Tutti gli psicologi, i sociologi e i
criminologi che si sono occupati dell'origine della violenza
criminale, hanno sempre proposto teorie che spiegavano il fenomeno
solo parzialmente, perché comprendevano parecchie eccezioni.
Esempi classici sono quello del bambino
sottoposto a violenza che poi diviene a sua volta violento, o quello
del violento che trova nella prepotenza inflitta agli altri il
rimedio alla propria mancanza di autostima. Benché questi modelli
possano andare bene per descrivere molti casi, è innegabile che al
mondo esistono persone che non sono diventate violente pur subendo
violenze da bambini e persone violente che hanno di se stesse una
considerazione da semidei, pompata dal timore che ispirano negli
altri.
La teoria più esaustiva sull'origine
della violenza si deve al criminologo americano Lonnie H. Athens,
nato a Richmond, Virginia, il 25 marzo 1949 e formatosi alla Virginia
Tech e poi alla University State of Wisconsin, oggi docente di
criminologia alla Seton Hall University.
Lonnie Athens
Alcuni libri di Athens
L'unico tradotto finora in Italiano
Athens è stato, prima che un
ricercatore sul campo, uno studioso attentissimo al metodo, capace di
riallacciarsi alla classica tradizione della filosofia neoempirista,
in particolare a quella di David Hume (1711-76), dal quale ha mutuato
il “metodo degli universali”, che identifica a posteriori la
causa e l'effetto (in modo sempre provvisorio e perfettibile) tramite
l'individuazione degli attributi specifici di una popolazione
campione. In più, ha studiato a fondo la “psicologia sociale” di
George Herbert Mead (1867-1931), uno dei padri della Sociologia,
attentissimo a identificare e definire i rapporti tra l'individuo e
l'ambiente in cui si forma e le loro conseguenze.
David Hume
George Herbert Mead
Dopo aver lavorato a lungo sulle
popolazioni carcerarie di California e Iowa ed essere stato garante
per la libertà vigilata e sulla parola in Virginia, Athens ha
elaborato una nuova teoria sulla genesi della violenza nell'uomo,
quella della socializzazione violenta.
La teoria di Athens, oltre a essere la
più omnicomprensiva, è l'unica che si concentri anche sulla
violenza istituzionalizzata, ossia quella di forze dell'ordine e
forze armate, e non a caso è stata ripetutamente citata da storici
che si sono occupati di stragi di civili da parte dei nazisti. In
particolare, dall'americano Richard Rhodes (nato nel 1937) che ha
studiato a fondo l'attività degli Einsatzgruppen,
ossia i gruppi speciali di SS creati per procedere all'eliminazione
di intere comunità di civili durante le invasioni sul fronte
orientale, in Polonia e in Urss.
Richard Rhodes
Il libro di Rhodes sugli Einsatzgruppen e la sua traduzione in Italiano
Dalle
interviste con migliaia di criminali violenti, Athens ha isolato la
sequenza minima di esperienze sociali violente condivise in tutte le
loro biografie e ha poi verificato come questa sequenza risultasse
assente o incompleta nelle persone che, pur avendo sperimentato la
violenza, non hanno poi commesso reati violenti.
E'
abbastanza inquietante la rassomiglianza tra i momenti di questa
sequenza e l'addestramento militare o paramilitare.
La
socializzazione violenta è un processo che passa per quattro fasi,
ognuna delle quali propedeutica all'altra, anche se i tempi di
passaggio possono essere molto variabili:
- la Brutalizzazione;
- la Belligeranza;
- la Condotta Violenta;
- la Virulenza.
La
prima è involontaria, viene inflitta al soggetto indipendentemente
dalla sua volontà. Le altre sono il frutto di sue decisioni
completamente libere.
Una
volta completato il processo di socializzazione violenta, ogni
ulteriore atto di violenza è un atto deliberato e non una semplice
reazione a una qualsiasi provocazione.
La
Brutalizzazione si compie attraverso tre tipi di esperienza, che si
possono vivere in diversi modi e in diverse circostanze, in qualsiasi
ordine: l'Assoggettamento violento (uso o minaccia di violenza per
sottomettere il soggetto stesso al suo potere); il Raccapriccio (in
seguito allo spettacolo dell'assoggettamento di persone simili o
vicine al soggetto); l'Addestramento alla violenza (insegnamento da
parte di altre persone violente a reagire violentemente alle
provocazioni).
Si
può notare come molti bambini, soprattutto cresciuti nei decenni
passati (ma avviene ancora in molte parti del mondo), siano stati
brutalizzati con la scusa di educarli. In alcuni Paesi, come la
Germania della prima parte del XX secolo, queste forme di
“educazione” erano la regola e godevano del massimo prestigio
sociale, fatto che contribuì sicuramente a facilitare la diffusione
di comportamenti criminali durante la dittatura di Hitler.
