domenica 12 giugno 2016

Pro e (soprattutto) contro Cyril Burt

Di per sé la Scienza è neutrale, non asseconda nessuna ideologia. Viceversa, moltissime ideologie hanno provato in tutti i modi a piegare la Scienza al loro bisogno di accreditarsi come “superiori” alle altre. Non a caso, negli anni '60 il grande biologo molecolare Jacques Monod scrisse un testo rivoluzionario, Il caso e la necessità, e stigmatizzò questo atteggiamento, da lui chiamato “animismo” e paragonato alla mentalità superstiziosa che sta alla base della degenerazione di tutte le religioni. In pratica, per Monod, il fatto che la Natura faccia le cose in un modo o in un altro, che segua delle leggi piuttosto che delle altre, non significa per forza che queste leggi siano considerate talmente giuste da essere riportate pari pari nelle società umane come principi morali ineludibili. Per quanto noi dobbiamo impegnarci a conoscere la Natura, non siamo obbligati a prenderla ad esempio.
Jacques Monod (1910-76)

Copertina della prima edizione italiana di Il caso e la necessità

Ma l'argomento è sempre stato di sicura presa sulle masse, nonché trasversale, perché soggetti che magari sono in disaccordo su ogni altra questione, possono perfettamente convenire che ”ciò che fa la Natura è sempre giusto”: quindi, i politici vi hanno sempre fatto ampio ricorso, quasi sempre in assoluta malafede.
Questo era in qualche modo prevedibile, ma non lo è il fatto per cui, tante volte, anche degli scienziati pure illustri si sono prestati a questo sporco gioco, di solito per assecondare le convinzioni della parte politica cui appartenevano (perché anche gli scienziati hanno le loro idee politiche e le loro debolezze). Finché questo avviene in buona fede, del resto, lo si può anche capire. Ma non sempre è avvenuto in buona fede, e ci sono stati casi di risultati scientifici contraffatti apposta perché confermassero una tesi già confezionata prima che cominciassero le ricerche.
Uno dei più noti episodi in tal senso è quello che vide protagonista lo psicologo inglese Cyril Burt.
Burt, nato nel 1883, era figlio di un medico di successo che, tra i suoi pazienti, annoverava Francis Galton, il cugino di Charles Darwin che è noto come uno dei fondatori dell'antropometria (la scienza che si occupa della misurazione del corpo umano e delle sue parti e della valutazione statistica di queste misure) e soprattutto come il primo importante esponente dell'eugenetica (una discutibile applicazione scientifica all'ideologia che le razze umane si dividessero in superiori e inferiori e si potessero “migliorare” con attraverso incroci selettivi che esaltassero determinate caratteristiche e l'eliminazione degli individui tarati). Oggi, l'eugenetica è considerata una teoria non solo criminale ma pure antiscientifica (le razze umane sono solo adattamenti al clima e l'endogamia tra esse tende ad aumentare significativamente il numero degli individui affetti da tare ereditarie; mentre l'ibridazione tende a ridurlo, dato che disperde in popolazioni molto più ampie i geni recessivi che causano queste tare) e c'è da aggiungere che lo stesso Darwin aveva pochissima considerazione per il cugino: ma, per molto tempo, le idee di Galton ebbero larga presa su molta parte dell'intelligencija nord-europea e nord-americana, già normalmente incline ad assumere posizioni razziste e discriminatorie. Fu dunque in questo clima culturale, che Cyril Burt si formò.
Cyril Burt nel 1930

