sabato 7 maggio 2016

Quell'oscuro ultimo viaggio della Sao Paulo

In Italia, la notizia arrivò una volta sola, e fu rapidamente dimenticata. Peccato, perché, a proporla, fu un piccolo capolavoro di un grande scrittore, Dino Buzzati. Il quale, sul Corriere della Sera dell'11 dicembre 1951, pubblicò un pezzo intitolato La tragedia della Sao Paulo, che oggi si può leggere nel volume La “Nera” di Dino Buzzati, curato da Lorenzo Viganò per la Mondadori.
Dino Buzzati

La corazzata dreadnought Sao Paulo, un tempo, era stata l'orgoglio della Marina militare brasiliana e, sia pure per un breve periodo, la nave da guerra più moderna a solcare i mari del mondo. Questo, però, era accaduto nel 1910, al tempo della sua entrata in servizio, dopo essere stata costruita nei cantieri navali inglesi Vickers. Forse era una nave nata sfortunata, perché quasi subito il suo equipaggio si era ritrovato coinvolto in un grave episodio di ammutinamento, passato alla storia sotto il nome di Rivolta dei Lash; poi, quando il Brasile era entrato nella Prima Guerra Mondiale, era stata rifiutata dalla Marina inglese cui il governo brasiliano l'aveva offerta, in quanto già obsoleta. A quel punto, si era reso necessario mandarla a rimodernare negli Stati Uniti. Dopo di allora, si era trovata di nuovo coinvolta in due ammutinamenti: uno che aveva contribuito a reprimere bombardando un forte in cui i ribelli si erano asserragliati; l'altro in cui era stata utilizzata da altri ribelli per raggiungere l'Uruguay e richiedervi asilo.
La Sao Paulo mentre era in servizio

Nel 1930, un altro tentativo di modernizzazione era stato abbandonato perché la nave risultava ormai lentissima rispetto alle nuove corazzate. Buona solo per la difesa costiera, la Sao Paulo aveva passato tutta la Seconda Guerra Mondiale davanti al porto di Recife, poi era stata impiegata come nave scuola per alcuni anni. Nel 1950 era stata radiata e venduta come rottame ai cantieri scozzesi di Greenock, dove sarebbe stata demolita. Per alcuni mesi, era rimasta nel porto di Rio de Janeiro, man mano che veniva preparata al lungo viaggio atlantico in cui sarebbe stata trainata da due rimorchiatori, il Bustler e il Dexterous.
Il rimorchiatore Dexterous

Il rimorchiatore Bustler

Finalmente, il 20 settembre 1951, era partita per Greenock.
Il viaggio fu lento, ma inizialmente tranquillo. Sulla Sao Paulo c'erano otto uomini, comandati dal tecnico William Painter, funzionario della ditta che aveva acquistato il rottame, che comunicavano via walkie talkie con gli equipaggi dei due rimorchiatori.
A partire dal 19 ottobre, il tempo cominciò a diventare molto ventoso. Giunti al largo delle Azzorre, la sera del 3 novembre 1951, i due rimorchiatori e la nave che trainavano, si trovarono in mezzo a una tempesta con vento forza 12, che presto sollevò onde altissime. Sebbene i rimorchiatori cercassero di tenersi sempre a distanza di sicurezza, i moti del mare li spinsero ripetutamente uno contro l'altro e anche contro la nave. Gli equipaggi dovettero manovrare con tutta la loro abilità per evitare collisioni. La situazione era chiaramente complicata dalla presenza dei cavi di traino con cui i rimorchiatori erano attaccati alla nave, che limitavano la possibilità di usare a dovere il timone. A un certo punto, non essendoci alternative, i capitani dei due rimorchiatori decisero di staccare i cavi e abbandonare momentaneamente la Sao Paulo. Comunicarono via walkie talkie la decisione agli otto uomini a bordo di questa, che erano d'accordo con loro. Restava inteso che, appena placata la tempesta, il Bustler e il Dexterous sarebbero tornati presso la nave, per riattaccare i cavi e riprendere il traino.
Tuttavia, nella notte, la Sao Paulo scomparve del tutto alla vista degli equipaggi dei rimorchiatori.
Di per sé, non sembrava una situazione irreparabile. La visibilità durante la tempesta si era ridotta ai minimi termini e la nave poteva accendere solo poche luci per segnalare la sua presenza. Il mattino seguente, 4 novembre, i due rimorchiatori si misero in cerca della nave, sicuri di ritrovarla entro poche ore al massimo.
Mappa della rotta del viaggio. La croce indica il punto del disastro

