Di per sé la Scienza è neutrale, non
asseconda nessuna ideologia. Viceversa, moltissime ideologie hanno
provato in tutti i modi a piegare la Scienza al loro bisogno di
accreditarsi come “superiori” alle altre. Non a caso, negli anni
'60 il grande biologo molecolare Jacques Monod scrisse un testo
rivoluzionario, Il caso e la necessità, e stigmatizzò questo
atteggiamento, da lui chiamato “animismo” e paragonato alla
mentalità superstiziosa che sta alla base della degenerazione di
tutte le religioni. In pratica, per Monod, il fatto che la Natura
faccia le cose in un modo o in un altro, che segua delle leggi piuttosto
che delle altre, non significa per forza che queste leggi siano
considerate talmente giuste da essere riportate pari pari nelle
società umane come principi morali ineludibili. Per quanto noi
dobbiamo impegnarci a conoscere la Natura, non siamo obbligati a
prenderla ad esempio.
Jacques Monod (1910-76)
Copertina della prima edizione italiana di Il caso e la necessità
Ma l'argomento è sempre stato di
sicura presa sulle masse, nonché trasversale, perché soggetti che
magari sono in disaccordo su ogni altra questione, possono
perfettamente convenire che ”ciò che fa la Natura è sempre
giusto”: quindi, i politici vi hanno sempre fatto ampio ricorso,
quasi sempre in assoluta malafede.
Questo era in qualche modo prevedibile,
ma non lo è il fatto per cui, tante volte, anche degli scienziati
pure illustri si sono prestati a questo sporco gioco, di solito per
assecondare le convinzioni della parte politica cui appartenevano
(perché anche gli scienziati hanno le loro idee politiche e le loro
debolezze). Finché questo avviene in buona fede, del resto, lo si
può anche capire. Ma non sempre è avvenuto in buona fede, e ci sono
stati casi di risultati scientifici contraffatti apposta perché
confermassero una tesi già confezionata prima che cominciassero le
ricerche.
Uno dei più noti episodi in tal senso
è quello che vide protagonista lo psicologo inglese Cyril Burt.
Burt, nato nel 1883, era figlio di un
medico di successo che, tra i suoi pazienti, annoverava Francis
Galton, il cugino di Charles Darwin che è noto come uno dei
fondatori dell'antropometria (la scienza che si occupa della
misurazione del corpo umano e delle sue parti e della valutazione
statistica di queste misure) e soprattutto come il primo importante
esponente dell'eugenetica (una discutibile applicazione scientifica
all'ideologia che le razze umane si dividessero in superiori e
inferiori e si potessero “migliorare” con attraverso incroci
selettivi che esaltassero determinate caratteristiche e
l'eliminazione degli individui tarati). Oggi, l'eugenetica è
considerata una teoria non solo criminale ma pure antiscientifica (le
razze umane sono solo adattamenti al clima e l'endogamia tra esse
tende ad aumentare significativamente il numero degli individui
affetti da tare ereditarie; mentre l'ibridazione tende a ridurlo,
dato che disperde in popolazioni molto più ampie i geni recessivi
che causano queste tare) e c'è da aggiungere che lo stesso Darwin
aveva pochissima considerazione per il cugino: ma, per molto tempo,
le idee di Galton ebbero larga presa su molta parte
dell'intelligencija nord-europea e nord-americana, già normalmente
incline ad assumere posizioni razziste e discriminatorie. Fu dunque
in questo clima culturale, che Cyril Burt si formò.
Cyril Burt nel 1930
Francis Galton (1822-1911) in una immagine del 1850
La sua carriera accademica fu molto
rapida e brillante. Concentrò i suoi studi su una serie di temi da
sempre scottanti, come l'origine delle inclinazioni criminali e
l'ereditarietà dei talenti. Curiosamente, sui due argomenti, giunse
a conclusioni del tutto opposte: dopo aver studiato a lungo diversi
casi di delinquenti minorili, nel 1926 trasse la conclusione che non
si diventa criminali per tendenze innate, ma per l'effetto negativo
dell'ambiente in cui si cresce. Riguardo l'intelligenza, invece, fu
il più accanito sostenitore, nel suo Paese, della teoria per cui
intelligenti si può solo nascere, e non si diventa.
Per arrivare a questa conclusione, Burt
studiò diverse coppie di gemelli identici, molte delle quali
separate alla nascita in condizioni tali che i bambini crescessero in
ambienti molto diversi. Sottopose i suoi soggetti a diversi test per
la misurazione del Q. I. e interpretò i risultati utilizzando il
coefficiente di correlazione di Pearson, uno strumento matematico
atto a misurare rigorosamente come una misura tenda a variare in
rapporto alle variazioni di un'altra. Il coefficiente di Pearson
varia tra +1 in caso di perfetta coincidenza (quando le due misure
cambiano entrambe allo stesso modo) e -1 in caso di perfetta
discordanza (quando le due misure variano in modo esattamente
opposto); il valore 0 indica che non c'è nessuna correlazione tra le
due misure.
