Luigi Orione, nato a Pontecurone in
provincia di Alessandria il 23 giugno 1972 e morto a Sanremo il 12
marzo 1940, è stato una delle figure più controverse della Chiesa
Cattolica del XX secolo. Oggi, salito agli altari come San Luigi
Orione (beatificato nel 1980 e poi canonizzato nel 2004, sempre da
Giovanni Paolo II), è oggetto di appassionate agiografie provenienti
dalla totalità del mondo cattolico. In vita, tuttavia, non fu
altrettanto amato, soprattutto da alcuni vescovi e cardinali che
fecero di tutto per screditarlo, tanto più dopo che, negli anni '20,
si impegnò personalmente a difendere un'altra figura non meno
controversa, quella di Padre Pio da Pietralcina (1887-1968), il
“frate delle stimmate” del monastero cappuccino di S. Giovanni
Rotondo (FG), pure duramente contrastato in vita dalla Curia Romana e
descritto apertamente come un ciarlatano da autorevoli prelati come
Agostino Gemelli (1878-1959).
Luigi Orione
Padre Pio, all'anagrafe Francesco Forgione
Agostino Gemelli
Non è questa la sede per trattare dei
presunti “miracoli” che hanno portato agli altari sia Padre Pio
sia Don Orione, entrambi peraltro oggetto di vivacissime e
ubiquitarie devozioni popolari già ben prima che la Chiesa li
consacrasse definitivamente. La questione di oggi riguarda una
vicenda, a lungo liquidata come pure diceria ma riproposta con
accenti vibranti a distanza di diversi anni, in un libro che, al suo
apparire, destò uno scandalo enorme nella Chiesa e tra i fedeli, Via col vento in Vaticano.
Via col vento in Vaticano uscì
nelle edizioni Kaos nel 1998. La Curia romana tentò in tutti i modi
di bloccarlo, anche con azioni legali, ottenendo però il solo
risultato di fargli una pubblicità enorme, grazie alla quale il
volume arrivò a vendere 100.000 copie in Italia. A redigerlo erano
stati un gruppo di prelati (nascosti sotto il nome “I millenari”)
scandalizzati dalla disinvoltura dei loro colleghi, e decisi a
denunciarne il cinismo, la spregiudicatezza, il carrierismo,
l'ipocrisia e i comportamenti privati agli antipodi di ogni
insegnamento cristiano. Uno degli autori, Don Luigi Marinelli
(1922-2000), protonotario apostolico in pensione originario di
Cerignola (FG) ma in servizio presso la Curia per 45 anni, uscì allo
scoperto e affrontò i processi per diffamazione che gli furono
intentati da alcuni vescovi e cardinali di cui aveva svelato gli
scheletri nell'armadio, processi che non si conclusero per la morte
di Marinelli stesso.
La copertina di Via col vento in Vaticano
Luigi Marinelli
Nel IV capitolo, Via col vento in
Vaticano, narra delle persecuzioni subite sia da Padre Pio, sia da
Don Orione. E, di quest'ultimo, racconta che la sua morte fu causata
dalla sifilide, che lo affliggeva da diversi anni. Sifilide che
contrasse quando fu deliberatamente infettato, a Messina, da un
barbiere che era stato corrotto e istigato dai suoi avversari della
Curia.
La storia della sifilide è presente in
tutte le moderne agiografie di Don Orione, ma se ne parla in toni
affatto diversi. Si dice che Don Orione soffrì di una eruzione
cutanea molto fastidiosa e che i suoi avversari la attribuirono alla
sifilide, arrivando al punto da spedirgli in dono (naturalmente
anonimo) degli opuscoli su come curarla. Si dice che effettivamente
un barbiere messinese cercò di infettarlo, ma senza riuscirci. Si
dice che la diceria della sifilide lo perseguitò per tutta la sua
vita, provocandogli disagio e dolore. Si dice che la storia di un
sacerdote di cui non è stato tramandato il nome, che era stato
scoperto tra i clienti di un lupanare, fornì un comodo spunto ai
suoi nemici, che identificarono prontamente tale sconosciuto
sacerdote proprio in Don Orione. Del resto, tra le tante accuse mosse
anche a Padre Pio, una delle più ricorrenti era proprio quella di
intrattenere relazioni intime con alcune delle sue fedeli.
Evidentemente, a quel tempo più di adesso, l'argomento era di sicura
presa sul pubblico più impressionabile.
Don Orione è stato un prete scomodo,
per la sincerità della sua fede e per il suo attivismo, tutto
dedicato alla cura dei più bisognosi, soprattutto orfani e disabili,
secondo lo spirito che lo portò a dedicarsi al potenziamento delle
case di cura e ricovero per gli handicappati gravi, le “Case della
Divina Provvidenza” fondate nel 1832 da un altro santo piemontese,
Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), da cui il nome
“Cottolengo” con cui vengono abitualmente chiamate. La “Piccola
Opera della Divina Provvidenza” (oggi chiamata “Opera Don
Orione”) e la “Congregazione delle piccole suore missionarie
della Carità”, che hanno inviato missionari in tutto il mondo,
stanno ancora adesso a testimoniare la sua attività infaticabile.
Giuseppe Benedetto Cottolengo
Il primo istituto del Cottolengo, quello di Torino
In particolare, Don Orione fu
attivissimo nel salvataggio e nella cura dei bambini rimasti orfani
nel terrificante terremoto di Messina e Reggio Calabria del dicembre
1908. Recatosi sul posto tra i primi soccorritori, perché davanti a
una tale devastazione non si fidava di delegare compiti ad altri,
finì per gestire non solo un numero enorme di orfani ma anche un
flusso enorme di finanziamenti che gli arrivavano tramite le offerte
dei fedeli alle varie parrocchie che avevano aperto sottoscrizioni ad
hoc.
Gli ottimi risultati raggiunti sia nei
salvataggi sia nelle successive sistemazioni dei bambini, stanno a
dimostrare che Don Orione spese i finanziamenti proprio per lo scopo
per il quale erano stati raccolti, non lasciando spazio ai tanti
profittatori che, come sempre, intendevano lucrare sulle disgrazie
altrui per arricchirsi. Un comportamento del genere, soprattutto
pensando alle pressioni che dovette subire da più parti perché
gestisse i fondi in modo più disinvolto, è sicuramente all'origine
della sua successiva persecuzione.
Immagini di devastazioni prodotte a Messina e poi a Reggio Calabria dal terremoto del 28 dicembre 1908
Dunque, che in chiave puramente
cristiana Don Orione sia stato davvero un santo, non ci sono dubbi,
sifilide o non sifilide.
Un dettaglio manca però in tutte le
sua agiografie: quello relativo alle circostanze della sua morte.
Perfino di Cottolengo, morto quasi un secolo prima, sappiamo che morì
di tifo, mentre tutte le fonti che trattano di Don Orione saltano a
pie' pari l'argomento, compresa Wikipedia.
Via col vento in Vaticano racconta invece che, alla fine degli anni '30, dopo che la sifilide
gli era stata diagnosticata senza ombra di dubbio e la sua salute si
era gravemente deteriorata, fu affidato “sotto stretta sorveglianza
a una casa di suore di Sanremo, dove trascorse gli ultimi giorni di
vita”.
Sicuramente, con tanti ospedali gestiti
da opere religiose, Don Orione fu curato da medici cattolici
osservanti e praticanti, ragione per cui è estremamente improbabile
che qualcuno di essi abbia mai rotto il muro di silenzio per
dichiarare che il povero sacerdote era malato sul serio.
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