Ma non la trovarono e, anzi, il 5 novembre, il Dexterous ebbe un'avaria che lo costrinse a fare rotta verso Lisbona per evitare di affondare. Fu dunque dato l'allarme. Tra il 7 e il 10 novembre, tre flotte aeree (una inglese, una statunitense e una portoghese) perlustrarono tutta la zona, senza però trovare nulla, nemmeno le due grandi e solide scialuppe di cui la Sao Paulo era dotata. Altri tentativi, sia con navi sia con aerei, furono compiuti fino al 5 dicembre, quando la ricerca fu definitivamente sospesa e la nave dichiarata dispersa. Degli otto uomini a bordo, ovviamente, non si seppe più nulla.
L'Ammiragliato Britannico condusse un'approfondita inchiesta sul fatto, i cui risultati furono resi noti in una serie di udienze pubbliche tenute in Tribunale a Londra dal 4 all'8 ottobre 1954, durante le quali la Corte presieduta dal giudice Hayward interrogò parecchi testimoni e periti.
Anche se il verdetto finale fu che la scomparsa della Sao Paulo, con ogni probabilità affondata durante la tempesta, era da ascriversi soprattutto all'imprevista e insolita violenza della tempesta stessa, emersero anche delle non trascurabili responsabilità sia da parte delle autorità brasiliane che da parte delle ditte inglesi che avevano organizzato il trasporto.
In particolare, le autorità brasiliane avevano giudicato la nave in grado di tenere il mare basandosi esclusivamente sui prove e calcoli della sua stabilità risalenti a quando era ancora in servizio: mentre la sua statica, una volta alleggerita dell'armamento, dei motori, dei serbatoi di carburante e di tutto quanto era stato rimosso prima della partenza, non poteva più essere la stessa. Anzi, così ridotta, la nave avrebbe potuto ribaltarsi con molta più facilità di una imbarcazione simile stabilizzata dal peso, ma questo non era stato minimamente considerato.
Le ditte inglesi, Ensign Rigging Company e Salvage Company, avevano cercato di risparmiare il più possibile sul costo dei lavori di preparazione della nave al viaggio. La rimozione degli armamenti aveva lasciato la Sao Paulo piena di feritoie aperte da cui sarebbe potuta entrare facilmente l'acqua, e queste erano state chiuse saldandovi sopra delle piastre metalliche, ma diverse di queste saldature non erano risultate a tenuta stagna. Inoltre, nell'interno della nave, non era stata predisposta alcuna barriera che la dividesse in compartimenti per il caso in cui si fosse allagata da un lato. Anzi, tutte le porte stagne risultavano rimosse e non sostituite da nulla.
Ancora oggi, la storia della Sao Paulo ispira teorie fantascientifiche secondo le quali la corazzata sarebbe stata rapita da qualche civiltà aliena, un tema ripreso fino alla noia dai fanatici dei “triangoli maledetti”. Con molta più fantasia e originalità, nel 1951, Buzzati aveva immaginato che la nave si fosse infilata in un corridoio spazio-temporale e che gli otto uomini a bordo si fossero ritrovati a percorrere i ponti della corazzata che solcava i mari 40 anni prima, invisibili ai marinai in servizio a quel tempo.
Schema del progetto della Sao Paulo

Un'altra immagine della Sao Paulo





1 commento: