domenica 19 novembre 2017

L'Italia che fu: il delitto Sonzogno

La sera del 6 febbraio 1875, sabato grasso, nel suo ufficio in via de' Cesarini a Trastevere, Raffaele Sonzogno, giornalista, direttore del quotidiano La Capitale, stava componendo i titoli della prima pagina che sarebbe apparsa il giorno successivo.
Sonzogno, originario di Milano ma attivo ormai da tempo a Roma, compiva 46 anni proprio quel giorno, che aveva trascorso interamente al lavoro.
Un ritratto di Sonzogno

All'improvviso, mentre dalla strada arrivavano echi di feste di Carnevale, un uomo vestito in modo modesto si presentò nella stanza e, prima che Sonzogno potesse dire qualcosa, gli si avventò contro e gli vibrò 17 coltellate, uccidendolo quasi all'istante.
Due dipendenti del giornale, il tipografo Riolini e il proto Mantegazza, accorsi sul posto richiamati dai rumori, immobilizzarono l'assassino. Arrivò anche una guardia municipale, salita dalla strada, e, mentre saliva le scale, notò un secondo uomo che fuggiva via dall'androne del palazzo.
Delle indagini, si occupò il commissariato di Ripa, nella persona del delegato Leopoldo Galeazzi, cremonese, che fu anche il primo a interrogare l'assassino e a identificarlo come Pio Frezza, un artigiano di 26 anni, noto anche come Spaghetto per la sua magrezza. Dalle risposte di Spaghetto, Galeazzi arguì che sotto il delitto potessero esserci questioni personali, con la moglie separata di Frezza che se la intendeva con Sonzogno, ma la spiegazione non lo convinse molto. Così come non lo convinse, successivamente, la fretta con cui il questore Giovanni Bolis, un altro lombardo, pretendeva di chiudere il caso. Bolis era stato spessissimo oggetto di attacchi da parte di Sonzogno.
Sonzogno aveva troppi nemici, pure importanti, perché il suo delitto potesse essere spiegato comodamente come una semplice faccenda di corna e gelosia.
S.Maria in Trastevere al tempo del delitto

Il numero di La Capitale del 7 febbraio uscì a cura del vice di Sonzogno, il pescarese Filandro Colacito, di 25 anni. Colacito, nei giorni successivi, avrebbe rivestito un ruolo molto importante nella ricerca dei possibili mandanti. In pratica, solo lui e Galeazzi non si sarebbero adagiati sulla prima versione ufficiale e, spesso collaborando tra loro, sarebbero riusciuti a scoperchiare il vero meccanismo che stava dietro il delitto.
Frequentando l'osteria presso la quale Frezza era abituato a consumare i pasti, Colacito riuscì a rintracciare alcuni suoi conoscenti dei quali poteva far parte il secondo uomo, quello fuggito dall'androne del palazzo. Oltre a questo, riuscì a rintracciare anche la moglie separata di Frezza, Anna, un'avvenente ragazza che lavorava in una fabbrica, di cui a un certo punto divenne addirittura amante, che lo mise in contatto con altri personaggi ancora.
La Roma del 1875 era una città in forte espansione, dopo essere diventata la Capitale d'Italia. Il nuovo ruolo e i tanti impieghi che l'istituzione dei diversi ministeri aveva comportato, erano stati un richiamo irresistibile per tutta la disoccupazione intellettuale d'Italia: che, malgrado l'alto tasso di analfabetismo nazionale, era molto elevata, esattamente come oggi. La città, quindi, aveva avuto bisogno di allargarsi, e questo aveva dato origine a vasti fenomeni di speculazione edilizia e lottizzazione. In più, in mezzo alla popolazione autoctona, spadroneggiavano bande di criminali comuni, spesso organizzati in società segrete, già esistenti al tempo dello Stato Pontificio e spesso attive a favore dell'Unità d'Italia, che ora si mettevano a disposizione dei politici senza scrupoli o dei palazzinari come braccio armato per intimidire o eliminare concorrenti o critici. E Sonzogno era in prima fila tra questi ultimi.
Ma, come emerse presto dalle indagini, la realtà della sua vita era ancora più complicata. Sua moglie, Emilia Comolli, una comasca di 29 anni proveniente da una ricca famiglia borghese, se la intendeva con un giovane ambizioso romano, di origini modeste, Giuseppe Luciani, di 31 anni, ex garibaldino ed ex collaboratore di Sonzogno stesso, che intendeva fare carriera in politica, cominciando dalle elezioni municipali. Trastevere poteva essere un ottimo trampolino di lancio ma anche Luciani dava fastidio a qualche concorrente e la sua scalata al successo si stava rivelando più difficile dei previsto. La prima volta che era stato eletto, poco prima, l'elezione era stata invalidata in seguito a un'inchiesta per brogli partita proprio da una denuncia di Sonzogno. L'evidenza di questo collegamento, scoperto da Galeazzi, finì per smuovere anche Bolis.
Un altro elemento complicava ancora di più la situazione: la famiglia di Sonzogno, nella persona del fratello Edoardo che ne aveva preso il posto, insisteva perché si indagasse su un certo Alessandro Erdan, un giornalista francese del quotidiano Le Temps che probabilmente era anche una spia doppiogiochista, al servizio sia dell'Italia sia dell'Austria. La Capitale ne aveva parlato in prima pagina pochi giorni dopo il delitto e il governo temeva che eventuali rivelazioni al riguardo potessero provocare uno scandalo. Tra l'altro, Galeazzi era in possesso di un biglietto manoscritto di Sonzogno, trovato sulla scena del crimine, in cui si chiamava in causa anche il Neue Freie Press, un quotidiano viennese su cui trovavano spesso spazio delle notizie che potevano essere arrivate in Austria, secondo Sonzogno, solo attraverso Erdan.
Non c'erano di mezzo solo questioni internazionali e di spionaggio. Il grosso della partita si giocava a Roma, dove i diretti interessati non si risparmiavano colpi per intimidire o zittire ogni possibile testimone. Una banda di delinquenti, una sera, sequestrò Anna Frezzi e la liberò solo dopo una notte di violenze e torture, avvisandola che la volta successiva non sarebbe più tornata a casa. Un testimone più volte interrogato da Galeazzi, Giuseppe Zambonini, presidente dalla Società dei non-elettori (all'epoca per avere il diritto di votare occorreva raggiungere un certo livello di reddito), fu aggredito in strada da un uomo che gli procurò gravi lesioni pestandolo con una chiave inglese.
Galeazzi e Bolis si misero in testa che anche alcuni “tutori dell'ordine”, le guardie municipali fossero pesantemente coinvolti in queste faccende: molti erano ex delinquenti arruolati dal Sindaco solo come premio per aver partecipato in qualche modo alla causa dell'annessione di Roma all'Italia. I due funzionari fecero pedinare uno di essi, Michele Armati, già chiamato in causa quale conoscente di Frezza, da un ufficiale, Pilade Chiarini, che scoprì come l'uomo fosse intimo anche di Luciani. Un altro tirapiedi di Luciani, Luigi Morelli, pure guardia municipale, fermato e interrogato, fece ulteriori ammissioni sul possibile coinvolgimento di quest'ultimo.
Il cerchio si stringeva intorno a Luciani, che cercò una via d'uscita nell'interessamento di Garibaldi tramite suo figlio Ricciotti, fondatore di una società politica determinata a ottenere la concessione del suffragio universale, i Franchi Cafoni, legata sia a Frezza, che ne era un membro, sia a Luciani stesso, che da essa era stata sempre sostenuto. Ma Ricciotti Garibaldi, che aveva già le mani parecchio in pasta nelle lottizzazioni della periferia romana che Sonzogno denunciava da tempo, preferì sacrificare il suo ex pupillo piuttosto che rischiare i far emergere i lati nascosti dei suoi affari.
Ricciotti Garibaldi (1847-1924)

