giovedì 28 dicembre 2017

La controversa figura della Contessa Lara e la sua tragica fine

All'anagrafe, si chiamava Eva Giovanna Antonietta Cattermole, anche se abbastanza presto cominciò a farsi chiamare Evelina e poi semplicemente Lina. Era nata a Firenze, il 26 ottobre 1849, come attestato da un regolare certificato del Comune, anche se preferiva far credere di essere nata a Nizza o a Cannes, nel 1854, per darsi un'aria più esotica e ringiovanirsi. Che non suoni come una critica: molti intellettuali o sedicenti tali del tempo ricorrevano a certi sotterfugi per fare colpo sul pubblico. Ma un po' esotica lo era a prescindere, essendo figlia di uno scozzese, William Cattermole, che era arrivato a Firenze per insegnare Inglese e, non contento dei due matrimoni già alle spalle in patria (i biografi però non raccontano se fosse vedovo o divorziato), qui si era risposato con la pianista Elisa Sandusch, dalla quale aveva avuto tre figli. Dato che con le lezioni di Inglese e con quelle di musica della moglie in casa non si scialava di certo, si era anche scoperto pittore di acquerelli raffiguranti paesaggi, che firmava Kattermole (evidentemente la tendenza all'esotismo era ben radicata in famiglia) e vendeva ai turisti stranieri.
Sembra che Eva sia stata una bambina molto precoce, dotata soprattutto per l'apprendimento delle lingue. I suoi, che investirono molto sull'educazione dei figli, la assecondarono, prima mandandola a studiare in Francia, al Sacre Coeur di Parigi, e poi finanziando la pubblicazione delle sue prime raccolte poetiche, di cui la più antica (“Canti e ghirlande”) risale al 1867.
Eva Cattermole nel 1871

Eva Cattermole nel 1883

Firenze, a quel tempo, era un centro culturale di un certo rilievo (anche perché, per qualche anno, fu capitale del Regno) e, tra i salotti più frequentati, c'era quello della marchesa di Fusignano, Laura Beatrice Oliva, moglie dell'insigne giurista e parlamentare Pasquale Stanislao Mancini. Qui, Eva provò inizialmente a mettersi in luce come artista, senza conseguire un particolare successo, e poi a entrare nella famiglia direttamente dalla porta principale, sfruttando la risorsa sempre valida della bellezza fisica. Il terzo figlio dei Mancini, Francesco Eugenio, ufficiale dei bersaglieri, era molto affascinato dalla sua avvenenza e, nonostante lo scarso entusiasmo dei genitori davanti alla prospettiva dell'unione con quella che a loro pareva solo un'avventuriera, finì per chiederle la mano. Questo passaggio fu sicuramente facilitato dalla morte prematura (luglio 1869) della madre Laura Beatrice Oliva, che era stata la principale oppositrice al matrimonio. La coppia si sposò nel marzo del 1871: visse prima a Napoli e poi si spostò a Milano, nella zona signorile di via Cesare Correnti.
Il matrimonio, come spesso accade, era nato su premesse destinate a estinguersi con la prima fiamma di passione, lasciando solo i problemi tra due persone molto diverse tra loro. Eva avrebbe voluto vivere tra teatri e salotti letterari, Eugenio non si interessava di letteratura e preferiva passare il tempo libero giocando a carte con gli amici. Presto, si trovarono a condurre vite quasi estranee e lei, che aveva moltissimi corteggiatori, finì per cedere a uno di essi, tra l'altro uno dei migliori amici del marito, Giuseppe Bennati Baylon, impiegato di banca.
Laura Beatrice Oliva (1821-69)
Pasquale Stanislao Mancini (1817-88)


Francesco Saverio Eugenio Mancini (1845-1925)

I due si incontravano in una camera che tenevano permanentemente affittata a poca distanza dalla casa di lei, che si muoveva coperta da una cameriera, Giuseppina Dones. Ma la Dones, a quanto sembra, era segretamente innamorata di Eugenio e, alla prima occasione, gli spifferò tutto quello che combinava la moglie e lo guidò fino all'alcova degli amanti, facendoglieli sorprendere sul fatto, il 22 maggio 1875. Eugenio, secondo la consuetudine del tempo (ma vietata dalla legge) sfidò a duello il rivale, che non rispondergli di no. La sfida alla pistola si tenne il 27 maggio a Bollate: Bennati Baylon ebbe la possibilità di sparare per primo, ma vi rinunciò; Eugenio invece prese bene la mira e lo ferì gravemente al ventre. Bennati Baylon morì il 7 giugno ed Eugenio finì sotto processo, ma il 30 luglio fu assolto perché al delitto furono riconosciute le “ragioni d'onore”: in seguito, avrebbe fatto carriera nell'esercito fino al grado di generale. La cameriera Dones, raccontano le cronache del tempo, per il rimorso, si avvelenò con l'acido, mentre la madre di Bennati Baylon uscì di senno.
Illustrazione del tempo sul processo a Eugenio Mancini

