giovedì 16 febbraio 2017

La strana malattia di Don Orione

Luigi Orione, nato a Pontecurone in provincia di Alessandria il 23 giugno 1972 e morto a Sanremo il 12 marzo 1940, è stato una delle figure più controverse della Chiesa Cattolica del XX secolo. Oggi, salito agli altari come San Luigi Orione (beatificato nel 1980 e poi canonizzato nel 2004, sempre da Giovanni Paolo II), è oggetto di appassionate agiografie provenienti dalla totalità del mondo cattolico. In vita, tuttavia, non fu altrettanto amato, soprattutto da alcuni vescovi e cardinali che fecero di tutto per screditarlo, tanto più dopo che, negli anni '20, si impegnò personalmente a difendere un'altra figura non meno controversa, quella di Padre Pio da Pietralcina (1887-1968), il “frate delle stimmate” del monastero cappuccino di S. Giovanni Rotondo (FG), pure duramente contrastato in vita dalla Curia Romana e descritto apertamente come un ciarlatano da autorevoli prelati come Agostino Gemelli (1878-1959).
Luigi Orione

Padre Pio, all'anagrafe Francesco Forgione

Agostino Gemelli 

Non è questa la sede per trattare dei presunti “miracoli” che hanno portato agli altari sia Padre Pio sia Don Orione, entrambi peraltro oggetto di vivacissime e ubiquitarie devozioni popolari già ben prima che la Chiesa li consacrasse definitivamente. La questione di oggi riguarda una vicenda, a lungo liquidata come pure diceria ma riproposta con accenti vibranti a distanza di diversi anni, in un libro che, al suo apparire, destò uno scandalo enorme nella Chiesa e tra i fedeli, Via col vento in Vaticano.
Via col vento in Vaticano uscì nelle edizioni Kaos nel 1998. La Curia romana tentò in tutti i modi di bloccarlo, anche con azioni legali, ottenendo però il solo risultato di fargli una pubblicità enorme, grazie alla quale il volume arrivò a vendere 100.000 copie in Italia. A redigerlo erano stati un gruppo di prelati (nascosti sotto il nome “I millenari”) scandalizzati dalla disinvoltura dei loro colleghi, e decisi a denunciarne il cinismo, la spregiudicatezza, il carrierismo, l'ipocrisia e i comportamenti privati agli antipodi di ogni insegnamento cristiano. Uno degli autori, Don Luigi Marinelli (1922-2000), protonotario apostolico in pensione originario di Cerignola (FG) ma in servizio presso la Curia per 45 anni, uscì allo scoperto e affrontò i processi per diffamazione che gli furono intentati da alcuni vescovi e cardinali di cui aveva svelato gli scheletri nell'armadio, processi che non si conclusero per la morte di Marinelli stesso.
La copertina di Via col vento in Vaticano

Luigi Marinelli

Nel IV capitolo, Via col vento in Vaticano, narra delle persecuzioni subite sia da Padre Pio, sia da Don Orione. E, di quest'ultimo, racconta che la sua morte fu causata dalla sifilide, che lo affliggeva da diversi anni. Sifilide che contrasse quando fu deliberatamente infettato, a Messina, da un barbiere che era stato corrotto e istigato dai suoi avversari della Curia.
La storia della sifilide è presente in tutte le moderne agiografie di Don Orione, ma se ne parla in toni affatto diversi. Si dice che Don Orione soffrì di una eruzione cutanea molto fastidiosa e che i suoi avversari la attribuirono alla sifilide, arrivando al punto da spedirgli in dono (naturalmente anonimo) degli opuscoli su come curarla. Si dice che effettivamente un barbiere messinese cercò di infettarlo, ma senza riuscirci. Si dice che la diceria della sifilide lo perseguitò per tutta la sua vita, provocandogli disagio e dolore. Si dice che la storia di un sacerdote di cui non è stato tramandato il nome, che era stato scoperto tra i clienti di un lupanare, fornì un comodo spunto ai suoi nemici, che identificarono prontamente tale sconosciuto sacerdote proprio in Don Orione. Del resto, tra le tante accuse mosse anche a Padre Pio, una delle più ricorrenti era proprio quella di intrattenere relazioni intime con alcune delle sue fedeli. Evidentemente, a quel tempo più di adesso, l'argomento era di sicura presa sul pubblico più impressionabile.
Don Orione è stato un prete scomodo, per la sincerità della sua fede e per il suo attivismo, tutto dedicato alla cura dei più bisognosi, soprattutto orfani e disabili, secondo lo spirito che lo portò a dedicarsi al potenziamento delle case di cura e ricovero per gli handicappati gravi, le “Case della Divina Provvidenza” fondate nel 1832 da un altro santo piemontese, Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), da cui il nome “Cottolengo” con cui vengono abitualmente chiamate. La “Piccola Opera della Divina Provvidenza” (oggi chiamata “Opera Don Orione”) e la “Congregazione delle piccole suore missionarie della Carità”, che hanno inviato missionari in tutto il mondo, stanno ancora adesso a testimoniare la sua attività infaticabile.
Giuseppe Benedetto Cottolengo

Il primo istituto del Cottolengo, quello di Torino

In particolare, Don Orione fu attivissimo nel salvataggio e nella cura dei bambini rimasti orfani nel terrificante terremoto di Messina e Reggio Calabria del dicembre 1908. Recatosi sul posto tra i primi soccorritori, perché davanti a una tale devastazione non si fidava di delegare compiti ad altri, finì per gestire non solo un numero enorme di orfani ma anche un flusso enorme di finanziamenti che gli arrivavano tramite le offerte dei fedeli alle varie parrocchie che avevano aperto sottoscrizioni ad hoc.
Gli ottimi risultati raggiunti sia nei salvataggi sia nelle successive sistemazioni dei bambini, stanno a dimostrare che Don Orione spese i finanziamenti proprio per lo scopo per il quale erano stati raccolti, non lasciando spazio ai tanti profittatori che, come sempre, intendevano lucrare sulle disgrazie altrui per arricchirsi. Un comportamento del genere, soprattutto pensando alle pressioni che dovette subire da più parti perché gestisse i fondi in modo più disinvolto, è sicuramente all'origine della sua successiva persecuzione.

Immagini di devastazioni prodotte a Messina e poi a Reggio Calabria dal terremoto del 28 dicembre 1908

Dunque, che in chiave puramente cristiana Don Orione sia stato davvero un santo, non ci sono dubbi, sifilide o non sifilide.
Un dettaglio manca però in tutte le sua agiografie: quello relativo alle circostanze della sua morte. Perfino di Cottolengo, morto quasi un secolo prima, sappiamo che morì di tifo, mentre tutte le fonti che trattano di Don Orione saltano a pie' pari l'argomento, compresa Wikipedia.
Via col vento in Vaticano racconta invece che, alla fine degli anni '30, dopo che la sifilide gli era stata diagnosticata senza ombra di dubbio e la sua salute si era gravemente deteriorata, fu affidato “sotto stretta sorveglianza a una casa di suore di Sanremo, dove trascorse gli ultimi giorni di vita”.


Sicuramente, con tanti ospedali gestiti da opere religiose, Don Orione fu curato da medici cattolici osservanti e praticanti, ragione per cui è estremamente improbabile che qualcuno di essi abbia mai rotto il muro di silenzio per dichiarare che il povero sacerdote era malato sul serio.

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