La sera del 6 febbraio 1875, sabato
grasso, nel suo ufficio in via de' Cesarini a Trastevere, Raffaele
Sonzogno, giornalista, direttore del quotidiano La Capitale,
stava componendo i titoli della prima pagina che sarebbe apparsa il
giorno successivo.
Sonzogno, originario di Milano ma
attivo ormai da tempo a Roma, compiva 46 anni proprio quel giorno,
che aveva trascorso interamente al lavoro.
Un ritratto di Sonzogno
All'improvviso, mentre dalla strada
arrivavano echi di feste di Carnevale, un uomo vestito in modo
modesto si presentò nella stanza e, prima che Sonzogno potesse dire
qualcosa, gli si avventò contro e gli vibrò 17 coltellate,
uccidendolo quasi all'istante.
Due dipendenti del giornale, il
tipografo Riolini e il proto Mantegazza, accorsi sul posto richiamati
dai rumori, immobilizzarono l'assassino. Arrivò anche una guardia
municipale, salita dalla strada, e, mentre saliva le scale, notò un
secondo uomo che fuggiva via dall'androne del palazzo.
Delle indagini, si occupò il
commissariato di Ripa, nella persona del delegato Leopoldo Galeazzi,
cremonese, che fu anche il primo a interrogare l'assassino e a
identificarlo come Pio Frezza, un artigiano di 26 anni, noto anche
come Spaghetto per la sua magrezza. Dalle risposte di
Spaghetto, Galeazzi arguì che sotto il delitto potessero esserci
questioni personali, con la moglie separata di Frezza che se la
intendeva con Sonzogno, ma la spiegazione non lo convinse molto. Così
come non lo convinse, successivamente, la fretta con cui il questore
Giovanni Bolis, un altro lombardo, pretendeva di chiudere il caso.
Bolis era stato spessissimo oggetto di attacchi da parte di Sonzogno.
Sonzogno aveva troppi nemici, pure
importanti, perché il suo delitto potesse essere spiegato
comodamente come una semplice faccenda di corna e gelosia.
S.Maria in Trastevere al tempo del delitto
Il numero di La Capitale del 7
febbraio uscì a cura del vice di Sonzogno, il pescarese Filandro
Colacito, di 25 anni. Colacito, nei giorni successivi, avrebbe
rivestito un ruolo molto importante nella ricerca dei possibili
mandanti. In pratica, solo lui e Galeazzi non si sarebbero adagiati
sulla prima versione ufficiale e, spesso collaborando tra loro,
sarebbero riusciuti a scoperchiare il vero meccanismo che stava
dietro il delitto.
Frequentando l'osteria presso la quale
Frezza era abituato a consumare i pasti, Colacito riuscì a
rintracciare alcuni suoi conoscenti dei quali poteva far parte il
secondo uomo, quello fuggito dall'androne del palazzo. Oltre a
questo, riuscì a rintracciare anche la moglie separata di Frezza,
Anna, un'avvenente ragazza che lavorava in una fabbrica, di cui a un
certo punto divenne addirittura amante, che lo mise in contatto con
altri personaggi ancora.
La Roma del 1875 era una città in
forte espansione, dopo essere diventata la Capitale d'Italia. Il
nuovo ruolo e i tanti impieghi che l'istituzione dei diversi
ministeri aveva comportato, erano stati un richiamo irresistibile per
tutta la disoccupazione intellettuale d'Italia: che, malgrado l'alto
tasso di analfabetismo nazionale, era molto elevata, esattamente come
oggi. La città, quindi, aveva avuto bisogno di allargarsi, e questo
aveva dato origine a vasti fenomeni di speculazione edilizia e
lottizzazione. In più, in mezzo alla popolazione autoctona,
spadroneggiavano bande di criminali comuni, spesso organizzati in
società segrete, già esistenti al tempo dello Stato Pontificio e
spesso attive a favore dell'Unità d'Italia, che ora si mettevano a
disposizione dei politici senza scrupoli o dei palazzinari come
braccio armato per intimidire o eliminare concorrenti o critici. E
Sonzogno era in prima fila tra questi ultimi.
Ma, come emerse presto dalle indagini,
la realtà della sua vita era ancora più complicata. Sua moglie,
Emilia Comolli, una comasca di 29 anni proveniente da una ricca
famiglia borghese, se la intendeva con un giovane ambizioso romano,
di origini modeste, Giuseppe Luciani, di 31 anni, ex garibaldino ed
ex collaboratore di Sonzogno stesso, che intendeva fare carriera in
politica, cominciando dalle elezioni municipali. Trastevere poteva
essere un ottimo trampolino di lancio ma anche Luciani dava fastidio
a qualche concorrente e la sua scalata al successo si stava rivelando
più difficile dei previsto. La prima volta che era stato eletto,
poco prima, l'elezione era stata invalidata in seguito a un'inchiesta
per brogli partita proprio da una denuncia di Sonzogno. L'evidenza di
questo collegamento, scoperto da Galeazzi, finì per smuovere anche
Bolis.
Un altro elemento complicava ancora di
più la situazione: la famiglia di Sonzogno, nella persona del
fratello Edoardo che ne aveva preso il posto, insisteva perché si
indagasse su un certo Alessandro Erdan, un giornalista francese del
quotidiano Le Temps che probabilmente era anche una spia
doppiogiochista, al servizio sia dell'Italia sia dell'Austria. La
Capitale ne aveva parlato in prima pagina pochi giorni dopo il
delitto e il governo temeva che eventuali rivelazioni al riguardo
potessero provocare uno scandalo. Tra l'altro, Galeazzi era in
possesso di un biglietto manoscritto di Sonzogno, trovato sulla scena
del crimine, in cui si chiamava in causa anche il Neue Freie
Press, un quotidiano viennese su cui trovavano spesso spazio
delle notizie che potevano essere arrivate in Austria, secondo
Sonzogno, solo attraverso Erdan.