La
Brutalizzazione è un trauma che lascia il soggetto privo di
riferimenti e valori, demoralizzato, con una identità personale del
tutto disgregata. L'obiettivo della brutalizzazione, infatti, è
distruggere la personalità. Una volta raggiunto questo, il soggetto
deve riorganizzarsi in qualche modo ed è la violenza stessa ad
offrirgli la via più comoda per farlo.
Si
passa dunque alla fase successiva, la Belligeranza.
Qui,
il soggetto decide di ricorrere alla violenza come strumento per
risolvere i suoi rapporti con gli altri. Non si tratta di una
violenza incontrollata ma di una violenza che al soggetto stesso
appare necessaria per mantenere il benessere fisico e psicologico di
se stesso e delle persone care, in pratica una violenza puramente
difensiva. Il soggetto belligerante è ancora abbastanza razionale da
rendersi conto che l'uso della violenza espone comunque a pericoli, e
non ha senso correrne se non si ha una buona ragione per farlo.
Il
passaggio successivo è la Condotta Violenta. Qui, il soggetto
comincia a perdere di vista i rischi che corre e a essere disposto a
tutto pur di reagire a una qualsiasi provocazione. Tanto più grave è
la provocazione, tanto più esplosiva potrà essere la sua violenza.
E' un momento molto difficile per il soggetto stesso, perché mette
alla prova la sua nuova identità personale, basata proprio
sull'esercizio della violenza. Se questa non ottiene il successo
sperato, il soggetto può rimanerne tanto demoralizzato da
suicidarsi. In effetti, nei gruppi sociali caratterizzati da una
forte potenzialità criminale, i tassi di violenza e di suicidio sono
inversamente proporzionali, tanto che Athens si chiede se il suicidio
possa essere una via alternativa per la risoluzione dei conflitti
scatenati dalla Brutalizzazione.
Se
invece questa Condotta Violenta ha successo, il soggetto ne rimane
particolarmente soddisfatto. Non a caso, questo è uno stadio molto
stabile, che non comporta necessariamente delle inclinazioni
criminali. I Violenti Marginali che ne fanno parte concepiscono la
violenza in chiave puramente difensiva e, in quest'ottica, possono
essere perfettamente inseriti nella società nelle vesti di difensori
delle sue istituzioni, come soldati o poliziotti. L'addestramento di
questi è svolto bene quando li lascia in condizioni tali da non
superare questo stadio.
Ma
basta che arrivino alcuni elementi disturbanti, quali il Rinforzo
sociale dell'identità violenta e la conseguente risoluzione a
ricorrere a questa a prescindere dalle necessità difensive, per
raggiungere il quarto stadio, quello criminale, della Virulenza.
L'esercizio
della violenza per assoggettare gli altri può dare al soggetto delle
sensazioni molto gratificanti, un senso di potenza che è raro
ottenere in altri modi. Lo spettacolo del timore che si incute nel
prossimo può essere inebriante, con un effetto simile a quello di
una droga. A quel punto, il soggetto non può più aspettare
l'occasione difensiva che gli dia la possibilità di provarlo, ma va
a crearsi tutte le occasioni possibili attraverso l'uso di una
violenza offensiva, indipendentemente da qualunque tipo di
provocazione.
Si
cade quindi in un comportamento stabilmente criminale, che le società
non tollerano, non tanto per i suoi singoli effetti, quanto per i
problemi che provoca all'organizzazione di cui il soggetto fa parte.
Il soldato o il poliziotto criminale, oltre che essere pericolosi per
le potenziali vittime, lo sono anche per i loro commilitoni, dato che
la loro condotta non persegue più gli obiettivi del gruppo di cui
fanno parte ma degli obiettivi del tutto personali, che non hanno
nulla a che fare con i primi. In altri termini, è facile che non
ubbidiscano più agli ordini. Per questo, nelle organizzazioni
militari e paramilitari, la violenza criminale è sempre poco o nulla
tollerata e spesso pesantemente sanzionata.
Il
lavaggio del cervello propagandistico può facilitare il passaggio
dalla Condotta Violenta alla Virulenza, semplicemente, facendo
percepire come minacciose o pericolose delle persone che non lo sono
affatto. Il soggetto si abitua alla Virulenza pur essendo convinto di
praticare la violenza solo per difendersi. Ciò fu fatto in modo
mostruosamente esemplare durante il regime nazista di Hitler, quando
la propaganda indusse i tedeschi a vedere negli ebrei e in altre
minoranze il capro espiatorio di ogni male. Con le conseguenze che
conosciamo benissimo.
Alcune immagini che documentano i crimini degli Einsatzgruppen, immortalati dagli stessi autori
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