Francis Galton (1822-1911) in una immagine del 1850

La sua carriera accademica fu molto rapida e brillante. Concentrò i suoi studi su una serie di temi da sempre scottanti, come l'origine delle inclinazioni criminali e l'ereditarietà dei talenti. Curiosamente, sui due argomenti, giunse a conclusioni del tutto opposte: dopo aver studiato a lungo diversi casi di delinquenti minorili, nel 1926 trasse la conclusione che non si diventa criminali per tendenze innate, ma per l'effetto negativo dell'ambiente in cui si cresce. Riguardo l'intelligenza, invece, fu il più accanito sostenitore, nel suo Paese, della teoria per cui intelligenti si può solo nascere, e non si diventa.
Per arrivare a questa conclusione, Burt studiò diverse coppie di gemelli identici, molte delle quali separate alla nascita in condizioni tali che i bambini crescessero in ambienti molto diversi. Sottopose i suoi soggetti a diversi test per la misurazione del Q. I. e interpretò i risultati utilizzando il coefficiente di correlazione di Pearson, uno strumento matematico atto a misurare rigorosamente come una misura tenda a variare in rapporto alle variazioni di un'altra. Il coefficiente di Pearson varia tra +1 in caso di perfetta coincidenza (quando le due misure cambiano entrambe allo stesso modo) e -1 in caso di perfetta discordanza (quando le due misure variano in modo esattamente opposto); il valore 0 indica che non c'è nessuna correlazione tra le due misure.
Ma l'uso di rigorosi strumenti matematici non basta: occorre anche applicarli a un campione abbastanza vasto da escludere che i risultati possano essere dovuti alla casualità. Il campione su cui lavorò Burt era il più ampio mai trattato: 53 coppie di gemelli.
Dai suoi studi, comunque, Burt ricavò la conclusione che tra i gemelli allevati nella stessa famiglia, il coefficiente di correlazione relativo ai test sul Q. I. era di 0,994, ossia quasi il massimo. Mentre in quelli allevati in famiglie diverse, era di 0,771, ossia quasi tre quarti del massimo. Da ciò, la conclusione non poteva essere altro che questa: l'intelligenza si eredita, l'ambiente in cui si cresce ha pochissimo impatto e le azioni educative devono essere al più presto “mirate” in maniera tale da evitare sprechi inutili. In base agli studi di Burt, che nel frattempo era diventato presidente della British Pischologycal Society e aveva ottenuto ogni sorta di cariche e onorificenze, nel 1944, il Governo inglese introdusse per gli studenti, al termine del ciclo elementare, il test “11-Plus”, atto a discriminare precocemente i bambini in grado di affrontare studi di tipo liceale (ritenuti “superiori”) da quelli capaci di seguire solo studi a indirizzo professionale (“inferiori”). Sebbene criticatissimo e ad un certo punto modificato perché ritenuto troppo sbilanciato sulle competenze linguistico-lessicali a danno delle altre, tale test è rimasto in uso nel sistema educativo britannico fino al 1976 ed è ancora utilizzato come test di ingresso, su base volontaria, in alcune scuole.
La fama di Burt a livello anche internazionale andò sempre crescendo. Il M.E.N.S.A. (l'associazione internazionale delle persone con il più alto Q.I.) lo nominò suo primo presidente, nel 1960. Sebbene fosse ufficialmente in pensione dal 1950, fino alla sua morte nel 1971, Burt continuò a condurre studi e a pubblicarne i risultati.
Poi, le cose cambiarono, all'improvviso.
Nel 1974, lo psicologo americano Leon Kamin attaccò duramente le teorie di Burt, affermando che non erano attendibili scientificamente, per due importanti ragioni: la prima, che i risultati apparivano troppo precisi (tutte le coppie di gemelli davano sempre gli stessi risultati: 0,994 per quelli cresciuti nella stessa famiglia e 0,771 per quelli cresciuti in famiglie diverse) per essere veri; la seconda, che il campione di 53 coppie di gemelli era troppo ampio per essere verosimile, tanto più che non si spiegava come potesse essere tanto alto il numero di coppie di gemelli separati. Attaccato a sua volta da una parte dell'establishment scientifico che lo accusava di compiere un'operazione strumentale per ragioni politiche (Leon Kamin è, notoriamente, uno studioso di sinistra), Kamin compì altre ricerche a supporto delle sue critiche e cominciò a smascherare una magagna dietro l'altra nel modus operandi di Burt. Innanzitutto, trovò che, tra il 1939 e il 1943, Burt aveva citato in alcuni importanti articoli degli studi compiuti da alcuni suoi assistenti (Maver, Moore e Davis) dei quali non era rimasta traccia nelle università inglesi, neppure come studenti. Inoltre, Kamin scoprì che, dopo la morte di uno dei suoi maestri, Charles Spearman, nel 1945, Burt aveva cercato di accreditarsi quale autore del metodo di lavoro fondato da questo, l'analisi multifattoriale, ottenendo l'appoggio di un collega francese, tale Jacques Lafitte, e che anche di questo Lafitte non esistevano altre tracce a parte gli articoli scritti a sostegno di Burt.
Leon Kamin (nato nel 1927)

