sabato 9 settembre 2017

Lonnie Athens e la socializzazione violenta

Tutti gli psicologi, i sociologi e i criminologi che si sono occupati dell'origine della violenza criminale, hanno sempre proposto teorie che spiegavano il fenomeno solo parzialmente, perché comprendevano parecchie eccezioni.
Esempi classici sono quello del bambino sottoposto a violenza che poi diviene a sua volta violento, o quello del violento che trova nella prepotenza inflitta agli altri il rimedio alla propria mancanza di autostima. Benché questi modelli possano andare bene per descrivere molti casi, è innegabile che al mondo esistono persone che non sono diventate violente pur subendo violenze da bambini e persone violente che hanno di se stesse una considerazione da semidei, pompata dal timore che ispirano negli altri.
La teoria più esaustiva sull'origine della violenza si deve al criminologo americano Lonnie H. Athens, nato a Richmond, Virginia, il 25 marzo 1949 e formatosi alla Virginia Tech e poi alla University State of Wisconsin, oggi docente di criminologia alla Seton Hall University.
Lonnie Athens



Alcuni libri di Athens

L'unico tradotto finora in Italiano

Athens è stato, prima che un ricercatore sul campo, uno studioso attentissimo al metodo, capace di riallacciarsi alla classica tradizione della filosofia neoempirista, in particolare a quella di David Hume (1711-76), dal quale ha mutuato il “metodo degli universali”, che identifica a posteriori la causa e l'effetto (in modo sempre provvisorio e perfettibile) tramite l'individuazione degli attributi specifici di una popolazione campione. In più, ha studiato a fondo la “psicologia sociale” di George Herbert Mead (1867-1931), uno dei padri della Sociologia, attentissimo a identificare e definire i rapporti tra l'individuo e l'ambiente in cui si forma e le loro conseguenze.
David Hume

George Herbert Mead

Dopo aver lavorato a lungo sulle popolazioni carcerarie di California e Iowa ed essere stato garante per la libertà vigilata e sulla parola in Virginia, Athens ha elaborato una nuova teoria sulla genesi della violenza nell'uomo, quella della socializzazione violenta.
La teoria di Athens, oltre a essere la più omnicomprensiva, è l'unica che si concentri anche sulla violenza istituzionalizzata, ossia quella di forze dell'ordine e forze armate, e non a caso è stata ripetutamente citata da storici che si sono occupati di stragi di civili da parte dei nazisti. In particolare, dall'americano Richard Rhodes (nato nel 1937) che ha studiato a fondo l'attività degli Einsatzgruppen, ossia i gruppi speciali di SS creati per procedere all'eliminazione di intere comunità di civili durante le invasioni sul fronte orientale, in Polonia e in Urss.
Richard Rhodes


