attribuita la magnitudo 7,4 o 8,1 Richter. Il sisma era già di per sé molto forte, ma l'elemento principale che lo caratterizzò fu il conseguente maremoto, che sarebbe stato così violento da attraversare tutto il Pacifico.


La Fossa delle Aleutine

Dell'evento, a Unimak, resta la testimonianza di un tecnico della stazione radio posta su una piattaforma alcune decine di metri sopra il faro, Hoban Sanford, che scrisse una relazione sui fatti.

Sanford riferì di aver percepito il terremoto mentre leggeva nella sua cuccetta alla stazione radio e di aver pensato subito a un'eruzione, ma lo Shishaldin appariva tranquillo nella notte stellata. Circa 20 minuti dopo la prima scossa, ne arrivò una seconda ancora più violenta, anche se più breve. Mentre il personale della stazione radio stava chiedendosi cosa fare, alle 2,18 la stazione radio stessa ricevette un colpo dal lato del mare e subito dopo il suo pavimento si allagò, con l'acqua che raggiungeva l'altezza di circa 20 cm. Sanford riuscì a inviare un messaggio di richiesta di soccorso, poi uscì all'aperto e si rese conto che, sotto di lui, la luce del faro non era più visibile. Né si sentiva la sirena da nebbia che avrebbe dovuto inviare il suo segnale a intervalli fissi.

Appena il cielo fu abbastanza chiaro, verso le 7 del mattino, Sanford e altri commilitoni scesero verso il faro, ma non lo trovarono più. Un'onda alta più di 30 metri lo aveva letteralmente spazzato via.

In un clima surreale, con l'Oceano di fronte tornato calmissimo, gli uomini batterono l'area alla ricerca di tracce dei 5 operatori del faro. Trovarono alcuni resti umani, tra i quali un piede perfettamente amputato alla caviglia. Tre settimane dopo, durante l'installazione di una luce d'emergenza, fu ritrovato un corpo quasi intero, che gli uomini della stazione radio identificarono come quello del terzo assistente Paul Ness. Non fu rinvenuto niente altro dei 5 uomini scomparsi.







I danni lasciati dallo tsunami

Il corpo e gli altri resti furono poi sepolti in un piccolo cimitero a 300 m dal faro, dove già si trovavano le tombe di due naufraghi.

Il faro fu ricostruito nel 1950 e automatizzato a partire dal 1971.


Il faro ricostruito

Lo tsunami che distrusse il faro di Scotch Cap fu solo uno di quelli provocati dal terremoto del 1° aprile 1946. Altre onde attraversarono tutto l'Oceano Pacifico: alcune raggiunsero le Hawaii, dove toccarono anche l'altezza di 17 metri e uccisero 159 persone; altri danni e altri morti si ebbero su altre coste e perfino in Antartide, praticamente dall'altro lato del mondo, un'onda anomala distrusse una capanna costruita sulla costa.

In seguito a questo evento, la Marina degli Stati Uniti cominciò a organizzare un sistema di avvistamento e avvertimento delle onde anomale, che è attivo ancora oggi ma, purtroppo, funziona solo nell'Oceano Pacifico.







Nessun commento:

Posta un commento