Ma l'uso di rigorosi strumenti
matematici non basta: occorre anche applicarli a un campione
abbastanza vasto da escludere che i risultati possano essere dovuti
alla casualità. Il campione su cui lavorò Burt era il più ampio
mai trattato: 53 coppie di gemelli.
Dai suoi studi, comunque, Burt ricavò
la conclusione che tra i gemelli allevati nella stessa famiglia, il
coefficiente di correlazione relativo ai test sul Q. I. era di 0,994,
ossia quasi il massimo. Mentre in quelli allevati in famiglie
diverse, era di 0,771, ossia quasi tre quarti del massimo. Da ciò,
la conclusione non poteva essere altro che questa: l'intelligenza si
eredita, l'ambiente in cui si cresce ha pochissimo impatto e le
azioni educative devono essere al più presto “mirate” in maniera
tale da evitare sprechi inutili. In base agli studi di Burt, che nel
frattempo era diventato presidente della British Pischologycal
Society e aveva ottenuto ogni sorta di cariche e onorificenze, nel
1944, il Governo inglese introdusse per gli studenti, al termine del
ciclo elementare, il test “11-Plus”, atto a discriminare
precocemente i bambini in grado di affrontare studi di tipo liceale
(ritenuti “superiori”) da quelli capaci di seguire solo studi a
indirizzo professionale (“inferiori”). Sebbene criticatissimo e
ad un certo punto modificato perché ritenuto troppo sbilanciato
sulle competenze linguistico-lessicali a danno delle altre, tale test
è rimasto in uso nel sistema educativo britannico fino al 1976 ed è
ancora utilizzato come test di ingresso, su base volontaria, in
alcune scuole.
La fama di Burt a livello anche
internazionale andò sempre crescendo. Il M.E.N.S.A. (l'associazione
internazionale delle persone con il più alto Q.I.) lo nominò suo
primo presidente, nel 1960. Sebbene fosse ufficialmente in pensione
dal 1950, fino alla sua morte nel 1971, Burt continuò a condurre
studi e a pubblicarne i risultati.
Poi, le cose cambiarono,
all'improvviso.
Nel 1974, lo psicologo americano Leon
Kamin attaccò duramente le teorie di Burt, affermando che non erano
attendibili scientificamente, per due importanti ragioni: la prima,
che i risultati apparivano troppo precisi (tutte le coppie di gemelli
davano sempre gli stessi risultati: 0,994 per quelli cresciuti nella
stessa famiglia e 0,771 per quelli cresciuti in famiglie diverse) per
essere veri; la seconda, che il campione di 53 coppie di gemelli era
troppo ampio per essere verosimile, tanto più che non si spiegava
come potesse essere tanto alto il numero di coppie di gemelli
separati. Attaccato a sua volta da una parte dell'establishment
scientifico che lo accusava di compiere un'operazione strumentale per
ragioni politiche (Leon Kamin è, notoriamente, uno studioso di
sinistra), Kamin compì altre ricerche a supporto delle sue critiche
e cominciò a smascherare una magagna dietro l'altra nel modus
operandi di Burt. Innanzitutto, trovò che, tra il 1939 e il 1943,
Burt aveva citato in alcuni importanti articoli degli studi compiuti
da alcuni suoi assistenti (Maver, Moore e Davis) dei quali non era
rimasta traccia nelle università inglesi, neppure come studenti.
Inoltre, Kamin scoprì che, dopo la morte di uno dei suoi maestri,
Charles Spearman, nel 1945, Burt aveva cercato di accreditarsi quale
autore del metodo di lavoro fondato da questo, l'analisi
multifattoriale, ottenendo l'appoggio di un collega francese, tale
Jacques Lafitte, e che anche di questo Lafitte non esistevano altre
tracce a parte gli articoli scritti a sostegno di Burt.
Leon Kamin (nato nel 1927)
Nonostante la difesa di Burt da parte
di gran parte del mondo accademico inglese, la demolizione della sua
credibilità andò avanti con prove sempre nuove. Nel 1976,
un'inchiesta del Sunday Times scoprì che nemmeno le due principali
collaboratrici di Burt negli ultimi decenni di attività (Margaret
Howard e Jane Conway) erano mai esistite, pur avendo firmato una
enorme quantità di articoli e saggi usciti su riviste prestigiose e
ovviamente tutti a favore di Burt.
