giovedì 16 giugno 2016

La strage della "Garifallia": delitto dimenticato o rimosso?

Chi ha avuto la pazienza di mettersi a leggere le edizioni online dei tabloid greci, magari aiutandosi con traduttori automatici, nelle convulse settimane in cui il governo di Alexis Tsipras trattava con le autorità europee i contenuti del pacchetto di riforme da attuare per garantire la permanenza del Paese ellenico nell'area Euro, prima o poi, deve per forza essersi imbattuto in un paragone che si ripete più volte negli articoli: quello del Premier con il capitano Antonis Plytzanopoulos.
La frase ricorrente è “quello fu considerato un criminale per aver buttato a mare 11 persone, allora questo che butta a mare 11 milioni di persone, che cos'è?”
Il paragone, al di là delle valutazioni personali sulle scelte politico-economiche di Tsipras (e soprattutto sull'esistenza o meno di alternative a queste) appare subito di un fastidioso cattivo gusto. Quasi quasi, pur di colpire Tsipras, si arriva a riabilitare un criminale come Plytzanopoulos: che, oltretutto, oltre a essere inizialmente condannato a una pena ridicola (10 anni e 10 mesi per una strage), non la scontò neppure per intero, venendo poi addirittura assolto in Appello. E, 32 anni dopo i fatti, la vicenda sarebbe del tutto dimenticata se non fosse per questo paragone con Tsipras: setacciando il web, se ne parla solo in due vecchi articoli italiani (di “Repubblica”, maggio 1984) e in due pagine in Inglese. Il libro “Un delitto al giorno” di Alessandro Riva e Lorenzo Viganò (Baldini & Castoldi, 1994) dedica un capitolo a questo episodio, ma ormai è fuori commercio. Pur impegnandosi, non si riesce a reperire sul web nessuna immagine del capitano Plytzanopoulos e una soltanto della sua nave, il mercantile Garifallia.