Il libro di Rhodes sugli Einsatzgruppen e la sua traduzione in Italiano

Dalle interviste con migliaia di criminali violenti, Athens ha isolato la sequenza minima di esperienze sociali violente condivise in tutte le loro biografie e ha poi verificato come questa sequenza risultasse assente o incompleta nelle persone che, pur avendo sperimentato la violenza, non hanno poi commesso reati violenti.
E' abbastanza inquietante la rassomiglianza tra i momenti di questa sequenza e l'addestramento militare o paramilitare.
La socializzazione violenta è un processo che passa per quattro fasi, ognuna delle quali propedeutica all'altra, anche se i tempi di passaggio possono essere molto variabili:
  1. la Brutalizzazione;
  2. la Belligeranza;
  3. la Condotta Violenta;
  4. la Virulenza.
La prima è involontaria, viene inflitta al soggetto indipendentemente dalla sua volontà. Le altre sono il frutto di sue decisioni completamente libere.
Una volta completato il processo di socializzazione violenta, ogni ulteriore atto di violenza è un atto deliberato e non una semplice reazione a una qualsiasi provocazione.
La Brutalizzazione si compie attraverso tre tipi di esperienza, che si possono vivere in diversi modi e in diverse circostanze, in qualsiasi ordine: l'Assoggettamento violento (uso o minaccia di violenza per sottomettere il soggetto stesso al suo potere); il Raccapriccio (in seguito allo spettacolo dell'assoggettamento di persone simili o vicine al soggetto); l'Addestramento alla violenza (insegnamento da parte di altre persone violente a reagire violentemente alle provocazioni).
Si può notare come molti bambini, soprattutto cresciuti nei decenni passati (ma avviene ancora in molte parti del mondo), siano stati brutalizzati con la scusa di educarli. In alcuni Paesi, come la Germania della prima parte del XX secolo, queste forme di “educazione” erano la regola e godevano del massimo prestigio sociale, fatto che contribuì sicuramente a facilitare la diffusione di comportamenti criminali durante la dittatura di Hitler.
La Brutalizzazione è un trauma che lascia il soggetto privo di riferimenti e valori, demoralizzato, con una identità personale del tutto disgregata. L'obiettivo della brutalizzazione, infatti, è distruggere la personalità. Una volta raggiunto questo, il soggetto deve riorganizzarsi in qualche modo ed è la violenza stessa ad offrirgli la via più comoda per farlo.
Si passa dunque alla fase successiva, la Belligeranza.
Qui, il soggetto decide di ricorrere alla violenza come strumento per risolvere i suoi rapporti con gli altri. Non si tratta di una violenza incontrollata ma di una violenza che al soggetto stesso appare necessaria per mantenere il benessere fisico e psicologico di se stesso e delle persone care, in pratica una violenza puramente difensiva. Il soggetto belligerante è ancora abbastanza razionale da rendersi conto che l'uso della violenza espone comunque a pericoli, e non ha senso correrne se non si ha una buona ragione per farlo.
Il passaggio successivo è la Condotta Violenta. Qui, il soggetto comincia a perdere di vista i rischi che corre e a essere disposto a tutto pur di reagire a una qualsiasi provocazione. Tanto più grave è la provocazione, tanto più esplosiva potrà essere la sua violenza. E' un momento molto difficile per il soggetto stesso, perché mette alla prova la sua nuova identità personale, basata proprio sull'esercizio della violenza. Se questa non ottiene il successo sperato, il soggetto può rimanerne tanto demoralizzato da suicidarsi. In effetti, nei gruppi sociali caratterizzati da una forte potenzialità criminale, i tassi di violenza e di suicidio sono inversamente proporzionali, tanto che Athens si chiede se il suicidio possa essere una via alternativa per la risoluzione dei conflitti scatenati dalla Brutalizzazione.
Se invece questa Condotta Violenta ha successo, il soggetto ne rimane particolarmente soddisfatto. Non a caso, questo è uno stadio molto stabile, che non comporta necessariamente delle inclinazioni criminali. I Violenti Marginali che ne fanno parte concepiscono la violenza in chiave puramente difensiva e, in quest'ottica, possono essere perfettamente inseriti nella società nelle vesti di difensori delle sue istituzioni, come soldati o poliziotti. L'addestramento di questi è svolto bene quando li lascia in condizioni tali da non superare questo stadio.
Ma basta che arrivino alcuni elementi disturbanti, quali il Rinforzo sociale dell'identità violenta e la conseguente risoluzione a ricorrere a questa a prescindere dalle necessità difensive, per raggiungere il quarto stadio, quello criminale, della Virulenza.
L'esercizio della violenza per assoggettare gli altri può dare al soggetto delle sensazioni molto gratificanti, un senso di potenza che è raro ottenere in altri modi. Lo spettacolo del timore che si incute nel prossimo può essere inebriante, con un effetto simile a quello di una droga. A quel punto, il soggetto non può più aspettare l'occasione difensiva che gli dia la possibilità di provarlo, ma va a crearsi tutte le occasioni possibili attraverso l'uso di una violenza offensiva, indipendentemente da qualunque tipo di provocazione.
Si cade quindi in un comportamento stabilmente criminale, che le società non tollerano, non tanto per i suoi singoli effetti, quanto per i problemi che provoca all'organizzazione di cui il soggetto fa parte. Il soldato o il poliziotto criminale, oltre che essere pericolosi per le potenziali vittime, lo sono anche per i loro commilitoni, dato che la loro condotta non persegue più gli obiettivi del gruppo di cui fanno parte ma degli obiettivi del tutto personali, che non hanno nulla a che fare con i primi. In altri termini, è facile che non ubbidiscano più agli ordini. Per questo, nelle organizzazioni militari e paramilitari, la violenza criminale è sempre poco o nulla tollerata e spesso pesantemente sanzionata.

Il lavaggio del cervello propagandistico può facilitare il passaggio dalla Condotta Violenta alla Virulenza, semplicemente, facendo percepire come minacciose o pericolose delle persone che non lo sono affatto. Il soggetto si abitua alla Virulenza pur essendo convinto di praticare la violenza solo per difendersi. Ciò fu fatto in modo mostruosamente esemplare durante il regime nazista di Hitler, quando la propaganda indusse i tedeschi a vedere negli ebrei e in altre minoranze il capro espiatorio di ogni male. Con le conseguenze che conosciamo benissimo. 



Alcune immagini che documentano i crimini degli Einsatzgruppen, immortalati dagli stessi autori

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