Eva dovette letteralmente scapparsene da Milano e tornò a Firenze, dove visse in casa della nonna , dato che anche il padre le aveva chiuso la porta, tra ristrettezze economiche, dato che il marito non le passava nulla. Fu anche per racimolare qualcosa che cominciò a proporre i suoi scritti alle riviste letterarie di tutto il Paese. Ogni tanto qualcosa usciva, e la sua fama si consolidò, soprattutto grazie all'amicizia (che forse fu anche qualcosa di più) con un letterato affermato, il siciliano Mario Rapisardi, passato alla storia delle patrie lettere soprattutto grazie alla moglie Giselda Fojanesi, che fu a lungo l'amante di Giovanni Verga, senza che però a nessuno dei due uomini passasse per la mente l'idea di mettere in piedi un duello. Rapisardi la aiutò a imporsi nell'ambiente e, intorno al 1884, la sua fama era abbastanza grande da garantirle la regolare pubblicazione delle sue opere sia in versi (“Nuovi versi”) sia in prosa (“Il romanzo di una bambola”, “Una famiglia di topi”). Per qualche tempo, si era firmata “Lina di Baylon” in omaggio alla memoria dell'amante morto. Poi passò a “Contessa Lara”, che fece subito presa sul pubblico. Nel 1884, dopo una serie di spostamenti, Eva si stabilì a Roma, dove sfruttò la sua fama per aprire un salotto letterario subito molto frequentato, e visse una relazione molto stabile con un altro scrittore siciliano, Giovanni Alfredo Cesareo, futuro docente universitario e poi senatore, che aveva 11 anni meno di lei.
Mario Rapisardi (1844-1912) e Giselda Fojanesi (1851-1946)
Giovanni Verga (1840-1922)
Giovanni Alfredo Cesareo (1860-1937)

Alcune opere firmate "Contessa Lara"

La fine della relazione con Cesareo, nel 1894, segnò l'inizio di una grave crisi nella vita di Eva, che però sembrò risolversi quando nella sua vita entrò un nuovo compagno. Il giornalista Angelo De Gubernatis le fece conoscere un pittore napoletano, Giuseppe Pierantoni, che avrebbe dovuto collaborare con lei per adattare al gusto italiano dei figurini di moda francesi, per conto della rivista “L'illustrazione italiana”. Pierantoni era uno spiantato, diplomato all'Accademia di Belle Arti ma incapace di combinare qualcosa nella vita per mancanza di carattere, sul quale era caduta la fortuna di vincere un concorso come disegnatore nelle Ferrovie e trasferirsi a Roma. Ammiratore delle poesie di Eva, aveva fatto di tutto per incontrarla. Divenne il suo nuovo amante, nonostante la differenza di età di quasi 20 anni (lei 45 anni, lui 25).
La relazione era però destinata ad andare avanti in modo molto problematico, perché sin da subito i due si tradirono a vicenda. Lei, in più, ci aggiungeva delle scenate di gelosia quando scopriva i tradimenti di lui, negando invece i propri. La situazione andò sempre peggio fino al 1896. Mentre Pierantoni era intento a preparare il concorso per diventare professore di disegno nelle scuole, Eva compì un viaggio in Alta Italia, durante il quale ebbe delle brevi avventure con due fratelli, entrambi ufficiali, uno di Marina e uno di Fanteria, Ferruccio ed Ezio Bottini. Ferruccio le regalò anche una rivoltella, per la sua difesa personale.
Il 30 novembre di quello stesso anno, ebbe una ennesima lite con Pierantoni, che aveva scoperto l'intrigo con Ferruccio Bottini ma, cercandone le prove si era imbattuto in una lettera di Ezio Bottini e, abbastanza prevedibilmente, reagì malissimo. Non si sa bene cosa avvenne, se Eva minacciò Pierantoni con la rivoltella e questo gliela strappò di mano o se Pierantoni afferrò la rivoltella che era stata lasciata irresponsabilmente in piena vista: sta di fatto che Pierantoni le sparò, colpendola all'addome. Soccorsa solo dopo alcune ore, il 1° dicembre fu operata, ma morì ugualmente in serata. Fece in tempo a rilasciare due dichiarazioni diverse sul fatto: alla polizia disse che Pierantoni voleva vivere alle sue spalle e le aveva sparato dopo che lei gli aveva negato del denaro; a un'amica disse invece che Pierantoni aveva sparato per passione e che lei lo perdonava.
Il delitto in una illustrazione del tempo

Nonostante la difesa del famoso avvocato e criminologo Salvatore Barzilai, che fece a pezzi la figura di Eva, Pierantoni fu condannato a 11 anni e 10 mesi di reclusione. Li scontò interamente, poi tormò a Napoli, dove morì di tubercolosi nel 1925.
Salvatore Barzilai (1860-1939)
Un volume che rende l'idea della portata mediatica del delitto a quel tempo

L'ex amante Ezio Bottini, anticipando quelli di Lady Diana, cercò subito di capitalizzare la notorietà che gli offriva la situazione

Nel marzo del 1975 la Rai Tv raccontò, in modo romanzato ma molto interessante, la vita della scrittrice nello sceneggiato “Contessa Lara”, regia di Dante Guardamagna, con Annamaria Guarnieri protagonista. Fu l'occasione per una breve ma accesa polemica tra femministe e tradizionalisti, che sulla sua figura erano naturalmente schierati su posizioni opposte.
Annamaria Guarnieri nello sceneggiato







Nessun commento:

Posta un commento