Veniamo adesso ai fatti. Cosa avvenne, il 17 marzo 1984?
La Garifallia, 14.300 tonnellate di stazza, appartenente alla compagnia Europe Gate Shipping, è adibita al trasporto merci e in quel periodo fa servizio nell'Oceano Indiano. E' comandata da Plytzanopoulos e il suo equipaggio è composto da 25 uomini, soprattutto greci e pakistani ma anche kenioti. Il 16 marzo 1984 è partita da Mombasa, Kenya, con destinazione Karachi, Pakistan. Insieme al carico, all'insaputa dell'equipaggio, ha imbarcato 11 clandestini, 11 ragazzi kenioti dai 14 ai 25 anni.
Il Kenya, che non è stato mai il miglior posto al mondo per viverci (da sempre in testa alle classifiche relative alla corruzione e agli abusi delle autorità), in quel periodo sta affrontando una fase ancora più incerta. Sono i tempi del monopartitismo di Daniel arap Moi, che perseguita con ogni mezzo e senza alcuno scrupolo tutti i suoi oppositori, reali o semplicemente possibili. Il 10 febbraio di quell'anno, a Wagalla, nel Nord del Paese, alcuni reparti dell'esercito hanno attaccato degli insediamenti della minoranza etnica somala, con la scusa di disarmare dei gruppi terroristici locali, e sequestrato circa 5000 persone, tutte uccise dopo 5 giorni di torture. La verità su questo episodio, continuamente negato, emergerà solo nel 2008, ma resta il fatto che in Kenya non si vive per niente bene e che, ai giovani che decidono di andarsene, non mancano certo le ragioni.
Gli 11 ragazzi si erano nascosti nella stiva ma, poche ore dopo la partenza, sono stati scoperti dall'equipaggio. Per farli uscire da lì, su iniziativa del comandante, la stiva è stata irrorata di topicida, una sostanza irritante e tossica. Il comandante Plytzanopoulos, ha dato ordine di chiuderli nel ripostiglio per gli attrezzi che si trova a prora, grande 2 metri per 3. I marinai ce li hanno sospinti a botte. La prassi è che vengano sbarcati al primo porto cui si attraccherà.
A questo punto, le versioni divergono.
Una sostiene che la prima notte di viaggio è stata afosa, e al mattino la temperatura in quel budello diventa insopportabile. Gli 11 ragazzi non ce la fanno più e forzano la porta fino a rompere il catenaccio che la chiude, poi se vanno in cucina a cercare acqua da bere. Avvertito dal nostromo, Plytzanopoulos si infuria, va a prendere il fucile che tiene nella sua cabina. Spaventati, gli 11 si chiudono di nuovo nel ripostiglio.
Secondo l'altra, invece, nella prima mattina del 17 marzo, Plytzanopoulos tiene una sorta di consiglio con alcuni marinai e decide di sbarazzarsi dei clandestini gettandoli in mare. La decisione lascia sbigottiti tutti quelli che non la condividono: altre volte l'equipaggio ha trovato dei clandestini a bordo, e li ha sempre sbarcati senza problemi e violenze al primo porto di attracco. Un marinaio keniota, che ha ascoltato le conversazioni, avverte gli 11, che si asserragliano nel ripostiglio di prora.
Secondo un'altra versione ancora, sono solo 9 quelli che si chiudono nel ripostiglio. Gli ultimi 2 restano fuori. Plytzanopoulos, dopo averli bastonati, ordina di mettere loro addosso dei giubbotti di salvataggio e poi buttarli in mare. Prima di fare questo, però, il nostromo cancella il nome della nave dai giubbotti.
Un'ulteriore versione sostiene che i 2 ragazzi kenioti rimasti fuori sono stati picchiati fino a spezzare un braccio a uno di loro, e poi scagliati fuori bordo senza neanche i giubbotti di salvataggio.
Secondo le testimonianze, la Garyfallia si trova 8 miglia al largo di Mombasa e procede alla velocità di 12 nodi, quando i primi 2 clandestini vengono gettati in mare. Alcuni marinai gettano in mare anche alcuni barili di legno vuoti, cui i naufraghi potranno aggrapparsi.
Gli altri, però, sono ancora chiusi nel ripostiglio di prora. Poiché non cedono nemmeno quando Plytzanopoulos esplode dei colpi in aria con il fucile, l'equipaggio ricorre di nuovo al topicida, e a quel punto i ragazzi devono uscire per forza.
Per un numeroso gruppo di persone, sopraffare 2 uomini non è difficile. Avere ragione di 9 è un'altra cosa. I ragazzi kenioti fanno resistenza, si aggrappano dappertutto (uno anche alle gambe del comandante) e i marinai li riempiono di botte e bastonate, fino a farli sanguinare, prima di scagliarli in mare. La zona, notoriamente, è infestata da squali.
Una volta “bonificata” la sua nave, Plytzanopoulos riprende la sua rotta come se nulla fosse. Sbarca il carico a Karachi e se ne torna in Grecia, due mesi dopo i fatti, fidando sull'omertà dell'equipaggio. E qui si sbaglia, perché lo stesso giorno dello sbarco, l'11 maggio, il telegrafista Stavros Ciatis, il secondo ufficiale Charalambos Coutougeras e due marinai, vanno immediatamente a denunciarlo all'Autorità Portuale del Pireo, che passa subito il caso al Tribunale di Atene.
Plytzanopoulos è subito arrestato, insieme al nostromo Philippos Kakonas, al cuoco Stratos Zografakis e al marinaio Thanassis Karetsos. Altri 6 membri dell'equipaggio sono imputati a piede libero. Il Ministro della Marina Mercantile Giorgos Katsifaras e i sindacati dei marittimi greci sono in prima fila tra quelli che chiedono giustizia per quello che appare come un crimine orrendo.
L'inchiesta del procuratore Antonis Roussos si consuma rapidamente, grazie alle deposizioni dei 4 testimoni. La Croce Rossa Internazionale riferisce che, a quanto le risulta, nessuno degli 11 ragazzi kenioti si è salvato. Al processo, Plytzanopoulos rischia una condanna a 20 anni, ma i suoi avvocati si aggrappano a ogni cavillo e, alla fine, il 12 settembre 1985, se la cava con 10 anni e 10 mesi in Primo Grado. I suoi 9 complici se la cavano con pene dai 14 ai 44 mesi.
In Appello, però, la situazione cambia. Dall'Africa, arrivano notizie contraddittorie, da cui risulterebbe che 6 degli 11 clandestini, in realtà, sarebbero riusciti ad arrivare vivi a terra, e successivamente sono stati portati a Mombasa. Un articolo dell'UPI (United Press International) datato 25 maggio 1984 (nel quale si citano fonti governative del Kenia per le quali quello della Garifallia sarebbe il quarto episodio del genere coinvolgente navi greche dal 1981, con almeno 13 morti accertati) fa anche il nome di un sopravvissuto, il 23enne Mohamed Salim, del quale è riportata una breve testimonianza. 
In ogni caso, non si riesce a rintracciarne nessuno per portarlo al processo. La Corte, comunque, il 20 marzo 1987, annulla la condanna precedente e si limita a comminare a Plytzanopoulos una multa di 8900 dollari, perché la morte dei clandestini non si può considerare provata al di là di ogni ragionevole dubbio. Sono ridotte anche le condanne di 5 suoi complici, mentre 4 sono addirittura prosciolti dalle accuse.
Da quel momento, questo caso scompare definitivamente dalle cronache, e questo fa pensare che non vi sia stato alcun ulteriore sviluppo successivo.
Cartina dell'Oceano Indiano: in nero la rotta della Garifallia, la croce rossa indica il luogo del fatto





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