Il 16 febbraio, mentre in casa Sonzogno Emilia Comolli partoriva, morto, il figlio nato dalla loro relazione, Luciani fu arrestato in casa sua, in via de' Giubbonari, da Galeazzi.
Da quel momento in poi, finì abbandonato da tutti i suoi ex sostenitori e protettori. Era in corso l'approvazione di un Piano Regolatore che avrebbe fatto la fortuna di parecchi di loro, prosciugando le casse pubbliche, e nessuno avrebbe compromesso un tale affare solo per aiutare un pezzente risalito troppo ambizioso. In seguito, un altro importante giornalista del tempo, Felice Cavallotti, avrebbe fatto emergere che, già da tempo, Sonzogno si era duramente battuto, dalla tribuna del suo giornale, perché la periferia fosse costituita da abitazioni più moderne e funzionali, ad un costo nettamente inferiore rispetto a quanto pretendevano di imporre i palazzinari, ma non aveva trovato alcun sostegno politico.
Il processo per l'uccisione di Sonzogno, svoltosi nell'ottobre dello stesso anno, fu tenuto in modo da non disturbare nessuno, visto che esecutore e mandante erano già lì, belli e pronti da offrire in pasto all'opinione pubblica. La Corte fu particolarmente spietata, infliggendo la condanna all'ergastolo a tutti gli imputati: Luciani, indicato quale mandante, Frezza, indicato quale esecutore, Michele Armati, Luigi Morelli e un certo Cornelio Farina, tutti coinvolti a vario titolo.

Gli atti del processo in una pubblicazione del tempo

Luciani, detenuto a Santo Stefano, morì in carcere nel 1899, dopo aver tentato in tutti i modi di ottenere la revisione del processo, ma non la ottenne nemmeno quando alla Giustizia fu nominato un suo ex amico, Pasquale Stanislao Mancini. Fu anzi accusato prima di aver organizzato un tentativo di evasione e poi il rapimento del principe Vittorio Emanuele. Tutti gli altri condannati lo avevano già preceduto, a partire da Frezza che era già tubercolotico al tempo del delitto.
Colacito fu giornalista e scrittore di scarso successo, Galeazzi e Bolis seguirono tranquille carriere nell'amministrazione pubblica, di tutti gli altri personaggi non famosi per altre ragioni si sono perse le tracce, nonostante la vicenda abbia ispirato un bellissimo sceneggiato televisivo, diretto da Alberto Negrin nel 1975 (Processo per l'uccisione di Raffaele Sonzogno giornalista romano) e interpretato da un cast stellare (Pino Colizzi, Elio Zamuto, Glauco Onorato, Ferruccio Amendola, solo per citare i più noti) e un eccellente romanzo storico di Roberto Mazzucco (I sicari di Trastevere), pubblicato nel 2013 ma scritto nel 1987.
Una scena dello sceneggiato del 1975

La copertina del libro di Roberto Mazzucco







4 commenti:

  1. Risposte
    1. Frezza,nessuna parentela con Romeo, protagonista (suo malgrado) di un altro triste caso giudiziario, 22 anni dopo.

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  2. Una vicenda oscura che in modalità diverse e per altre vicende si replica nel corso della storia di Roma. Grazie mille per la sua ricostruzione, molto interessante ed esaustiva.

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