Nonostante la difesa di Burt da parte di gran parte del mondo accademico inglese, la demolizione della sua credibilità andò avanti con prove sempre nuove. Nel 1976, un'inchiesta del Sunday Times scoprì che nemmeno le due principali collaboratrici di Burt negli ultimi decenni di attività (Margaret Howard e Jane Conway) erano mai esistite, pur avendo firmato una enorme quantità di articoli e saggi usciti su riviste prestigiose e ovviamente tutti a favore di Burt.
I più accaniti difensori di Burt, soprattutto Hans Eysenck e Arthur Jensen, continuarono a denunciare il complotto ideologico di cui sarebbe stato vittima il loro maestro e, a quel punto, gli eredi di Burt decisero di affrontare di petto la situazione ingaggiando una persona fidata per scrivere una biografia critica autorizzata del loro congiunto. La scelta cadde su uno studioso di chiara fama, che oltretutto era stato tanto amico di Burt da tenere il discorso della sua commemorazione funebre, Leslie Hearnshaw. Questi ebbe quindi accesso a tutte le carte private di Burt e alla sua corrispondenza e, dopo essersi reso conto che la documentazione originale dei primi studi sui gemelli non era più disponibile (gli dissero che era andata distrutta in un incendio accidentale), cominciò ad avere dei dubbi sull'effettiva attendibilità dell'intero lavoro di Burt.
Hans Eysenck (1916-97): in Italia è noto per la serie di libri Prova la tua intelligenza giocando, pubblicata da Rizzoli

Arthur Jensen (1923-2012)

Leslie Hearnshaw (1907-91)

La copertina della biografia di Burt scritta da Hearnshaw

Quando la sua biografia di Burt uscì, nel 1979, assestò il colpo definitivo alla fama dello scienziato defunto otto anni prima. Nonostante una lunga serie di ricerche, non era stato possibile confutare nessuna delle accuse che Kamin e il Sunday Times avevano rivolto a Burt. Anzi, erano emerse altre frodi, una delle quali ammessa dallo stesso Eysenck, relativa all'esistenza di uno studente la cui tesi era stata citata in un importante lavoro di Burt e che pure non era mai esistito.
A quel punto, la fama di Burt era definitivamente tramontata.
Nel 1981, in uno dei suoi più importanti saggi, Intelligenza e pregiudizio, il grande biologo evoluzionista Stephen Jay Gould, si spinse anche oltre le critiche precedenti, evidenziando come già il metodo dell'analisi multifattoriale di Spearman si prestasse facilmente ad abusi come quello costituito dalle frodi di Burt.
La più recente edizione italiana di Intelligenza e pregiudizio

Ma è davvero la fine della storia? No.
Già nel 1983, in Il gene e la sua mente, Kamin, insieme al neurobiologo Steven Rose e al genetista Richard Lewontin, stigmatizzò come, nonostante l'esito dell'affaire Burt, la British Psychological Society non avesse minimamente cambiato opinione sull'ereditarietà del Q. I. e come nella versione ufficiale della società stessa Burt fosse riconosciuto solo come “negligente”.
Copertina dell'edizione italiana di Il gene e la sua mente

Nel 1993, in Le bugie della Scienza, lo storico della Scienza italiano Federico Di Trocchio concluse il suo capitolo su Burt citando due testi inglesi recentemente pubblicati, opera di Robert Joynson e Ronald Fletcher, entrambi intesi a rivalutare Burt screditando i suoi detrattori (soprattutto Hearnshaw), a costo di “arrampicarsi sugli specchi” (parole dell'autore).
Una delle edizioni paperback di Le bugie della scienza di Di Trocchio



Oggi, chiunque si azzardasse a compiere una ricerca via web su Burt, innanzitutto scoprirebbe, sgradevolmente, che non esiste nessuna pagina italiana dedicata alla sua vicenda; poi, considerando una dietro l'altra tutte quelle in Inglese, si renderebbe conto, con ancora più sgomento, che la maggior parte di esse è redatta da gente che esalta la figura di Burt, definendolo la vittima di un complotto. Anche se, dai tempi di Joynson e Fletcher, nulla è stato aggiunto alla discussione. Tranne forse il fatto che gli accusatori di Burt non sono più attivi, non hanno lasciato eredi accademici e, in definitiva, l'idea di selezionare precocemente chi riuscirà negli studi e chi no attraverso batterie di test, sta riprendendo piede in tutto l'Occidente, seguendo la suggestione del Giappone, dove certe metodiche di valutazione sono state sempre in uso senza che nessuno si sognasse mai di contestarle.

Nessun commento:

Posta un commento