sabato 8 aprile 2017

David J. Cook a caccia degli assassini italiani

Una delle più leggendarie figure del vecchio West è lo sceriffo David Cook, noto anche come generale David J. Cook, nato a La Porte, Indiana, il 12 agosto 1840 e morto a Denver il 2 aprile 1907. Figlio di agricoltori, ebbe una modesta ma solida istruzione e in gioventù girò gli Usa in cerca di fortuna, cercando l'oro nelle Montagne Rocciose, conducendo convogli e gestendo fattorie, fino alla Guerra Civile, quando fu arruolato nel controspionaggio dell'esercito yankee Fu allora, intorno al 1863, che scoprì nella caccia ai criminali la sua vera vocazione.
David J. Cook da giovane

Cook si affermò con una brillante carriera sia come uomo di legge pubblico, sia come detective privato, sia come uomo d'affari, dimostrandosi abile anche nell'investimento dei suoi guadagni professionali. Era un uomo di notevole prestanza fisica, ma sempre molto tranquillo e razionale, privo di vizi e dedito al lavoro e alla famiglia.
Nel 1882, pubblicò un'autobiografia intitolata Hands up! (Mani in alto!), probabilmente scritta in collaborazione con il giornalista Thomas F. Dawson, direttore del Denver Times. Questo libro, che narra le sue imprese in terza persona, fu uno dei bestseller americani del suo tempo ed ebbe diverse edizioni (anche pirata) arricchite, di volta in volta, da nuovi casi.
David J. Cook da vecchio

Cook svolgeva la sua attività investigativa in modo estremamente moderno, non limitandosi a raccogliere testimonianze e indizi, ma avendo anche cura di non interpretarli con troppa precipitazione, cercando se mai di verificare come si confermassero a vicenda. Aveva anche una visione razionale e quasi illuminista del Diritto, specie in riferimento al trattamento dei criminali catturati.
Nelle regole che imponeva ai dipendenti della sua agenzia (che, ai tempi, era considerata pari alla Pinkerton), precisava che:
le pistole sono armi da fuoco e non vanno usate come oggetti contundenti, perché rischiano di danneggiarsi e risultare poi inservibili quando servono;
gli arresti vanno effettuati solo con la sicurezza di averne l'autorità;
i criminali vanno sempre affrontati con la massima prudenza, anche quando appaiono remissivi;
un criminale arrestato non va maltrattato inutilmente, anche perché nessuno vuole essere arrestato da un sadico e, se si ha questa fama, si incontrerà sempre una dura resistenza;
non fidarsi delle dichiarazioni dei criminali, se queste non vengono convalidate da fatti oggettivamente riscontrabili.
Purtroppo, in alcune occasioni, i delinquenti arrestati da Cook, una volta affidati alle autorità locali per il processo, furono linciati dalla folla dopo che Cook era andato via.
Uno dei più celebri casi della carriera di Cook è quello che i biografi chiamano degli assassini italiani. Il 21 ottobre 1875, nel sotterraneo di una casa in rovina al numero 634 di Lawrence Street, alla periferia di Denver, in mezzo ai segni di una lotta cruenta, furono rinvenuti i corpi di 4 uomini barbaramente trucidati e sottoposti poi ad altre forme di scempio post mortem.
Con qualche difficoltà, i cadaveri furono identificati in un anziano immigrato italiano, noto come Zio Joe, e tre ragazzi che erano conosciuti come i figli e il nipote dello stesso. I loro nomi furono trascritti come Guiseppe Pecorra (esattamente così), con i figli Guiseppe e Giovanni e il nipote Luigi, di professione arrotini e suonatori ambulanti.
Una illustrazione d'epoca che ricostruisce il delitto

La loro casa era frequentata da altri italiani, come il lattoniere Filomeno Gallotti, il suo apprendista Antonio Dertiro e Michiele (proprio così) Ballotti. Non fu possibile interrogare anche questi, perché risultavano scomparsi. Il Gallotti era noto, nella comunità italiana, come un delinquente senza scrupoli che era fuggito dall'Italia proprio per evitare l'ergastolo. In seguito, emerse che i ragazzi uccisi non avevano alcun rapporto di parentela con il Pecorra, ma erano stati rapiti da piccoli e venivano costretti a lavorare per lui e a mendicare. Nonostante la miseria del contesto, gli inquirenti sospettarono subito che il Pecorra avesse messo da parte un piccolo tesoro di monete e fosse stato ucciso a scopo di rapina insieme ai ragazzi.
Cook, incaricato delle ricerche, allertò tutto il fitto sistema di contatti che aveva stabilito con gli altri uomini di legge del Paese, arrivando a telegrafare anche ai porti per evitare che gli assassini si imbarcassero.
I criminali, però, non erano andati tanto lontano. Dopo 21 giorni di ricerche, tre di essi furono sorpresi in un saloon di Trinidad, sempre in Colorado. Erano Michiele Ballotti, Silvestro Campagne e Leonardo Alessandri. Interrogati senza troppi riguardi, fecero subito i nomi dei loro complici (gli italiani Filomeno Gallotti, John Anatta, Frank Valentine, Guiseppe Pinachio, Leonardo Deodotta e il messicano Henry Fernandez) e raccontarono come erano andati i fatti.
Subito dopo, Cook predispose il loro trasferimento a Denver, che si rivelò più complicato del previsto per via della folla che si era raccolta in loro attesa con l'intenzione di linciarli. Senza troppi complimenti, Cook ordinò ai suoi uomini di puntare le armi sui più scalmanati e di fare fuoco senza pensarci due volte se avessero osato farsi avanti. La vista della armi spianate raffreddò di colpo tutti i bollenti spiriti.
Le informazioni ricavate dai tre permisero di arrestare uno alla volta tutti gli altri, che puntavano a fuggire in Messico, nel giro di pochi giorni, sempre grazie all'efficientissima rete di contatti di Cook, cui non sfuggiva nulla. Il capobanda Filomeno Gallotti, armato e pericoloso, fu arrestato con tramite un'imboscata che gli fu tesa a Taos, New Mexico, da Cook e due suoi uomini, che lo seguirono da un ricettatore e lo sorpresero alle spalle.
Dall'interrogatorio degli assassini, si apprese che l'uccisione del Pecorra e dei ragazzi e la successiva rapina, avevano fruttato la refurtiva di circa 1.400 dollari. In realtà, la banda era già dedita da tempo a pratiche criminali di questo tipo, sempre ai danni di altri immigrati italiani, tramite le quali aveva già messo insieme un malloppo di 6.000 dollari.
I ciminali che sotterrano il malloppo, in una illustrazione del tempo

Il processo fu istruito a Denver tra l'aprile e il maggio del 1876. Poiché gli assassini si accusavano a vicenda e non c'erano altri testimoni, la giuria si trovò in difficoltà nello stabilire di chi fossero le responsabilità dirette dei delitti. Nel dubbio, il giudice preferì non infliggere la pena capitale, condannando Gallotti, Valentine e Ballotti all'ergastolo e Campagna, Anatta e Alessandri a 10 anni di reclusione. Gli altri imputati furono assolti.


Altre tre illustrazioni d'epoca sulle imprese di David J. Cook




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