Non c'erano di mezzo solo questioni
internazionali e di spionaggio. Il grosso della partita si giocava a
Roma, dove i diretti interessati non si risparmiavano colpi per
intimidire o zittire ogni possibile testimone. Una banda di
delinquenti, una sera, sequestrò Anna Frezzi e la liberò solo dopo
una notte di violenze e torture, avvisandola che la volta successiva
non sarebbe più tornata a casa. Un testimone più volte interrogato
da Galeazzi, Giuseppe Zambonini, presidente dalla Società dei
non-elettori (all'epoca per avere il diritto di votare occorreva
raggiungere un certo livello di reddito), fu aggredito in strada da
un uomo che gli procurò gravi lesioni pestandolo con una chiave
inglese.
Galeazzi e Bolis si misero in testa che
anche alcuni “tutori dell'ordine”, le guardie municipali fossero
pesantemente coinvolti in queste faccende: molti erano ex delinquenti
arruolati dal Sindaco solo come premio per aver partecipato in
qualche modo alla causa dell'annessione di Roma all'Italia. I due
funzionari fecero pedinare uno di essi, Michele Armati, già chiamato
in causa quale conoscente di Frezza, da un ufficiale, Pilade
Chiarini, che scoprì come l'uomo fosse intimo anche di Luciani. Un
altro tirapiedi di Luciani, Luigi Morelli, pure guardia municipale,
fermato e interrogato, fece ulteriori ammissioni sul possibile
coinvolgimento di quest'ultimo.
Il cerchio si stringeva intorno a
Luciani, che cercò una via d'uscita nell'interessamento di Garibaldi
tramite suo figlio Ricciotti, fondatore di una società politica
determinata a ottenere la concessione del suffragio universale, i
Franchi Cafoni, legata sia a Frezza, che ne era un membro, sia
a Luciani stesso, che da essa era stata sempre sostenuto. Ma
Ricciotti Garibaldi, che aveva già le mani parecchio in pasta nelle
lottizzazioni della periferia romana che Sonzogno denunciava da
tempo, preferì sacrificare il suo ex pupillo piuttosto che rischiare
i far emergere i lati nascosti dei suoi affari.
Ricciotti Garibaldi (1847-1924)
Il 16 febbraio, mentre in casa Sonzogno
Emilia Comolli partoriva, morto, il figlio nato dalla loro relazione,
Luciani fu arrestato in casa sua, in via de' Giubbonari, da Galeazzi.
Da quel momento in poi, finì
abbandonato da tutti i suoi ex sostenitori e protettori. Era in corso
l'approvazione di un Piano Regolatore che avrebbe fatto la fortuna di
parecchi di loro, prosciugando le casse pubbliche, e nessuno avrebbe
compromesso un tale affare solo per aiutare un pezzente risalito
troppo ambizioso. In seguito, un altro importante giornalista del
tempo, Felice Cavallotti, avrebbe fatto emergere che, già da tempo,
Sonzogno si era duramente battuto, dalla tribuna del suo giornale,
perché la periferia fosse costituita da abitazioni più moderne e
funzionali, ad un costo nettamente inferiore rispetto a quanto
pretendevano di imporre i palazzinari, ma non aveva trovato alcun
sostegno politico.
Il processo per l'uccisione di
Sonzogno, svoltosi nell'ottobre dello stesso anno, fu tenuto in modo
da non disturbare nessuno, visto che esecutore e mandante erano già
lì, belli e pronti da offrire in pasto all'opinione pubblica. La
Corte fu particolarmente spietata, infliggendo la condanna
all'ergastolo a tutti gli imputati: Luciani, indicato quale mandante,
Frezza, indicato quale esecutore, Michele Armati, Luigi Morelli e un
certo Cornelio Farina, tutti coinvolti a vario titolo.
Gli atti del processo in una pubblicazione del tempo
Luciani, detenuto a Santo Stefano, morì
in carcere nel 1899, dopo aver tentato in tutti i modi di ottenere la
revisione del processo, ma non la ottenne nemmeno quando alla
Giustizia fu nominato un suo ex amico, Pasquale Stanislao Mancini. Fu
anzi accusato prima di aver organizzato un tentativo di evasione e
poi il rapimento del principe Vittorio Emanuele. Tutti gli altri
condannati lo avevano già preceduto, a partire da Frezza che era già
tubercolotico al tempo del delitto.
Colacito fu giornalista e scrittore di
scarso successo, Galeazzi e Bolis seguirono tranquille carriere
nell'amministrazione pubblica, di tutti gli altri personaggi non
famosi per altre ragioni si sono perse le tracce, nonostante la
vicenda abbia ispirato un bellissimo sceneggiato televisivo, diretto
da Alberto Negrin nel 1975 (Processo per l'uccisione di Raffaele
Sonzogno giornalista romano) e interpretato da un cast stellare
(Pino Colizzi, Elio Zamuto, Glauco Onorato, Ferruccio Amendola, solo
per citare i più noti) e un eccellente romanzo storico di Roberto
Mazzucco (I sicari di Trastevere), pubblicato nel 2013 ma
scritto nel 1987.
Una scena dello sceneggiato del 1975
La copertina del libro di Roberto Mazzucco
Anna Frezzi o Anna Frezza?
RispondiEliminaFrezza,nessuna parentela con Romeo, protagonista (suo malgrado) di un altro triste caso giudiziario, 22 anni dopo.
EliminaUna vicenda oscura che in modalità diverse e per altre vicende si replica nel corso della storia di Roma. Grazie mille per la sua ricostruzione, molto interessante ed esaustiva.
RispondiEliminaPrego :-)
Elimina