I più accaniti difensori di Burt,
soprattutto Hans Eysenck e Arthur Jensen, continuarono a denunciare
il complotto ideologico di cui sarebbe stato vittima il loro maestro
e, a quel punto, gli eredi di Burt decisero di affrontare di petto la
situazione ingaggiando una persona fidata per scrivere una biografia
critica autorizzata del loro congiunto. La scelta cadde su uno
studioso di chiara fama, che oltretutto era stato tanto amico di Burt
da tenere il discorso della sua commemorazione funebre, Leslie
Hearnshaw. Questi ebbe quindi accesso a tutte le carte private di
Burt e alla sua corrispondenza e, dopo essersi reso conto che la
documentazione originale dei primi studi sui gemelli non era più
disponibile (gli dissero che era andata distrutta in un incendio
accidentale), cominciò ad avere dei dubbi sull'effettiva
attendibilità dell'intero lavoro di Burt.
Hans Eysenck (1916-97): in Italia è noto per la serie di libri Prova la tua intelligenza giocando, pubblicata da Rizzoli
Arthur Jensen (1923-2012)
Leslie Hearnshaw (1907-91)
La copertina della biografia di Burt scritta da Hearnshaw
Quando la sua biografia di Burt uscì,
nel 1979, assestò il colpo definitivo alla fama dello scienziato
defunto otto anni prima. Nonostante una lunga serie di ricerche, non
era stato possibile confutare nessuna delle accuse che Kamin e il
Sunday Times avevano rivolto a Burt. Anzi, erano emerse altre frodi,
una delle quali ammessa dallo stesso Eysenck, relativa all'esistenza
di uno studente la cui tesi era stata citata in un importante lavoro
di Burt e che pure non era mai esistito.
A quel punto, la fama di Burt era
definitivamente tramontata.
Nel 1981, in uno dei suoi più importanti saggi, Intelligenza e pregiudizio, il grande biologo evoluzionista Stephen Jay Gould, si spinse anche oltre le critiche precedenti, evidenziando come già il metodo dell'analisi multifattoriale di Spearman si prestasse facilmente ad abusi come quello costituito dalle frodi di Burt.
Nel 1981, in uno dei suoi più importanti saggi, Intelligenza e pregiudizio, il grande biologo evoluzionista Stephen Jay Gould, si spinse anche oltre le critiche precedenti, evidenziando come già il metodo dell'analisi multifattoriale di Spearman si prestasse facilmente ad abusi come quello costituito dalle frodi di Burt.
La più recente edizione italiana di Intelligenza e pregiudizio
Ma è davvero la fine della storia? No.
Già nel 1983, in Il gene e la sua
mente, Kamin, insieme al neurobiologo Steven Rose e al genetista
Richard Lewontin, stigmatizzò come, nonostante l'esito dell'affaire
Burt, la British Psychological Society non avesse minimamente
cambiato opinione sull'ereditarietà del Q. I. e come nella versione
ufficiale della società stessa Burt fosse riconosciuto solo come
“negligente”.
Copertina dell'edizione italiana di Il gene e la sua mente
Nel 1993, in Le bugie della Scienza, lo
storico della Scienza italiano Federico Di Trocchio concluse il suo
capitolo su Burt citando due testi inglesi recentemente pubblicati,
opera di Robert Joynson e Ronald Fletcher, entrambi intesi a
rivalutare Burt screditando i suoi detrattori (soprattutto
Hearnshaw), a costo di “arrampicarsi sugli specchi” (parole
dell'autore).
Una delle edizioni paperback di Le bugie della scienza di Di Trocchio
Oggi, chiunque si azzardasse a compiere
una ricerca via web su Burt, innanzitutto scoprirebbe,
sgradevolmente, che non esiste nessuna pagina italiana dedicata alla
sua vicenda; poi, considerando una dietro l'altra tutte quelle in
Inglese, si renderebbe conto, con ancora più sgomento, che la
maggior parte di esse è redatta da gente che esalta la figura di
Burt, definendolo la vittima di un complotto. Anche se, dai tempi di
Joynson e Fletcher, nulla è stato aggiunto alla discussione. Tranne
forse il fatto che gli accusatori di Burt non sono più attivi, non
hanno lasciato eredi accademici e, in definitiva, l'idea di
selezionare precocemente chi riuscirà negli studi e chi no
attraverso batterie di test, sta riprendendo piede in tutto
l'Occidente, seguendo la suggestione del Giappone, dove certe
metodiche di valutazione sono state sempre in uso senza che nessuno
si sognasse mai di contestarle.
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